PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI CATANZARO

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1 AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI CATANZARO SETTORE CACCIA PESCA E AGRICOLTURA PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI CATANZARO Valutazione Ambientale Strategica Rapporto Ambientale Preliminare (Gheppio - Foto Mimmo Bevacqua) Documento Preliminare (Scoping) ai fini dell avvio della prima fase di consultazione prevista dalla procedura VAS ai sensi dell art. 23 del Reg. Reg. 3/2008 e ss.mm.ii.

2 a cura di: Mariangela CRISTOFARO Franco FELICETTA con la collaborazione di: Domenico BEVACQUA esperto faunistico Nicola SCARAMUZZINO esperto agronomo Giugno

3 INDICE Premessa QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Disposizioni internazionali La normativa comunitaria Contesto normativo nazionale Contesto normativo regionale Principi e criteri generali per l esercizio della caccia sostenibile SCOPO DEL DOCUMENTO E PORTATA DELLE INFORMAZIONI DA INCLUDERE NEL RAPPORTO AMBIENTALE IL PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI CATANZARO Indirizzi generali e strategie del PFV Articolazione del PFV Il PFV e gli Ambiti Territoriali di Caccia Analisi della popolazione e andamento nel numero dei cacciatori Superficie Agro-Silvo-Pastorale Zone di protezione, Zone a Gestione privata e Zone a gestione programmata della caccia Vocazioni venatorie La Pianificazione Faunistico Venatoria: Obiettivi ed attività gestionali PRESENZA DI AREE SENSIBILI AFFERENTI ALLA RETE NATURA 2000 (SIC, SIN, SIR E ZPS) E LORO RELAZIONE CON IL PFV INDIVIDUAZIONE DEI PIANI E PROGRAMMI PERTINENTI AL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE ANALISI PRELIMINARE DEL CONTESTO TERRITORIALE PROVINCIALE: STATO ATTUALE DELL AMBIENTE TENDENZE E CRITICITÀ Caratterizzazione territoriale e socio economica Componente ambientale Paesaggio e Uso del Suolo premessa analisi della componente ambientale Componente ambientale Natura e Biodiversità premessa analisi della componente ambientale Componente ambientale Ambiente antropico: Sicurezza e Salute Pubblica premessa analisi della componente ambientale Sintesi delle criticità tendenziali in atto INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI AMBIENTALI SOVRAORDINATI (COMUNITARI, NAZIONALI) Gli obiettivi ambientali dell Unione Europea Obiettivi dell Unione Europea nell esercizio della caccia Strategia nazionale di azione ambientale ANALISI PRELIMINARE DI COERENZA ESTERNA ED INTERNA DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE E DELLE POSSIBILI ALTERNATIVE

4 8.1 Coerenza esterna verticale: confronto obiettivi di sostenibilità UE nuova strategia UE in materia di sviluppo sostenibile ed obiettivi del PFV Coerenza esterna orizzontale: confronto Piani e Programmi settoriali sovraordinati ed obiettivi del PFV Analisi di coerenza interna tra azioni e/o strumenti di attuazione del PFV ed obiettivi ambientali del Piano stesso Analisi degli scenari e delle possibili alternative DETERMINAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI DEL PIANO Impatti derivanti dalle azioni del Piano, Effetti cumulativi e sinergici MISURE, CRITERI E INDIRIZZI PER LA MITIGAZIONE DEGLI EFFETTI ATTESI IL MONITORAGGIO Monitoraggio ambientale Il Piano di Monitoraggio Ambientale Indicatori relativi al contesto ambientale di riferimento Attività di informazione e reporting SINTESI DEL PERCORSO METODOLOGICO PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA VAS DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE

5 PREMESSA La Valutazione Ambientale - VAS, introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali durante il procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi che possano avere effetti significativi sull'ambiente. La VAS è uno strumento di valutazione delle scelte di programmazione e pianificazione. La finalità della procedura è quella di perseguire obiettivi di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, di protezione della salute umana e di utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Tali obiettivi sono perseguibili mediante decisioni ed azioni ispirate al principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile. Rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2001/42/CE, concernete la valutazione ambientale di piani e programmi (direttiva VAS), gli atti e i provvedimenti di pianificazione e programmazione che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale e che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. La direttiva indica le tipologie di piani e programmi da sottoporre obbligatoriamente a valutazione ambientale, e quelle da sottoporre a verifica, al fine di accertare la necessità della valutazione ambientale, in relazione alla probabilità di effetti significativi sull'ambiente (art. 3, commi 3, 4 e 5). Con decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante "Norme in materia ambientale" modificato ed integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n, 4 è stata data attuazione alla direttiva. La Regione Calabria, con Delibera di Giunta Regionale, ha proceduto alla regolamentazione della procedura di Valutazione Ambientale dei Piani con l approvazione del Regolamento Regionale n. 3 del 4 agosto 2008 recante Regolamento regionale delle procedure di Valutazione di Impatto ambientale, di Valutazione ambientale strategica e delle procedure di rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali, (in parte modificato ed integrato con il recente Regolamento Regionale n. 16/2009). La procedura di VAS è disciplinata dagli articoli 23, 24, 25, 26, 27 e 28 del citato Regolamento Regionale 3/2008. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi scaturenti dall'attuazione del piano/programma, il proponente e/o 5

6 l'autorità procedente entrano in consultazione con l'autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale. Sulla base dei pareri e dei contributi pervenuti, il proponente o l'autorità procedente provvedono alla stesura del rapporto ambientale secondo i criteri contenuti nell'allegato F del R.R. 3/2008. Tale procedura prevede, oltre alla consultazione preliminare, una consultazione successiva sul rapporto ambientale ed una sintesi non tecnica dello stesso. La consultazione è diretta ai soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato; essa è avviata attraverso la pubblicazione di un avviso sul BUR Calabria e la messa a disposizione della documentazione attraverso deposito cartaceo presso le sedi delle autorità, competente e procedente, nonché la pubblicazione dello stesso materiale sui propri siti web. La procedura si conclude con l'emissione di un parere motivato da parte dell'autorità competente. 1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 1.1 Disposizioni internazionali La disciplina nazionale in materia di conservazione e tutela della fauna selvatica persegue gli scopi definiti a livello comunitario ed internazionale attraverso numerosi trattati e convenzioni che, nel corso del tempo, hanno voluto sancire la necessità di coordinare a livello globale gli sforzi in tal senso. Si elencano di seguito le disposizioni più rilevanti in relazione alla specifica competenza del piano Faunistico Venatorio. Convenzione di Parigi (18 ottobre 1950) Convenzione per la protezione degli uccelli adottata a Parigi. La convenzione sostituisce e perfeziona la Convenzione per la protezione degli uccelli utili all'agricoltura, firmata ugualmente a Parigi nel 1902 da 12 Stati Europei. I Governi firmatari della presente Convenzione, consapevoli del pericolo di sterminio che minaccia alcune specie di uccelli e preoccupati della diminuzione numerica di altre specie, particolarmente di uccelli migratori, considerato che tutti uccelli devono essere protetti a vantaggio della scienza, della protezione della natura e nell interesse dell economia di ciascuna nazione, hanno riconosciuto la necessità di modificare la Convenzione internazionale per la protezione degli uccelli utili all agricoltura. Convenzione di Ramsar (2 febbraio 1971). La Convenzione internazionale relativa alle Zone Umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, meglio nota come Convenzione di Ramsar, fu firmata a Ramsar in Iran il 2 febbraio

7 da un gruppo di paesi, istituzioni scientifiche ed organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale sulle zone umide e gli uccelli acquatici. La Convenzione di Ramsar è il primo vero trattato intergovernativo con scopo globale, nella sua accezione più moderna, riguardante la conservazione e la gestione degli ecosistemi naturali. Rispetto alle più moderne convenzioni (vedi ad esempio la Convenzione sulla Diversità Biologica) le indicazioni di Ramsar sono molto precise ma spesso di limitato impatto in quanto si riferiscono a siti specifici. La Convenzione nasce in un periodo storico in cui lo scambio di informazioni e delle conoscenze non era semplice ed incentivato come ora. Fare parte della Convenzione voleva dire entrare ufficialmente in un dibattito internazionale dove potere imparare dagli altri oltre che influenzare le politiche ambientali, per lo meno quelle riguardanti le zone umide, proprie e degli altri paesi. Con le sue decisioni, linee guida e dibattiti, la Convenzione nasce anche per rispondere all'esigenza di invertire il processo di trasformazione e distruzione delle Zone Umide quali ambienti primari per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi Stati e Continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e svernamento. Lo stesso nome del trattato riflette questa enfasi originale sulla conservazione degli uccelli acquatici; anche se l'accezione di uso saggio, iniziava già in qualche modo il dibattito sullo sviluppo sostenibile. Con il passare del tempo, e con l'aumentare dei trattati internazionali per la conservazione della natura, la Convenzione ha cercato di allargare i suoi obiettivi su tutti gli aspetti riguardanti la conservazione e l'uso sostenibile delle zone umide. Secondo molti, però, la Convenzione non è mai riuscita ad acquisire la forza e le capacità necessarie per coordinare il difficilissimo dibattito internazionale riguardante alcuni aspetti della gestione dell'acqua, per i quali altri movimenti internazionali si sono iniziati. Convenzione di Bonn (23 giugno 1979). La Convenzione di Bonn riguarda la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica. Essa è stata firmata nel 1979 ed adottata dall Unione Europea nel Obiettivo della Convenzione è la realizzazione di azioni internazionali per la conservazione delle specie migratrici, attraverso il mantenimento degli habitat e dei siti di sosta, riproduzione, svernamento. Finalità della direttiva è quella di assicurare uno stato di conservazione favorevole delle specie migratrici, tenendo conto delle dinamiche di popolazione, consistenza, area di distribuzione e conservazione degli habitat idonei L allegato 1 riporta le specie da sottoporre ad assoluta tutela, mentre l allegato 2 riporta le specie che necessitano, per il 7

8 perseguimento di una efficace attuazione della Convenzione, la stipula di accordi tra diversi stati interessati dagli spostamenti delle specie ornitiche. Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell Africa-Eurasia (African-Eurasian Waterbird Agreement - AEWA), a cui l'italia ha aderito con legge n. 66 del , stipulato nell'ambito della Convenzione di Bonn (comporta la necessità per gli Stati firmatari di attuare una serie di azioni per la tutela degli uccelli acquatici migratori, ivi comprese alcune misure volte a garantire la sostenibilità del prelievo venatorio. In particolare, viene richiesto l utilizzo di cartucce atossiche, la raccolta di informazioni sui carnieri effettuati ed il controllo del bracconaggio; Convenzione internazionale di Berna (19 settembre 1979) sulla conservazione della vita selvatica e dell ambiente naturale. É stata adottata nel 1979 ed è stata ratificata dal nostro paese nel 1981, con la Legge n Obiettivo della Convenzione di Berna è la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, con particolare riferimento alle specie minacciate di estinzione e vulnerabili. Tra gli allegati della Convenzione sono presenti due liste di specie animali: l allegato 2 delle specie strettamente protette (comprendente tutte le specie delle quali è vietata qualsiasi forma di gestione o sfruttamento); l allegato 3 delle specie protette (comprendente tutte le specie per le quali è possibile attuare forme di gestione e sfruttamento compatibile col la loro conservazione). Gli elenchi delle specie protette riportati negli allegati sono oggi in gran parte superati da quelli di successive Direttive CEE. Convenzione di Rio de Janeiro ( 5 giugno 1992) La Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 o convenzione sulla diversità biologica è stata ratificata in Italia con la legge 124/94. La convenzione prevede la conservazione della diversità biologica attraverso l elaborazione, da parte di tutte le nazioni coinvolte, di un Piano di attuazione che individui e tenga costantemente monitorato il patrimonio locale di diversità biologica anche attraverso la costituzione di un osservatorio nazionale di informazione. Lo scopo è quello individuare i componenti della diversità biologica che hanno rilevanza ai fini della conservazione e dell uso durevole degli stessi onde permettere una ripartizione equa dei benefici derivanti da una utilizzazione razionale. L annesso 1 alla convenzione individua quali componenti gli ecosistemi e gli habitat contenenti un elevata biodiversità oltre che specie endemiche o specie migratorie, ma contempla anche alcune specie e comunità oltre che tipi di genomi e geni di importanza sociale, scientifica o economica. 8

9 Convenzione di Washington CITES 3 marzo 1973 Regolamentazione commercio specie minacciate di estinzione. La Convenzione di Washington (identificata con l acronimo C.I.T.E.S. - Convention on International Trade of Endangered Species) regolamenta il commercio, in termini di esportazione, riesportazione, importazione, transito, trasbordo o detenzione a qualunque scopo, di talune specie di animali e piante minacciate di estinzione, nei 130 Paesi che hanno aderito a tale Accordo. L Unione Europea ha recepito tale Convenzione con il Regolamento CEE n.338/97 cui sono seguite, negli anni, significative modifiche volte a definire sempre più nel dettaglio le specie da proteggere, attraverso la loro classificazione in allegati diversificati. In Italia, il rispetto della complessa legislazione comunitaria formatasi intorno alla Convenzione, è demandata a più amministrazioni: Ministero dell Ambiente, Ministero delle Attività Produttive e, più in particolare, al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che, con il Servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato, cura la gestione prettamente amministrativa ai fini del rilascio della certificazione, nonché il controllo merceologico attraverso nuclei operativi (NOC) presenti sul territorio nazionale, in stretto coordinamento con gli Uffici doganali abilitati (indicati nella determinazione n.5987 del 6/5/2002). Presso tali Uffici vengono svolti i controlli che la normativa nazionale delega all Autorità doganale (Legge n.150/92 e sue modificazioni). 1.2 La normativa comunitaria Direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. La Direttiva 79/409/CEE con le successive modifiche (Direttive 85/411/CEE, 91/244/CEE) riguarda la conservazione degli uccelli selvatici. In essa sono previste azioni per la conservazione di numerose specie di uccelli, indicate negli allegati della direttiva stessa, e l individuazione da parte degli Stati membri dell Unione di aree da destinarsi alla conservazione di talune specie, le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS). La direttiva 79/409/CEE del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici (cd. direttiva Uccelli selvatici ) stabilisce un quadro normativo comune per la conservazione delle specie di uccelli selvatici presenti allo stato naturale in tutta l Unione europea e dei relativi habitat. La direttiva deve la sua origine al fatto che gli uccelli selvatici, che sono prevalentemente migratori, costituiscono un patrimonio comune degli Stati membri, la cui effettiva protezione rappresenta un problema tipicamente transnazionale che implica responsabilità comuni. 9

10 La direttiva riconosce pienamente la legittimità della caccia agli uccelli selvatici come forma di sfruttamento sostenibile. La caccia è un attività in grado di generare importanti ricadute di ordine sociale, culturale, economico e ambientale in varie zone dell Unione europea. La direttiva limita la caccia ad alcune specie espressamente menzionate e stabilisce una serie di principi ecologici e di obblighi giuridici applicabili all attività venatoria, ai quali gli Stati membri devono dare attuazione mediante la legislazione nazionale. Tali principi e obblighi costituiscono la disciplina di riferimento per la gestione della caccia. La questione della compatibilità della caccia con alcune disposizioni della direttiva è stata all origine di numerose controversie e negli ultimi anni anche di alcuni contrasti. La polemica è spesso alimentata da interpretazioni divergenti delle varie disposizioni. La Commissione ha pertanto riconosciuto la necessità di avviare un nuovo dialogo per sviluppare la cooperazione tra tutti gli organismi governativi e non governativi interessati alla conservazione e all uso accorto e sostenibile dell avifauna selvatica presente in Europa, e a tal fine ha avviato nel 2001 un iniziativa per la caccia sostenibile, finalizzata ad una migliore comprensione degli aspetti giuridici e tecnici delle disposizioni della direttiva riguardanti la caccia e alla definizione di un programma di azioni scientifiche, di conservazione e di sensibilizzazione volte a promuovere la caccia sostenibile nel rispetto della direttiva (Guida alla disciplina della caccia nell ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici.) 1 Sempre citando la Guida si evidenzia che: Gli articoli 3 e 4 riguardano la conservazione degli habitat e stabiliscono disposizioni atte a prevenire significative perturbazioni nelle zone di protezione speciale (ZPS) classificate a norma dei paragrafi 1 e 2 dell articolo 4. Secondo la Commissione la caccia, così come altre attività socioeconomiche, non è necessariamente in contrasto con queste disposizioni. Tuttavia è indispensabile gestire e controllare adeguatamente l esercizio delle attività in questione all interno delle ZPS per evitare tali perturbazioni. La Commissione ha già predisposto una guida all interpretazione delle disposizioni dell articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (direttiva Habitat - La gestione dei siti della rete 1 tratto dalla: Guida alla disciplina della caccia nell ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, predisposta dalla Commissione Europea Agosto Tale Guida ha la finalità dare attuazione ad uno degli obiettivi fondamentali del dialogo, fornendo maggiori chiarimenti sulle disposizioni della direttiva relative alla caccia nell ambito della disciplina giuridica vigente, solidamente basati su principi e dati scientifici e sull obiettivo generale di conservazione perseguito dalla direttiva. A tal fine la guida trae spunto dal lavoro già intrapreso sui concetti fondamentali dell articolo 7, paragrafo 4 della direttiva. 10

11 2000. Guida all interpretazione dell articolo 6 della direttiva Habitat 92/43/CEE, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo), che sostituiscono le disposizioni dell articolo 4, paragrafo 4, prima frase per quanto riguarda le zone già classificate come ZPS. Il documento esamina il problema della perturbazione degli habitat. Nell esaminare la questione della caccia nel quadro dell articolo 6 della direttiva Habitat è opportuno tenere conto del principio di proporzionalità. Il corrispondente paragrafo della guida all interpretazione dell articolo 6 va inteso nel senso che effetti non significativi dal punto di vista degli obiettivi di conservazione del sito Natura 2000 non devono essere considerati in contrasto con l articolo 6, paragrafo 2 della direttiva Habitat. La caccia rappresenta una soltanto delle molteplici possibilità di utilizzazione dei siti Natura 2000, accanto all agricoltura, alla pesca o ad altre attività ricreative. Nelle due direttive in materia di protezione della natura non esiste alcuna presunzione generale contro l esercizio della caccia nei siti Natura Tuttavia è evidente che varie attività umane, tra cui la caccia, possono comportare una riduzione temporanea dell utilizzo degli habitat all interno di un sito. Tali attività potrebbero avere conseguenze significative qualora fossero in grado di provocare una marcata riduzione della capacità del sito di assicurare la sopravvivenza delle specie per le quali esso è stato designato, e potrebbero inoltre comportare una riduzione del potenziale di caccia. In alcuni casi la caccia è incompatibile con gli obiettivi di conservazione di determinati siti, ad esempio laddove accanto a potenziali specie cacciabili siano presenti specie rare altamente sensibili al disturbo. Tali situazioni devono essere identificate sito per sito. La caccia sostenibile può avere conseguenze benefiche per la conservazione degli habitat all interno e nelle vicinanze dei siti. La possibilità di evitare significative perturbazioni derivanti dalla caccia o da altre attività dipende da una serie di fattori, tra cui la natura e l estensione del sito e dell attività e le specie presenti. È necessario comprendere per quali motivi il sito è considerato importante ai fini della conservazione della natura ed è incluso nella rete Natura 2000; ciò serve per stabilire gli obiettivi di conservazione del sito. La comprensione di questi aspetti costituisce un punto di partenza essenziale per individuare le azioni specifiche di gestione necessarie per assicurare la conservazione del sito. Per conciliare le attività umane con gli obiettivi di conservazione la Commissione raccomanda di elaborare piani di gestione che stabiliscano disposizioni atte ad assicurare che le attività svolte all interno e nelle vicinanze delle ZPS di cui alla direttiva Uccelli selvatici e dei siti designati nel quadro della direttiva Habitat (che insieme costituiscono la rete Natura 2000 ) siano compatibili con le esigenze ecologiche delle specie o dei tipi di habitat di interesse comunitario per la cui conservazione i siti sono stati designati. È ragionevole ritenere che coloro che sfruttano le risorse naturali, delle quali fanno parte anche gli uccelli selvatici, abbiano altresì l obbligo di assicurare che le loro attività siano sostenibili e non danneggino le popolazioni delle specie interessate. In conclusione, la Commissione ritiene che le attività di caccia nei siti Natura 2000 pongano fondamentalmente problemi di gestione, che devono essere affrontati essenzialmente a livello locale. Il modo più efficace per attuare tale gestione è l adozione di un piano di gestione volto ad assicurare la compatibilità delle attività con gli obiettivi di conservazione per i quali i siti sono stati designati. 11

12 A seconda della natura dei siti Natura 2000 e delle pratiche venatorie, i piani di gestione devono prendere in considerazione la possibilità di creare zone di rifugio a silenzio venatorio. Un vasto programma di ricerca svolto in Danimarca ha dimostrato che la creazione di aree di divieto assoluto di caccia, se concepita attentamente, può contemporaneamente accrescere l uso dei siti da parte degli uccelli acquatici e le possibilità di caccia nelle immediate vicinanze Il concetto delle aree di divieto assoluto di caccia è ormai ben consolidato anche in altri Stati membri e non è limitato ai siti Natura 2000 (si pensi ad esempio alle réserves de chasse in Francia). Nel quadro della caccia saggia utilizzazione implica chiaramente uno sfruttamento sostenibile, ponendo l accento sul mantenimento delle popolazioni delle specie in uno stato di conservazione soddisfacente. Il concetto sembra corrispondere alla definizione di uso sostenibile contenuta nella convenzione sulla diversità biologica23: l'utilizzazione delle componenti della diversità biologica in un modo e con un ritmo tale che non provochino il declino a lungo termine di detta diversità biologica, salvaguardando così il suo potenziale al fine di soddisfare i bisogni e le aspirazioni delle generazioni presenti e future. La direttiva Uccelli selvatici è uno degli strumenti giuridici di cui dispone l Unione europea per dare attuazione a tale convenzione. Al riguardo si evidenzia infine che il Piano di Gestione dei siti Natura 2000 (SIC, SIN, SIR) della provincia di Catanzaro, già approvato dalla Regione Calabria, non ha istituito alcun obbligo di divieto della pratica venatoria. Per quanto riguarda invece le ZPS, le eventuali attività faunistico-venatorie saranno disciplinate in accordo con i criteri minimi uniformi di regolamentazione previsti dagli artt. 5, 6 del DM 17/10/2007 n. 184, per come modificato dal DM 22/01/2009. Direttiva 2006/105/CE del 20 novembre 2006, che adegua le direttive 73/239/CEE, 74/557/CEE e 2002/83/CE in materia di ambiente, a motivo dell'adesione della Bulgaria e della Romania; Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. La Direttiva 92/43/CEE Habitat ha quale obiettivo quello della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo. Questa Direttiva, recepita a livello nazionale dal d.p.r. 357/97, prevede di adottare misure volte a garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. Gli allegati della Direttiva riportano liste di habitat e specie animali e vegetali per le quali si prevedono diverse azioni di conservazione e diversi gradi di tutela: l allegato 1 contempla gli habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di 12

13 zone speciali di conservazione, l allegato 2 le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione; l allegato 3 i criteri di selezione dei siti che presentano caratteristiche idonee per essere designati zone speciali di conservazione; l allegato 4 le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede una protezione rigorosa. Le aree di maggiore importanza per la conservazione degli habitat, di cui all allegato Ie delle specie vegetali ed animali, di cui all allegato II, sono proposti all Unione Europea come Siti di Interesse Comunitario (SIC). I SIC dovranno essere valutati dalle competenti commissioni dell Unione Europea per la successiva designazione a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) che, assieme alle ZPS, costituiranno il sistema delle aree protette europee, la cosiddetta Rete Natura Direttiva 2001/42/2005 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 giugno 2007 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull ambiente (Valutazione Ambientale Strategiva). Per come già riferito in premessa tale Valutazione ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali durante il procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi che possano avere effetti significativi sull'ambiente. 1.3 Contesto normativo nazionale Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale" (G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 Supp. O. n. 96 e s.m.i. ( testo unico sull ambiente ); Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio Suppl. Ordinario n. 24; Guida alla disciplina della caccia nell ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici Febbraio 2008 Commissione Europea; Key concepts of article 7(4) of Directive 79/409/EEC on Period of Reproduction and prenuptial Migration of huntable bird Species in the EU della Commissione Europea 2001 ( documento ORNIS ) dfhttp://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/wildbirds/hunting/ Guida all interpretazione dell articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE, Commissione europea, 2000; 13

14 D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche ; DPR 120/2003 del 12 Marzo 2003 Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche ; D.M. 3 aprile 2000 Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE (2) (3) (G.U. 29 agosto 2000); D.M. 3 settembre 2002 Linee guida per la gestione dei Siti Rete Natura 2000 ; Decreto 25 marzo 2005 Annullamento della deliberazione 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette; gestione e misure di conservazione delle Zone di protezione speciale (ZPS) e delle Zone speciali di conservazione (ZSC) (GU n. 155 del ); D.M. 25 marzo 2005 Elenco dei proposti siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE (G.U. n. 157 del 8 luglio 2005); D.M. 5 luglio 2007 Elenco delle Zone di Protezione Speciale, classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE ; D.M. 17 ottobre 2007 Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione e a Zone di Protezione Speciale. Il presente decreto integra la disciplina afferente la gestione dei siti che formano la rete Natura 2000 in attuazione delle direttive n. 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 e n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, dettando i criteri minimi uniformi sulla cui base le regioni e le province autonome adottano le misure di conservazione o all'occorrenza i piani di gestione per tali aree, in adempimento dell'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n I criteri minimi uniformi garantiscono la coerenza ecologica della rete Natura 2000 e l'adeguatezza della sua gestione sul territorio nazionale. L'individuazione dei criteri minimi uniformi e' altresì tesa ad assicurare il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat di interesse comunitario e degli habitat di specie di interesse comunitario, nonché a stabilire misure idonee ad evitare la perturbazione delle specie per cui i siti sono stati designati, tenuto conto degli obiettivi delle direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE. 14

15 D.M. 22 gennaio 2009 Modifica del decreto 17 ottobre 2007, concernente i criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS) (GU n. 33 del ). Tale correttivo, in particolare, pospone il divieto dell uso di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, anche e lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonche' nel raggio di 150 metri dalle rive piu' esterne a partire dalla stagione venatoria 2009/2010; nonché sopprime l art.5 comma 1 lettera a) relativo al divieto, nelle ZPS, dell esercizio dell'attività' venatoria nel mese di gennaio. Legge 6 dicembre 1991, n.394 Legge quadro sulle aree protette, testo coordinato, aggiornato al D.L. n. 262/2006 (GU n. 292 del , S.O.); Legge 11 febbraio 1992, n. 157 e s.m.i. Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La protezione della fauna e l attività venatoria in Italia sono regolate dalla legge n. 157/92 Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio (così come modificata dal DPCM 22 novembre 1993, dal DPCM 21 marzo 1997, dal DL 23 ottobre 1993 n 52 convertito in legge n 649 del 23 dicembre 1996, dalla L n 39 del 1 marzo 2002 e dalla L n 221 del 3 ottobre 2002), che rappresenta la legge quadro di disciplina di tutta la materia della caccia e tutela della fauna selvatica. La legge 157, che ha sostituito la legge n. 968 del 1977, nasce sulla scia del referendum del 1990 che proponeva l abolizione della caccia su tutto il territorio italiano e che, per mancanza del quorum, era stato annullato. Il risultato è stato una legge che disciplina il prelievo venatorio di fauna selvatica stabilendone le modalità e attribuendo nello specifico le competenze agli enti locali, agli organi preposti alla tutela della fauna e definendo la loro autonomia in materia. La legge recepisce integralmente le direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE, 91/244/CEE con i relativi allegati concernenti la conservazione degli uccelli selvatici e costituisce attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, rese esecutive, in Italia, rispettivamente con la L n 812 del 24 novembre 1978 e la L n 503 del 5 agosto La legge 157, oltre a definire quali sono le specie che si possono cacciare e quelle che, invece, sono assolutamente protette, ordina la materia fissando le modalità a cui si devono attenere le Regioni nella stesura delle leggi regionali, dei calendari venatori, dei piani faunistici e della pianificazione del territorio. La normativa regionale può regolamentare la materia solo in maniera più restrittiva rispetto alle disposizioni della legislazione nazionale. L art. 9 della legge stabilisce che alle Province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla legge 8 agosto 1990 n

16 L attività venatoria nelle aree protette è disciplinata dall uso combinato delle leggi 157/92 (legge quadro sulla caccia) e 394/91 (legge quadro sulle aree protette). In particolare la legge 394/1991, agli articoli 11, comma 3, lett. a) e 22, comma 6, sancisce il divieto di caccia nei parchi, rispettivamente nazionali e regionali. La pianificazione, che deve riguardare tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale, è finalizzata al conseguimento delle densità ottimali di fauna selvatica, la cui conservazione è attuata attraverso la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. Per quanto riguarda le specie carnivore la conservazione è assicurata attraverso il mantenimento delle effettive capacità riproduttive, ma è anche previsto il controllo in relazione al contenimento naturale delle altre specie. II processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, le regioni e le province chiamate, ciascuna in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano faunisticovenatorio. 1.4 Contesto normativo regionale Legge regionale 17 maggio 1996, n. 9 Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l'organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell'esercizio venatorio (BURC n. 52 del 22 maggio 1996). La Regione Calabria, nell'osservanza dei principi e delle norme stabilite dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 di recepimento delle direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812 della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503, disciplina l'attività venatoria e tutela la fauna selvatica con l emanazione della Legge Regionale 17 maggio 1996, n. 9 per come modificata con le LL.RR. 13 settembre 1999, n. 27, 2 maggio 2001, n. 7, 8 luglio 2002, n. 24, 14 luglio 2003, n. 10, 13 giugno 2008, n. 15 e 12 giugno 2009, n. 19. La legge disciplina l'attività venatoria e tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, al fine della ricostituzione di più stabili equilibri negli ecosistemi. Ai sensi della L.R. 9/96, la Regione disciplina la gestione faunistica ed il raggiungimento e/o mantenimento dell'equilibrio faunistico ed ecologico sull'intero territorio regionale. L Art. 5 della L.R. 9/96, in particolare, stabilisce che: 16

17 1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacita' riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. 2. La Giunta regionale attua la pianificazione di cui al comma 1 mediante il coordinamento dei piani faunistici-venatori provinciali sulla base di criteri di cui l'i.n.f.s. garantisce l'omogeneità e la congruità e nel rispetto delle seguenti indicazioni: a) destinare una quota massima del 26 per cento del territorio agro-silvopastorale della Regione a protezione della fauna selvatica, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni; 2 b) destinare una quota massima del 15 per cento del territorio agro-silvopastorale provinciale ad ambiti privati di caccia, ivi compresi i centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale, le zone di addestramento e allenamento dei cani e per le zone per gare cinofile; c) promuovere sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale forme di gestione programmata della caccia; d) determinare criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agroturistico venatorie e di centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale. 3. Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla Giunta regionale mediante il coordinamento dei piani faunistici-venatori provinciali. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Consulta Faunistica Venatoria Regionale. 4. Il piano faunistico-venatorio regionale ha durata quinquennale e può essere aggiornato anche prima della scadenza su richiesta di una o più province se le situazioni ambientali e faunistiche sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili variazioni. Per l'attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali, le province della Regione Calabria, previo il coinvolgimento delle associazioni venatorie riconosciute e quelle agricole maggiormente rappresentative operanti nella Provincia, predispongono i piani faunistici- 2 Comma così modificato dall art. 47, comma 5, della L.R. 14 luglio 2003, n

18 venatori che devono essere approvati dal Consiglio provinciale e che, in attuazione degli indirizzi di legge, devono prevedere: a) le oasi di protezione, destinate a rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio; c) i centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostruzione delle popolazioni autoctone; d) i centri privati di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove e' consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti nella stessa e di persone nominativamente indicate; e) le zone ed i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili la cui gestione puo' essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli od associati; f) i criteri per la determinazione e l'erogazione del risarcimento, in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate su terreni vincolati per gli scopi di cui alle lettere a ), b ) e c ); g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica; h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi. Dal coordinamento dei piani faunistici-venatori provinciali, scaturisce il piano faunisticovenatorio regionale, predisposto dalla Giunta regionale ed approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Consulta Faunistica Venatoria Regionale, con durata quinquennale. Le Province, una volta approvato il piano faunisticovenatorio regionale, deliberano la parimetrazione delle zone in esso indicate, degli ambiti territoriali di caccia e delle altre zone ove non e' consentita l'attività' venatoria. L Amministrazione Provinciale di Catanzaro già nell anno 1999 aveva redatto il primo Piano faunistico venatorio provinciale che per i trascorsi cinque anni di validità, previsti 18

19 dalla normativa vigente, necessitava di essere aggiornato. Il Piano Faunistico venatorio proposto è pertanto un aggiornamento del precedente Piano. Documento di Indirizzo e Coordinamento della Pianificazione Faunistico-Venatoria Provinciale della Regione Calabria Dip. 6 Agricoltura, Foreste, Forestazione, Caccia e Pesca Gennaio 2009; Legge regionale 14 luglio 2003, n. 10 Norme in materia di aree protette (BURC n. 13 del 16 luglio 2003 S.S. n. 2 del 19 luglio 2003). La legge, nell'ambito dei principi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, degli articoli 9 e 32 della Costituzione e delle norme dell'unione Europea in materia ambientale e di sviluppo durevole e sostenibile, detta norme per l'istituzione e la gestione delle aree protette della Calabria al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione delle aree di particolare rilevanza naturalistica della Regione, nonché il recupero ed il restauro ambientale di quelle degradate. DGR 2005/607 Revisione del sistema regionale delle ZPS (BURC n. 4 del 1 agosto 2005); DGR 2005/1554 Guida alla redazione dei Piani di gestione dei Siti Natura 2000 (BURC n. 5 del 16 marzo 2005, S.S. n. 11; Regolamento Regionale n. 3 del 04/08/2008, pubblicato sul BUR Calabria n. 16 del 16 agosto 2008, Parti I e II. recante Regolamento regionale delle procedure di Valutazione di Impatto ambientale, di Valutazione ambientale strategica e delle procedure di rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali. Regolamento Regionale n. 16 del 6 novembre 2009 recante Regolamento della Procedura di Valutazione di Incidenza (Direttiva 92/43/CSS Habitat relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche e Direttiva Uccelli relativa alla conservazione dell avifauna) modifiche al Regolamento Regionale n. 3/2008 del 04/08/2008 e Regolamento Regionale n. 5/2009 del 14/5/

20 1.5 Principi e criteri generali per l esercizio della caccia sostenibile I paragrafi 1 e 4 dell articolo 7 della direttiva enunciano una serie di principi generali da rispettare nell esercizio della caccia. Tali principi sono esaminati e sviluppati nell ambito della Guida alla disciplina della caccia nell ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, predisposta dalla Commissione Europea Agosto 2004, per come segue: Non pregiudicare le azioni di conservazione nell area di distribuzione Gli Stati membri devono fare in modo che la caccia sia compatibile con il mantenimento delle popolazioni delle specie interessate ad un livello soddisfacente e non comprometta le azioni di conservazione intraprese nell area di distribuzione di tali specie. Ciò implica chiaramente che l esercizio della caccia non deve rappresentare una minaccia significativa per le azioni di conservazione delle varie specie, cacciabili e non cacciabili. Il regime nazionale deve tener conto delle perturbazioni provocate dalla caccia. Tale disposizione deve essere valutata alla luce della natura e dell ambito geografico delle azioni di conservazione, giacché queste ultime possono variare dalla scala locale alla scala internazionale (ad es. un piano di gestione delle rotte migratorie ). Un esempio emblematico è dato dalla moretta tabaccata (Aythya nyroca), specie non cacciabile minacciata a livello mondiale. Questa specie è caratterizzata da un periodo di riproduzione tardivo, che la rende vulnerabile all apertura della stagione venatoria per le altre specie nelle zone in cui si trova ancora in piena fase di nidificazione. È evidente che per la maggior parte delle specie l area di distribuzione non si limita al territorio dello Stato membro in cui viene praticata la caccia, ma si estende all intero areale della specie in questione. Questo aspetto è particolarmente importante per le specie migratorie. Una caccia eccessiva lungo la rotta migratoria può compromettere le azioni di conservazione intraprese altrove, ossia anche al di fuori dell Unione europea. L ambito geografico di applicazione della direttiva è il territorio europeo degli Stati membri cui si applica il trattato. Tuttavia, per le specie il cui areale si estende oltre il territorio soggetto alla direttiva, possono essere rilevanti a tal fine anche gli impegni internazionali assunti dalla Comunità. Saggia utilizzazione La direttiva Uccelli selvatici non definisce il concetto di saggia utilizzazione. Una spiegazione di questa nozione, elaborata congiuntamente al comitato ORNIS, è fornita nella seconda relazione sull applicazione della direttiva, nella quale si esamina l impatto 20

21 potenziale della caccia sulle specie, sia per quanto riguarda le popolazioni sia con riferimento all uso degli habitat. Nel quadro della caccia saggia utilizzazione implica chiaramente uno sfruttamento sostenibile, ponendo l accento sul mantenimento delle popolazioni delle specie in uno stato di conservazione soddisfacente. Il concetto sembra corrispondere alla definizione di uso sostenibile contenuta nella convenzione sulla diversità biologica23: l'utilizzazione delle componenti della diversità biologica in un modo e con un ritmo tale che non provochino il declino a lungo termine di detta diversità biologica, salvaguardando così il suo potenziale al fine di soddisfare i bisogni e le aspirazioni delle generazioni presenti e future. La direttiva Uccelli selvatici è uno degli strumenti giuridici di cui dispone l Unione europea per dare attuazione a tale convenzione. Alcune linee direttrici sul tema della saggia utilizzazione sono state elaborate nel quadro della convenzione di Ramsar. In occasione della terza riunione della conferenza delle parti contraenti della convenzione (1987) è stata adottata una definizione secondo la quale per saggia utilizzazione delle zone umide si intende il loro uso sostenibile24 a beneficio dell umanità, in modo compatibile con il mantenimento delle proprietà naturali dell ecosistema. Si può quindi ragionevolmente concludere che il concetto di saggia utilizzazione equivale alla nozione di uso sostenibile compatibile con la conservazione delle risorse naturali, e corrisponde quindi al concetto di sostenibilità stabilito nel Quinto programma comunitario di azione in materia di ambiente. La caccia, che rappresenta una forma di sfruttamento della fauna selvatica, va quindi considerata nel più vasto contesto dell uso sostenibile delle risorse. Il concetto di saggia utilizzazione non deve necessariamente essere limitato al consumo di tali risorse; occorre invece riconoscere che anche gli appassionati di birdwatching, gli amanti della natura, gli scienziati e la società nel suo complesso hanno un diritto legittimo di fruizione e di esplorazione della natura, a condizione di esercitare tale diritto in maniera responsabile. È generalmente riconosciuto che il valore delle risorse ambientali comprende sia il valore d uso che il valore di esistenza. Il principio della saggia utilizzazione deve quindi comprendere la possibilità di accesso e di fruizione della fauna selvatica anche da parte di soggetti diversi dai cacciatori, accesso e fruizione che devono essere gestiti in maniera sostenibile e in modo tale da recare benefici alle comunità locali. Di seguito sono esaminati alcuni aspetti della saggia utilizzazione rilevanti per le specie cacciabili: impatto sulle popolazioni, uso degli habitat, gestione della selvaggina e stato di 21

22 conservazione delle specie. In particolare vengono sottolineate la difficoltà relative all applicazione del concetto di saggia utilizzazione sia alle specie stanziali che a quelle migratorie. Infine, viene evidenziato l importante ruolo svolto dalle attività di educazione, formazione e sensibilizzazione per promuovere la saggia utilizzazione. Rilevanza per le specie cacciabili La maggior parte degli studi scientifici sulla sostenibilità della caccia è incentrata sugli uccelli acquatici (ad esclusione dei gabbiani), sui tetraonidi e sui fasianidi (questi ultimi due gruppi appartengono all ordine dei Galliformi, e sono spesso indicati con l espressione selvaggina da penna ). Tali uccelli presentano caratteristiche ecologiche e comportamentali molto differenti tra loro. Gli uccelli acquatici sono tipicamente uccelli migratori di lunga distanza, che nidificano in vaste zone dell Europa settentrionale e svernano in zone umide distribuite irregolarmente tra le regioni temperate e le regioni tropicali. A causa del comportamento gregario di queste specie, i notevoli disturbi causati dalla caccia26 interessano molti più uccelli di quanti siano effettivamente abbattuti nel corso dell attività venatoria. Tuttavia una recente analisi bibliografica della letteratura scientifica sulla fisiologia energetica degli uccelli ha contestato l ipotesi secondo cui la caccia provoca sempre perturbazioni che minacciano in maniera significativa la sopravvivenza degli uccelli selvatici (cfr. paragrafo ). Inoltre un prelievo venatorio limitato a livello locale, anche se elevato, può non incidere sulle popolazioni locali nel lungo termine, a condizione che siano disponibili sufficienti risorse alimentari, se gli uccelli abbattuti possono essere sostituiti da uccelli provenienti da altri luoghi o mediante altri meccanismi compensatori di ordine biologico. Peraltro ciò potrebbe non verificarsi in caso di elevata pressione venatoria su una zona molto ampia dell areale della specie interessata. Al contrario, le specie stanziali di selvaggina da penna sono talvolta caratterizzate da complessi sistemi sociali, cosicché le popolazioni locali possono trarre beneficio da un adeguata gestione della caccia. Un forte prelievo venatorio può determinare una riduzione della popolazione. Gli uccelli acquatici e la selvaggina da penna sono le principali specie cacciabili in Europa, e comprendono il 71% di tutti i taxa dell allegato II. Le altre categorie di specie dell allegato II sono i gabbiani (7%), i piccioni (6%), e i passeracei (15%). Saggia utilizzazione e impatto sulla popolazione Poiché l obiettivo generale della direttiva è il mantenimento delle popolazioni di uccelli in uno stato di conservazione soddisfacente, tale obiettivo deve riflettersi nel principio della 22

23 saggia utilizzazione. Dalle conoscenze generali sulla dinamica delle popolazioni e sulla teoria relativa al prelievo degli uccelli migratori è possibile concludere che bassi livelli di prelievo hanno verosimilmente scarsi effetti sulla consistenza della popolazione primaverile. Livelli moderati di prelievo difficilmente determinano una diminuzione delle popolazioni di specie cacciabili, ma certamente riducono la consistenza della popolazione primaverile. Livelli di prelievo molto elevati possono invece determinare una diminuzione delle popolazioni. Per la maggior parte delle specie si ignora quali siano tali livelli. Per evitare che la caccia comporti una riduzione della consistenza numerica delle specie cacciabili, l approccio generale nella gestione della fauna selvatica consiste nell assicurare che il prelievo venatorio non superi l intervallo compreso tra il massimo rendimento sostenibile e il rendimento sostenibile ottimale. Questa nozione sembra più facilmente applicabile alle specie stanziali che alle specie migratorie. In assenza di informazioni affidabili sulla dinamica delle popolazioni e sui prelievi delle specie sedentarie migratorie occorre in generale evitare un livello troppo elevato di sfruttamento delle risorse. Sono inoltre necessari efficaci sistemi di monitoraggio basati su dati scientifici, in modo da assicurare che qualsiasi utilizzazione sia mantenuta a livelli sostenibili per le popolazioni selvatiche senza incidere negativamente sul ruolo della specie nell ecosistema o sull ecosistema in quanto tale. Tali sistemi devono comprendere informazioni sulle statistiche di caccia, che attualmente sono inesistenti o poco sviluppate per la maggior parte delle specie in tutta l Unione europea. Saggia utilizzazione e uso degli habitat È probabile che disturbi significativi causati dalla caccia o da altre attività umane determinino una riduzione dell uso degli habitat nei quali tali attività hanno luogo, costringendo gli uccelli a coprire maggiori distanze o ad adattare il proprio comportamento per sfuggire alla caccia, fino addirittura a rinunciare ad utilizzare habitat in cui la presenza umana è relativamente elevata. È quindi importante far sì che tali attività siano gestite in maniera da evitare disturbi che possano incidere in misura significativa sui valori di conservazione dei siti in questione. Questo aspetto è particolarmente importante nelle zone umide, in cui sono presenti grandi concentrazioni di uccelli selvatici, ivi comprese specie cacciabili. Nella comunicazione sull uso razionale e la conservazione delle zone umide la Commissione individua l uso sostenibile delle risorse come uno dei principali problemi delle zone umide e fa espresso riferimento alla caccia agli uccelli: La caccia agli uccelli acquatici nelle zone umide europee costituisce un passatempo diffuso e può rappresentare un'importante fonte di 23

24 reddito per i proprietari delle zone umide. Giustamente le associazioni dei cacciatori stanno assumendo un ruolo importante nella conservazione delle zone umide. Il principio dell'uso sostenibile delle risorse rappresentate dagli uccelli acquatici può contribuire sostanzialmente alla conservazione dellezone umide, purché siano previsti l'impiego di munizioni non tossiche, la fissazione di limiti quantitativi alla caccia, la creazione di un'adeguata rete di riserve di caccia e l'adeguamento delle stagioni venatorie ai requisiti ecologici delle specie. Anche questi aspetti sono disciplinati dalla direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Nel quadro della saggia utilizzazione occorre esaminare anche il problema dell inquinamento ambientale dovuto al piombo impiegato per la fabbricazione dei pallini contenuti nelle cartucce da caccia. È un fatto ormai riconosciuto che l uso di pallini di piombo rappresenta una grave minaccia per gli uccelli selvatici e per i loro habitat, e soprattutto per le zone umide. Nonostante questo tipo di munizione non sia esplicitamente menzionato nella direttiva Uccelli selvatici", il suo uso nelle zone di protezione speciale, con conseguente deterioramento degli habitat o disturbo significativo per gli uccelli, è incompatibile con le esigenze di protezione di questi siti. La necessità di eliminare gradualmente l uso dei pallini di piombo nelle zone umide è già stata riconosciuta in alcune istanze internazionali, quali la convenzione di Ramsar e l accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori africani ed eurasiatici (African Eurasian Waterbird Agreement AEWA). Caccia e gestione della selvaggina La nozione di saggia utilizzazione deve tenere conto anche degli aspetti positivi derivanti dalla gestione della selvaggina. Tale gestione implica una serie di misure destinate ad assicurare la disponibilità di habitat più adatti, migliori possibilità di alimentazione, nonché una minore predazione e una riduzione delle malattie e del bracconaggio, con conseguente miglioramento delle condizioni di vita delle specie cacciabili e delle altre specie. Pertanto, anche se i prelievi annuali possono eliminare una quota significativa della popolazione, tale riduzione è compensata dai vantaggi derivanti da una ridotta mortalità naturale e/o da un tasso di riproduzione più elevato. In accordo con il principio della saggia utilizzazione, le buone pratiche di gestione dovrebbero inoltre tener conto delle necessità delle specie non cacciabili e dell ecosistema. Come risultato, nei territori sottoposti a gestione la consistenza numerica della popolazione delle specie cacciabili e delle altre specie può essere nettamente superiore rispetto ai territori non sottoposti ad 24

25 alcuna forma di gestione. Questo principio contrasta nettamente con il prelievo delle risorse faunistiche in assenza di qualsiasi forma di gestione. Una popolazione sottoposta a prelievo venatorio, anche se stabile e cacciata in modo sostenibile, si manterrà inevitabilmente ad un livello inferiore rispetto ad una popolazione in condizioni simili ma non soggetta a caccia. Le conseguenze benefiche della gestione della selvaggina sono particolarmente evidenti nel caso delle specie stanziali. Alcuni dei siti più importanti in Europa per la fauna selvatica sono riusciti a sopravvivere alla pressione dell urbanizzazione e alla distruzione grazie agli interessi legati alla gestione della selvaggina. Ad esempio il Regno Unito possiede ancora oggi la più vasta zona di brughiere esistente in Europa grazie soprattutto all importanza di questo tipo di habitat per la caccia ai tetraonidi, che ha contribuito ad impedirne la scomparsa evitando l imboschimento a fini commerciali e altri tipi di minacce. In Spagna le popolazioni residue di aquila imperiale iberica (Aquila adalberti) sono riuscite a sopravvivere nelle grandi riserve di caccia private, ove si praticava quasi esclusivamente la caccia grossa. In Francia, le popolazioni selvatiche di starna (Perdix perdix) sono numerose in alcune regioni ad agricoltura intensiva (ad es. Beauce, Piccardia) come risultato degli sforzi di gestione intrapresi, fra cui in particolare il ritiro dalla produzione di migliaia di ettari di terreno per la tutela della fauna selvatica ( Jachère faune sauvage ), con il sostegno finanziario dei cacciatori. La caccia può quindi favorire la conservazione mediante la saggia utilizzazione delle risorse. Le misure adottate per migliorare le condizioni delle specie cacciabili possono non soltanto accrescere il rendimento sostenibile ma giovare anche ad una serie di altri animali e piante aventi esigenze simili. I terreni boschivi gestiti per la caccia al fagiano (Phasianus colchicus) presentano una maggiore diversità rispetto ai terreni boschivi gestiti unicamente ai fini dell esercizio della silvicoltura. La gestione dei margini dei campi per favorire la nidificazione della starna (Perdix perdix) giova anche alla flora selvatica, alle farfalle e ad altri invertebrati. Tuttavia, la gestione della selvaggina destinata ad aumentare artificialmente i livelli della popolazione di singole specie può essere dannosa per altre specie, soprattutto se collegata alla caccia illegale dei rapaci. Saggia utilizzazione e stato di conservazione delle specie cacciabili Si ritiene che lo stato di conservazione di una specie di uccelli sia insoddisfacente quando la somma dei fattori che influiscono sulla specie in questione può alterare a lungo termine la distribuzione e l'importanza delle sue popolazioni. In particolare lo stato di 25

26 conservazione è considerato insoddisfacente quando i dati relativi alla dinamica delle popolazioni della specie in questione indicano che quest ultima non continua a lungo termine ad essere un elemento vitale dell habitat naturale a cui appartiene. Ovviamente è preferibile, in generale, non autorizzare la caccia di tali specie o popolazioni, anche se la caccia non è la causa dello stato di conservazione insoddisfacente né vi contribuisce. Tuttavia, il fatto di autorizzare la caccia di una determinata specie può costituire un forte incentivo alla gestione degli habitat e influire su altri fattori che incidono sulla diminuzione della popolazione, contribuendo in tal modo all'obiettivo del ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente. Il problema dell opportunità di autorizzare la prosecuzione della caccia di specie aventi uno stato di conservazione insoddisfacente è stato posto durante le discussioni relative all ultima modifica dell allegato II della direttiva proposta dalla Commissione. Al punto 2.7 della relazione della commissione per l ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori del Parlamento europeo sulla proposta di modifica della direttiva Uccelli selvatici presentata dalla Commissione nel si afferma che nel caso di una specie in declino la caccia non può per definizione essere sostenibile, a meno che non faccia parte di un piano di gestione adeguato che preveda anche la conservazione degli habitat e altre misure in grado di rallentare e di invertire la tendenza al declino. I piani di gestione diretti al ripristino dei livelli di popolazione delle specie devono essere applicati a tutte le popolazioni, sia periferiche che centrali. In effetti, le popolazioni periferiche possono svolgere un ruolo particolarmente importante nel processo di adattamento delle specie all evoluzione ambientale, processo che, in ambito europeo, risulta fondamentale. Inoltre tali piani possono essere elaborati a differenti livelli territoriali (ad esempio a livello comunitario, nazionale o locale). Sono attualmente in preparazione piani comunitari di gestione delle specie di uccelli dell allegato II per le quali è stato rilevato uno stato di conservazione insoddisfacente. Tali piani quadro devono ancora essere ultimati e adottati dagli Stati membri. Se da un lato essi non hanno una specifica rilevanza giuridica nel quadro della direttiva, dall altro la loro effettiva applicazione e la capacità di arrestare e invertire la tendenza al declino delle specie cacciabili, da comprovare mediante opportune attività di monitoraggio, serviranno a stabilire se la caccia di tali specie continua ad essere giustificata nel quadro della direttiva o se è necessaria l adozione di altre misure. I piani di gestione diretti al ripristino dello stato di conservazione delle specie devono essere integrati da programmi di monitoraggio in grado di individuare eventuali variazioni dello stato di conservazione. I programmi 26

27 devono prevedere una valutazione del prelievo venatorio e del ruolo di quest ultimo nella dinamica della popolazione. Occorre infine notare che la sospensione temporanea della caccia di determinate specie aventi (non necessariamente a causa dell attività venatoria) uno stato di conservazione insoddisfacente, introdotta dagli Stati membri con l accordo delle associazioni venatorie, rappresenta una soluzione potenzialmente interessante. Tale soluzione, se combinata con un programma di azioni di conservazione delle specie in questione, può costituire un forte incentivo affinché i portatori dei diversi interessi, compresi i cacciatori, collaborino per assicurare il ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente. Un aspetto importante per i cacciatori è che tale sospensione deve essere considerata e percepita come temporanea e non portare più o meno automaticamente ad un divieto permanente di caccia. Saggia utilizzazione e iniziative di educazione, formazione e sensibilizzazione La nozione di saggia utilizzazione delle risorse naturali implica anche conoscenze e competenze adeguate. I cacciatori devono essere opportunamente informati dell esigenza di identificare correttamente le specie,delle buone pratiche, della normativa sulla caccia, della necessità di comunicare le catture effettuate ecc. Le attività illecite (come la caccia a specie protette, l utilizzo di trappole illegali, l esercizio dell attività venatoria al di fuori dei periodi consentiti o in zone vietate, l uso illegale di veleni) sono in contrasto con il principio della saggia utilizzazione e non sono conformi al principio della conservazione attraverso l uso sostenibile. Inoltre, i comportamenti illeciti di un piccolo numero di cacciatori possono gettare discredito sull intera categoria. Poiché i cacciatori sono i custodi più affidabili delle zone di caccia è nel loro interesse a lungo termine opporsi a tali comportamenti e fare in modo che il pubblico lo sappia. È inoltre necessario far conoscere al pubblico il principio della conservazione mediante l uso sostenibile. Regolazione ecologicamente equilibrata Questo principio non è definito nella direttiva Uccelli selvatici ; tuttavia l ottavo considerando della direttiva lascia intendere che potrebbe non riferirsi primariamente ad un uso ricreativo, ma alla gestione delle popolazioni finalizzata alla conservazione delle specie: considerando che la conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei; che essa consente di regolarle disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all'adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile. 27

28 Inoltre l articolo 1 stabilisce che la direttiva ha come obiettivo la protezione, la gestione e la regolazione delle specie, mentre l articolo 2 prevede l adozione di misure per mantenere o adeguare le popolazioni delle varie specie ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative. Quest ultima espressione può significare che il controllo non è incentrato esclusivamente sull equilibrio tra le specie ma può anche essere finalizzato alla protezione di interessi economici (ad esempio la prevenzione dei danni). La regolazione ecologicamente equilibrata implica che le misure adottate devono essere ecologicamente sicure e proporzionate al problema da risolvere, tenendo conto dello stato di conservazione delle specie in questione. Le misure di controllo possono essere considerate necessarie soltanto per poche specie dell allegato II (ad es. corvi, piccioni, gabbiani). Questa sembra essere stata la principale spinta all inclusione di cinque specie di Corvidae nell allegato II, parte 2 in occasione dell adeguamento della direttiva nel Al contrario, per molte altre specie cacciabili, le misure di gestione sono dirette ad accrescere o a ripristinare la consistenza numerica delle popolazioni nell interesse della conservazione e della caccia. L applicazione di questo principio nel quadro dell articolo 7, paragrafo 4 offre maggiori possibilità per le misure di controllo destinate alla protezione della flora e della fauna adottabili nel quadro del regime derogatorio di cui all articolo 9, paragrafo 1, lettera a). Tuttavia non è chiaro fino a che punto sia effettivamente possibile controllare le popolazioni di specie nocive unicamente durante la normale stagione venatoria. Occorre prendere in considerazione altri metodi, quali l uso di tecniche per spaventare gli uccelli, che possono risolvere il problema dei danni almeno temporaneamente e a livello locale. È necessario prendere in considerazione anche altri aspetti della regolazione ecologicamente equilibrata, come ad esempio la misura in cui tale attività di controllo deve essere collegata alla necessità di assicurare uno sfruttamento demograficamente equilibrato di una determinata specie (ad es. non eliminare eccedenze relative ad uno dei due sessi o ad una coorte di età). Occorre inoltre fare in modo che l impatto sulle popolazioni oggetto di prelievo venatorio non comporti uno squilibrio per l ecosistema, favorendo lo sviluppo di altre specie a causa dell assenza di competizione. Condizioni specifiche legate alla fissazione del calendario venatorio L articolo 7, paragrafo 4 della direttiva stabilisce una serie di principi fondamentali relativi alla definizione dei periodi di caccia, finalizzati ad assicurare che l attività venatoria non 28

29 abbia luogo nelle fasi del ciclo annuale durante le quali le specie cacciabili sono più vulnerabili. L articolo in questione vieta la caccia alle specie stanziali nel periodo della nidificazione e durante le varie fasi della riproduzione. Nel caso delle specie migratorie lo stesso articolo vieta la caccia nel periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione. La Corte ha affermato che l' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva intende garantire un regime completo di protezione durante i periodi in cui la sopravvivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. Di conseguenza, la protezione contro le attività venatorie non può essere limitata alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media dei cicli riproduttivi e dei movimenti migratori. 29

30 2. SCOPO DEL DOCUMENTO E PORTATA DELLE INFORMAZIONI DA INCLUDERE NEL RAPPORTO AMBIENTALE Il presente documento detto Rapporto Preliminare, in attuazione del citato Reg. Reg. n. 3 del 4 agosto 2008 e ss. mm.ii., comprende oltre ad una descrizione del piano, lo schema del percorso metodologico -procedurale, la definizione dell ambito di influenza del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Catanzaro, la portata delle informazioni che saranno incluse nel successivo Rapporto Ambientale nonché le prime necessarie informazioni in ordine alla presenza di Siti afferenti alla Rete Natura 2000, oggetto di successiva e specifica trattazione di studio di incidenza ambientale nell ambito del Rapporto Ambientale, in accordo con le procedure previste dal recente Regolamento Regionale n. 16 del 06 novembre Successivamente l'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, individueranno i soggetti competenti in materia ambientale con i quali avviare la prima fase di consultazione al fine di definire la portata ed il livello delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale. Il Rapporto Ambientale, che sarà predisposto una volta conclusa la prima fase di consultazione preliminare accompagnerà la proposta del Piano Faunistico venatorio sottoposto alla Valutazione Ambientale Strategica. I contenuti del rapporto ambientale sono dettati dall art. 5 della direttiva 2001/42/CE, dal Decreto Legislativo n.4/2008 e dai Reg. Reg. n. 3/2008 e Reg. Reg. n. 16/2009 In accordo con detta normativa pertanto, il rapporto ambientale del PFV conterrà le seguenti informazioni, analisi e valutazioni: 1) Descrizione ed illustrazione dei contenuti e degli obiettivi principali del PFV; 2) Rapporto del PFV con altri pertinenti Piani; 3) Aspetti attuali sullo stato attuale dell ambiente, pertinenti al PFV, e la sua evoluzione in assenza della pianificazione trattata. 4) Caratteristiche ambientali delle aree che sono significativamente interessate dalle previsioni di piano; 5) Analisi dei problemi ambientali esistenti, pertinenti con il PFV, in particolare quelli riguardanti i siti della rete Natura 2000 e di particolare rilevanza ambientale e dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità (D.L. n.228/2001); 30

31 6) Obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o nazionale ed eventualmente regionale, che sono stati considerati nella la stesura del PFV; 7) Descrizione dei possibili effetti significativi sull ambiente, in particolare quelli relativi all ambito d influenza del piano (la fauna selvatica e più in generale la biodiversità). 8) Descrizione delle misure previste per impedire, ridurre e compensare gli effetti negativi sull ambiente originatisi dall applicazione del PFV; 9) Sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e la descrizione di come è stata condotta la valutazione, comprese eventuali difficoltà incontrate; 10) Individuazione e descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall attuazione del Piano FV proposto, definendo le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della redazione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare; 11) Sintesi non tecnica delle informazioni contenute nel rapporto ambientale Per ciò che riguarda invece il Rapporto Preliminare, esso ha lo scopo di facilitare la fase di consultazione e condivisione e pertanto si è ritenuto affrontare una trattazione preliminare dei seguenti punti: Inquadramento normativo di riferimento ed assoggettabilità del Piano alla direttiva 2001/42/CEE (VAS) Inquadramento generale del Piano con riferimento alla sua articolazione e contenuti Definizione dell ambito di influenza del Piano Definizione dell approccio metodologico procedurale Informazioni da includere nel Rapporto ambientale Verifica delle interferenze del Piano con i Siti afferenti alla Rete Natura 2000 (SIC, SIN, ZPS) Caratterizzazione del contesto territoriale ed ambientale, tendenze evolutive e criticità. individuazione del sistema degli indicatori e del sistema di monitoraggio. Analisi preliminari in ordine alle strategie nazionali ed internazionali per lo sviluppo sostenibile 31

32 Analisi preliminare di coerenza esterna ed interna del PFV rispetto agli obiettivi di sostenibilità ambientale riconosciuti a livello comunitario, nazionale ed internazionale ed effetti del PFV rispetto alle tendenze evolutive ed alle criticità per come emergono dall analisi ambientale, rapportati allo specifico ambito di competenza del piano. Analisi preliminare di correlazione tra il PFV ed altri Piani o Programmi. 32

33 3. IL PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI CATANZARO Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale rappresenta lo strumento con il quale la Provincia esercita la propria facoltà di disciplinare in materia di pianificazione e programmazione faunistico-venatoria del territorio. il Piano rappresenta pertanto il principale strumento di programmazione attraverso il quale la pubblica amministrazione definisce le proprie linee guida per quanto concerne le finalità e gli obiettivi di gestione della fauna selvatica omeoterma e la regolamentazione dell attività venatoria nel medio periodo In tal senso le Province realizzano gli obiettivi della pianificazione faunistico venatoria, mediante la destinazione differenziata del territorio e contiene quegli elementi essenziali, previsti dalle normative vigenti, indispensabili per la conservazione e gestione del patrimonio faunistico, patrimonio di tutta la collettività. Secondo la normativa nazionale (art. 10 c.1 L.157/92), la pianificazione faunisticovenatoria provinciale è finalizzata: per quanto attiene le specie carnivore: alla conservazione delle effettive capacità riproduttive per le specie presenti in densità sostenibili; al contenimento naturale per le specie presenti in sovrannumero; b) per quanto riguarda le altre specie: al conseguimento della densità ottimale e alla loro conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio Il Piano è quindi lo strumento necessario per : conseguire una razionale pianificazione territoriale; perseguire gli obiettivi di tutela e conservazione della fauna selvatica; tutelare l equilibrio ambientale e gli habitat presenti, oltre a prevederne la riqualificazione; disciplinare l attività venatoria (prelievo sostenibile). Tali azioni si realizzano attraverso una articolazione del territorio in comprensori omogenei, un individuazione della localizzazione ed estensione degli istituti faunistici, la disciplina degli appostamenti fissi di caccia, i criteri per la determinazione del risarcimento dei danni causati dalla fauna alle attività agricole e quelli per l'incentivazione degli interventi di miglioramento ambientale. 33

34 3.1 Indirizzi generali e strategie del PFV Il Piano Faunistico-venatorio Provinciale rappresenta uno strumento di pianificazione settoriale e come tale deve raccordarsi con gli strumenti provinciali di pianificazione in particolare laddove questi interessino tematiche che riguardino direttamente o influiscano sulla gestione faunistica o che da questa possano essere influenzati. La predisposizione delle proposte di Piano provinciale è avvenuta sulla base delle indicazioni di cui al Documento d indirizzo e di coordinamento della pianificazione faunistico-venatoria provinciale predisposto dalla Regione Calabria - Dipartimento n. 6 "Agricoltura - Foreste - Forestazione - Caccia e Pesca", tenendo conto ion particolare dei seguenti orientamenti: tutto il territorio agro-silvo-pastorale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria e può essere destinato a protezione faunistica, ovvero a gestione privata o a gestione programmata della caccia; la pianificazione faunistica è riferita a comprensori aventi caratteristiche ambientali omogenee facenti capo a una o più province; la pianificazione faunistica deve tendere al mantenimento e/o conseguimento delle densità ottimali ovvero di un buono stato di conservazione per le specie o gruppi di specie di interesse gestionale e conservazionistico; la pianificazione faunistica provinciale deve individuare le attività gestionali necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di cui al punto precedente; le presenze faunistiche sono promosse prioritariamente mediante la tutela, la conservazione o il ripristino degli ambienti; il prelievo venatorio deve essere programmato dai rispettivi istituti di gestione in attuazione del Piano Faunistico-venatorio provinciale e in funzione delle finalità perseguite in ciascun comprensorio omogeneo, nel rispetto delle norme previste per la definizione del Calendario venatorio regionale. I Piani faunistico-venatori provinciali, elaborati sulla base delle indicazioni contenute negli indirizzi regionali, entreranno a far parte integrante del Piano Faunistico-venatorio Regionale. Ciò ha reso necessario che la loro realizzazione avvenisse attraverso criteri omogenei e quanto più oggettivi, allo scopo di uniformarne l'approccio metodologico e i contenuti tecnici. Con il Piano Faunistico-venatorio la Provincia individua gli obiettivi gestionali della politica faunistica, indirizza e pianifica gli interventi gestionali necessari per il raggiungimento di tali obiettivi e provvede all'individuazione dei territori idonei alla 34

35 destinazione dei diversi Istituti faunistici. I contenuti del Piano faunistico provinciale vengono recepiti negli strumenti gestionali dei soggetti che a diverso titolo sono responsabili della gestione faunistica per i territori di propria competenza: Ambiti Territoriali di Caccia, Aziende Venatorie, Zone per l'addestramento e per le gare cinofile, Centri Pubblici e Privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. Ai sensi della L.R. 9/96, la Regione disciplina la gestione faunistica ed il raggiungimento e/o mantenimento dell'equilibrio faunistico ed ecologico sull'intero territorio regionale. Una buona gestione ed un armonico equilibrio ambientale deve contemplare anche ambiti di fattivo cointeressamento e coinvolgimento costruttivo del mondo venatorio, anche per contrastare eventi contingenti (es. incendi) od emergenze particolari. E' pertanto opportuno e necessario che i piani faunistico-venatori provinciali prevedano le modalità di collaborazione e di sostegno del volontariato. Sempre secondo quanto indicato nel Documento d indirizzo e di coordinamento della pianificazione faunistico-venatoria provinciale la pianificazione e la gestione faunistica dei Parchi regionali e delle Riserve regionali, pur tenendo conto delle specifiche finalità di questi istituti, deve raccordarsi con la pianificazione faunistico-venatoria provinciale. Gli Enti gestori delle Aree protette regionali devono pertanto collaborare alla predisposizione dei Piani faunistico-venatori provinciali. Qualora la Provincia non recepisca in tutto o in parte tali proposte, nell'atto di approvazione del Piano ne deve essere esplicitamente motivato il mancato o il parziale recepimento. Il Piano parte dallo studio del territorio e delle sue componenti, quantifica la superficie agro-silvo-pastorale, al fine di rispettare i limiti percentuali stabiliti dalla legge 157/92 e dalla l.r. 9/96, relativamente alle strutture da destinare alla protezione della fauna, alla gestione della caccia ed all attività venatoria, analizza l attività venatoria ed individua, in particolare, i Piani di immissione ed il controllo dei prelievi ed infine dispone una serie di regolamenti. Il piano provinciale di durata quinquennale è attuato dalla Provincia con programmi annuali di intervento. 3.2 Articolazione del PFV Il PFV della provincia di Catanzaro è composto da relazioni e tavole tematiche che si articolano secondo quanto di seguito riportato: 35

36 Parte I - Indirizzi Progettuali Il documento riporta gli indirizzi di cui al Documento d indirizzo e di coordinamento della pianificazione faunistico-venatoria provinciale predisposto dalla Regione Calabria - Dipartimento n. 6 "Agricoltura - Foreste - Forestazione - Caccia e Pesca". Parte II Analisi del Territorio e delle sue componenti Introduzione Descrizione generale Analisi della popolazione Analisi del territorio Superficie agro-silvo-pastorale Densità venatoria Destinazione d uso delle strutture faunistiche venatorie e di protezione Parte III Ambiente Fauna e Attività Venatoria Introduzione La fauna selvatica Attività venatoria Piani d immissione Controllo dei prelievi Agricoltura e fauna Danni alla produzione agricola Controllo sanitario Attività di vigilanza Parte IV - Regolamenti Introduzione Regolamento n. 1: Norme per la regolamentazione delle catture e degli inanellamenti a scopo scientifico e per cessione a fini di richiamo Regolamento n. 2: Regolamento per la corresponsione degli incentivi per miglioramenti ambientali e del risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica oggetto di prelievo venatorio Regolamento n. 3: Regolamento per il coordinamento delle GG.VV. volontarie appartenenti alle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale Regolamento n. 4: Regolamento per il controllo attraverso il prelievo venatorio dei predatori appartenenti alle specie cacciabili Regolamento n. 5: Norme per la Regolamentazione dell attività venatoria sugli ungulati Regolamento n. 6: Norme per la regolamentazione degli appostamenti a scopo venatorio Regolamento n. 7: Norme per la costituzione e gestione delle zone di addestramento cani Regolamento n. 8: Regolamento di attuazione degli ambiti territoriali di caccia e statuto tipo degli organi di gestione Regolamento n. 9: Norme per la regolamentazione delle aziende faunisticovenatorie ed agro-turistico-venatorie 36

37 Regolamento n. 10: Regolamento per la costituzione e gestione dei centri pubblici e privati di produzione e di allevamento, detenzione e recupero della fauna selvatica Regolamento n. 11: Norme per la costituzione e la gestione delle oasi di protezione Regolamento n. 12: Norme per la costituzione e la gestione delle zone di ripopolamento e cattura Regolamento n. 13: Norme per la Regolamentazione dell attività venatoria sui cinghiali Parte V - Cartografie Introduzione Planimetria generale con l indicazione dei confini provinciali e degli A.T.C TAV. 1 Carta delle aree urbanizzate TAV. 2 Carta delle vocazioni faunistiche TAV. 3 Carta dell uso agricolo dei suoli TAV. 4 Carta delle aree vincolate TAV. 5 Carta delle aree per la caccia al cinghiale. 3.3 Il PFV e gli Ambiti Territoriali di Caccia Come già anticipato l Amministrazione Provinciale di Catanzaro ha redatto, nell anno 1999, il primo Piano faunistico Venatorio Provinciale, in accordo con le disposizioni normative di settore. Il territorio provinciale è stato quindi ripartito in due ambiti territoriali di caccia (A. T.C.), denominati CZ1 e CZ2. I due ambiti sono da considerarsi tra essi omogenei, in quanto presentano situazioni territoriali simili (zone marine, collinari e montane), ad eccezione della pianura che nella provincia di Catanzaro si configurano solo con la Piana di Lamezia, contenuta in CZ1, ma tanto antropizzata da non creare situazioni di scompenso tra gli ambiti. All interno di tali ambiti è stata condotta l analisi del contesto territoriale e delle tendenze venatorie in un arco temporale di 10 anni, a partire dal 1988 al La disparità, in termini di superficie, tra i due ambiti è solo apparente poiché nell A.T.C. CZ1 ricadono realtà territoriali molto antropizzate, una maggior parte di territorio protetto del Parco Nazionale della Sila ed ha la maggiore concentrazione del numero di cacciatori (fig. 1). L analisi degli ambiti territoriali di caccia (CZ1 e CZ2), è stata effettuata su un arco temporale che coincide con l ultimo decennio e tenendo conto dei dati già elaborati, con il primo PFV, per il precedente decennio L intero periodo sicuramente stabilisce le tendenze e le scelte in materia venatoria della popolazione residente 37

38 I due A.T.C. sono organismi indipendenti che hanno diversa conduzione ed amministrazione, attraverso i rispettivi Comitati di Gestione; si è reso necessario, quindi, all interno del PFV, offrire ad essi delle indicazioni differenziate per singole realtà locali. Il P.F.V.P. ha analizzato le dinamiche demografiche in ordine alla popolazione residente studiando la variazione della popolazione di cacciatori. 3 I dati relativi ai singoli ambiti sono stati raccolti in un apposita sezione e riformulati per l intera Provincia, al fine di renderne più agevole la lettura in fase di coordinamento dei piani provinciali da parte degli organismi regionali preposti. La determinazione della superficie agro-silvo-pastorale é stata curata con particolare attenzione; ad essa, infatti, sono collegate, attraverso limiti percentuali ben precisi stabiliti dalla legge 157/92 e ripresi dalla L.R. n. 9/96, le strutture da destinare alla protezione della fauna, a gestione privata della caccia ed all attività venatoria. Per ogni ambito é stata stabilita la densità venatoria attuale al fine di adottare in futuro soluzioni più adeguate in merito alla mobilità dei cacciatori ed all accoglienza di quelli non residenti nella Provincia Superficie (ha) degli A.T.C. della Provincia di Catanzaro Provincia CZ ATC CZ Figura 1 - Superficie (ha) degli ATC della Provincia di Catanzaro (Piano faunistico venatorio provinciale, 1999) Si riportano di seguito una serie di informazioni relative alla ripartizione degli ambiti territoriali di caccia ed in particolare la distribuzione dei comuni nei diversi ambiti (Tab. 1 e Fig.2) 3. Si rimanda alla trattazione integrale all interno del PFV. 38

39 Ambiti territoriali di Territori comuni ricadenti negli Ambiti Territoriali Caccia caccia (A.T.C.) A.T.C. CZ1 Albi, Amato, Andali, Belcastro, Botricello, Caraffa di Catanzaro, Carlopoli, Catanzaro, Cerva, Cicala, Conflenti, Cropani, Curinga, Decollatura, Falerna, Feroleto Antico, Fossato Serralta, Gimigliano, Gizzeria, Jacurso, Lamezia Terme, Magisano, Maida, Marcedusa, Marcellinara, Martirano, Martirano Lombardo, Miglierina, Motta Santa Lucia, Nocera Terinese, Pentone, Petrona', Pianopoli, Platania, San Mango d'aquino, San Pietro a Maida, San Pietro Apostolo, Sellia, Sellia Marina, Serrastretta, Sersale, Settingiano, Simeri Crichi, Sorbo San Basile, Soveria Mannelli, Soveria Simeri, Taverna, Tiriolo e Zagarise; A.T.C. CZ2 Amaroni, Argusto, Badolato, Borgia, Cardinale, Cenadi, Centrache, Chiaravalle Centrale, Cortale, Davoli, Gagliato, Gasperina, Girifalco, Guardavalle, Isca sullo Ionio, Montauro, Montepaone, Olivadi, Palermiti, Petrizzi, San Floro, San Sostene, San Vito sullo Ionio, Sant'Andrea sullo Ionio, Santa Caterina sullo Ionio, Satriano, Soverato, Squillace, Stalettì, Torre di Ruggiero e Vallefiorita. Tabella 1 - Ambiti Territoriali di Caccia A.T.C. -Fonte dei dati: Piano faunistico venatorio provinciale I Comuni ricadenti nell A.T.C. CZ1 sono in totale 49 con una Superficie totale dell ambito pari a ha. I Comuni che dispongono di un territorio molto più esteso rispetto alla media generale sono solo tre: Lamezia Terme, (con ettari risulta il Comune con maggiore territorio disponibile); Taverna ( ettari); Catanzaro ( ettari). Essi assorbono il 22,80% circa del territorio di CZ1 ed il 16,88% circa dell intero territorio provinciale. L ambito CZ1 dispone di un territorio ripartito quasi in modo uniforme tra montagna e collina, rispettivamente il 47,29% contro il 43,34%; la sola realta comunale classificata di pianura é quella di Lamezia Terme, unico Comune, tra l altro, in tutta la Provincia con questa caratteristica. I Comuni ricadenti nell A.T.C. CZ2 sono in totale 31 con una Superficie totale dell ambito pari a ettari. L analisi appena svolta ha messo in evidenza che i due A.T.C. sembrano essere in sintonia con la realtà territoriale della Provincia: CZ1 occupa una vasta area estesa dal Tirreno all Alto Jonio Catanzarese che comprende la fascia montuosa da Monte Mancuso alla Sila Piccola nonchè le aree collinari in destra e sinistra dei Fiumi Amato e Corace; in CZ2 é concentrata l area che comprende la fascia territoriale tra il Basso Ionio e le Serre Catanzaresi, realtà ormai a se stante difficilmente accorpabile con altre aree. 39

40 La disparità di superficie, a favore di CZ1 rispetto a CZ2 ( Ha contro Ha), é solo apparente; nell A.T.C. CZ1 sono individuabili una serie di problemi che riducono notevolmente questa differenza: realtà territoriale altamente antropizzata; comuni con la più alta concentrazione di cacciatori; maggiore territorio protetto (Parco nazionale della Sila); Non sembra, inoltre, necessario proporre l aumento degli A.T.C.; il numero di cacciatori da gestire sul territorio non é eccessivo (attualmente in totale circa 4068 unità) e gli introiti derivanti dal versamento della tassa di partecipazione agli A.T.C. rendono già oggi difficile la programmazione venatoria in ogni ambito. La ripartizione territoriale in più di due ambiti ridurrebbe ancor più le risorse di ogni singolo A.T.C., mentre aumenterebbero le necessità organizzative, con le relative spese conseguenti, attraverso l utilizzo di maggiori risorse umane per renderne operativi i Comitati di gestione. La Provincia di Catanzaro presenta una peculiarità importante ai fini della gestione della mobilità tra gli ambiti della Regione: essa confina contemporaneamente con tutte le altre Province, ed ogni ambito a sua volta confina almeno con due di esse. Questa particolare posizione geografica pone la Provincia di Catanzaro nella condizione di poter promuovere una politica di regolamentazione della mobilità tra gli ambiti che, nel rispetto degli indici di densità venatoria e della consistenza delle specie cacciabili, possa tradursi in adeguati benefici economici in favore di una maggiore autonomia gestionale dei Comitati destinati al governo degli A.T.C.. Figura 2 Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.) della Provincia di catanzaro (Piano faunistico venatorio provinciale) 40

41 3.1 Analisi della popolazione e andamento nel numero dei cacciatori All interno del PFV sono stati analizzati i dati in ordine alla popolazione prendendo come riferimento la banca dati dell ISTAT, aggiornati a gennaio Lo studio dell andamento demografico si é svolto sulla base dalle seguenti ipotesi: 1. il periodo di osservazione é compreso tra il 1988 ed il 2008; 2. gli attuali confini geografici della Provincia di Catanzaro sono stati ipotizzati già esistenti alla data del 1 gennaio La popolazione residente nella Provincia é di unità, suddivise in nell A.T.C. CZ1 e nell A.T.C. CZ2, rispettivamente con densità media di 1,64 e 1,31 per ettaro; ciò corrisponde ad una densità media provinciale di 1,47 abitanti per ettaro. Proprio alla data del censimento del 1991 si registra la massima flessione demografica: in CZ1 il 3,19% rispetto al 1988 ed in CZ2 il 5,75% rispetto al La variazione della popolazione, sia in diminuzione che in aumento, é un fenomeno generalizzato in tutta la Provincia e non si notano spopolamenti di aree a vantaggio di altre, tranne che per i Comuni immediatamente ubicati alle porte dei centri abitati più grossi; ad esempio nell A.T.C. CZ1 i Comuni alla porte di Catanzaro (Settingiano, Marcellinara) hanno subito un costante aumento di popolazione per l esodo dal capoluogo verso la periferia. All interno della popolazione residente esiste una popolazione di cacciatori che é stata esaminata e differenziata per ambiti, con periodo di osservazione concentrato negli ultimi 20 anni ( ), utilizzando i dati ufficiali depositati presso l Ufficio Caccia della Provincia di Catanzaro. Attraverso il conteggio del numero di tesserini venatori rilasciati annualmente sono stati elaborati i dati per l analisi dell andamento della popoliazione dei cacciatori. rispettivamente per l ambito CZ1 e CZ2. Dall analisi dei dati, puntualmente riportata nel documento del PFV, emerge che nell ambito dell A.T.C. CZ1 il numero dei cacciatori rispetto agli anni precedenti ha un andamento decrescente, mentre nell A.T.C. CZ2 l andamento del numero dei cacciatori è crescente. Nell arco di tempo tra il 1991 ed il 1996 si ha una forte diminuzione dei praticanti l attività venatoria. Nel 1991 é del % circa in entrambi gli ambiti, nel 1992 si assiste ad un ulteriore decremento variabile dal % nell A.T.C. CZ1 al % nell A.T.C. CZ2; la media generale nella Provincia é stata del %. La tendenza registrata evidenzia come nonostante la popolazione residente nello stesso periodo rimarca un certo recupero, la popolazione dei cacciatori continua a regredire, dimostrando che la variazione nel numero di praticanti l attività venatoria non è solo collegata alla variazione della popolazione residente ma anche ad altri fenomeni. Una ulteriore conferma di questo fatto si ha nel 1996 quando avviene un inversione di 41

42 tendenza con un aumento nel numero di cacciatori (2.30% in CZ1 e 0.90% in CZ2) da attribuire ad una precisa scelta della Regione Calabria: con deliberazione del Consiglio Regionale del n. 133 viene approvato il piano faunistico venatorio regionale che fornisce alle Province gli indirizzi generali per la redazione dei piani provinciali; al tempo stesso la Regione adempie ad una precisa indicazione contenuta nella legge 157/92 che consente alla stessa di proporre nel calendario venatorio l apertura anticipata al 1 settembre. Nell arco di tempo esaminato ( ) la variazione totale del numero di cacciatori residenti nella Provincia di Catanzaro é risultata del -53% (da unità a 2.956) nelle aree di competenza dell A.T.C. CZ1 e del -49,70% (da unità a 1.112) in quelle dell A.T.C. CZ2: 0,00% ,00% -40,00% A.T.C. CZ 1 A.T.C. CZ 2-60,00% -80,00% I risultati che si possono trarre dall analisi riguardano l incidenza percentuale dei cacciatori sulla popolazione residente nei rispettivi ambiti ed il numero di essi al quale far riferimento per la determinazione della densità venatoria: nell A.T.C. CZ1 la popolazione di cacciatori é di unità corrispondente all 1,05% della popolazione residente (grafico 1): nell A.T.C. CZ2 la popolazione di cacciatori é di unità corrispondente all 1,25% della popolazione residente (grafico 2): 42

43 RAPPORTO CACCIATORI-POPOLAZIONE A.T.C. CZ1 ANNO 2008 CACCIATORI (2.956) POPOLAZIONE ( ) Grafico 1 RAPPORTO CACCIATORI-POPOLAZIONE A.T.C. CZ2 ANNO 2008 CACCIATORI (1.112) POPOLAZIONE (89.393) Grafico Superficie Agro-Silvo-Pastorale La legge quadro sulla caccia, 11 febbraio 1992 n 157, ha introdotto il concetto di superficie agro-silvo-pastorale stabilendo come con essa sia da intendersi il territorio su cui praticare l'attività venatoria con conseguente pianificazione ad opera delle Regioni e delle Provincie. Tale legge è stat recepita con Legge Regionale n. 9/96. In base all'articolo 10 della citata legge n 157 si sancisce che all'interno della SASP regionale, sia individuata una porzione tra il 20% ed il 30% (fissata al 26% della L.R. n 9/96), destinata a protezione della fauna in cui la caccia viene vietata. Ne risulta da ciò l'importanza di questo dato ai fini della pianificazione faunistico venatoria anche in considerazione del fatto che, la superficie agro-silvo-pastorale è il dato essenziale per il calcolo dell indice di densità venatoria, introdotto dall art. 14 della legge 157/92 e recepito dalla L.R. n. 9/96, per cui nel PFV si è inteso censire e prendere in esame tutte le strutture esistenti sul territorio, soprattutto quelle di cui all art. 21 della L. 157/92 relativo ai divieti ed alle limitazioni dell attività venatoria. In particolare il comma 3 dell art. 10 delle citata legge 157/92 precrive quanto segue: 3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce una zona faunistica a sè stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette percentuali sono compresi i 43

44 territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altri leggi o disposizioni. Per cui il lavoro iniziale svolto nel PFV è stato orientato alla determinazione dei vari elementi territoriali, con l individuazione delle seguenti tipologie: - aree a maggior tasso di urbanizzazione (centri abitati, aree industriali e commerciali); ivi comprese le frazioni e le località sparse sul territorio che spesso sono risultate più antropizzate dei centri abitati principali; sono state invece trascurate una serie di piccoli insediamenti e case sparse che, oltre anon essere facilmente quantificabili, nella maggior parte dei casi sono distribuiti lungo le principali vie di comunicazione e, perciò, ricadenti nella fascia di rispetto stradale. - Strutture di protezione (parchi nazionali, regionali, oasi); - Vivai e serre; - Impianti sportivi; - Strade; - Parchi archeologici e di pregio ambientale; - Fondi chiusi; - Aree militari; - Strutture turistiche. Dalle analisi svolte nella specifica sezione del PFV (paragrafo 3.5) è emersa la necessità di valutare una SASP teorica (superficie territoriale al netto delle aree urbanizzate) e SASP effettiva (superficie territoriale al netto delle aree urbanizzate e di tutte le aree che presentano divieti e limitazioni di cui all art. 21, legge 157/92). la SASP effettiva è inferiore a quella teorica. La distinzione è pertanto rilevante ai fini del calcolo dell indice di densità venatoria (IDV), infatti il rapporto tra numero di cacciatori e SASP riferita a quella teorica da margini più elevati rispetto a quello riferito alla SASP effettiva Tenuto conto che la Provincia di Catanzaro ha stabilito il limite di IDV pari a 30 ettari per ogni cacciatore (aumentando di fatto il limite ministeriale posto pari a 19 ettari), riferire IDV alla SASP teorica piuttosto che a quella effettiva significherebbe aumentare il numero di cacciatori ospitabili nei due ATC della Provincia. Pertanto, a fini cautelativi, è stato assunto come riferimento l indice definito come indice di densità venatoria effettiva (I.D.V.E.) risultante dal rapporto tra numero di cacciatori residenti e SASP effettiva, differenziandolo da quello territoriale (I.D.V.T.) riferito invece alla SASP teorica. Dai calcoli riportati nel dettaglio all interno del PFV emerge la seguente situazione generale, suddivisa per ambiti di caccia: 44

45 AMBITI SUP. TOTALE SUP. URBANIZZATA SUP. A.S.P. CZ CZ CONFONTO PERCENTUALE 100,00% 87,76% 91,46% 90,00% 80,00% 70,00% 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 12,24% 8,54% Sup. urbanizzata Sup. A.S.P. 10,00% 0,00% CZ1 CZ2 3.3 Zone di protezione, Zone a Gestione privata e Zone a gestione programmata della caccia La Legge Regionale n. 9/96, riprendendo ed in parte modificando quanto stabilito dalla legge quadro 157/92, ha fissato le percentuali per la ripartizione del territorio in tre grosse categorie: 26 % zone a protezione della fauna; 15% zone a gestione privata della caccia; 59% zone a gestione programmata della caccia. In ciascuna di queste categorie sono comprese strutture ben definite che concorrono alla formazione delle singole superfici. Zone a protezione della fauna Le zone di protezione sono aree dove generalmente é vietata l attività venatoria anche per effetto di leggi o disposizioni diverse da quelle che ne regolamentano l esercizio (L. 157/92 e L.R. n. 9/96). Nella Provincia di Catanzaro, a parte il Parco Nazionale della Sila (16.367,45 ha), sono comprese aree A.FO.R. concentrate quasi completamente nella fascia presilana e silana dei Comuni di Zagarise, Sersale, Cerva, Petronà, Magisano, Taverna, per un totale di circa 6.021,00 ha. Il PFV ha analizzato i dati per ogni ambito territoriale di caccia con riferimento ai Comuni e Località in cui ricadono, tenendo conto delle porzioni che ricadono anche nei Parchi, delle 45

46 porzioni ad essi limitrofe e di quelle che sono ubicate all esterno di essi, al fine di ottenere un conteggio corretto delle aree protette ed evitare così sovrapposizioni di superfici. I dati sono quelli sintetizzati nella tabella che segue mentre per l analisi completa e dettagliata si rinvia al documento di Piano. TERRENI DEMANIO REGIONALE IN AMMINISTRAZIONE AFOR Aree Totali Aree entro i limiti dei parchi Aree limitrofe ai parchi Aree Fuori dai parchi (Ha) (Ha) (Ha) (Ha) Ambito CZ , , , ,00 Ambito CZ ,00 747,00 0,00 457,00 Sul territorio della Provincia non esistono altre classiche aree di tutela: sono assenti le oasi di protezione e le zone di ripopolamento e cattura. Le altre aree censite sono le seguenti: Vivai e serre Impianti sportivi Impianti sportivi Impianti sportivi Strade Parchi archeologici e di pregio ambientale Fondi chiusi Aree militari Strutture turistiche Vivai e serre Esistono sul territorio una serie di strutture destinate a coltivazioni intensive (serre e vivai) che di fatto impediscono lo svolgimento dell attività venatoria; esse hanno la seguente consistenza: A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 N. COMUNI ettari ettari 1 Catanzaro 1 2 Curinga 2 3 Davoli 2 4 Lamezia Terme Satriano 1 6 Sorbo San Basile 4 7 Nocera 130 TOTALE

47 Impianti sportivi Poco significative le strutture sportive presenti sul territorio; la maggior parte è concentrata nei centri abitati e, quindi, già contabilizzata nella superficie urbanizzata; alcune di esse, per il particolare tipo di attività, sono ubicate al di fuori dei centri abitati. In tutta la Provincia esistono quattro impianti per il tiro a volo ed un area utilizzata per esercitazioni e gare per il tiro con l arco. A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 N. STRUTTURA ettari ettari 1 Campo tiro a volo di Pianopoli 5 2 Campo tiro a volo di Settingiano 4 3 Campo tiro a volo di Stalettì 4 4 Campo tiro a volo di S. Andrea I. 6 5 Campo Arcieri S. Pietro Apostolo 12 6 Campo tiro a volo di Lamezia Terme 6 TOTALE Strade Di particolare consistenza le strade che a norma di legge, ed in base ad una recente sentenza n. 448 del della Corte Costituzionale, sono da considerare, con le relative fasce di competenza, strutture con divieto di caccia (in effetti il divieto di attività venatoria sino a 50 ml da strade statali, provinciali, comunali e da ferrovie é stabilito dal comma 1, lett. e), dell art. 21 legge 157/92). A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 Fascia rispetto di Lunghezza Superficie Lunghezza Superficie N. STRUTTURA ml km in ettari km in ettari 1 Strade provinciali + strade statali Autostrade e raccordi autostradali Ferrovie TOTALE Nel calcolo della superfici stradali non compaiono le strade comunali; nella generalità dei casi non esistono nella Provincia di Catanzaro strade comunali di importanza rilevante; quando lo sono esse fanno parte delle aree urbane e quindi già comprese nel calcolo delle 47

48 superfici urbanizzate. Dal computo sono state inoltre escluse le porzioni di strade e ferrovie ricadenti in aree già diversamente contabilizzate (centri urbani e fasce di competenza). Parchi archeologici e di pregio ambientale Sono state censite alcune aree di particolare pregio ambientale, riconosciute dagli organi competenti: Monte di Tiriolo (oltre al pregio ambientale esiste in quest area una zona di particolare interesse archeologico) di circa 200 ettari; Parco Mitoio (Lamezia Terme - Loc. Caronte) di circa 194 ettari; Parco archeologico Scolacium Borgia - Loc.Roccelletta - di circa 35 ettari; Parco archeologico di Terina (Falerna) di circa 2 ettari; Orto botanico di Lamezia Terme di circa 50 ettari. Fondi chiusi Non é stato possibile stabilire la consistenza dei fondi chiusi ; il dato ufficiale (Regione Calabria) riferisce di assenza totale sul territorio di questo tipo di strutture. Aree militari Sul territorio della Provincia di Catanzaro esistono tre insediamenti militari: nel Comune di Sellia Marina é ubicata una base NATO che occupa un territorio di circa 97 ettari; nel Comune di Falerna, a circa 1374 m s.l.m., é situata una base militare dell Esercito; i Comuni di San Vito, Cortale, Cenadi e Iacurso, sono interessati da una base dell Aeronautica Militare. Di queste ultime due zone non é stato possibile risalire con certezza né all ubicazione né all estensione; é stata, pertanto, ipotizzata un occupazione di territorio di circa 100 ha per ciascuna base militare. Strutture turistiche Le strutture turistiche più consistenti distribuite sul territorio (a parte quelle concentrate sulle coste e l impianto sciistico di Ciricilla inserito nelle aree urbanizzate ) sono le aziende agro-turistiche, costituite negli ultimi anni a seguito di leggi speciali e finanziamenti pubblici; nessuna di queste aziende ad oggi ha un indirizzo venatorio e non può quindi essere compresa nel 15% di territorio a gestione privata. Durante la fase di gestione del piano sarà possibile tramutare la destinazione delle 48

49 aziende che ne dovessero fare richiesta e rendere disponibile la relativa superficie per la protezione della fauna. A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 N. COMUNE ettari ettari 1 Confenti 16 2 Sellia Marina 42 3 Decollatura 16 4 Miglierina 5 5 Gizzeria 31 6 Catanzaro 65 7 Santa Caterina dello Ionio 51 8 Cicala 23 9 Pianopoli Gimigliano Cropani 2 12 Cortale Taverna Borgia Falerna 6 16 Isca sullo Ionio 5 17 Montauro 3 18 Torre di Ruggiero Petrizzi 2 20 Soveria Simeri 8 21 Lamezia Terme Motta S. Lucia 9 23 Curinga 40 TOTALE Il totale delle superfici di protezione censite nella Provincia di Catanzaro sono le seguenti: N. STRUTTURE DI PROTEZIONE A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 Sup. in ettari Sup. in ettari 1 Parchi nazionali, regionali e riserve biogenetiche Oasi di protezione Zone di ripopolamento e cattura Centri pubblici di allevamento Parchi archeologici-ambientali Aziende forestali Aree militari Vivai e serre Strade e ferrovie Strutture turistiche

50 11 Aree ad attività sportive Fondi chiusi 0 0 TOTALE Strutture a gestione privata della caccia Le zone per la gestione privata della caccia (aziende faunistiche venatorie ed agroturistiche venatorie) sono totalmente assenti nella Provincia; esistono solo due piccole zone per l addestramento dei cani, autorizzate in via sperimentale in attesa dell attuazione del piano faunistico-venatorio, e due centri per l allevamento di selvaggina. Zone di addestramento cani Ricadono in CZ1 le seguenti zone: Località Migliuso, nel Comune di Serrastretta; ha un estensione di circa 20 ettari; Località Pirillo, nel Comune di Soneria Mannelli; ha un estensione di circa 22 ettari. Ricadono in CZ2 le seguenti zone: Località Acciarello nel Comune di San Sostene; ha un estensione di circa 20 ettari; Località Cucco, nel Comune di Badolato; ha un estensione di circa 8 ettari. Tutte le zone vengono prevalentemente utilizzate per l addestramento su quaglie, fagiani e starne. Centri di allevamento della selvaggina Sono solo tre i centri di allevamento presenti sul territorio provinciale; due di essi ricadono in ambito CZ1, l altro in CZ2: - nel Comune di San Mango, dislocato su un terreno di circa 10 ettari, é ubicato un centro specializzato nell allevamento del fagiano; - nel Comune di Cenadi il centro ha un estensione di circa 160 ha ed é indirizzato all allevamento degli ungulati. A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 N. STRUTTURE DI GESTIONE Sup. in ettari Sup. in ettari 1 Aziende faunistico-venatorie Aziende agri-turistico-venatorie Centri privati di produzione di fauna selvatica Zone di addestramento cani TOTALE

51 Strutture per la gestione programmata della caccia (A.T.C.) Le aree disponibili per l attività venatoria sono ottenute per differenza tra la S.A.S.P. ed il totale delle attuali superfici a protezione e a gestione privata: A.T.C. CZ1 A.T.C. CZ2 SUPERFICI Sup. in ettari Sup. in ettari Superficie A.S.P. totale Superficie totale aree protette Superficie totale aree a gestione privata Superficie residua per A.T.C La verifica delle superfici in base alle percentuali della L.R. n. 9/96 evidenzia la disponibilità di territorio per la costituzione di strutture di protezione e, soprattutto, per la gestione privata della caccia; in particolare, in CZ1, su una disponibilità di S.A.S.P. pari a ettari, la situazione é: Sup. Teorica Sup. Effettiva Sup. disponibile SUPERFICI % Ettari % Ettari % Ettari Aree Protette 26,00% ,73% ,27% Aree a gestione privata 15,00% ,33% ,67% Aree per attività venatoria 59,00% ,93% ,93% riepilogata nel grafico seguente: % 74,93% % 24,73% 1,27% AREE PROTETTE 15% 0,33% 14,67% AREE A GESTIONE PRIVATA A.T.C. 15,93% TEORICO EFFETTIVO DISPONIBILE grafico a 51

52 In CZ2, su una disponibilità di S.A.S.P. pari a ettari, si ottengono i seguenti risultati: Sup. Teorica Sup. Effettiva Sup. disponibile SUPERFICI % Ettari % Ettari % Ettari Aree Protette 26,00% ,26% ,72% Aree a gestione privata 15,00% ,30% ,70% Aree per attività venatoria 59,00% ,42% ,42% con la seguente distribuzione grafica: ,49% % 16,28% 9,72% AREE PROTETTE 15% 0,30% 14,70% AREE A GESTIONE PRIVATA 59% 24,42% A.T.C. TEORICO EFFETTIVO DISPONIBILE grafico b Le porzioni di territorio da sottoporre a tutela e da destinare alla gestione privata della caccia, sino a raggiungimento delle rispettive percentuali, deve trovare, comunque, giustificazione anche attraverso la verifica della densità venatoria. L utilizzo delle porzioni di territorio disponibili deve essere distribuito nel tempo in funzione della variazione degli altri parametri che intervengono nella determinazione massima della superficie protetta e a gestione privata. Le indicazioni che intanto emergono sono le seguenti: 1. l incidenza delle strade provinciali e statali sul territorio é eccessiva; esiste una rete viaria principale sul territorio provinciale molto consistente che condiziona in negativo sia le aree destinate alla gestione programmata della caccia sia quelle da sottoporre a vincolo di protezione; non si dimentichi che oltre alla rete viaria principale esiste una serie di strade e stradine non facilmente censibile, che frazionano il territorio e non consentono di gestire in modo uniforme le aree potenzialmente disponibili. E 52

53 opportuno prevedere a livello provinciale un blocco nella costruzione di nuove strade ed orientare la politica viaria all ammodernamento di quelle già esistenti, senz altro sufficienti a garantire rapidi collegamenti nella Provincia. 2. Occorre dotare immediatamente il territorio di zone di ripopolamento e cattura ed oasi di protezione, strutture ad oggi totalmente assenti. Si propone per dette zone una diversa collocazione geografica: le aree per la formazione delle oasi di protezione sono individuate esclusivamente lungo la fasce costiere ionica e soprattutto tirrenica, dove esistono ancora, nonostante la consistente pressione antropica, aree di un certo pregio ambientale (vedi SIC E ZPS); le zone di ripopolamento e cattura sono individuate all interno del territorio, prettamente nella fascia collinare. Questa diversa collocazione scaturisce dalla necessità di reperire la superficie minima, indispensabile alla creazione delle zone di ripopolamento e cattura, lungo le fasce collinari interne, non altrimenti recuperabile sulle fasce costiere altamente antropizzate dove, invece, é possibile collocare le oasi di protezione che necessitano di un minore impegno territoriale. 3. La disponibilità di aree per la gestione privata della caccia é massima; la rapidità di impegno della superficie disponibile dipende dall iniziativa dei privati, singoli o associati, a realizzare strutture a servizio dell attività venatoria; la formazione di strutture private non può, comunque, avvenire in unica soluzione ma deve essere distribuita nel tempo. Alcune delle aree più significative su descritte sono state indicate nella cartografia allegata. 3.4 Vocazioni venatorie Come si è avuto modo di evidenziare nel documento del PFV, le vocazioni venatorie e la consistenza delle specie di maggior interesse venatorio sono quelle riepilogate e messe a confronto nella tabella che segue. In essa non sono state inserite specie quali la starna e la coturnice (quest ultima, nell ultimo decennio é stata sottoposta a regime di protezione che non ha dato i frutti sperati), in quanto non essendo presenti sul territorio non condizionano le scelte dei cacciatori, ed il capriolo perchè ad oggi é specie protetta (in futuro, se le condizioni lo consentiranno) potrà essere oggetto di caccia esclusivamente di selezione con le modalità indicate nell apposito regolamento. 53

54 SPECIE CONSISTENZA PRATICANTI TECNICA VENATORIA Lepre occasionale 7% cane da cerca e seguita Volpe eccessiva 1% cane da cerca e seguita Cinghiale buona 47% cane da cerca e seguita in battuta Fagiano occasionale Quaglia discreta 30% cane da ferma Beccaccia Beccaccino Colombaccio sufficiente scarsa discreta Tortora sufficiente appostamento fisso Allodola abbondante 15% temporaneo e di attesa Turdidi Migratori acquatici buona sufficiente Dall analisi dei dati emerge come non sempre i gusti venatori coincidono con la presenza della selvaggina: ad eccezione del cinghiale che ha una buona consistenza e richiama ormai circa il 47% dei praticanti, per le altre specie si evidenzia quanto segue: la caccia con il cane da ferma é praticata quasi esclusivamente alla quaglia ed alla beccaccia; il fagiano é occasionale e dipende dalla buona riuscita dei ripopolamenti, mentre la presenza del beccaccino è talmente scarsa che non attira più molti praticanti. al contrario la caccia da appostamento dovrebbe richiamare molti più praticanti in quanto, tranne qualche eccezione, le specie interessate godono buona salute; la caccia alla volpe, a fronte di un numero di presenze eccessivo, é praticata da appena l 1% circa dei cacciatori; la caccia alla lepre riesce a resistere con circa l 7% dei praticanti, nonostante la specie sia poco consistente. la caccia alle altre specie é inesistente; in verità non esiste nella Provincia alcuna tradizione venatoria ad essa collegabile. Sono, appunto, le tradizioni oltre che le abitudini venatorie consolidatesi in questi ultimi anni, che determinano le scelte dei cacciatori; scelte che vanno oltre le presenze più o meno consistenti della singola specie, anche se é pur vero che in particolari periodi, la presenza consistente di una specie rispetto ad altre provoca il fenomeno della migrazione temporanea di un certo numero di cacciatori da una tecnica venatoria all altra in misura non facilmente definibile che, comunque non dovrebbe alterare in modo consistente le percentuali su citate. 54

55 3.5 La Pianificazione Faunistico Venatoria: Obiettivi ed attività gestionali Il piano faunistico-venatorio si pone come strumento di settore nell ambito della pianificazione regionale in campo ambientale. In base ai risultati dell'analisi sulla situazione ambientale, faunistica e venatoria provinciale la Provincia ha evidenziato le proprie priorità e le strategie tecnico-politiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi gestionali per ciascuna delle tematiche individuate dal Documento d indirizzo e coordinamento della pianificazione faunistico venatoria provinciale In accordo con tale documento il PFV persegue i seguenti obiettivi: Obiettivi del PFV: A. Definizione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale B. Individuazione dei Comprensori Omogenei C. Ripartizione e localizzazione degli istituti per la gestione faunistico-venatoria D. Individuazione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale per la determinazione degli indici di densità venatoria E. La fauna selvatica: definizione degli obiettivi (faunistici) e pianificazione delle attività gestionali F. Gli Istituti di protezione e gestione: vocazione faunistica e pianificazione delle attività gestionali G. Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi H. Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e criteri per l erogazione dei risarcimenti I. Banche dati faunistiche J. Piano degli interventi di miglioramento ambientale e criteri per la corresponsione degli incentivi K. Piano di immissione di fauna selvatica Sulla base dei dati scaturiti dall'analisi della situazione faunistico-venatoria provinciale Il PFV, tenuto conto delle peculiarità locali, evidenzia le proprie priorità e le strategie tecnicopolitiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi gestionali, delineando gli obiettivi che intende perseguire per ciascuna tematica, nell arco di validità del Piano Faunisticovenatorio. Dall analisi della situazione e della pratica venatoria sul territorio provinciale è scaturita un esigenza prioritaria che pone l attenzione sull esigenza di ottenere, attraverso il piano 55

56 faunistico, risposte risolutive alle problematiche venatorie e che prescinde inevitabilmente dalla definizione di metodologie innovative rispetto alle abitudini che in questi ultimi quaranta anni si sono consolidate nei cacciatori della Provincia. Pertanto alla base del PFV vi sono alcuni concetti orientati soprattutto al miglioramento degli habitat, alla ricostituzione di specie selvatiche e alla loro gestione ai fini venatori; conseguenza della riuscita di questa operazione é la ridistribuzione, in modo molto più omogeneo, dei cacciatori sull intero territorio provinciale. A questo si affianca una nuova visione dell attività venatoria che prevede la gestione combinata dei ripopolamenti e dei miglioramenti ambientali al fine di riequilibrare il naturale compimento nel prelievo venatorio. Infatti, un prelievo corretto aiuta a regolamentare naturalmente il numero dei capi e a programmare i ripopolamenti solo come attività di supporto, con conseguente minore impegno di risorse finanziarie che potranno così essere utilizzate per la soluzione di problematiche altrettanto importanti come, ad esempio, i miglioramenti ambientali. La riduzione drastica del numero di cacciatori negli ultimi vent anni può essere stata determinata sia dal costo eccessivo delle tasse di concessione governativa e di esercizio venatorio che dalla diminuzione dei periodi di svolgimento dell attività venatoria, conseguente all attuazione delle disposizioni normative della L. 157/92 a cui si aggiunge una riscontrata carenza di selvaggina stanziale. In tale direzione, quindi, l azione combinata dei risanamenti ambientali e delle reintroduzioni avrà come obbiettivo primario il recupero del patrimonio faunistico depauperatosi nell ultimo mezzo secolo. La ricostituzione, se non altrettanto lunga, sarà certamente molto più impegnativa. Per le finalità del presente documento, in relazione alle specifiche analisi da condurre nell ambito della procedura di VAS, è opportuno introdurre la declinazione degli obiettivi del PFV in termini di obiettivi ambientali che, a partire dai contenuti sviluppati nel PFV, possono essere sintetizzati per come segue: Obiettivi ambientali del PFV: Tutela e conservazione della fauna protetta e particolarmente protetta. Tutela delle popolazioni di specie soggette a prelievo venatorio, ed in particolare della fauna autoctona. Incremento dell autoproduzione di Selvaggina cacciabile. 56

57 Contenimento delle specie faunistiche alloctone. Contenimento delle specie faunistiche che causano gravi problemi alle attività antropiche e all agricoltura. Riduzione dei danni provocati dalla fauna selvatica all ecosistema naturale. Riduzione delle spese pubbliche per il risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica al sistema agricolo. Miglioramento degli ambienti dove la fauna selvatica possa trovare condizioni per il rifugio la sosta l alimentazione la riproduzione Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali. Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura. Contenimento degli incidenti stradali. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo in accordo con le specifiche norme vigenti. Inoltre, a partire dai contenuti del PFV, sono stati di seguito individuati e schematizzati in maniera sintetica le varie tematiche affrontate dal Piano con l indicazione dei relativi obiettivi tematici ed attività pianificate e/o regolamentate. Per gli opportuni approfondimenti si rimanda alla lettura del testo del documento del Piano Faunistico Venatorio. 57

58 Aree Tematiche del PFV Tecniche venatorie Obiettivi tematici Caccia specialistica : Suddivisione dell insieme delle altre forme di caccia in specifiche categorie Attività/Regolamentazioni Attività venatoria con cane da ferma: - alla migratoria - alla stanziale Attività venatoria con cane da cerca e seguita: - al cinghiale - alla lepre - alla volpe Attività venatoria da appostamento: - temporaneo - di attesa Modalità di abbattimento: - fucile - arco - falco Caccia di selezione alle specie consentite. ( 4 ) Vocazioni faunistiche e venatorie Riequilibrio tra attività venatoria e consistenza delle specie selvatiche con particolare riferimento a quelle stanziali di maggiore interesse venatorio realizzazione di piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la permanenza delle specie migratorie ed il recupero di quelle stanziali incentivazione delle colture a perdere recupero di terreni marginali all attività venatoria interventi per evitare la bruciatura delle stoppie prima del periodo consentito effettuazione dei ripopolamenti attraverso nuove tecniche di immissione controllo dei prelievi effettuazione di censimenti anche attraverso l attività venatoria 4 Nella categoria appostamento di attesa é consentita l attività venatoria su tutte le specie cacciabili con l esclusione tassativa, ribadita anche nel regolamento della caccia da appostamento, della beccaccia e del beccaccino il cui abbattimento é consentito esclusivamente con l ausilio del cane. Durante lo svolgimento dell attività venatoria con cani da cerca e da seguita (punto 2.c) é vietato abbattere beccaccia e beccaccino; in particolare, durante la caccia di selezione é vietato l abbattimento di specie diverse da quelle oggetto di prelievo, ad eccezione della sola volpe. Durante lo svolgimento dell attività venatoria con cani da ferma é vietato abbattere cinghiali e caprioli. Sono fatti salvi tutti i divieti e le limitazioni contenuti nei regolamenti allegati al piano faunistico.

59 costituzione di zone di ripopolamento e cattura ed oasi di protezione coinvolgimento degli operatori agricoli nella gestione della fauna Rispetto delle limitazioni vigenti in ordine lal utilizzo di munizioni a piombo nelle zone umide Regolamentare le: - Zone di protezione lungo le rotte di migrazione - Zone di ripopolamento e cattura (ZRC) - Centri pubblici di produzione della fauna selvatica - Centri privati di produzione della fauna selvatica - Aziende faunistico-venatorie - Aziende agro-turistico venatorie - Zone di addestramento cani (ZAC) istituzione di oasi di protezione con priorità in ambienti umidi posti lungo le rotte di migrazione, indicate nel P.F.V.P. (Es. S.I.C.: Lago la Vota, Palude di Imbutillo, Dune dell'angitola, Oasi di Scolacium, Costa del Turchese, Foce del Crocchio, Dune di Isca, Dune di Guardavalle, Foce Fiume Tacina.) Rispetto delle limitazioni vigenti in ordine lal utilizzo di munizioni a piombo nelle zone umide Per favorire gli obiettivi che una buona Z.R.C. si prefigge è necessario prevedere interventi di miglioramento ambientale di terreni marginali, semine con opportune Istituti di protezione e gestione della caccia miscele, allestimento di zone umide alimentate con acqua sorgiva o piovana, creazioni di siepi con valenza faunistica. E opportuno comunque che le Z.R.C. siano dislocate in modo frammentato, in maniera da consentire un buon irradiamento nei terreni circostanti della fauna prodotta ed offrire anche una buona disponibilità di sosta alla selvaggina migratoria. Nelle Z.R.C. è altresì opportuno prevedere delle norme per il controllo selettivo dei predatori. La gestione delle Z.R.C. é affidata al Settore Caccia della Provincia attraverso l utilizzo degli Agenti di Polizia Provinciale e delle Guardie Volontarie L'istituzione di centri pubblici è a cura della Provincia; anche per questi vige il rispetto della percentuale massima del 26% attribuita alle strutture di protezione della L.R. n. 9/96. 59

60 Le aree idonee alle costituzione dei centri pubblici di allevamento sono preferibilmente quelle demaniali, ma anche i terreni, purché idonei, possono essere utilizzati allo scopo. L'attività del centro pubblico deve prevedere interventi diretti a costituire una sufficiente base alimentare e condizioni di sviluppo agevolato della fauna selvatica, come semine a perdere di aree marginali, allestimento di pozze alimentate con acque piovane e sorgive, formazione ed adattamenti di luoghi per la rimessa di selvatici; utilizzo di attrezzature quali gabbie e palchetti per i riproduttori, voliere di ambientamento di animali selvatici. La costituzione dei centri privati di allevamento è autorizzata dalla Provincia di Catanzaro. Nelle aziende faunistico venatorie la caccia e' consentita nelle giornate indicate nel calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. le aziende agro-turistico-venatorie devono essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico e coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE e successive modificazioni. Nelle aziende agro-turistico-venatorie sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento. Le aziende agro-turistico-venatorie nelle zone umide valliche devono comprendere bacini artificiali non inferiori a dieci ettari ed utilizzare per l'attività venatoria fauna acquatica di allevamento. Le aree idonee per le ZAC sono i terreni marginali, privi di coltivazioni rilevanti o con attività agricola a basso reddito ed i terreni adibiti a pascolo. Il PFV ipotizzata qualche area idonea alle ZAC nella Carta delle aree vincolate 60

61 che però non è vincolante. Regolamentazione della mobilità tra gli ambiti che, nel rispetto degli indici di densità venatoria e della consistenza delle specie cacciabili, possa tradursi in adeguati benefici economici in favore di una maggiore autonomia gestionale dei Comitati destinati al governo degli A.T.C. Introduzione del concetto di residenza venatoria conoscenza costante del numero di cacciatori in ogni ambito territoriale di caccia Residenza venatoria verifica immediata dell indice di densità venatoria valorizzazione del concetto legame cacciatore-territorio programmazione da parte dei Comitati di Gestione degli ambiti dell attività venatoria su un numero certo di presenze effettuazione dei ripopolamenti al numero di presenze effettive in ogni ambito Mobilità tra ambiti Turismo venatorio Ripopolamenti Effettuare la mobilità solo se la maggiore pressione venatoria non provoca un depauperamento eccessivo della fauna selvatica oggetto di attività venatoria favorire la costituzione di aziende faunistico-venatorie ed agro-turistico venatorie favorire la costituzione di zone di addestramento cani predisporre ed attuare progetti di miglioramento ambientale incentivare le presenze di specie selvatiche attraverso opportuni ripopolamenti Orientare le immissioni di selvaggina deve essere all attecchimento, all irraggiamento degli animali in tutto il territorio e, nei limiti del possibile, alla riproduzione allo stato naturale stabilire limiti inderogabili, ai fini dell applicazione dell istituto della mobilità, in funzione della specializzazione venatoria e del rispetto del principio di contemporaneità L azione di promozione delle attività deve essere svolta dalla Provincia attraverso l organizzazione di convegni e dibattiti e/o la semplice divulgazione a mezzo stampa e attraverso le organizzazioni periferiche delle associazioni agricole, ambientali e venatorie. A tal fine si introducono alcune deroghe rispetto alle limitazioni introdotte per lo svolgimento dell attività venatoria all interno degli A.T.C. agevolare l inserimento dell attività venatoria nel circuito turistico gestione amministrativa che deve basarsi su: a) rispetto dei tempi di programmazione b) garanzie da richiedere agli allevatori c) indicazione di tecniche di immissione 61

62 d) indicazione delle caratteristiche qualitative della selvaggina; attività di immissione che deve aver luogo nel rispetto delle seguenti indicazioni: e) consegna nel periodo richiesto f) gestione dell attività di immissione da parte dell allevatore g) garanzie dell allevatore su assenze di patologie miglioramenti ambientali controllo sanitario Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo introduzione di sistemi di dissuasione o di allontanamento in rapporto all economicità degli stessi e del bene da proteggere. Immissioni riferite alle specie: Coturnice, Starna, La recinzione elettrica L alimentazione dissuasiva La gestione venatoria ed i contenimenti selettivi Le misure di prevenzione per contenere i danni dell avifauna sono: pallone predator ; razzo acustico farfallone ; nastri riflettenti posizionati su canne che provocano fastidio alla vista; antenna con falco che emette suono; cornacchia imbalsamata; antenna con bottiglia in plastica; repellenti chimici; rreti antiuccelli. l utilizzo di strutture mobili: voliere metalliche, sufficientemente sicure a prevenire i Fagiano e Lepre sulla base dei seguenti principi: tentativi di predazione, destinate ad ospitare un congruo numero di animali Metodologie di ripopolamento 1. abbandono della metodologia sinora utilizzata che prevede l immissione di pochi capi in tutti i territori comunali; 2. introduzione del principio di irradiamento di consistenti quantità di animali in rapporto agli areali disponibili preventivamente scelti. 3. utilizzo di giovani dell anno di età compresa tra 60/90 gg per le immissioni controllate nel periodo di giugnoluglio e di età compresa tra 240/300 gg nel periodo (50/100); attrezzature destinate all alimentazione dei capi rilasciati. Identificazione di due situazioni cui riferirsi per i ripopolamenti: la prima che prevede l uso di strutture mobili per l ambientamento e l alimentazione, e la seconda, l uso delle sole strutture per alimentazione. Le due situazioni possono essere applicate nella stessa zona in maniera combinata. Situazione 1: a) identificazione di habitat idonei alla vita libera dei selvatici. Si potranno utilizzare due differenti condizioni gestionali: la prima in territorio protetto, la seconda su aree libere per lo svolgimento dell attività venatoria b) localizzazione di idonei punti di rilascio, all interno di ciascun habitat vanno 62

63 febbraio-marzo. preferite zone che non siano frequentemente disturbate. c) installazione e utilizzo di strutture mobili: voliere di circa 20 mq per il soggiorno di 30/50 capi di coturnici e starne e di 20/30 fagiani; recinti variabili da 500/1000 mq per il soggiorno di 30/60 capi di lepre. d) marchiatura degli individui prima della sistemazione nelle strutture mobili; e) soggiorno per un periodo sufficiente all acclimatamento e comunque variabile a seconda del comportamento sociale degli individui; orientativamente il periodo dovrebbe essere compreso tra 7 e 20 gg; f) rilascio dei soggetti ambientati; g) mantenimento delle attrezzature destinate all alimentazione dei capi rilasciati fino a loro necessità; h) recupero delle strutture di ambientamento dopo completo abbandono delle stesse da parte dei soggetti rilasciati. Situazione 2: a) identificazione di habitat idonei alla vita libera dei selvatici alle stesse condizioni stabilite per la situazione 1; b) localizzazione di idonei punti di rilascio; c) installazione di sole attrezzature destinate all alimentazione artificiale dei capi che si rilasceranno; d) rilascio diretto dei soggetti dopo marchiatura degli stessi; e) recupero delle attrezzature dopo completo abbandono delle stesse da parte dei soggetti rilasciati Procedere al controllo del numero di predatori. Intervenire con progetti di miglioramento ambientale 63

64 Immissioni del Cinghiale gestire la specie attraverso gli abbattimenti selettivi, rinunciando a nuove reintroduzioni, fatto salvo il caso in cui la provenienza sia accertata di cattura e le arre in cui introdurre abbiano effettiva necessità Immissioni del Daino con l obiettivo di garantire la purezza della specie utilizzare individui giovani dell anno per le reintroduzioni. creare le condizioni affinché gli animali possano fruire di idonee aree di preambientamento, all interno degli allevamenti. Raccolta di dati e notizie relative alla fauna selvatica stanziale presente sul territorio provinciale attraverso i cacciatori selettori e Formazione dei cacciatori; Oltre alla raccolta di dati e notizie relative alla fauna selvatica stanziale presente sul territorio provinciale, la figura del cacciatore selettore é finalizzata alla formazione di personale qualificato per le seguenti attività organizzate della Provincia: Sele-controllori. - censimenti in genere con o senza abbattimento; - controllo dei predatori ai sensi dell apposito regolamento; - cattura ed inanellamenti; - ripopolamenti; - collaborazione nei controlli sanitari. Il cacciatore selettore é, altresì, abilitato a sostituire il capobattuta delle squadre organizzate per la caccia al cinghiale in caso di sua assenza Banche dati faunistiche e Controllo dei Prelievi Uso del tesserino venatorio finalizzato al controllo dei seguenti dati: a) specie e numero dei capi abbattuti b) numero di giornate destinate alla caccia Semplificare la compilazione del tesserino consentendo anche la lettura automatica dei dati. Impiego e formazione tecnica della vigilanza; acquisire le seguenti notizie: a) residenza venatoria b) forma di caccia prescelta in via esclusiva c) tecnica venatoria praticata in forma preminente d) numero dell A.T.C. nel quale si svolge la giornata di caccia e) numero di capi abbattuti f) specie di appartenenza. 64

65 Censimenti Miglioramenti controllo sulle specie stanziali oggetto di prelievo venatorio per le quali annualmente vengono predisposti i piani di immissione raggruppate in tre grosse categorie: a) Cat. A: Ungulati (cinghiale, capriolo,daino) b) Cat. B: Lepre c) Cat. C: Galliformi (fagiano, starna, coturnice) Controllo dei predatori aumento della biodiversità nelle aree agricole; impulso alla cooperazione tra i mondi dell agricoltura, della caccia e della protezione dell ambiente; aumento delle occasioni pratiche di studio delle dinamiche delle popolazioni di uccelli, contemporaneamente alle possibilità di meglio gestire i prelievi venatori (piani di gestione). coniugare la conoscenza dell ecologia del paesaggio all esperienza tecnico-agronomica, prestando attenzione ad aree ad ambienti limitrofi ecologicamente salvaguardati; aumento della biodiversità, sia floricola che faunistica; raggiungimento dei surplus alimentari e sviluppo di forme di agricoltura più eco-compatibili o con finalità turistico-ricreative ovviare agli insuccessi delle pratiche di ripopolamento con animali selvatici di importazione, di allevamento e cattura ed agli effetti negativi derivati da queste ultime. Predisporre apposite schede che, a prescindere dagli abbattimenti, possano essere utilizzate anche per i censimenti classici durante tutto l arco dell anno. Per ciascuna categoria é stato predisposto un particolare tipo di scheda che racchiude i dati più significativi di ogni capo abbattuto: capacità di ambientamento, età, sesso, massa, condizioni generali di salute ed altre notizie ritenute utili, l eventuale presenza di marchiature e per la Lepre la scheda è stata arricchita per consentire la raccolta di una serie di dati necessari a stabilire la consistenza e la distribuzione della specie Italica, secondo precise direttive impartite dall I.S.P.R.A. introdurre le colture a perdere affiancando anche l impianto di siepi e filari frangivento costituiti con vegetazione arborea ed arbustiva; la loro presenza infatti, oltre a fornire degli ottimi siti di nidificazione, favorisce l incremento della diversità ambientale. incrementare la disponibilità di zone rifugio consistenti in siepi, filari alberati, aree improduttive a vegetazione naturale, utilizzando specie autoctone. Impedire lo sfalcio, il debbio o il diserbo rappresentano un grave pericolo per la selvaggina che rinviene all interno di queste aree ottime zone di nidificazione di alimentazione della prole. miglioramenti di tipo macchia e radura per le popolazioni di Capriolo e di Lepre finalizzati al ruolo pabulare di foraggere ed alle funzioni di rifugio e di sito di riproduzione che questi prati svolgono soprattutto nel periodo estivo recupero di boschetti schermatura verde alla foce dei fiumi a ridosso dei centri abitati; ricomposizione paesaggistica dell intera area della foce; conservazione delle specie arboree ed arbustive, altrimenti in declino o comunque molto rare a livello locale; 65

66 4. PRESENZA DI AREE SENSIBILI AFFERENTI ALLA RETE NATURA 2000 (SIC, SIN, SIR E ZPS) E LORO RELAZIONE CON IL PFV I siti della Rete Natura 2000" trovano i propri riferimenti legislativi nelle Direttive 79/409/CEE Uccelli e 92/43/CEE Habitat, direttive che, in ambito nazionale, sono state recepite con il DPR n.357/97 e con il DPR 120/03. Così come stabilito nel Documento d indirizzo e di coordinamento della pianificazione faunistico-venatoria provinciale predisposto dalla Regione Calabria: in ogni sito della Rete Natura 2000 l uso del territorio e delle risorse naturali deve essere compatibile con le necessità di conservazione, in uno stato soddisfacente, delle specie e degli habitat di interesse comunitario per cui sono state designate tali. Non esistono a priori vincoli o divieti specifici, purché le attività svolte siano gestite in modo tale da non pregiudicare gli obiettivi di conservazione previsti. Le misure per la conservazione devono essere garantite attraverso gli strumenti di pianificazione e regolazione settoriale esistenti ai diversi livelli di governo del territorio, compresi i calendari venatori. Sulla base di quanto previsto dalla Deliberazione della Giunta Regionale 27 giugno 2005 n. 604, Disciplinare Procedura sulla Valutazione di Incidenza (Direttiva 92/43/CEE «Habitat» recante «conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica», recepita dal D.P.R. 357/97 e s.m.i. Direttiva 79/409/CEE «Uccelli» recante «conservazione dell avifauna selvatica»), il Piano Faunistico-venatorio provinciale deve tener conto della valenza naturalistico-ambientale dei siti della rete Natura Tale documento, pertanto, deve essere sottoposto alla valutazione di incidenza, previa stesura di uno studio di incidenza per valutare gli effetti delle attività previste dal Piano stesso sui siti, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. A tal fine il Piano Faunistico-venatorio Provinciale deve tenere conto delle disposizioni introdotte dalla citata Deliberazione della Giunta Regionale n. 604 del e dal Decreto Ministeriale del 17 Ottobre 2007, che approva i Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS), predisposti dal Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. In particolare per le ZPS, al fine di consentire che le stesse svolgano un significativo ruolo nella conservazione delle specie di avifauna migratoria, così come stabilito dalla Direttiva

67 79/409 e rendere accettabile il disturbo causato dall'attività venatoria su tali specie, è necessario, anche sulla base di quanto riportato dalla "Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della Direttiva 79/409" emanata dalla Commissione Europea nell'agosto 2004, che vengano individuate misure precauzionali al fine di evitare impatti negativi in particolare nei periodi che precedono la migrazione prenuziale, evitando quanto più è possibile il disturbo, gli abbattimenti accidentali o la sottrazione di zone di alimentazione e di rifugio, soprattutto nel periodo climaticamente più sfavorevole. Per le specie per le quali sono stati predisposti, devono essere applicati i Piani di Azione Nazionali ed Internazionali. Per le immissioni faunistiche si deve far riferimento alle Linee guida per l immissione di specie faunistiche 5 Elenco Siti interesse Comunitario (SIC), Siti di Interesse Nazionale (SIN), Siti di Interesse Regionale (SIR) individuati in Calabria nella Provincia di Catanzaro Codice nome Caratteristiche principali SIC IT SIC IT SIC IT Lago La Vota Palude di Imbutillo Dune dell'angitola Tipo Habitat: 1150 Lagune costiere (20%) Torbiere basse alcaline (7%) 1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine (5%) 2230 Dune con prati di Malcolmietalia (5%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (5%) 1410 Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi) (3%) 2120 Dune bianche (3%) 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (2%) Specie importante: Ixobrychus minutus, Ardeola ralloides,egretta garzetta, Ardea purpurea, Circus aeruginosus, Pandion haliaetus, Himantopus, himantopus, Philomachus pugnax, Larus melanocephalus, Chlidonias niger, Artemisia variabilis, Bufo virdis. Tipo Habitat: 1410 Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi) (30%) 7230 Torbiere basse alcaline (30%) Specie importanti: Ixobrychus minutus, Nycticorax nycticorax, Ardeola ralloides, Egretta garzetta, Ardea purpurea, Plegadis falcinellus, Platalea leucordia, Circus aeruginosus, Himantopus, himantopus, Tringa glareola, Larus melanocephalus, Sterna hirundo, Caprimulgus europaeus, Emys orbicularis, Bufo virdis, Elaphe longissima, Hyla italica, Lacerta bilineata. Tipo Habitat: 2250 Dune costiere con Juniperus spp. (20%) Sup. ha località % proprietà pubblica 235 Gizzeria Curinga S.Eufemia Lamezia Terme, % proprietà privata 5 ( 6 Il valore in parentesi indica la percentuale di copertura. 67

68 SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT Oasi di Scolacium Steccato di Cutro e Costa del Turchese Foce del Crocchio Cropani Dune di Isca Dune di Guardavalle Madama Lucrezia Boschi di Decollatura 2120 Dune bianche (10%) 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (5%) 2230 Dune con prati di Malcolmietalia (5%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (5%) 2260 Dune con vegetazione di sclerofille dei Cisto-Lavenduletalia (5%) Tipo Habitat: 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (10%) 2120 Dune bianche (10%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (10%) Specie importanti: Caretta caretta Tipo Habitat: 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (20%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (15%) Specie importanti: Ephedra distachya, Artemisia variabilis Tipo Habitat: 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (35%) 92D0 Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae) (10%) 7230 Torbiere basse alcaline (5%) 9320 Foreste di Olea e Ceratonia (5%) Specie importanti: Birds Tipo Habitat: 2120 Dune bianche (10%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (20%) 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (10%) 2230 Dune con prati di Malcolmietalia (5%) 7230 Torbiere basse alcaline (5%) Specie importanti: Ephedra distachya, Caretta caretta Tipo Habitat: 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae (10%) 2120 Dune bianche (10%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (20%) 2230 Dune con prati di Malcolmietalia (5%) 9320 Foreste di Olea e Ceratonia (5%) Specie importanti: Ephedra distachya Tipo Habitat: 6220 Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea (80%) 5330 Arbusteti termo-mediterranei e predesertici (5%) 8210 Pareti calcaree rocciose con vegetazione cosmofitica (5%) 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (5%) Specie importanti: Falco biarmicus, Neophron percnopterus, Milvus milvus, muscardinus avellanarius Tipo Habitat: 9260 Foreste di Castanea sativa (95%) Specie importanti: Osmoderma eremita Curinga Borgia, Squillace Belcastro, Botricello Cropani, Botricello Isca sullo Ionio Guardavall e Belcastro Decollatur a

69 SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT SIC IT Monte Gariglione Monte Femminamo rta Colle Poverella Pinete del Roncino Lacina Monte Contrò Torrente Soleo Colle del Telegrafo Tipo Habitat: 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (90%) 9530 Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici (5%) Specie importanti: Canis lupus, Dryocopus martius, Bombina variegate, Salamandrina terdigitata Anguis fragilis, Coronella austriaca, Dryomys nitedula, Elaphe longissima, Felis silvestris, Lacerta bilineata, Martes martes, Rana italica. Tipo Habitat: 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (90%) Specie importanti: Canis lupus Tipo Habitat: 9530 Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici (85%) 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (5%) Specie importanti: Pinus laricio, Canis lupus, Bombina variegata Tipo Habitat: 9530 Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici (85%) 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (5%) Specie importanti: Pinus laricio, Canis lupus,, Bombina variegata, Elaphe quatuorlineata, Cordulegaster trinacriae, Hyla italica, Rana italica, Salamandra salamandra. Tipo Habitat: 7140 Torbiere di transizione e instabili (30%) 6420 Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio- Holoschoenion (40%) 6230 Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (10%) Specie importanti: Hyla italica Menyanthes trifogliata l., Rana dalmatica, Rana italica Tipo Habitat: 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (90%) 9260 Foreste di Castanea sativa (5%) Specie importanti: Salamandra salamandra. Tipo Habitat: 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (65%) 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (20%) 6230 Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (10%) 5330 Arbusteti termo-mediterranei e predesertici (5%) Specie importanti: Canis lupus Tipo Habitat: 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (95%) 604 Taverna Petronà Taverna Albi Cardinale Serra Stretta Petronà, Taverna, Zagarise Taverna

70 SIC IT SIC IT SIC IT SIN10 IT SIR 4 IT Fiume Tacina Scogliera di Stalettì Fondali di Stalettì Torrente Pesipe Sughereta di Squillace Specie importanti: Bombina variegata, Hyla italica, Rana italica, Salamandra salamandra. Tipo Habitat: 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (15%) 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (30%) 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (20%) 9530 Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici (10%) 6230 Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (5%) Tipo Habitat: 8210 Pareti calcaree rocciose con vegetazione cosmofitica (80%) 2240 Dune con prati di Brachypodietalia e vegetazione annua (5%) 1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine (5%) 1240 Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. Endemici (5%) Specie importanti: Falco peregrinus, Apus pallidus, Monticala solitarius, Cerambyx cerdo, Dianthus rupicola, Limonium minutiflorum. Tipo Habitat: 1120 Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae) (20 %) Superficie totale (ha) Taverna Stalettì Stalettì Squillace Elenco Zone Protezione Speciale (ZPS) individuati in Calabria nella Provincia di Catanzaro Codice nome Caratteristiche principali Sup. ha % proprietà pubblica % proprietà privata ZPS IT Parco Nazionale della Calabria Pinete mediterranee a Pino laricio a aree prative xeriche ed umide nell'altopiano silano. Area designata quale ZPS, composta di tre zone (Sila Grande, Sila Piccola, Aspromonte), di rilevante valore faunistico ZPS IT Marchesato e Fiume Neto La foce del fiume Neto, è uno degli ultimi ambienti umidi della costa jonica della Calabria. Caratterizzata da foreste riparie, aree palustri. Comprende un tratto di fascia costiera, ed è circondato da aree agricole di recente bonifica, e da insediamenti di case sparse colline boscate che emergono dalle zone agricole del Marchesato. Boschi montani misti a faggio ed abete ripide pareti usate dai rapaci per la nidificazione. E' un luogo di transito, sosta temporanea o di nidificazione di un gran numero di specie di uccelli acquatici e marini, sito di riproduzione della caretta -caretta.,emys orbicularis, testudo hermanni: le tre tartarughe calabresi. Aree forestali estese e contigue con i boschi della Sila Grande. La ZPS include una vasta area montuosa del crotonese che rappresenta buona parte del bacino imbrifero dei fiumi Neto e

71 Tacina. A nord l'area è delimitata dal Cozzo del ferro, Serra Luisa, Timpa di Luna,Cozzo Nero, Serra Vecchi, Monte la Pizzuta. A est la ZPS, è delimitata da Strangoli e Rocca di Neto, comprende tutto il fiume Neto Fino alla foce, a sud la ZPS include il fiume Tacina fino alla foce. E' inclusa una fascia di mare larga 2 km in corrispondenza delle foci dei fiumi Neto e Tacina. Si riporta di seguito una prima descrizione sintetica delle principali caratteristiche relative ai SIC ricadenti nella Provincia di Catanzaro: 1. SIC - IT Lago la Vota CARATTERISTICHE SITO: Laghetto costiero con acque salmastre ( ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 0 MIN, 5 MAX, 3 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Si tratta dell'ultimo esempio di lago costiero sull'intera costa tirrenica calabrese. Le caratteristiche ambientali del sito (per quanto degradato) e la sua posizione geografica, lo rendono potenzialmente molto attrattivo per tutte le specie di Uccelli acquatiche e migratrici, come luogo di sosta temporanea o di svernamento. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per progetti di sviluppo turistico (porto- canale) fenomeni estesi e crescenti di degrado (discariche e costruzioni abusive) e bracconaggio. UCCELLI MIGRATORI ABITUALI NON ELENCATI DELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CEE: Ixobrychus minutus, Ardeola ralloides, Egretta garzetta, Ardea purpurea, Circus aeruginosus, Pandion haliaetus, Himantopus himantopus, Philomachus pugnax, Larus melanocephalus, Chlidonias niger. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Artemisia variabilis, Bufo viridis. 2- SIC - IT Palude di Imbutillo CARATTERISTICHE SITO: La palude sorge all'interno di una vasta pineta litoranea di pino domestico (Pinus pinea), ed è caratterizzata dalla presenza di un folto canneto di cannuccia di palude (Phragmites communis). La piaggia antistante ospita piante psammofile mentre lo stagno litoraneo è circondato da essenze tipiche della macchia mediterranea. (49.00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 0 MIN, 6 MAX, 3 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Paludi di notevoli interesse ornitologico, quali sito di sosta migratoria e anche di nidificazione di numerose specie (> 70) ed erpetologica per la presenza di Triturus italicus ed Emys orbicularis. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità legato agli incendi dolosi ed ai progetti di bonifica. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Emys orbicularis. UCCELLI MIGRATORI ABITUALI NON ELENCATI DELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CEE: Ixobrychus minutus, Nycticorax nycticorax, Ardeola ralloides, Egretta garzetta, Ardea purpurea, Plegadis falcinellus, Platalea leucorodia, Circus aeruginosus, Himantopus himantopus, Tringa glareola, Larus melanocephalus, Sterna hirundo, Caprimulgus europaeus ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Bufo viridis, Elaphe longissima, Hyla italica, Lacerta bilineata. 71

72 3 - SIC - IT Dune dell'angitola CARATTERISTICHE SITO: Dune costiere con vegetazione psammofila (414,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 0 MIN, 5 MAX, 3 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Lungo tratto di costa a vegetazione psammofila molto ben conservato. Presenza di ginepri arborei costieri. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità: pressione antropica a scopi turistici. 4 - SIC - IT Oasi di Scolacium CARATTERISTICHE SITO: Dune costiere a vegetazione psammofila (82,00 ha) REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 0 MIN, 7 MAX, 4 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Presenza di Hypecoum imbexbe, specie molto rara. Segnalazione di nidificazione recente di Caretta caretta. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità legato alla presenza della ferrovia che costeggi il mare e limita gli insediamenti antropici, vicinanza di un grande centro (Catanzaro Marina). ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Caretta caretta. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Centaurea deusta, Ephedra distachya, hypecoum imberbe. 5 - SIC - IT Steccato di Cutro e Costa del Turchese CARATTERISTICHE SITO: Tratto di dune costiere a vegetazione psammofila conservata (36,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 0 MIN, 8 MAX, 3 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Dune costiere ben conservate con ricca vegetazione psammofila. VULNERABILITÁ: Turismo balneare, speculazione edilizia. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Artemisia variabilis, Ephedra distachya. 6 - SIC - IT Foce del Crocchio Cropani CARATTERISTICHE SITO: Foce di fiume con vegetazione riparia (301,00ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 0 MIN, 5 MAX, 2 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: boschi ripari mediterranei. VULNERABILITÁ: Taglio, speculazione edilizia. 7 - SIC - IT Dune di Isca CARATTERISTICHE SITO: Dune costiere a vegetazione psammofila (24,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 0 MIN, 2 MAX, 1 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Si tratta di uno dei pochissimi siti nidificazione di Caretta caretta in Calabria. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per pericolo di disturbo nel periodo di deposizione e schiusa delle uova di Caretta caretta, per coincidenze con turismo balneare. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Caretta caretta. 72

73 ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Ephedra distachya. 8 - SIC - IT Dune di Guardavalle CARATTERISTICHE SITO: Dune costiere in buono stato di conservazione con notevole vegetazione psammofila (19,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 0 MIN, 5 MAX, 3 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Dune costiere con vegetazione psammofila ben conservata. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per turismo balneare, speculazione edilizia. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Ephedra distachya SIC - IT Madama Lucrezia CARATTERISTICHE SITO: Presenza di pareti verticali particolarmente idonee alla nidificazione di rapaci (442,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 50 MIN, 253 MAX, 150 MEDIA. UCCELLI MIGRATORI ABITUALI NON ELENCATI DELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CE: Neophron, Percnopterus, Falco biarmicus, Milvus milvus. QUALITÁ E IMPORTANZA: Sito di riproduzione di specie di Falconiformes rare e minacciate a livello europeo. Sito di nidificazione di Capovaccaio fino a pochi anni fa abbandonato, presumibilmente, per l'eccessiva modificazione ambientale. vulnerabilitá: Mediamente elevata per rischio di bracconaggio. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Muscardinus avellanarius. 10. SIC - IT Boschi di Decollatura CARATTERISTICHE SITO: Castagneti collinari (88,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 850 MIN, 1068 MAX, 900 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Boschi di castagno con presenze di esemplari monumentali determinanti per la presenza di Osmoderma eremita VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per ceduazione del bosco. INVERTEBRATI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DIRETTIVA 92/43/CEE: Osmoderma eremita 11. SIC - IT Monte Gariglione CARATTERISTICHE SITO: Boschi misti di faggio e abeti cacuminali (604,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): MIN, MAX, MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Area forestale climaxad Abete bianco e Faggio, a tratti in ottimo stato, estesa e avente continuità con i boschi della Sila Grande. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità, dovuto al pascolo e a eccessi di diradamento, bracconaggio e raccolta di prodotti del sottobosco (non regolamentato). UCCELLI MIGRATORI ABITUALI NON ELENCATI DELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CE: Dryocopus martius. 73

74 MAMMIFERI ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Bombina variegata, Salamandrina terdigitata, Canis lupus. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Anguis fragilis, Coronella austriaca, Dryomys nitedula, Elaphe longissima, Felis silvestris, Lacerta bilineata, Martes martes, Rana italica. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria 12. SIC - IT Monte Femminamorta CARATTERISTICHE SITO: Boschi misti montani a faggio e abete (658,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA: mediterranea. ALTEZZA (M): 1350 MIN, 1723 MAX, 1500 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Area forestale climax estesa e continua con boschi della Sila Grande, ben conservata e lontana da centri abitati. VULNERABILITÁ: grado di vulnerabilità legato al pascolo di bovini al diradamento del bosco. Bracconaggio e raccolta di prodotti del sottobosco non regolamentato. MAMMIFERI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Canis lupus. Relazione con altri siti: SIC Torrente Soleo IT SIC - IT Colle Poverella CARATTERISTICHE SITO: Pinete mediterranee montane (179,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA: mediterranea. ALTEZZA (M): 1159 MIN, 1297MAX, 1200 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Pinete ben conservate. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità per la vicinanza di strutture turistiche in espansione, pascolo, bracconaggio, rifiuti. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Bombina variegata. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Pinus laricio. MAMMIFERI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Canis lupus. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria. 14. SIC - IT Pinete del Roncino CARATTERISTICHE SITO: Vallone montano con boschi e pini neri mediterranei (1508,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 890 MIN, 1503 MAX, 1250 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Pineta a Pini neri mediterranei ben conservata. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per utilizzazione forestale e incendi. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Elaphe quatuorlineata, Bombina variegata. INVERTEBRATI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DIRETTIVA 92/43/CEE: Cordulegaster trinacriae. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Hyla italica, Pinus laricio, Rana italica, Salamandra salamandra. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria. 74

75 15. SIC - IT Lacina CARATTERISTICHE SITO: Depressione alluvionale su substrato acido (326,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 970 MIN, 1028 MAX, 1000 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Pascoli umidi montani mediterranei con sfagneti. Stazione di Menyantes trifoliata specie per la Calabria al limite di areale. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità per pascolo e captazione acque. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Bombina variegata. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Hyla italica, Menyanthes trifoliata, Rana dalmatica, Rana italica. 16. SIC IT Monte Contrò CARATTERISTICHE SITO: Boschi cacuminali montani (100,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 1000 MIN, 1145 MAX, 950 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Faggete e castagneti con piante monumentali. VULNERABILITÁ: Taglio. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Salamandra salamandra. 17. SIC - IT Torrente Soleo CARATTERISTICHE sito: Vallone montano incassato (380,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 1150 MIN, 1645MAX, 1450 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Ambiente fluviale integro. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità per canalizzazione delle acque. MAMMIFERI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Canis lupus. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria, SIC Colle del Telegrafo IT SIC - IT Colle del Telegrafo Boschi montani misti a faggio e abeti (203,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): 1500 MIN, 1654 MAX, 1560 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Notevoli faggete ad abete. VULNERABILITÁ: Medio grado di vulnerabilità per taglio. ANFIBI E RETTILI ELENCATI NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Bombina variegata. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Hyla italica, Rana italica, Salamandra salamandra. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria, SIC Torrente Soleo - IT SIC - IT Fiume Tacina CARATTERISTICHE SITO: (1075,00 ha)vallone montano incassato. REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. 75

76 ALTEZZA (M): 800 MIN, 1500 MAX, 1250 MEDIA. QUALITÁ E IMPORTANZA: Ambiente fluviale ben conservato. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità per taglio, incendi e utilizzazione acque. RELAZIONE CON ALTRI SITI: Parco Nazionale della Calabria. 20. SIC - IT Scogliera di Stalettì CARATTERISTICHE SITO: Scogliera costiera di particolare valore paesistico. Un lembo del territorio è adibito a Giardino Ortobotanico di essenze autoctone (21,00 ha). REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea ALTEZZA (M): 0 MIN, 70 MAX, 35 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Tracce storiche recenti di nidificazione di Caretta caretta, presenza di specie vegetali rare delle rupi marittime. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità poiché si tratta di una piccola area che conserva caratteristiche di naturalità, con a monte un tratto di costa estremamente antropizzata con costruzioni, anche abusive, alcune abitate, altre non finite. L'area quindi può essere soggetta ad eccessivo carico antropico. UCCELLI MIGRATORI ABITUALI ELENCATI NELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CE: Falco peregrinus. UCCELLI MIGRATORI ABITUALI NON ELENCATI NELL'ALLEGATO 1 DELLA DIRETTIVA 79/409/CE: Apus pallidus, Monticala solitarius. PIANTE ELENCATE NELL'ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE: Dianthus rupicola. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA: Limonium minutiflorum. 21. SIC - IT Fondali di Stalettì CARATTERISTICHE SITO: (46,00 ha) Fondale costiero in cui era presente una estesa prateria di Posidonia ora molto ridotta. REGIONE BIOGEOGRAFIA : mediterranea. ALTEZZA (M): -5 MIN, -30 MAX, -17 MEDIA QUALITÁ E IMPORTANZA: Sito degradato di Posidonia oceanica di cui è auspicabile il ripristino per l'importanza che riveste quale nursery di specie e di diffusione di specie animali. VULNERABILITÁ: Alto grado di vulnerabilità, legato alla ridotta estensione. La prateria attualmente è molto ridotta poiché è stata soffocata dallo scarico di grandi quantità di materiale inerte proveniente dalla costruzione delle abitazioni, della strada e delle gallerie costiere sul promontorio. I rischi sono inoltre legati alla pesca abusiva e nei mesi estivi all'eccessivo attracco di natanti. Nella tabella seguente sono invece elencati tutti gli habitat ricadenti nei vari SIC censiti nella Provincia di Catanzaro di questi, alcuni di questi anche prioritari (Allegato I, Direttiva 92/43/CEE). 76

77 Tipi di Habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, della Provincia di Catanzaro (Allegato I) Sup. Tipologia Codice e Denominazione Classificazione totale prioritaria (ha) 1120 Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae) 1150 Lagune costiere si 1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine 1240 Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici 1410 Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi) 2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria («dune bianche») 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae 2230 Dune con prati dei Malcolmietalia no 2240 Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua 2250 Dune costiere con Juniperus spp. si 2260 Dune con vegetazione di sclerofille dei Cisto-Lavenduletalia 5330 Arbusteti termo-mediterranei e predesertici 6220 Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea 6230 Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane 6420 Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion 7140 Torbiere di transizione e instabili no 7230 Torbiere basse alcaline no si no no no no no no no no si si no Habitat costieri e vegetazioni alofitiche - acque marine e ambiente a marea. Habitat costieri e vegetazioni alofitiche - acque marine e ambiente a marea. Habitat costieri e vegetazione alofitiche- Scogliere marine e spiagge ghiaiose Habitat costieri e vegetazione alofitiche- Scogliere marine e spiagge ghiaiose Habitat costieri e vegetazioni alofitiche - Paludi e pascoli inondati mediterranei e termoatlantici Dune marittime interne - Dune marittime delle coste atlantiche, del Mare del Nord e del Baltico Dune marittime interne - Dune marittime delle coste mediterranee Dune marittime interne - Dune marittime delle coste mediterranee Dune marittime interne - Dune marittime delle coste mediterranee Dune marittime interne - Dune marittime delle coste mediterranee Dune marittime interne - Dune marittime delle coste mediterranee Macchie e boscaglie di sclerofille - Boscaglie termomediterranee e pre steppiche 9, ,8 1,05 21,75 60,95 45,10 34,6 55,7 82,8 20,7 41,10 Formazioni erbose naturali e seminaturali -Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli 353,6 Formazioni erbose naturali e seminaturali -Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli Formazioni erbose naturali e seminaturali- Praterie umide seminaturali con piante erbacee alte Torbiere alte, torbiere basse e paludi basse- Torbiere acide di sfagni Torbiere alte, torbiere basse e paludi basse- Torbiere basse 124,35 130,4 97,8 47,4 77

78 alcaline Habitat rocciosi e grotte 8210 Pareti calcaree rocciose con vegetazione no Pareti rocciose con con cosmofitica vegetazione cosmofitica 38,9 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus Foreste Foreste no alba mediterranee caducifoglie 480,7 92D0 Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio- Foreste Foreste no Tamaricetea e Securinegion tinctoriae) mediterranee caducifoglie 30, Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex si Foreste Foreste mediterranee caducifoglie Faggeti degli Appennini con Abies alba e Foreste Foreste si faggeti con Abies nebrodensis mediterranee caducifoglie 1736, Foreste di Castanea sativa no Foreste Foreste mediterranee caducifoglie Foreste di Olea e Ceratonia No Foreste Foreste sclerofille mediterranee Foreste di Quercus ilex e Quercus Foreste Foreste sclerofille no rotundifolia mediterranee 344,6 Foreste - Foreste di conifere 9530 Pinete (sub-)mediterranee di pini neri si delle montagne mediterranee endemici e macaronesiche 1571,65 Elenco delle varie tipologie di Habitat presenti nei SIC della Provincia di Catanzaro (Fonte RSA provincia di Catanzaro 2005) Specie animali e vegetali ricadenti in liste di attenzione Delle specie a rischio di estinzione in Calabria, quattro sono presenti anche nella Provincia di Catanzaro: lupo (Canis lupus) nell altopiano Silano. capovaccaio (Neophron percopterus), nell altopiano Silano e nel SIC Madama Lucrezia IT cavalluccio Marino (Hippocampus), nel Golfo di Squillace, nei pressi della città di Soverato. testuggine Palustre (Emys orbicularis) nel SIC Palude Imbutillo IT lartaruga marina Caretta caretta, presente nel SIC IT Oasi di Scolacium, SIC - IT Dune di Isca, SIC - IT Scogliera di Stalettì il coleottero Osmoderma eremita, presente nel SIC - IT Boschi di Decollatura la specie vegetale Dianthus rupicola, il garofano delle rupi, a forte di rischio di estinzione a causa dello sfruttamento antropico eccessivo delle rupi costiere dove essa cresce. Di seguito si riportano tutte le specie animali e vegetali della Provincia di Catanzaro elencate nei diversi allegati della Direttiva 92/43/CEE: Allegato II: specie la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione Allegato IV: specie che richiedono una protezione rigorosa 78

79 Allegato V: specie il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione. Specie Animali e Vegetali della Provincia di Catanzaro segnalate nell Allegato II della Direttiva 92/43/CEE Denominazione Specie Classe Nome comune Artemisia variabilis vegetale Angiosperme Artemisia Dianthus rupicola vegetale Angiosperme Garofano rupicolo Limonium minutiflorum vegetale Angiosperme Limonio Bombina variegata animale Anfibi Ululone a ventre piatto Tipologia prioritaria Bufo virdis animale Anfibi Rospo smeraldino Canis lupus animale Mammiferi Lupo si Caretta caretta animale Rettili Tartaruga marina si Cerambyx cerdo animale Artropodi Coleottero Capricorno Elaphe longissima animale Rettili Colubro di Esculapio Elaphe quatuorlineata animale Rettili Cervone Emys orbicularis animale Rettili Tartaruga palustre Osmoderma eremita animale Artropodi Coleottero si Salamandrina terdigitata animale Anfibi Salamndrina dagli occhiali Specie animali e vegetali, della Provincia di Catanzaro segnalate nell Allegato IV della Direttiva 92/43/CEE Denominazione Specie Classe Nome comune Bombina variegate animale Anfibi Ululone a ventre piatto Tipologia prioritaria Bufo virdis animale Anfibi Rospo smeraldino Caretta caretta animale Rettili Tartaruga marina si Cordulegaster trinacriae animale Artropodi Libellula Elaphe longissima animale Rettili Colubro di Esculapio Elaphe quatuorlineata animale Rettili Cervone Emys orbicularis animale Rettili Tartaruga palustre Felis silvestris animale Mammiferi Gatto selvatico Osmoderma eremita animale Artropodi Coleottero si Rana dalmatina animale Anfibi Rana dalmatina Rana italica animale Anfibi Rana italica Salamandra salamandra animale Anfibi Salamandra pezzata Specie animali e vegetali, della Provincia di Catanzaro, segnalate nell Allegato V della Direttiva 92/43/CEE Denominazione Specie Classe Nome comune Tipologia prioritaria Canis lupus animale Mammiferi Lupo si Martes martes animale Mammiferi Martora Elenco delle principali specie di fauna e flora caratterizzanti i SIC della Provincia di Catanzaro ( Fonte RSA provincia di Catanzaro 2005)) La direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, inoltre menziona le seguenti specie che ricadono nella Provincia di Catanzaro: 79

80 Specie della Provincia di Catanzaro di cui alla direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici Denominazione Specie Nome comune Apus pallidus Apodiformes Rondone Pallido Ardea purpurea Ciconeformes Airone rosso Ardeola ralloides Ciconeformes Sgarza ciuffetto Caprimulgus europaeus Caprimulgiformes Succiacapre europeo Chlidonias niger Charadriformes Mignattino Circus aeruginosus Falconiformes Falco di palude Dryocopus martius Piciformes Picchio nero Egretta garzetta Ciconeformes Garzetta (Airone bianco) Falco biarmicus Falconiformes Falco lanario Falco peregrinus Falconiformes Falco pellegrino Ixobrychus minutus Ciconiformes Tarabusino Nycticorax nycticorax Ciconiformes Nitticora Pandion haliaetus Falconiformes Falco pescatore Philomachus pugnax Charadriformes Il combattente Himantopus, himantopus Charadriformes Cavaliere d Italia Larus melanocephalus Charadriformes Gabbiano corallino Milvus milvus Falconiformes Nibbio reale Neophron percnopterus Falconiformes Capovaccaio Plegadis falcinellus Procellariformes Mignattaio Sterna hirundo Charadriformes Sterna Platalea leucordia Ciconiformes Spatola Tringa glareola Charadriformes Piro piro Boschereccio Elenco delle specie principali di avifauna presenti nel territorio provinciale, di cui alla Direttiva Comunitaria Uccelli (Fonte: RSA provincia di Catanzaro 2005) Per ciò che riguarda l analisi dell incidenza del Piano Faunistico Venatorio rispetto alle specifiche caratteristiche dei Siti natura 2000 sarà predisposto uno specifico Studio di incidenza Ambientale, in accordo con le procedure previste dai vigenti Regolamenti Regionali ed in particolare dal Reg. Reg. n. 16/2009 di recente approvazione, che accompagnerà il Rapporto Ambientale da predisporre successivamente a questa prima fase di Scoping. 80

81 5. INDIVIDUAZIONE DEI PIANI E PROGRAMMI PERTINENTI AL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE Al fine di poter effettuare l analisi di coerenza esterna del piano occorre preliminarmente verificare la correlazione del Piano con il contesto pianificatorio e programmatico. Pertanto è necessario procedere all individuazione di tutti quei piani e programmi di settore che incidono sullo stesso ambito territoriale oggetto del PVFP. Tale analisi è necessaria per comprendere quale sia la relazione del PFVP rispetto al quadro pianificatorio e programmatico e procedere alla verifica di coerenza verticale ed orizzontale tra gli obiettivi del PFV e gli obiettivi degli altri piani e programmi di sovra ordinari e di settore, consentendo, al contempo, di poter intervenire con opportuni correttivi là dove si dovessero riscontrare eventuali incongruenze significative. A tal fine è stata effettuata la ricognizione di tutti i principali Piani e Programmi prendendo in considerazione solo quelli già approvati che possano avere attinenza con il PFV. Le tematiche e/o componenti ambientali ed i relativi sottosistemi presi in considerazione per la costruzione di tale quadro sono: Paesaggio e uso del suolo Natura e Biodiversità: Flora, Fauna, Ecosistemi, aree protette; Ambiente antropico e Sicurezza Pubblica Chiaramente non tutti gli obiettivi ambientali generali presi in considerazione troveranno riscontro in atti o norme a livello regionale, ciò non deriva da inadempienze ma dalla relativa ripartizione di competenze legislative di rango costituzionale. I piani sovraordinati di livello regionale individuati per tematiche attinenti al Piano Faunistico Venatorio sono: 81

82 Piano 1. Progetto Integrato Strategico Rete Ecologica Regionale (PIS RER) 2. Piano di Gestione Provinciale dei Siti Natura 2000 Obiettivo Strategia - Contenuto Il Progetto Integrato Strategico (PIS) discende dall istituzione della Rete Ecologica Regionale (RER), nata con lo scopo di creare una serie di connessioni tra gli ambiti territoriali che presentano un alta sensibilità ambientale alla pressione antropica. La Rete Ecologica è un sistema infrastrutturale, materiale ed immateriale, che si articola in: aree sottoposte o da sottoporre a tutela, zone cuscinetto contigue a queste, corridoi ecologici continui e discontinui preposti al mantenimento ed al recupero delle connessioni tra ecosistemi e biotipi, zone di restauro ambientale e sviluppo naturale, e nodi, ossia luoghi complessi di interrelazione. All interno del progetto RER sono stati approvati: il Progetto Integrato Strategico (PIS) della RETE ECOLOGICA (di cui alla DGR 759 /2003) ha finanziato n.23 Progetti Integrati Territoriali infrastrutturali (con Accordo di Programma del 28 febbraio, 1 e 2 marzo 2005 a valere sulla misura 1.10 del POR Calabria ), inoltre nell ambito della misura 1.10 azione b sono stati attivati i bandi pubblici per le iniziative dei privati, mediante sovvenzioni in regime de minimis; Con le azioni del PIS sono sati inoltre demandati alle cinque Province la realizzazione di Piani di Gestione (PdG) dei siti Natura 2000, ricadenti fuori dalle aree protette, istituite in base alle direttive Habitat 92/43/CEE ed Uccelli 79/409/CEE e successivo DPR di recepimento 357/97 e smi. Il Piano di Gestione dei Siti di Interesse Comunitario della Provincia di Catanzaro è uno strumento gestionale dei Siti Natura 2000 e ha come finalità generale quella di garantire la presenza in condizioni ottimali degli habitat e delle specie che hanno determinato la proposizione dei siti, mettendo in atto strategie di tutela e gestione che lo consentano pur in presenza di attività umane. Il Piano di Gestione, coerentemente con l art.6 punto 1 della Direttiva 92/43/CEE Habitat, è quindi mirato ad individuare misure di conservazione e tipologie di interventi ammissibili, previa valutazione dello status degli habitat e delle specie di interesse comunitario e delle relative criticità. Gli habitat e le specie cui è rivolto questo tipo di tutela sono elencati rispettivamente nell Allegato II della Direttiva 92/43/CEE Habitat e nell Allegato I della Direttiva 79/409/CEE Uccelli. I Piani di Gestione, insieme agli altri strumenti di governo del territorio, contribuiscono alla pianificazione per garantire la tutela e la valorizzazione dei sistemi ambientali. 82

83 6. ANALISI PRELIMINARE DEL CONTESTO TERRITORIALE PROVINCIALE: STATO ATTUALE DELL AMBIENTE TENDENZE E CRITICITÀ L analisi dello stato attuale dell ambiente, delle sue tendenze evolutive e delle criticità manifeste è connesso allo studio del sistema fisico ed antropico del territorio. Tale analisi risulta di notevole rilevanza ai fini di una verifica di sostenibilità ambientale del Piano Faunistico Venatorio in quanto il sistema fisico, unitamente alla vegetazione ivi presente, ha una rilevante influenza sulle risorse viventi nella misura in cui costituisce quell habitat essenziale per la stessa fauna selvatica, le cui dinamiche sono direttamente correlate alla qualità dell ambiente considerato in tutte le sue forme. Anche i criteri definiti nelle linee guida Regionali per la redazione dei PFV della Regione Calabria indicano la necessità e l opportunità di effettuare preliminarmente l analisi dei territori nelle varie componenti, riconoscendo che la caratterizzazione territoriale è il punto di partenza delle principali scelte di utilizzo del territorio, necessaria per correlare nella giusta misura le questioni legate al prelievo venatorio con le questioni legate più in generale alla sostenibilità ambientale e pervenire pertanto ad una corretta pianificazione faunistica venatoria. Per tale finalità, quindi, le caratteristiche geomorfologiche dell area sono fondamentali in quanto, prima di altri fattori intrinseci, queste caratterizzano il paesaggio di un area e come tali risultano spesso determinanti per la scelta dell habitat da parte degli animali selvatici. L ambiente del paesaggio pianeggiante, ad esempio, differisce nettamente da quello collinare ed entrambi da quello montano per i diversi macro e micro fattori che interagendo tra loro lo caratterizzano. Le differenti pendenze del terreno, ad esempio, influiscono sulla presenza di umidità nel terreno, sulla stabilità superficiale del suolo, sull esposizione ai raggi solari, ecc.; tutti questi fattori interagiscono poi tra loro fino a determinarne lo spettro vegetale e dunque la potenzialità faunistica. Le caratteristiche geologiche e pedologiche di un area, inoltre, possono avere diversi effetti, diretti ed indiretti, sulle piante e sugli animali basti pensare alla specificità vegetale di alcuni tipi di suolo (suoli acidi, calcarei, argillosi, ecc.) o alla profondità dei suoli (che influiscono sulla vegetazione e sulla fauna ipogea) oppure alla presenza di alcuni animali che trovano loro habitat ideale un affioramento litoide (uccelli rapaci, corvidi, ecc.). Il clima dell area è uno dei macrofattori fondamentali che intervengono nella produzione della vegetazione spontanea oltre che a definire un ambiente con maggiore o minore vocazionalità per le singole specie faunistiche. Il clima considerato nella sua escursione annuale, ha una stretta relazione e condizione la vita negli ecosistemi ed i principali 83

84 elementi climatici di interesse sono la temperatura, le precipitazioni sia in termini quantitativi che temporali: loro distribuzione stagionale ed annua. Così come fattori quali la permeabilità del suolo, il ruscellamento, ecc., hanno tutti effetti diretti sulla vita delle piante e degli animali dell area in esame. Le temperature poi, oltre a rappresentare un fattore principale di condizionamento diretto degli habitat naturali, concorrono, unitamente ad altri eventi meteorici quali precipitazioni, venti, ecc., al condizionamento di altri fattori quali l evapotraspirazione, lo scioglimento delle nevi, la formazione dei venti, ecc. che influiscono anch essi sull ambiente. Di seguito pertanto sarà sviluppata la caratterizzazione territoriale prendendo in esame quelle componenti ambientali ritenute più rilevanti e che sono in stretta relazione con lo specifico ambito di competenza del Piano Faunistico Venatorio. In particolare, oltre alla caratterizzazione del contesto territoriale e socio economico, le tematiche e/o componenti ambientali, coni relativi sottosistemi, presi in considerazione per la costruzione di tale quadro sono: Paesaggio e uso del suolo Natura e Biodiversità: Flora, Fauna, Ecosistemi, aree protette; Ambiente antropico e Sicurezza Pubblica 6.1 Caratterizzazione territoriale e socio economica La Provincia di Catanzaro é racchiusa fra e latitudine nord e fra 3.37 e 4.45 longitudine est del meridiano di Roma, e si estende per ettari. Confina con tutte le altre Province della Regione Calabria: con la Provincia di Cosenza, con la Provincia di Crotone, con la Provincia di Reggio Calabria e con la Provincia di Vibo Valentia. Il territorio della Provincia di Catanzaro si presenta morfologicamente variegato, in esso sono infatti presenti vasti tratti montuosi e collinari nonché pianure alluvionali importanti, con la seguente ripartizione: 6.70% Pianura, 60.98% Collina 32.32% Montagna. Il territorio è dominato dalla presenza degli altipiani della Sila a nord e delle Serre a sud, dai quali si dipartono versanti acclivi incisi da corsi d acqua brevi ma turbolenti. 84

85 Tra i due altipiani è collocata la vasta pianura alluvionale di Sant Eufemia, prospiciente il mar Tirreno, mentre il territorio gravitante sul Golfo di Squillace presenta un andamento di bassa collina. Gli altipiani godono di un buon grado di stabilità, in quanto corredati di lineamenti subpianeggianti, non atti a determinare gradienti morfologici significativi, le pendici dei versanti invece denotano spesso condizioni di stabilità a tratti precarie, per la presenza di gradienti morfologici elevati, atti ad innescare episodi gravitativi a carico dei corpi rocciosi che li costituiscono. Il Territorio della provincia di Catanzaro, così come l intero territorio regionale, presenta diffuse condizioni di dissesto idrogeologico corrispondenti sia a condizioni geomorfologiche instabili sia alla presenza di un reticolo idrografico complesso che si articola in numerosi corsi d acqua a regime torrentizio, soggetti a piene improvvise, in corrispondenza delle stagioni piovose, ed a lunghi periodi di magra, in corrispondenza delle stagioni siccitose. Il clima della Provincia di Catanzaro é, generalmente, temperato; tuttavia la morfologia stessa del territorio, fa si che l andamento dei fattori climatici sia estremamente variabile. La piovosità annua é di mm. 1151; di questi il 42% cade in inverno, il 21% in primavera, il 6% in estate ed il 31% in autunno. La distribuzione é tipicamente mediterranea con massimi invernali preceduti e seguiti da abbondanti precipitazioni nel periodo autunnale e primaverile; il periodo siccitoso é limitato ai soli due mesi di luglio ed agosto, durante i quali cadono, rispettivamente mm 16 e mm 23 di pioggia. Il gradiente di umidità é elevato durante tutto l anno soprattutto nelle zone costiere e nel settore occidentale della Sila. L andamento delle temperature risente notevolmente dell andamento dei rilievi; i valori oscillano tra gli 8-10 C delle zone più alte ed i 6-18 C delle zone di valle. Le escursioni termiche sono molto più sensibili; la combinazione di piovosità e temperatura contribuisce a definire le caratteristiche climatiche delle diverse zone del territorio provinciale con il risultato che, in un territorio sostanzialmente limitato, sono presenti zone climatiche del tipo secco-arido nelle zone costiere, sia della fascia ionica che di quella tirrenica, e zone iper-umide sui rilievi montuosi dell intera Provincia, con fasce intermedie caratterizzate da un clima umido-sub-umido. Tutto ciò mette in evidenza come nel giro di pochi chilometri si passi da un clima all altro con tutti i problemi che un fenomeno del genere comporta. 85

86 La popolazione residente nella Provincia é di unità, suddivise in nell A.T.C. CZ1 e nell A.T.C. CZ2, rispettivamente con densità media di 1,64 e 1,31 per ettaro; ciò corrisponde ad una densità media provinciale di 1,47 abitanti per ettaro. Proprio alla data del censimento del 1991 si registra la massima flessione demografica: in CZ1 il 3,19% rispetto al 1988, in CZ2 il 5,75% rispetto al La popolazione provinciale è ripartita in 80 centri abitati; dai dati riportati, aggiornati a gennaio 2008, si nota che la maggior parte dei Comuni ha una popolazione al di sotto dei abitanti, con le seguenti eccezioni: Catanzaro, Capoluogo di Provincia: con abitanti assorbe il 25,34% circa della popolazione provinciale; Lamezia Terme: con abitanti assorbe il 19,03% dell intera popolazione residente in Provincia; I Comuni di Lamezia e Catanzaro assorbono il 58,50% circa della popolazione residente nell A.T.C. CZ1, con la conseguenza di un territorio altamente antropizzato, come si vedrà nel seguito; il rimanente 41,50% é distribuito in 47 piccoli comuni (vedi Tab. A1). Più uniforme la distribuzione della popolazione nell A.T.C. CZ2 che, dopo Chiaravalle Centrale con abitanti, di poco inferiore ai , vede il solo Comune di Soverato con abitanti. La variazione della popolazione, sia in diminuzione che in aumento, é un fenomeno generalizzato in tutta la Provincia e non si notano spopolamenti di aree a vantaggio di altre, tranne che per i Comuni immediatamente ubicati alle porte dei centri abitati più grossi. Per esempio nell A.T.C. CZ1 i Comuni alla porte di Catanzaro (Settingiano, Marcellinara) hanno subito un costante aumento di popolazione per l esodo dal capoluogo verso la periferia. All interno della popolazione residente esiste una popolazione di cacciatori che all interno del PFV é stata esaminata e differenziata per ambiti, con periodo di osservazione concentrato negli ultimi 20 anni ( ), utilizzando i dati ufficiali depositati presso l Ufficio Caccia della Provincia di Catanzaro. L analisi sulle dinamiche economiche della provincia di Catanzaro è connessa allo studio della ricchezza prodotta dal territorio, ossia del valore di tutti i beni ed i servizi finali prodotti in un determinato periodo di tempo. Da tale analisi si evince che il PIL prodotto in provincia di Catanzaro, espresso in valori correnti, passa da un valore pari ad oltre 6.339,5 milioni di euro nel 2004, a 6.939,2 milioni nel 2007, confermandosi come la terza realtà produttiva della regione, preceduta dalle province di Cosenza e Reggio Calabria. In virtù di 86

87 questa cifra, Catanzaro rappresentava, nel 2007, il 21,4% del totale della ricchezza prodotta in Calabria, il 2% di quella dell intero Mezzogiorno e lo 0,5% di quella nazionale, con percentuali rimaste sostanzialmente stabili rispetto agli anni precedenti È l analisi temporale sulla crescita del PIL, però, a mostrare con maggiore chiarezza la dinamicità dell economia in provincia di Catanzaro, in particolare, esaminando il lasso temporale dal 2003 al 2007, si ha una conferma della vivacità dell economia locale. L aumento della ricchezza riscontrato a Catanzaro così, oltre ad essere superiore alla totalità delle province calabresi, risulta fra i più elevati in tutto il Sud. Entrando nello specifico dell analisi, dei 6.002,2 milioni di euro di valore aggiunto prodotto nel 2006, il 78,5% deriva dal macro settore dei servizi che include il commercio, i trasporti, il turismo, i servizi alle imprese ed alle famiglie. Si tratta di una quota superiore a quella nazionale, ma in linea con la media regionale. Il confronto con l Italia, così, mostra come i servizi pesino molto più a Catanzaro che non nel Paese preso nel suo complesso (71,4%), anche in virtù della sua natura di Capoluogo di Regione, in cui sono sviluppati i servizi legati, tra l altro, alla Pubblica Amministrazione. All evidente terziarizzazione dell economia locale, incentrata però su comparti a modesta capacità innovativa (come il commercio o il turismo), fa riscontro un modesto contribuito fornito dall industria, che a Catanzaro partecipa con il 16% alla formazione del totale del valore aggiunto della provincia. Il settore edile in un confronto a livello regionale mostra come l apporto fornito dalle costruzioni a Catanzaro (5,9%) è inferiore a quello di tutte le altre province calabresi, con la sola esclusione di Vibo Valentia. In virtù di ciò, il peso complessivo del valore aggiunto industriale, che comprende il settore manifatturiero e quello edile, è tale da posizionare Catanzaro fra le ultime posizioni (92-esima) della relativa graduatoria nazionale. Un altro dato da sottolineare per comprendere più a fondo il modello di sviluppo della provincia è quello relativo all agricoltura: l economia provinciale, infatti, concentra ancora il 5,5% del suo valore aggiunto totale nel comparto agricolo, valore nettamente superiore alla media nazionale (2,1%), ma in linea con la percentuale regionale (4,7%). Dall analisi disaggregata su base settoriale, dunque, si osserva come il sistema economico di Catanzaro sia ancora caratterizzato da una struttura economica di tipo tradizionale, in uno scenario nazionale in cui, invece, la produzione di ricchezza si sposta dai settori di produzione di beni materiali a quelli immateriali (servizi, con particolare riferimento al terziario avanzato). 87

88 Per quanto concerne il grado di internazionalizzazione di Catanzaro, misurata attraverso l incidenza delle esportazioni sul PIL, è doveroso sottolineare che la provincia evidenzia il dato più basso a livello nazionale (propensione export 0,4%; Italia 23,4%). Di conseguenza, la crescita della ricchezza in provincia di Catanzaro viene alimentata quasi esclusivamente dal mercato interno, ovvero dagli investimenti (pubblici e privati) e dalla domanda di beni e servizi operata da famiglie ed imprese che, nell ultimo periodo risulta condizionata dalla spinta inflattiva di prodotti energetici ed alimentari. Parallelamente a questi elementi occorre considerare anche una serie di fattori di competitività territoriale, prima fra tutti quello relativo alla dotazione infrastrutturale. La provincia di Catanzaro risulta caratterizzata da importanti localizzazioni che, tuttavia, risultano carenti su alcuni fattori strategici; in particolare, se dal punto di vista quantitativo di strade ed accessi aeroportuali la provincia risulta ben servita, la rete ferroviaria ma, soprattutto, quella portuale non risultano in linea con le esigenze di competitività economica che la competizione ormai globale richiede. La situazione portuale, in particolare, è quella che evidenzia la situazione di maggiore criticità non solo rispetto alla media nazionale, ma anche rispetto al valore regionale non disponendo, a livello provinciale, né di un porto commerciale né di attracchi turistici di una certa importanza. Occorre affermare anche che, dal punto di vista dei collegamenti stradali fra le aree costiere e l interno risultano poco soddisfacenti, per lo più nel quadro di un evoluzione della logistica che, sempre più, alimenta la capacità produttiva delle imprese. Ulteriori carenze si evidenziano nella dotazione delle infrastrutture di servizio (utilities), dove la provincia di Catanzaro presenta, in relazione alle reti bancarie e di servizi, ancora notevoli ritardi rispetto al dato Italia. Le infrastrutture sociali, infine, risultano assolutamente sottodimensionate nell ambito delle strutture culturali e ricreative. 6.2 Componente ambientale Paesaggio e Uso del Suolo premessa Le forme di utilizzazione del suolo sono la risultante di un complesso di parametri di origine ambientale (morfologia del territorio, clima, pedologia, ecc.) e antropica (coltivazioni, disboscamenti, ecc.), in continua mutazione, ma di grande rilevo nelle analisi territoriali finalizzate agli studi faunistici. 88

89 La Provincia di Catanzaro si presenta dal punto di vista morfologico molto variegata essa e caratterizzata da una percentuale di territorio pianeggiante pari al 6,70% (quasi esclusivamente ricadente nel comune di Lamezia Terme con una superficie di ettari) una fascia collinare che occupa il 60,98% (che comprende 56 comuni della provincia per un totale di ettari) e una restante zona montana pari al 32,32% dell intero territorio ( che comprende 23 comuni per una superficie pari a ettari). Sarà di seguito sviluppata l analisi della componente ambientale prendendo in considerazione gli aspetti ritenuti più strettamente correlati alla specifica pianificazione di settore che sono: A. Paesaggio e Zone Territoriali Omogenee B. Vegetazione C. Uso del suolo D. Produzioni agricole e stime delle superficie forestali E. Agricoltura e specie faunistiche problematiche : Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e criteri per l erogazione dei risarcimenti F. Utilizzo Del Territorio: Gli Istituti Faunistici analisi della componente ambientale A. Paesaggio e Zone Territoriali Omogenee Il paesaggio è il prodotto visibile di una complessa relazione tra lo stato fisico di un territorio e le azioni dinamiche naturali ed antropiche cui il territorio stesso è soggetto nel tempo. Esso pertanto riflette non solo gli avvenimenti governati da madre natura ma anche le modificazioni imputabili alle azioni umane ed in tal senso è la manifestazione più evidente della qualità ed efficacia della pianificazione e della gestione del territorio e di quanto questa riesca a promuovere, realizzare e garantire relazioni equilibrate tra i diversi habitat naturali, la biodiversità e gli insediamenti umani. La caratterizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale dipende strettamente dall indagine di tutte le pressioni esercitate sul sistema ambiente in genere poiché ogni fattore che esercita una pressione su una singola componente ambientale esercita potenzialmente un impatto anche sul paesaggio. In tal senso pertanto il paesaggio più che come componente può essere inteso come elemento di sintesi dell intero sistema 89

90 ambientale nel suo complesso e rappresentare anche una delle possibili chiave di lettura delle interazioni tra le diverse componenti ambientali indagate. Si farà riferimento, di seguito, alle analisi paesaggistiche del redigendo Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Catanzaro (PTCP)) che affronta a pieno titolo la problematica della tutela paesaggistica a partire dalla caratterizzazione del contesto paesaggistico e che mai prima del PTCP era stato in qualche modo analizzato, tanto più in assenza di strumenti paesistici di valenza regionale. Nell ambito del PTCP l analisi paesaggistica del territorio provinciale è stata condotta con un alto grado di approfondimento sia in ordine allo stato attuale del paesaggio mediante: l individuazione dei sistemi e degli indicatori di paesaggio presenti nel territorio provinciale l individuazione degli elementi geomorfologici e naturalistici rilevanti per funzione ecologica, per capacità di identificazione dei luoghi ecc. l individuazione dell insieme degli elementi di interesse monumentale, artistico, tradizionale, storico, archeologico. l evoluzione storica del paesaggio e le condizioni naturali e umane che lo hanno generato l evoluzione del paesaggio determinata dagli strumenti normativi ivi compresi gli strumenti di pianificazione, programmi e progetti. Sia in ordine a fattori di impatto quali ad esempio gli interventi di trasformazione del territorio che possono comportare un significativo impatto visivo sulla percezione del paesaggio. Nello specifico, e per le finalità del presente studio in relazione al PFV, l analisi paesaggistica sarà sviluppata a partire dai contenuti del citato PTCP, con particolare riferimento all identificazione delle Zone territoriali omogenee. La Provincia di Catanzaro si trova al centro della Regione Calabria, confina a nord con le Province di Cosenza e Crotone ed a sud con Reggio Calabria e Vibo Valentia I suoi limiti naturali sono costituiti a nord dai rilievi della Sila Piccola settore meridionale dell altopiano silano che è situato nella parte centrale della Calabria e ad oriente e occidente dal Mare Tirreno e dal Mare Ionio che nell Istmo di Catanzaro, un forte restringimento dell Appennino, si avvicinano per solo 30 km. Una volta superata tale stretta la dorsale montagnosa della penisola incontra il rilievo delle Serre, dove la Provincia di Catanzaro trova confine con Vibo Valentia seguendo la catena occidentale delle Serre fino al Monte Cucco. Da esso il confine attraversa la catena orientale delle Serre per raggiungere il Mare Ionico nella Valle di Guardavalle. 90

91 In questo contesto il territorio della provincia di Catanzaro, così come già indicato nel citato Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, in corso di approvazione, può essere suddiviso in 7 ambiti, o zone omogenee così per come di seguito descritti. Ambiti collegati alla montagna Ambito Reventino Tiriolo Mancuso L ambito Reventino Tiriolo - Mancuso interessa i Comuni di: Carlopoli, Cicala, Conflenti, Decollatura, Falerna, Gimigliano, Gizzeria, Martirano, Martirano Lombardo, Miglierina, Motta S.Lucia, Nocera Terinese, Platania, Serrastretta, Soveria Mannelli, S. Pietro Apostolo, Tiriolo La maggior parte delle rocce affioranti nell'area è costituita da rocce ignee e metamorfiche costituiti da scisti e gneiss leucicrati. La superficie complessiva è di ettari. Parte del territorio è inserito nella lista dei siti d interesse comunitario (SIC) ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE: Monte Condrò con una superficie di ettari Boschi di Decollatura con una superficie di ettari Questo territorio comprende una dorsale frapposta tra le conche di Decollatura, S.Mazzeo, e la piana di Lamezia Terme,confina a Nord con il massiccio della Sila, a sud con la piana di Lamezia, a ovest con la valle del fiume Savuto e a est con quella del fiume Amato Nell analizzare la flora del nostro gruppo cominceremo dal basso e precisamente dall ambiente costituito dalle rive dei corsi d acqua. In questo genere di habitat i fiumi montani del nostro gruppo scorrono quasi sempre tra due ali,più o meno folte, di vegetazione arborea composta da Ontano nero (alnus glutinosa), Salicone (salix caprea), Pioppo nero (Populus nigra). Non di rado si rinvengono anche piante di Alloro (Lauro nobilis). Attorno ad alcuni corsi d acqua, soprattutto all interno delle loro strette gole si è formato un particolare microclima che ha consentito la sopravvivenza di una felce sino a qualche anno fa ritenuta rara ma oggi ritrovata in diverse valli calabresi,la Felce Regale (Osmunda regalis). La fascia vegetazionale più bassa delle montagne in questione è quella delle querce sempre verdi che giunge in genere sino ai 600/700 metri di quota. La specie arbore più diffusa in quest ambito è il Leccio (Quercus ilex). Lembi di lecceta pura si rinvengono nelle gole dei torrenti Tridattoli, Falerna, e nelle basse gole dei fiumi Corace e Amato. 91

92 Seguono poi altre specie sempre appartenenti al genere Quercus e precisamente la Sughera (Quercus suber) quercia sempreverde caratterizzata da una spessa corteccia estremamente resistente agli incendi e la Roverella (Quercus pubescens). Acanto a queste tre specie dominanti della macchia mediterranea, troviamo anche, tra le specie arboree più diffuse, l Orniello (Fraxinus ornius) e il Carpino bianco (Carpinus betulus). Tra gli arbusti tipici della macchia abbiamo innanzitutto l Erica (Erica arborea), seguita dal Corbezzolo (Arbutus unedo) e dalla Ginestra comune (Spartium jiunceum). Ma la macchia arbustiva è composta anche da Mirto (Myrtus communis), dal Lentisco (Pistacia lentiscus), dalla Fillirea (Phillirea sp), dalla Ginestra spinosa (Calycotome spinosa), dal Cisto ( Cistus incanus, salvifolius, monspeliensis), dal Rosmarino (Rosmarinus officinalis), dall Euforbia arborea (Euphorbia dendroides), dall Alloro Nella fascia vegetazionale intermedia compresa tra il limite superiore della macchia mediterranea ed il cosiddetto piano montano è diffuso il Castagno (Castanea sativa) bellissimi castagneti si riscontrano nei territori di Serrastretta, Decollatura,Platania e Gimigliano. La zona del castagneto è anche quella dell Ontano napoletano (Alnus cordata) e del Cerro (Quercus cerris), quest ultimo molto diffuso sul versante nord-est del Monte Portella in territorio di Miglierina, ma in generale presente su quasi tutto il nostro gruppo montuoso. Altra specie arborea diffusa in questa fascia altitudinale è il Pioppo tremulo (Populus tremula). Tra gli arbusti più tipici di questa fascia vegetazionale troviamo: Sambuco nero (Sambucus nigra), Pero selvatico (Pyrur paraste), Prugnolo (Prunus spinosa), Rovo (Rubus fruticosus) Ligustro (Ligustrum vulgare), Vischio (Viscum album) e il Viburno (Viburnum lantana). Al di sopra dei mille metri di quota si estende il cosiddetto piano montano, oltre il quale domina il Faccio (fagus silvatica). I minuscoli frutti di questa specie, le fagiole, sono particolarmente appetiti dai piccoli abitatori della foresta. Le più belle faggete del gruppo si rinvengono su Monte Condrò, sul versante nord e nord-ovest del Monte Reventino e sul Monte Mancuso. Altre specie arboree diffuse in questa fascia altimetrica sono l Acero di monte (Acer pseudoplatanus), che a volte riscontriamo anche in zone più basse, e l estremamente diffuso Pino laricio (Pinus nigra laricio ssp Calabrica), presente su tutta l area sommitale dei sottogruppi de Monte Mancuso e del Monte Reventino per effetto dei rimboschimenti del secondo dopoguerra.. 92

93 Altra conifera molto diffusa che si trova allo stato naturale sul Pollino, in Sila, sulle Serre e in Aspromonte è l Abete bianco (Albies alba). Tra gli arbusti che costituiscono il sottobosco delle foreste montane abbiamo: Agrifoglio (Ilex aquifolium), Tasso (Taxus baccata), Mirtillo (Vaccinum mirtilli), Melo selvatico (Malus sylvestris), Rosa canina (Rosa canina) Le montagne del gruppo in questione ospitano anche una quantità smisurata di piante erbacee e di fiori, tra questi ricordiamo: Dafne (Daphne laureola), Ciclamini (cyclamen europaeum), Gigli rossi(lilium bulbifero), Aquilegie (Aquilegia einseleana), Anemoni (Anemone ortensis), Primule (Primula vulgaris). Le praterie di quota pullulano invece di Viole (Viola aethnensis), Ranncoli (Ranunculus montano), Rotulee (Romulea columnae), Orchidee ( Orchis sambucina, Nigritella nigra). Ambito Presila Comprende i Comuni: Albi, Cerva, Fossato Serralta, Magisano, Petronà, Sersale parte, Sorbo San Basile, Taverna, Zagarise parte, Belcastro parte. La foresta rappresenta la forma di utilizzazione del suolo di gran lunga più estesa sul territorio e il patrimonio boschivo è abbastanza vario; nella parte occidentale, al di sopra degli 800 metri dove prevalgono pino laricio e faggio, con qualche isola di abete bianco che con un estensione di oltre 5000 ettari e un diverso grado di mescolamento, conferiscono una copertura di rilevante valore naturalistico e paesaggistico. Nella parte più orientale è diffuso il ceduo, inframmezzato dal pino laricio. Situato ad Est di Catanzaro e comprendente i territori appenninici della Sila Piccola e le pendici montuose che da queste degradano verso il golfo di Squillace, il territorio della Comunità Montana della Presila Catanzarese si trova al margine meridionale della parte più continentale della penisola calabrese. Questa ha una morfologia che rende i suoi confini chiaramente individuabili: i comuni del litorale catanzarese a Sud, la dorsale che divide la valle dell Alli da quella del Corace, il cui andamento è assecondato dalla strada statale 109 bis, ad Est, i monti Gariglione (1.775 m) e Femminamorta ( m) a Nord e la valle del fiume Nàsari ad Est. Ben diversa da quella del resto della catena appenninica, la struttura geologica della Sila, e quindi dell area di nostro interesse, si caratterizza per essere granitico-cristallina, risultato di un orogenesi ben più antica. A partire dai massicci montuosi della zona settentrionale, si susseguono vari ordini collinari che si allungano da nord-ovest verso il Golfo di Squillace con quote in genere non molto elevate. Allo stesso modo dall altopiano i numerosi corsi d acqua scendono verso il mare con incisioni 93

94 profonde occupate spesso da letti di torrenti solo temporanei. Tra quelli con regimi più significativi spiccano il Crocchio, il Nàsari, il Simeri e l Alli. Nonostante la Comunità si estenda su una superficie di poco più di 700 kmq, presenta condizioni climatiche assai mutevoli, dovute alla sua posizione intermedia rispetto al massiccio silano e al mare Ionio. Infatti prendendo in considerazione le temperature medie, nella parte più interna l isolamento geografico crea le condizioni per un clima continentale, che d inverno regala abbondanti nevicate che si conservano sino all inizio di maggio nelle valli meno esposte al sole. La parte più meridionale invece risente dell effetto mitigatore del mare, permettendo la coltivazione di essenze arboree propriamente mediterranee come l ulivo fino ai 600 metri di altitudine. Volendo invece dare una caratterizzazione climatica dell area in base alla distribuzione delle precipitazioni, il clima della Sila Piccola è da considerarsi di tipo mediterraneo, con lunghe estati secche e piogge concentrate nel tardo autunno e in primavera. In ogni caso la pronunciata orografia dell area dona in genere un clima più umido rispetto al resto della provincia catanzarese. La foresta rappresenta la forma di utilizzazione del suolo di gran lunga più estesa sul territorio della comunità montana. Con una copertura di circa ettari fornisce un indice di boscosità fra i più alti di tutta la regione. Di tale area circa un quarto risulta demanio statale o comunale, mentre la restante parte è di proprietà privata; nel primo caso le risorse boschive sono prevalentemente d alto fusto, mentre negli appezzamenti privati sono più diffusi i cedui e coltivazioni da frutto come ad esempio il castagno. Per questa ultima essenza c è da evidenziare un evidente ridimensionamento di estensione a causa di un grave fenomeno d infestazione da cancro che la ha interessata negli ultimi anni. Il patrimonio boschivo della comunità è abbastanza vario e si differenzia sulla base della variazione altimetrica; nella parte occidentale, al di sopra degli 800 metri troviamo in prevalenza pino laricio e faggio, con qualche isola di abete bianco che con un estensione di oltre 5000 ettari e un diverso grado di mescolamento, conferiscono una copertura di rilevante valore naturalistico e paesaggistico. Nella parte di territorio più orientale è invece diffuso il ceduo, sempre inframmezzato dal pino laricio. Il questo settore, scendendo di quota, è prende consistenza il castagneto da ceduazione, che ha ormai completamente soppiantato il castagneto da frutto, più sensibile al cancro della corteccia e scarsamente remunerativo dal punto di vista economico. La zona boscata è infine caratterizzata dallo 94

95 sfruttamento più o meno organizzato dei frutti spontanei come i funghi, le castagne, le fragole e altre erbe per uso alimentare. La variazione pressoché costante del clima in funzione all altitudine, e le uniformi condizioni geopedologiche, fanno assumere una fisionomia poco variabile alla vegetazione ed alle associazioni vegetali del comprensorio.le querce decidue (Q. pubescens wild, Q. cerris, ecc.) e qualche leccio(q. ilex) occupano la parte terminale del Lauretum e del castanetum fino a m. Il castagno (castanea sativa) è poco diffuso nella propria zona fitoclimatica, limitandosi ad occupare qualche lembo all estremità occidentale in formazioni pure, residuo di castagneto da frutto, o misto al pino, mentre altrove si riscontrano pochi esemplari sporadici. Invece, la rimanente zona del castanetum e parte di quella del fagetum sono occupate dalla pineta di Pino Calabro, che in formazione pura occupa più della metà della superficie della foresta, e misto col faggio si spinge fino ad oltre 1500 m. di altitudine. Secondo i più recenti studi, il Pinus nigra var. calabrica ( Pinus laricio poir) sembra essere l unica forma del ciclo Pinus nigra presente in Calabria. Il Pino nero risulta composto da due entità distinte: il gruppo orientale a foglie con ipoderma ispessito, calcicolo, al quale appartengono il pino nero (Pinus nigra ssp. Nigra) distribuito in Austria, Italia, Balcani e Creta ed il Pino Pallasiana (Pinus Pallasiana ) di Cipro, Asia Minore e Crimea; ed il gruppo occidentale a ipoderma poco o non ispessito, silicicolo al quale appartengono le forme di Francia, Spagna, Marocco e corsica. A questa ultima viene avvicinato il pino di Calabria, per quanto ne differisca per il portamento ed i caratteri dell ipoderma. Nella foresta del Gariglione sono stati osservati moltissimi esemplari a due, tre ed anche a quattro cimali. Nella fascia estrema vegeta allo stato puro il faggio (Fagus selvatica), mescolandosi localmente all abete bianco (Abies Alba). L ontano napoletano (Alnus cordata) è presente in formazioni miste nella parte sud orientale intorno a Buturo. Il pioppo tremulo (Populus tremulus), che presenta maggiore importanza nel bosco del Gariglione, è sporadico. L ontano napoletano manifesta un rinnovo piuttosto scarso ed è presente solo su terreno minerale, mentre l abbondante strato di humus che si forma sotto la sua copertura sembra far propendere ad un carattere transitorio della specie.al di sotto dei metri, il faggio trova condizioni climatiche non ottime: precipitazioni annue intorno ai 1000 mm, con un minimo estivo assai basso (quasi sempre inferiore ai 100 mm); questa deficienza di umidità non viene compensata, come ad 95

96 altitudine maggiore, da sensibile nebulosità, anzi viene spesso aggravata dallo spirare di venti sciroccali, che vi giungono dallo Ionio ancora secchi, e che in primavera rappresentano un ostacolo per l inizio della vegetazione. In queste condizioni, il pino, assai meno igrofilo e meno sensibile agli inconvenienti suddetti, sempreverde e quindi atto a sfruttare al massimo il periodo di vegetazione in ciò favorito dagli inverni non troppo rigidi, si trova fortemente avvantaggiato. Tutti questi elementi hanno fatto sì che il pino potesse contrastare il faggio, e imporsi in una fascia, che occupa la parte superiore della sottozona fredda del castanetum e la inferiore, o tutta,la sottozona calda del fagetum. La presenza del faggio ostacola, spesso in modo determinante, il rinnovo del pino che viene impedita dall abbondante strato di copertura morta e di humus, che caratterizza il terreno della faggeta. Sempre all interno di questa foresta la specie che merita una particolare menzione è il pioppo tremolo (Popolus tremula) Data la frugalità ed il facile insediamento, è specie pioniera frequente, specialmente nelle zone percorse dal taglio e dall incendio, compromettendo con la densa rinnovazione la possibilità di insediamento delle altre specie. Altre specie di un certo interesse forestale presenti all interno della Sila Piccola sono: l acero di monte (Acer pseudoplatanus) e l olmo (Ulmus minor). Tra le fitocenosi preforestali sono da citare quella a Epilobium angustifolium e a Rubus ideaus, che più si sviluppano nelle radure della faggeta a seguito di tagli o schianti naturali. Infatti, quando si verificano tali eventi, una maggiore quantità di luce penetra nel sottobosco facilitando una più rapida mineralizzazione dell humus con conseguente maggiore disponibilità di azoto e sviluppo delle specie più eliofile e nitrofile. Epilobietum angustifolii s.l. è un associazione caratterizzata in senso fisionomico e flogistico da Epilobium angustifolium, con la presenza di altre specie più o meno sporadiche quali Cerinthe auricolata, Lapsana communis, Geum urbanum e Linaria purpurea. Nei suoli con contenuto maggiore di basi si rinviene anche Atropa belladonna. L Epilobietum angustiflii evolve rapidamente nel Rubetum idaei. Al margine della Foresta del Gariglione, dove l ombra delle chiome permette un certo grado di umidità, è possibile osservare Ranunculus brutius, al quale si associano poche altre specie quali: Scrophularia scopolii, Milium effusum, Poa trivialis e Lamium flexuosum. 96

97 Nelle radure, per la disponibilità di azoto a causa della presenza del bestiame, si insedia l associazione Urtico-Sambucetum ebuli caratterizzata da Urtica dioica, Sambucum ebulus, Scrophularia scopolii ecc. Per quanto riguarda la vegetazione dei pascoli bisogna dire che questi ultimi ottenuti per distruzione della foresta, occupano una superficie rilevante del passaggio degli altipiani silani. Vari sono gli autori che hanno contribuito alla conoscenza flogistica di tali pascoli SARFATTI ( ), GIACOMINI e GENTILE(1961), e più recentemente ABATE et alii (1984), anche se ancora non si è giunti ad una tipicazione fitosociologica sufficiente. Essi sono caratterizzati, oltre che da un elevato numero di specie, anche da una notevole diversità ambientale e influsso antropico che permettono, allo stato delle conoscenze attuali, di proporre soltanto degli aggruppamenti guida. I pascoli sono principalmente caratterizzati, dal punto di vista fisionomico, da Potentilla calabra, Hypericum barbatum, Anthemis montana ssp calabrica e Festuca. Negli aspetti più degradati a causa dell eccessivo pascolo, si rinviene una facies caratterizzata fisionomicamente da Asphodelus albus e Cirsium vallis-demonii. Altrettanto interessanti, per il particolare valore sia botanico che biogeografico, sono i Pascoli a Cynosurus cristatus e a Nardus stricta che si sviluppano rispettivamente nelle zone più fresche e in quelle più acidificate. Questa zona è caratterizzata da una serie di sorgenti e di vallicole dalle quali si originano vari ruscelletti che ospitano associazioni vegetali tipiche degli ambienti umidi, palustri e torbosi. Nelle risorgive presenti all interno della faggeta si riscontra un interessante vegetazione caratterizzata da due specie endemiche quali Lereschia thomasii e Soldanella calabrella, inoltre si rinvengono interessanti associazioni del Calthion che in questa regione, per le caratteristiche climatiche e del substrato, trovano il limite meridionale dell areale di distribuzione come associazione Chaerophyllo calabricicalthetum (VENANZONI 1988). Nelle zone umide esterne al bosco si rinvengono associazioni dei magnocariceti quali Caricetum rostratae e caricetum vesicariae e dei prati umidi e torbosi come il Caricetum fuscae caratterizzato da specie tipicamente alpine quali Carex fusca e Carex stellulata che in Calabria trovano condizioni ottimali di sviluppo. Nel complesso si possono distinguere le seguenti fasce vegetazionali: Da 800 a 1100 m.s.l.m. Querceti caducifogli soprattutto Da 1100 a 1300 m.s.l.m. Pinete di Pino laricio 97

98 Da 1400 a 1650 m.s.l.m. Faggeta mista ad Abete bianco Al di sopra dei 1650 m.s.l.m Faggete pure. Ambito Fossa del Lupo L ambito Fossa del Lupo comprende tutti i Comuni della Comunità Montana Fossa del Lupo: Chiaravalle C.le, San Vito sullo Ionio, Cenadi, Olivadi, Centrache, Palermiti, Vallefiorita, Amaroni, Girifalco, Cortale, Iacurso, Torre Ruggero, ed i Comuni di Cardinale ed Argusto. L ambito fossa del lupo si trova nella zona montuosa più comunemente conosciuta con il toponimo Serre che si riferisce a tutto il rilievo calabrese compreso tra l Istmo di Marcellinara, che lo separa dalla Sila a nord, e la sella della Limina, che lo divide dall Aspromonte a sud. A completare le due linee di confine sono le opposte valli del Corace e dell Amato, a settentrione, e quelle del Torbido e dello Sciarpotano, a mezzogiorno. Il massiccio si presenta, tuttavia, più spostato a oriente, ove le sue pendici digradano direttamente sulla costa ionica. Mentre a occidente è l alta valle del Mesima a circoscriverlo, separandolo dal contiguo altopiano del Poro, che si frappone tra le Serre e la costa tirrenica. L odierna regione delle Serre, quindi, comprende sia l area montuosa sommitale vera e propria, che le pendici collinari circostanti. Sotto un profilo geologico, le Serre appartengono al blocco granitico-cristallino della Calabria centro-meridionale. Esse presentano peculiari fenomeni geologici cui occorre far cenno, non fosse altro perché essi assai spesso caratterizzano la morfologia stessa del massiccio. Uno di questi è rappresentato dai terrazzi marini, che circondano le Serre in diverse zone e a differenti altezze. hanno l aspetto di più o meno ampi altipiani orlati da scarpate. Significativi esempi di questo genere si rinvengono in particolare sulle pendici settentrionali tra Maida e Curinga e rappresentano i portato dell azione erosiva e spianatrice del moto ondoso del mare prodottasi in ere immemorabili durante il graduale sollevamento del suolo. Talvolta poi, tra i monti si aprono vaste e poco profonde depressioni: alla Lacina (nei pressi di Brognaturo), a Serra San Bruno, a Chiaravalle, a Mongiana,a Fabrizia. Queste ampie conche prative ospitarono nel Quaternario, veri e propri laghi. La loro felice disposizione, l essere solcate da fiumi con acque copiose, il rappresentare comode vie di 98

99 attraversamento, hanno fatto si che su di esse si insediassero le principali comunità umane delle Serre. L elemento di maggiore spicco delle basse pendici ioniche delle Serre sono invece le fiumare. Larghi alvei ghiaiosi serpeggiano tra le colline, aprendosi poi a ventaglio all altezza dei loro coni di deiezione che invadono i litorali. Dal punto di vista climatico le Serre sono positivamente influenzate da precipitazioni che risultano ben più abbondanti della media regionale con quantità che raggiungono i 2000 millimetri annui nella zona centrale del massiccio per diminuire gradatamente sulle pendici occidentali ed orientali. Anche le temperature medie differiscono notevolmente tra zone sommitali e versanti collinari. Tutto questo può aiutarci a delineare il clima complessivo delle Serre: nelle zone sommitali autunni-inverni freddi e ricchi di precipitazioni (la neve cade spesso sopra i 1000 metri di quota soprattutto in gennaio, febbraio e marzo), primavere-estati calde ma non siccitose; nelle zone collinari occidentali condizioni analoghe ma con temperature più alte e minor quantità di precipitazioni; nelle zone collinari orientali autunni-inverni freschi con rare precipitazioni e primavere-estati torride e siccitose. Dal punto di vista oro-idrografico le Serre costituiscono un comprensorio montuosocollinare piuttosto articolato. Partendo da nord, e cioè da quel labirinto di groppe collinari che risale dall Istmo di Marcellinara verso la sommità del Monte Serralta troviamo i Fiume Pesipe, che nasce nei pressi del Passo di Fossa del Lupo, scende verso la Piana di Sant Eufemia e, dopo aver raccolto le acque del torrente Pilla, diviene a sua volta affluente del Fiume Amato. I primi monti di un certo rilievo, anche se di modesta elevazione sono il Monte Contessa (m. 881) ed il Monte Covello (m. 848), posti l uno ad ovest e l altro ad est dell alta valle del Pesipe, che li separa. L aspetto di questi rilievi è scandito, sui fianchi, da uliveti che si alternano alla macchia di querce, ed in alto dalle foreste di faggio con frequenti rimboschimenti di conifere. Non mancano ampie conche e vallate, ove ai boschi si accompagnano larghe zone a pascolo come accade tra il Monte Contessa ed il Passo di Fossa del Lupo. Da qui verso sud, la linea del rilievo si unifica in un breve dorsale che da Monte Serralta (m. 1023) prosegue sino al Monte Cucco (m. 959). Una magnifica faggeta, frammista a qualche cerreta, a qualche castagneto ed ai soliti rimboschimenti di conifere, si estende lungo tutta la catena che comprende anche altre cime, quali il Monte Acido o Acero (m.956), Monte Perrone (m.921), Monte Pizzin (m. 918) e Monte San Agnese (m.903). dal versante occidentale della catena scendono una serie di corsi d acqua tra cui ricordiamo 99

100 per importanza il Torrente Fallà, la Fiumara reschia ed il Fiume Angitola, questi ultimi due entrambi tributari del Lago dell Angitola, creato per scopi irrigui nel 1966 con uno sbarramento artificiale nell omonima valle e divenuto subito rifugio per migliaia di uccelli acquatici. Sul versante opposto si formano vari torrentelli quali Fosso le Neviere, il Vallone L acqui, il Fosso Schioppo, il Torrente Bruca. È proprio qui che si apre la vasta Conca di Chiaravalle disseminata di piccoli centri abitati e case sparse, di campi coltivati e boschetti. Quella di Chiaravalle è la meno elevata tra le grandi conche delle serre ed è solcata dal Fiume Ancinale e dal Torrente Beltrame. A sud di quella che potremmo chiamare Soglia di Monte Cucco avviene una biforcazione orografica dalla quale si dipartono due distinte, lunghe dorsali separate dalla valle dell Ancinale. La prima, quella occidentale, più lineare e morfologicamente composta, si snoda in direzone sud-sud est: Monte Mazzuolo (m.942), Colle Morrone (m.963), Colla del Monaco (m.1046), Colle d Arena (m.1143), Monte Famà (m.1143). quella appena delineata è una regione di foreste soprattutto faggete, abetine e pinete di rimboschimento- che fa da spartiacque tra l occidentale Conca di Serra San Bruno e l orientale sequela di contrafforti che scendono verso i pianalti di Soriano, Gerocarne, Arena,Dasà, Acquaro e Dinami, che preludono, come un immensa gradinata, alla valle del Mesina ed all arco settentrionale della Piana di Gioia Tauro. Tra i Piani di San Giovanni e località Attasia, in particolare ad ovest di Colla del Monaco, sia pre una boscosa valle solcata dal Fosso Piccolo. Pendici più scoscese si tuffano invece a sud-ovest di Colle d Arena solcate dal Fosso di Latrò. Sul lato orientale si allarga la grande Conca di Serra San Bruno. Tutta la pendice orientale del Colle d Arena è occupata dallo storico bosco di Santa Maria. Il massiccio delle Serre è una favolosa regione di boschi che rappresentano, dunque, l elemento dominante della tradizione geografica di questo territorio. Gran parte del territorio del massiccio è infatti ricoperto di foreste, anche se non mancano zone che hanno perso il loro antico manto silvano per causa dell uomo. Iniziando una descrizione della flora partiamo dalle zone collinari prossime alla costa in cui la copertura forestale prevalente è quella della macchia mediterranea. La specie arbore di gran lunga più diffusa in quest ambito è il Leccio (Quercus ilex). Sulle colline non sopravvivono che pochi lembi di lecceta pura con esemplari maturi sfuggiti ai tagli sistematici per fare legna da ardere. Per il resto, laddove esiste, la lecceta è spesso degradata o comunque molto giovane. Nelle zone più impervie di talune gole fluviali 100

101 orientali, invece, rimangono ancora straordinarie formazioni di macchia più matura con prevalenza di lecci. Alcuni esempi sono le leccete delle valli del Torrente Ruggiero e del Fiume alaco letteralmente avvolte da magnifici alberi che talvolta raggiungono proporzioni notevoli e formano con le loro dense fronde buie gallerie naturali dove la luce del sole filtra a stento. Meno diffusa è la Sughera (Quercus suber), belle sugherete si rinvengono nelle campagne di San Sostene e nei pressi del Lago dell Angitola. Altra specie comprimaria della macchia mediterranea è la Roverella (Quercus pubescens). Nonostante la distruzione sistematica delle grandi roverelle sopravvissute ai secoli, alcune zone delle Serre offrono magnifici esemplari di questo splendido albero, soprattutto nella bassa valle dell Allaro. Sono queste le tre specie dominanti della macchia mediterranea delle Serre, anche se nella loro fascia fitoclimatica non mancano altre specie arboree come il Farnetto (quercus frainetto), l Orniello (Fraxinus ornus), il Carpino bianco ( Carpinus betullus). Tra gli arbusti tipici della macchia va considerata innanzitutto l Erica (Erica arborea), segue poi il Corbezzolo (Arbutus unedo) alcuni con dimensioni quasi di piccoli alberi che si trovano nella valle della Fiumara Stilaro. Infine tra gli arbusti della macchia e non solo, merita una particolare mensione la Ginestra comune (Spartium junceum. Un vero e proprio paradiso delle ginestre è la conca della Lacina. Ma la macchia arbustiva è composta anche di Mirto (myrtus communis), Lentisco (pistacia lentiscus), Fillirea (Phillirea sp), Ginestra spinosa (calycotome spinosa). Caratteristico è poi l ambiente ripariale delle fiumare. Gli alvi scorrono spesso tra due ali di vegetazione composta per lo più da Ontano nero (Alnus glutinosa), Salicone (Salix caprea), Pioppo nero (Populus nigra). Tra le pietre e nella sabbia spuntano poi robusti cespugli di Oleandro (Nerium oleander) e di Tamerice (Tamarix africana). Ma l ambiente dei corsi d acqua delle serre contiene talvolta eccezionali relitti vegetazionali d altre epoche come nel caso di quattro felci pittosto rare che ancora allignano in alcuni recessi umidi e ombrosi: la Felce bulbifera ( Woodwardia radicans) un enorme felce preistorica che può raggiungere anche i due metri di altezza; la Felce regale (Osmunda regalis); la Pteris cretica e la Pteris vittata. La fascia intermedia, quella della bassa montagna sino agli 800/1000 metri di quota, è dominata dal Castagno (Castanea sativa) introdotta su larga scala per usi alimentari. La sua diffusione comincia dal limite altitudinale della lecceta ma risale poi notevolmente sino 101

102 a diventare in alcuni luoghi la presenza arborea prevalente. Ed è qui che, talvolta, l antico castagneto da frutto diviene davvero monumentale. La zonadel castagneto è anche quella dell Ontano napoletano (Alnus cordata), del Cerro ( Quercus cerris), del Rovere (Quercus petrae), del Rovere meridionale (Quercus dalechampii), del Pioppo tremolo (Populus tremula), dell acero di monte (Acer pseudoplatanus). Una menzione particolare merita la farnia delle Serre (Quercus peduncolata var. brutia). L ambiente montano sommitale delle Serre è dominato invece dal Faggio ( Fagus silvatica), ma il re dei boschi delle Serre è tuttavia L Abete bianco (abies alba); splendidi popolamenti di questi alberi sono sparsi in tutta l area centrale e sommitale del massiccio, anche se sono rari i casi di abetine bure, mentre è più diffusa l associazione con il faggio. Un aspetto peculiare della diffusione dell abete bianco sulle Serre è che la sua rinnovazione spontanea è presente anche in zone estranee al suo sub-areale noto. Osservazione particolare occorre fare per quel che riguarda il Pino laricio (Pinus nigra laricio var. calabrica) presente in svariate zone delle serre a seguito dei rimboschimenti. La specie non dovrebbe essere autoctona del massiccio, quantunque sia invece indigena sia della Sila che dell Aspromonte. I rimboschimenti sono stati effettuati perché il Pino laricio è ritenuta specie pioniera, capace di ricolonizzare terreni degradati. Tuttavia tutti gli impianti artificiali di pino laricio si sono rivelati assai vulnerabili agli attacchi della processionaria, un insetto infestante che forma sui rami vistosi fusi bianchi e che è capace di uccidere letteralmente gli alberi. L ungo i corsi d acqua della zona alta delle Serre, vivono altre felci come la Scolopendra comune (phyllitis scolopendium), la Felve maschio (Dryopteris filix-mas), il Capelvenere (Adiantum capillusveneris) Tra le numerosissime specie di piante erbacee e di fiori segnaliamo la rarissima Latrhaea clandestina; in alcune zone umide l Impatiens noli me tangere, il Chrysosplenium dubium e la lereschia thomasii; negli ambienti rupestri la Frillitaria messanensis, il Ptillostemon gnafaloides e la Brassica rupestris. Notevole è poi la presenza di funghi, di muschi e di licheni. Ambiti collegati al mare Ambito Basso Jonio I Comuni che fanno parte dell Ambito basso Jonio sono quelli della Comunità Montana Versante Jonico,: Guardavalle, Santa Caterina dello Jonio, Badolato, Isca sullo Jonio, 102

103 Sant Andrea Apostolo dello Jonio, San Sostene, Davoli e Satriano, oltre i comuni di Gagliato, Soverato, Petrizzi, Montepaone, Gasperina, Montauro, Stalettì e Squillace. I rilievi costituiscono una serie di spartiacque e corrono pressoché paralleli in direzione Est-Ovest fino ad attestarsi alla dorsale appenninica. Nei compluvi scorrono i corsi d acqua che hanno modellato la tipica morfologia del territorio. Specie forestali prevalenti: bassa macchia mediterranea, sugherete e leccete, querceti a foglia caduca, castagneti, pinete di pino laricio, faggete, abete bianco. Il territorio è soggetto a dissesti idrogeologici ed il bosco e la foresta costituiscono un baluardo per contenere i fenomeni di dissesto. Questo territorio comprende sia aree altimetricamente poco elevate sia aree ad aspetto prevalentemente collinare e montano che si ergono sino a quote di oltre 1000 m nelle zone più interne. Climaticamente,come la maggior parte della Calabria ionica meridionale, è un territorio fortemente piovoso, con precipitazioni che superano largamente i 1000 mm, crescenti verso l entroterra. La caratteristica ambientale e territoriale peculiare è la notevole vicinanza tra il mare e la montagna. Soprattutto nel corso degli ultimi trent anni se da un lato la natura ha riconquistato le aree montane, dall altro l urbanizzazione e la cementificazione hanno intaccato in maniera consistente il territorio costiero, i fondovalle e le pianure. Dal punto di vista orografico il territorio è rappresentato da un sistema di colline e di pianocolli. La fascia collinare è caratterizzata da rilievi complessi di varia forma e natura a causa della varietà litologica di tali formazioni sottoposte all azione modellante di fattori esogeni ed endogeni. Tale complesso collinare, che degrada lentamente verso la costa con pendenze complessivamente modeste, è sezionato trasversalmente da larghi alvei di fiumare che caratterizzano valli a V pressoché parallele e molto ravvicinate tra loro. La distribuzione attuale della vegetazione risulta condizionata non solo dall ambiente pedoclimatico ma anche dalle modifiche apportate dall uomo con l introduzione di specie economicamente valide. Il territorio può essere schematicamente diviso in due ambiti morfologici principali: il medio e l alto versante e le zone pianeggianti degli ambiti fluviali. Il settore della piana fluviale è essenzialmente legato al modellamento operato dai torrenti in occasione dei fenomeni di piena straordinaria che si realizzano con periodicità all'incirca decennale. Lungo la fascia collinare, subito a ridosso della pianura costiera, la coltivazione più diffusa è sicuramente l olivo che ritroviamo fino ai 500 m s.l.m. L olivicoltura della zona è 103

104 caratterizzata da impianti per lo più secolari e anche i più giovani hanno un età media di almeno 40 anni. Laddove i terreni sono meno vocati per l olivicoltura, prevalgono i seminativi. L orticoltura rappresenta un comparto produttivo importante, non solo per la consistenza attuale ma soprattutto per le potenzialità di ulteriore espansione e specializzazione esistenti. L orticoltura familiare è diffusa soprattutto nelle aree collinari interne, dove è tradizione delle famiglie contadine destinare ogni anno piccoli appezzamenti per la coltivazione di patate, fagioli, pomodori, peperoni ed insalate. In alcuni casi, come per patata e fagiolo, la coltura entra in rotazione con i cereali (grano) o con le foraggere (favino, lupino). Da non dimenticare infine la coltivazione di agrumi. Ambito Alto Jonio Comprende i Comuni: Soveria Simeri, Sellia Marina, Andali, Cropani, Cerva parte, Belcastro, Sersale parte, Zagarise parte, Botricello, Marcedusa. Le caratteristiche generali in relazione alle aree della provincia di Cz e della regione coincidono con quelle della Presila catanzarese, con la quale l ambito in oggetto è fisicamente connesso, nonostante la diversità fondamentale di essere un territorio confinante con il mare. Il territorio, degradando verso le marine ioniche, è costituto da colline dolci le cui ondulazioni ospitano rade architetture di campagna e consentono colture più tipicamente mediterranee, come la vite e l ulivo. Ambiti collegati a funzioni direzionali e al mare Ambiti Catanzaro e Lamezia L ambito di Catanzaro comprende i comuni di: Borgia, San Floro, Caraffa, Settingiano, Marcellinara, Tiriolo, Gimigliano, Pentone, Sellia, Simeri Crichi. L ambito di Lamezia Terme si estende per circa ettari ed è situato nella parte centro-occidentale della Calabria, nella provincia di Catanzaro e comprende 11 comuni: Cortale, Curinga, Falerna, Feroleto Antico, Gizzeria, Jacurso, Lamezia Terme, Maida, Nocera Terinese, Pianopoli e San Pietro a Maida. Presenta una morfologia territoriale eterogenea, costituita da zone collinari o submontane che degradano prima bruscamente poi dolcemente verso la pianura lametina per arrivare al Mar Tirreno. Il territorio della piana si sviluppa quindi dal livello del mare, fino ad arrivare 104

105 a quota 1200 m., in corrispondenza del Monte Mancuso. Quasi metà della superficie è moderatamente acclive, con pendenza tra 0 e 20% La matrice geologica è differenziata. Soprattutto nella parte bassa, tra la foce dell Amato e la foce dell Angitola, è di origine alluvionale,con prevalenza di conglomerati e sabbie bruno-rossastre. Verso l interno si intercalano grossi lembi di argille scitose mamose e sabbiose da grigio-chiare a bianche che raggiungono le pendici di Maida e Pianopoli a sud e Falerna a nord. L intero territorio costiero ha una costituzione sabbiosa, priva di struttura grumosa ed elevata macroporosità, profonda e permeabile, di scarsa capacità idrica a reazione acida. All interno, verso est, la natura pedologica dei terreni si presenta generalmente di medio impasto tendendo verso il limoso argilloso, con una buona struttura. Verso sud, in prossimità del fiume Angitola, i terreni hanno origine alluvionale, tendente al sabbioso sciolto. I terreni di collina che fanno corona alla piana omonima, hanno una matrice litologica autoctona, con i terreni tendenti all argilloso o bruno-liscivati. Il clima è tipicamente mediterraneo. Nella piana Lametina la superficie agricola utilizzata è di Ha, di cui sono investiti a colture arboree, a seminativi e a prati e pascoli. È possibile distinguere nell area due porzioni di territorio tra loro differenti e secondo gli indirizzi colturale prevalenti: la pianura irrigua, localizzata in prossimità della costa Tirrenica, ha un orientamento colturale prevalentemente ortivo - agrumicolo e vivaistico, il restante territorio, in posizione medio collinare, presenta ampi altipiani utilizzati principalmente per la coltivazione dell olivo. La fascia litoranea è caratterizzata da una continua affermazione delle colture irrigue e recentemente del frutteto specializzato e delle primizie coltivate in serra. L agricoltura del territorio della piana se da una parte soffre di una estrema frantumazione delle proprietà, dall altro ben noto è il pregio delle numerose colture specializzate in serra, ad alto reddito. E facile individuare in questo territorio una generalizzata prevalenza dei cereali sugli altri seminativi e un elevata presenza delle ortive (pomodori in serra, fragole) soprattutto nei comuni di Lamezia Terme, Curinga e Nocera Terinese, i cui territori sono situati nella fascia irrigua della piana. L olivo, con ettari, risulta essere la coltura più diffusa all interno di questo territorio non solo nell ambito delle colture permanenti, ma anche come superficie agricola utilizzabile totale. 105

106 La localizzazione della coltura dell olivo si ha soprattutto nella fascia medio collinare. La cultivar più diffusa è la Carolea, c e da dire in oltre che nell ultimo decennio l olivo ha avuto un espansione in aree precedentemente investite a seminativi, vigneti, pascoli e boschi ed è stato interessato da una maggiore razionalizzazione delle tecniche colturali. Per quanto riguarda, invece, l agrumicoltura questa è interessata da una crisi che negli ultimi anni si è risolta in una forte diminuzione delle superfici e del numero delle aziende. La localizzazione delle colture agrumicole si ha principalmente nei comuni di Curinga, Lamezia Terme, Maida, Pianopoli e Feroleto Antico. I portinnesti più diffusi sono l Arancio amaro ed il Citrange troyer. La coltivazione della vite è particolarmente diffusa nella zona centro orientale della piana lametina con un estensione che interessa ettari. La situazione delle produzioni frutticole manifesta segnali di vitalità dipendenti dalle favorevoli condizioni pedoclimatiche e dagli elevati standard qualitativi di alcune produzioni, sono diffusi impianti di pesco perchoche e merendelle e su superfici minori albicoccheti, ceraseti, pereti e meleti. Nella piana è inoltre presente una realtà vivaistica di valenza internazionale, rappresentata da una decina di aziende per una superficie complessiva di circa 200 ettari specializzate nella produzione, allevamento e vendita di piante, agrumi, olivo fruttiferi e ornamentali. La superficie boschiva dell area è pari quasi al 19% della superficie territoriale dell intera piana. Per quel che riguarda l allevamento due sono le tipologie principali: una, specializzata, diffusa in poche aziende che allevano un alto numero di capi (bovini, ovini) e l altra, non specializzata, tipica della maggioranza delle aziende, ad ordinamento misto. Le aziende del primo tipo sono localizzate prevalentemente nella piana Lametina Per quanto riguarda i corsi d acqua e necessario, dal punto di vista faunistico venatorio, una descrizione degli alvei dei principali fiumi della piana, prendendo in esame il Fiume Amato e il Fiume Bagni c è da dire che letto di questi fiumi è stato regimato nell epoche delle bonifiche con la realizzazione di argini e briglie che ne hanno contenuto gli straripamenti e regolato le portate. Una caratteristica del corso del fiume amato è la presenza di aree lungo le sponde che periodicamente vengono utilizzate come seminatii. Il letto di questi fiumi presenta vegetazione fluviale e riparia quale il Salice Bianco (Salix Alba), il Pioppo (Populus spp), la Robina (Robinaia Pseudoacacia), la Canna da Palude (Phragmitis Communins). 106

107 Problematiche comuni a tutti gli ambiti. Nella pianura lametina si concentra la maggior parte delle attività umane e l ambiente è normalmente caratterizzato dall intenso sfruttamento agricolo del suolo. Diventano necessari pertanto, in questa zona più che in altre, l attuazione di miglioramenti ambientali ai fini faunistici con lo scopo di incrementare o ripristinare condizioni dell habitat favorevoli alla fauna e di ridurre o eliminare gli impatti più significativi causati dalle attività antropiche presenti sul territorio. Per quanto riguarda invece le zone di collina e di montagna parzialmente coltivate queste sono normalmente caratterizzate da una minore intensità di coltura rispetto alle zone di pianura o di bassa collina e quindi anche l impatto delle attività agricole sull ambiente e sulle risorse faunistiche è generalmente inferiore rispetto alle aree intensamente coltivate. Inoltre, questi ecosistemi si presentano maggiormente diversificati per la presenza di incolti, di siepi e boschetti, tutte situazioni favorevoli per la riproduzione e il rifugio della fauna selvatica. Il fattore critico di questi territori è rappresentato dalla disponibilità di acqua e risorse trofiche che in certi periodi dell anno possono risultare particolarmente scarsi. In questi habitat restano valide le tipologie di miglioramento ambientale tipiche delle zone pianeggianti e in particolare tutti quegli interventi che possono incrementare le disponibilità trofiche per la fauna locale. In riferimento alle zone di collina e montagna non coltivate queste rappresentano solitamente le fasce altitudinali più alte e caratterizzate prevalentemente da pascolo estensivo, dall incolto e dalla forestazione. Si tratta di habitat particolarmente vocati alla presenza degli ungulati ma anche di altre specie di fauna selvatica. Gli interventi di miglioramento per queste zone devono mirare ad aumentare sia le disponibilità idriche che quelle alimentari per esempio tramite la creazione di punti di abbeverata e di foraggiamento, oppure con la semina di colture a perdere. In questo caso sono da favorire soprattutto le latifoglie (compatibilmente con i vari orizzonti fitoclimatici) e il mantenimento dell eterogeneità sia delle specie presenti, sia della struttura forestale. Un altro obiettivo importante consiste nel cercare, prima di tutto di evitare lo sconfinamento degli ungulati nelle aree coltivate e poi, di ridurre i danni che questi animali possono arrecare alle compagini forestali. 107

108 Infine nel nostro territorio è necessario anche intervenire per il miglioramento delle zone umide attraverso, ad esempio, il mantenimento e/o il ripristino della vegetazione sommersa, natante e dei terreni circostante l area umida, ma anche con una corretta gestione della vegetazione e del livello delle acque. Altri miglioramenti possono consistere nel mantenimento e/o ripristino del profilo irregolare delle rive e degli argini dei bacini siano essi fiumi, laghi, stagni, lagune ecc che permettono l insediamento di un numero maggiore di coppie nidificanti, mentre sono da evitare tute le opere di cementificazione o comunque di banalizzazione delle rive e degli argini di tutti gli invasi di acqua. Si potrebbe anche procedere al mantenimento e/o alla predisposizione di spiagge, isole di ghiaia o terra e/o zattere galleggianti ancorate al fondo per la sosta e la nidificazione dell avifauna. Distribuzione di paglia sulla superficie dell acqua allo scopo di favorire lo sviluppo di crostacei, molluschi, insetti e loro larve che costituiscono un alimento particolarmente importante per diverse specie di uccelli acquatici. B. Vegetazione Tenendo conto dei vari elementi climatici, precedentemente analizzati, il territorio provinciale può suddividersi, secondo una successione altimetrica, in tre fasce fitoclimatiche (classificazione del Pavari) ciascuna delle quali è caratterizzata da determinati popolamenti forestali. Fascia del Lauretum: si estende dalla fascia costiera fino ai 600 m sulla costa tirrenica e agli 800 m sulla costa ionica; la vegetazione è rappresentata dalla macchia mediterranea e dalle foreste del piano basale, con predominanza di specie sempreverdi. Si tratta in gran parte di associazioni di estremo interesse dal punto di vista floristico alle quali si associano le pinete di pini mediterranei e i boschi di eucalipto, entrambi introdotti dall uomo. Nella fascia fredda del Lauretum, che si spinge fino ai 750 m sul versante tirrenico e agli 850 m su quello ionico, trova diffusione la macchia-foresta a predominanza di Leccio (Quercus ilex), accompagnata da una flora sempreverde tipica della lecceta. Fascia del Castanetum: interessa gran parte del territorio provinciale; si estende fino ai 1000 m di altitudine sul versante tirrenico e sui 1200 m. su quello ionico. 108

109 Dominata dalle latifoglie decidue è anche la zona che presenta i maggiori problemi forestali a seguito della pressante azione antropica; in queste zone predominano le consociazioni di querce, carpino, ontano e castagno, specie quest ultima largamente favorita dall uomo per la sua importanza economica e forestale. A partire dai 1000 m, lungo i versanti più soleggiati, a queste specie si mescolano le resinose sempreverdi (pini e abeti); i cedui misti presenti nella zona del castanetum sono formazioni destinate maggiormente a svolgere funzioni protettive. Un ruolo di primaria importanza, nell ambito delle produzioni legnose della Provincia, è svolto dal castagno; fugato, infatti, il timore che gli attacchi del cancro corticale possano portare ad un rapido declino dei vari popolamenti in quanto la specie è andata sviluppando una maggiore resistenza al virus, si è assistito ad un notevole incremento della superficie boscata con una leggera contrazione della fustaia a favore del ceduo, in seguito agli attacchi parassitari e alla diminuita raccolta del frutto. Fascia del Fagetum: dal limite superiore del castanetum intorno ai 1000 m, si estende fino alle vette più alte interessando così il piano montano; la flora tipica di questa zona è costituita, per le latifoglie dal faggio, dall ontano nero, dall acero montano, dal pioppo tremolo; per le conifere dal pino laricio calabrese, che domina incontrastato, seguito dall abete bianco. Il faggio, il pino laricio e l abete bianco sono le specie che da sole o in associazione tra loro o consociate ad altre specie della zona, danno luogo alle formazioni boscate più interessanti e più ricche. Sulla loro distribuzione geografica e topografica hanno influito ed influiscono fattori climatici, edafici e biotici: così ad esempio sulla Sila Piccola la pineta di pino laricio è localizzata intorno ai 1300/1500 m, mentre al di sopra prevalgono le fustaie di faggio associate al pino, all ontano e all abete bianco. Le fustaie pure di faggio rivestono le alte vette del Monte Mancuso e del Monte Reventino quasi come un prolungamento di quelle presenti sulla catena costiera che si affaccia tra il corso meridionale del fiume Savuto e la piana di Sant Eufemia Lamezia. Di particolare valore estetico è la faggeta comunale di Cugno-Condrò, nel Comune di Serrastretta, estesa per circa 400 ettari; la faggeta pura si distribuisce nei versanti freddi di nord-ovest mentre in quelli più caldi di sud-ovest si consocia all ontano, al castagno ed al cerro. In Sila le faggete ricoprono i versanti umidi e freddi di nord-est, mentre il pino laricio rimane la specie dominante di quelli più soleggiati e caldi di sud-ovest; sulla cima più 109

110 elevata di Monte Gariglione, alto1765 m, in cui le condizioni climatiche sono piuttosto difficili, alla faggeta pura si sostituiscono formazioni miste ad abete bianco, il quale, in questi luoghi, grazie alle ideali condizioni di umidità e temperatura, ha raggiunto dimensioni ragguardevoli. Nella Provincia di Catanzaro la distribuzione dei principali nuclei di abete di origine naturale é proprio quella sul Monte Gariglione mentre le abetine di origine artificiale si trovano sulla catena costiera precisamente sulle pendici nord-occidentali del Monte Mancuso; l abete del Gariglione è localizzato nella parte sud-orientale dell altipiano silano e rappresenta il più cospicuo centro di vegetazione sulla Sila. C. Uso del Suolo Partendo da una descrizione della Carta dell Uso del suolo, consistente in una mappa prodotta attraverso fotointerpretazione e controlli di campo che riproduce i limiti delle colture e delle altre utilizzazioni sulla base topografica dell Istituto Geografico Militare ed elaborata dall ABR Calabria in riferimento al progetto CORINE LAND COVER,e possibile ottenere un quadro conoscitivo generale delle zone spaziali omogenee e delle zone elementari appartenenti ad una stessa classe nettamente distinguibili dall unità che le circonda. Nella carta dell uso del suolo della Regione Calabria, prodotta in scala 1: , il territorio è risultato suddiviso in: Territori modellati artificialmente Territori agricoli Territori boscati e ambienti semi-naturali Corpi idrici 110

111 Figura 3 Carta Regionale dell Uso del Suolo - Fonte ARRSA 111

112 112

113 Prendendo in considerazione i territori agricoli questi vengono a loro volta suddivisi nelle seguenti classi: Zone agricole eterogenee Sono incluse in questa categoria le colture temporanee in associazione con colture permanenti (cioè quelle colture agricole che occupano le aree interessate per un periodo relativamente lungo prima di essere rinnovate) Vigneti e Frutteti Comprende quelle zone coltivate a vite e gli impianti di alberi o arbusti da frutto anche sparsi. Non vi appartengono i castagneti ed i noccioleti. Sono compresi melo, pero e pesco Oliveti Si tratta di quelle aree piantate ad olivo, comprese particelle a coltura mista di olivo e vite. Seminativi Riguarda quelle superfici agricole coltivate, regolarmente arate o a riposo stagionale, generalmente sottoposte ad un sistema di rotazione Prati stabili Si tratta di superfici a copertura erbacea densa a composizione floristica rappresentata principalmente da graminacee non soggette a rotazione. Sono prive di vegetazione ed utilizzate normalmente a scopo agricolo. Questa classe comprende anche le aree comprese tra frutteti e/o vigneti in via di rinnovazione, provvisoriamente destinate a prato. Per quanto riguarda i Territori boscati e gli ambienti semi-naturali,sempre secondo una lettura della Carta dell Uso del suolo, vi sono: Boschi misti caratterizzati da formazioni vegetali costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, dove non dominano né le latifoglie né le conifere Boschi di conifere Formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie forestali conifere. La superficie a conifere deve coprire almeno il 75% dell unità, altrimenti e da classificare come bosco misto 113

114 Boschi di latifoglie Sono quelle formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie a latifoglie. La superficie a latifoglie deve coprire almeno il 75% dell unità, altrimenti è da classificare bosco misto Zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea Sono incluse in questa categoria le aree foraggere a bassa produttività, le formazioni vegetali basse e chiuse composte principalmente di cespugli, arbusti e piante erbacee, le macchie (associazioni vegetali dense composte da numerose specie arbustive miste su terreni silicei acidi in ambiente mediterraneo) e le garighe (associazioni cespugliose discontinue delle piattaforme calcaree mediterranee), e infine le aree a vegetazione arbustiva o erbacea con alberi sparsi Zone aperte con vegetazione rada o assente Questa categoria comprende le spiagge, le dune e le distese di sabbia e di ciottoli di ambienti litorali e continentali, le zone con affioramenti di rocce nude, le aree calanchive e le superfici interessate da incendi recenti Nella classificazione dei corpi idrici vi sono: Lagune Costituite da quelle aree coperte da acque salate o salmastre, separate dal mare da barre di terra o altri elementi topografici simili Bacini lacustri Superfici naturali o artificiali coperte da acque. 114

115 D. Produzioni agricole e stime delle superficie forestali Per una corretta pianificazione faunistico venatoria risultano di grande importanza da un lato il settore agricolo, in grado di influenzare direttamente i rapporti tra fauna selvatica ed ambiente, e dall altro la superficie forestale che rappresenta l habitat naturale per molte specie di fauna selvatica presente nei territori. Di seguito vengono riportati i dati relativi all estensione in ettari delle principali coltivazioni provinciali e le stime di superficie delle coperture forestali: Coltivazioni Ha Vite Olivo Agrumi Fruttiferi Cereali Ortaggi in piena area Leguminose e piante da tubero 807 Ortaggi in serra Foraggere temporanee Foraggere permanenti TOTALE SUPERFICIE COLTIVATA dati ISTAT

116 Superficie Forestale Ha Boschi alti Pinete di pino nero,laricio e laricato Pinete di pini mediterrane Conifere pure o miste Faggete Boschi a rovere,roverelle e farnia Cerrete,boschi di farnetto,fragno,vallonea Castagneti Ostrieti,carpineti 373 Boschi igrofili Altri boschi caducifogli Leccete Sugherete Altri boschi di latifoglie sempreverdi Impianti di arboricoltura da legno Aree temporaneamente prive di soprassuolo 127 Altre terre boscate Boschi bassi Boschi radi Boscaglie Arbusteti Zone inaccessibili o non classificate TOTALE SUPERFICIE BOSCATA (dati INFC aggiornate al 12/2008) 116

117 E. Agricoltura e specie faunistiche problematiche : Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e criteri per l erogazione dei risarcimenti Le «specie faunistiche problematiche, sono quelle specie selvatiche appartenenti alla fauna omeoterma che possono causare conflitti con le attività antropiche, in genere di tipo produttivo, quali principalmente colture agricole, acquacoltura, gestione faunistìca, ecc.. Mentre le predazioni a scapito di allevamenti di caprini, ovini e bovini sono negli anni scemati a seguito della drastica diminuzione del lupo, rimanendo circoscritte in zone ben definite, i problemi alle produzioni agricole si sono accentuati a seguito dei popolamenti faunistici di alcune specie, come il cinghiale che si é stabilmente insediato, in modo diffuso e consistente, sul territorio provinciale. La determinazione dell origine del danno alle produzioni agricole non é, comunque, sempre agevole. La semplice presenza di una determinata specie in certe zone non indica necessariamente che i danni siano tutti attribuibili ad essa. I danni provocati alle produzioni agricole ed alle attività zootecniche dalla fauna selvatica sono stati da sempre uno dei problemi più rilevanti che ha reso particolarmente difficili i rapporti tra mondo venatorio, agricolo ed ambientalista. La problematica ha acquistato negli ultimi anni una dimensione rilevante e i suoi risvolti hanno un dichiarato impatto sia sull attività economica delle imprese agricole sia sulla stessa conservazione della biodiversità. Gli interventi su tali specie problematiche sono regolati dalla normativa nazionale e regionale sulla caccia, la quale prevede per il controllo delle popolazioni problematiche l utilizzo prioritario di metodi indiretti, che cioè agiscono sulle componenti ambientali o fattori esterni in grado di condizionare le stesse anziché direttamente sugli individui che la compongono, e, una volta verificata la loro inefficacia da parte dell INFS, l utilizzo dei piani di prelievo diretto sulle specie problematiche. Sulla scelta dei metodi di controllo diretto occorre evitare effetti negativi sule altre componenti faunistiche. Nel caso dei corvidi, ad esempio, un controllo sui nidi potrebbe comportare il rischio, non solo ipotetico, di danneggiare altre specie (anche di interesse comunitario) o comunque specie di uccelli di uccelli protetti e di interesse conservazionistico che utilizzano i nidi abbandonati per la nidificazione (varie Falconiformì e Strigiformi). Nel caso del cinghiale o della volpe, per scongiurare il disturbo sulla restante mammalofauna (lepre, capriolo, cervo, ecc.), i controlli andrebbero effettuati senza l impiego di cani da seguita, ma viceversa, laddove indispensabili per fattori ambientali, con l utilizzo di cani da traccia o limieri, in grado di minimizzare i disturbi. 117

118 Appare dunque necessario, in occasione di ogni specifico programma di controllo delle specie problematiche sopra elencate, analizzare anche i loro effetti diretti o indiretti su specie non target, seguendo i più opportuni indirizzi tecnici, effettuando una attenta e rigorosa scelta del personale addetto, che dovrebbe essere specificatamente addestrato e seguito, stabilendo accuratamente tempi e modalità di intervento definiti, e soprattutto sentendo preventivamente il parere tecnico-scientifico dell INFS. Ai fini di una corretta valutazione e pianificazione degli interventi di prevenzione é opportuno disporre di un archivio dati dove, suddivise per specie e per coltura, possano essere catalogate: le superfici interessate l entità del danno le particelle agrarie colpite Con questo sistema è possibile intervenire più prontamente nelle aree e sulle colture più danneggiate, nonché seguire negli anni gli effetti dei provvedimenti ed eventualmente correggerli nel caso i risultati non siano stati soddisfacenti. Nel frattempo é possibile tentare una catalogazione del danno in funzione delle specie che lo determinano: a. danni provocati dai cinghiali; b. danni provocati da altri ungulati; c. danni provocati da altri mammiferi; d. danni provocati da uccelli; Per ciascuna categoria il PFV ha indicato i sistemi di dissuasione o di allontanamento, tenuto conto anche della relazione tra l economicità degli stessi e il bene da proteggere. Nella Provincia di Catanzaro la specie oggetto di controllo diretto ad oggi è in particolare il cinghiale. Danni da cinghiale il cinghiale allo stato attuale è la specie selvatica che provoca i maggiori danni alle colture agricole. Le principali strategie di contenimento dei danni realizzabili, a livello di A.T.C., sono le seguenti: recinzione elettrica degli appezzamenti alimentazione dissuasiva; gestione venatoria e contenimenti selettivi 118

119 Le operazioni di controllo di ciascuna delle suddette attività sono affidate alla Provincia ed ai Comitati di gestione degli A.T.C., ciascuno per le proprie competenze. La recinzione elettrica: pur non essendo sempre risolutiva, rappresenta il metodo con il miglior rapporto costi/benefici. Essa si compone di due fili elettrificati, posti rispettivamente a 25 e a 50 cm dal suolo e fissati a paletti di supporto in plastica, fibra di vetro o legno; generalmente é disposta intorno alle singole particelle coltivate, ma può anche essere installata a protezione globale delle colture intorno all area boscata confinante con i campi stessi; l altezza dei fili deve essere costante in rapporto al terreno e lo spazio su cui insiste la recinzione deve essere tenuto pulito dalla vegetazione per evitare l effetto massa E necessario impiegare gli apparecchi funzionanti a impulsi molto brevi ed alto voltaggio ( volt). Questa misura di prevenzione per essere efficace deve essere applicata e coordinata Foto 1 Recinto elettrico a protezione di colture sull insieme di una data area omogenea. Eventuali danni devono, comunque, essere segnalati tempestivamente sin dal loro primo apparire al fine di poter intervenire efficacemente ed in tempo utile. Foto 2 Recinzione in acciaio ai margini del bosco a protezione di un campo di patate colture e disponibilità di alimenti (ghiande, castagne) nel bosco. L alimentazione dissuasiva: consiste nello spargimento, presso siti di alimentazione, di granaglie (orzo, mais, etc.) allo scopo di sopperire alle carenze alimentari che si verificano periodicamente nelle aree boscate. Esiste un rapporto inversamente proporzionale tra frequentazione delle Nelle stagioni con scarsa disponibilità di questi alimenti aumentano le incursioni dei cinghiali nelle coltivazioni. L alimentazione con granaglie deve essere distribuito su strisce continue in quantità adeguata alla popolazione presente e va effettuato su tutta l unità di gestione. 119

120 La gestione venatoria ed i contenimenti selettivi: si attuano mediante piani di prelievo per l assestamento delle popolazioni entro i limiti della densità agro-forestale (D.A.F.) tipica della specie. Questo tipo di gestione può essere realizzata solo se si hanno delle conoscenze quantitative sulle popolazioni presenti; sono, pertanto, necessari censimenti o stime di densità da realizzarsi con le tecniche che di volta in volta si ritengono più appropriate, anche in relazione degli ambienti in cui si opera. I presupposti per realizzare una razionale gestione del cinghiale in funzione della prevenzione dei danni sono: predisposizione di piani di gestione per aree omogenee comprensivi di piano di assestamento faunistico, piano di abbattimento, piano prevenzione danni; elevato livello organizzativo da parte dei cacciatori e loro coordinamento; assistenza tecnica con personale qualificato. Nei casi più difficili si consiglia l estensione del periodo di caccia con anticipo del prelievo venatorio al 1 agosto. Si auspicano, altresì, interventi di contenimento del numero di capi anche nelle aree protette ed in periodi di sospensione dell attività venatoria attraverso l utilizzo delle tecniche di appostamento, della cerca individuale e della girata. Altri tipi di danno: in questi ultimi anni vi è stato un incremento di incidenti stradali provocati da cinghiali durante scorrerie notturne. Questa situazione, oltre ai danni materiali mette in pericolo l incolumità delle persone. E necessario pertanto intervenire, sia da parte della Provincia che dei Comitati di gestione degli ATC, con l apposizione di cartelli di pericolo lungo le strade che attraversano aree dove la presenza dei cinghiali è più assidua. L obiettivo è quello di ridurre senz altro i danni, ma soprattutto di salvaguardare la pubblica incolumità. 120

121 Foto 3 Scontro tra un auto ed un cinghiale Danni da altri ungulati: le indicazioni sulla gestione dei danni provocati da grossi ungulati, con particolare riferimento al Capriolo (specie più adattabile alle condizioni territoriali della Provincia), sono, al momento, solo ipotetiche, in quanto la consistenza delle popolazioni é ad un livello tale da non destare nessuna preoccupazione. Il piano faunistico-venatorio prevede, tra le altre cose, il recupero delle popolazioni di Capriolo in un tempo medio-lungo; la comparsa dei danni tipici provocati da questa specie, diventerà quindi un indice di presenza, più o meno consistente, del selvatico. Tutte le ipotesi di seguito formulate saranno, pertanto, riferite a popolazioni la cui densità ottimale si spera di poter raggiungere con adeguati piani di immissione. I possibili danni che i grossi ungulati possono arrecare all ambiente sono essenzialmente di cinque tipologie: asportazione sistematica, tramite pascolo, della produzione fogliare degli alberi; brucatura degli apici vegetativi; scortecciamenti nel periodo di spazzolatura del velluto; scortecciamenti invernali; battitura di giovani alberi e cespugli al momento degli amori. Una corretta gestione delle popolazioni selvatiche mediante piani d assestamento, redatti tenendo conto delle dinamiche eco-etologiche della specie e del carico sostenibile dell ambiente, dovrebbe ridurre i danni ad un livello fisiologico. 121

122 Le specie arboree interessate ai danni sono quelle comprese nella fascia di transizione tipica tra il Castanetum e il Fagetum: noce, ciliegio, aceri, frassini, abeti etc. Tra le misure di prevenzione dei danni si indicato: l uso di shelter a diverse altezze o reti metalliche da sistemare intorno alle singole piantine; l uso di repellenti (odoroso e al morso); recinzioni basse (m 1,40). All interno di aree demaniali si possono predisporre adeguate associazioni vegetali e miscugli, che con tipologie tecniche diverse, ricostituiscano prati, pascolo ed erbai di quota. Tale attività contempla l obiettivo di offrire alla grossa selvaggina possibilità alimentari qualitativamente elevate nei periodi in cui maggiori sono gli spostamenti verso quote altitudinali inferiori che provocano l aumento dei danni all agricoltura (in particolare vivaismo e viticoltura). Esistono, altresì, forme di protezione vegetale compatibili per i singoli alberi (spinosi disappetenti) ed allestimento di percorsi alimentari che sviino gli animali dalle produzioni agricole. Danni provocati da altri mammiferi: uno dei mammiferi responsabile di danni diretti alle colture agricole, in particolare a quelle specializzate, nelle zone in cui le densità tipiche della specie dovessero risultare elevate o in coincidenza di abbondanti nevicate che limitano la disponibilità cibo, é la Lepre. La lepre danneggia le colture orticole, come il cavolo in inverno e nel periodo estivo il Foto 4 Danni di Lepre su barbabietola Foto Andrea Asirelli cocomero ed il melone; le leguminose, compresi il fagiolo ed il pisello, sono appetite soprattutto nelle prime fasi vegetative. 122

123 Nel periodo invernale il prelievo sulle foglie dei cereali autunno-vernini (grano, orzo, avena) non rappresenta un danno effettivo, mentre nella fase della levata il danno può risultare sensibile. Sui frutteti e vigneti di impianto recente, con la rosatura corticale, si possono determinare lesioni letali alle piante, ma anche menomazioni e ritardi di crescita molto gravi. Per la protezione delle colture dai danni provocati dalla lepre si può ricorrere a sistemi simili a quelli previsti per gli ungulati come la recinzione completa del terreno coltivato. Questo provvedimento è piuttosto oneroso e conviene attuarlo solo per colture specializzate su piccole estensioni. Al posto delle recinzione metallica ne può essere impiegata una elettrificata composta da due fili, sostenuti da picchetti isolati, posti ad un altezza di 7 e 24 cm dal suolo ed alimentati con una tensione di 12 volt, fornita da una semplice batteria o da un piccolo trasfomatore collegato alla rete elettrica pubblica. Il suolo deve essere accuratamente diserbato per evitare che la vegetazione metta in massa il sistema a scapito della sua autonomia e funzionalità. In ambiente boscoso questo tipo di provvedimento non è praticabile per via dell altezza del filo inferiore. Danni da uccelli: tra i passeriformi, lo Storno, insettivoro durante la nidificazione, in seguito diventa granivoro e frugivoro, frequentando assiduamente i frutteti all approssimarsi della maturazione dei frutti. I ciliegeti, gli oliveti e soprattutto i vigneti esercitano su di esso un attrazione particolare; gli attacchi ai vigneti possono comportare la distruzione quasi completa del raccolto. Lo storno costituisce dei gruppi, spesso di dimensioni notevoli, che si riuniscono nei dormitori da cui si muovono con un raggio di azione che può superare i 40 km. I passeri attaccano maggiormente le colture di frumento e di graminacee in genere; in alcuni periodi dell anno si nutrono anche di notevoli quantità di insetti fitofagi, potenziali devastatori di piante coltivate, per cui l utilità di questa predazione potrebbe ridimensionare la reale portata dei danni. Il danno alle coltivazioni avviene soprattutto nella fase di maturazione e, in parte, anche durante la semina quando si nutrono specialmente dei semi del frumento che rimangono scoperti o poco interrati. Alla maturazione il danno consiste nell asportazione, mediante l uso del becco dei semi lattiginosi, semimaturi ed anche maturi. 123

124 Bisogna altresì considerare che ai branchi di passeri e di storni possono aggiungersi gruppi occasionali di altri piccoli passeriformi della famiglia dei fringillidi, come fringuelli, verdoni, cardellini, che contribuiscono ad aggravare i danni alle colture. Benché la consistenza delle popolazioni di passeri e storni é abbastanza numerosa sia sul territorio nazionale che su quello provinciale, da qualche anno se ne sta vietando il prelievo venatorio, in contraddizione con il principio del controllo dei capi in sovrannumero attraverso piani di abbattimento. I corvidi provocano danni alle colture cerealicole in ragione delle dimensioni dei gruppi invernali; essi attaccano il mais e gli altri cereali nel periodo della semina e delle prime fasi vegetative, dissotterrando e divorando, lungo le file, un gran numero di cariossidi germinate; con la stessa tecnica possono anche danneggiare le coltivazioni di patate. E soggetta all attacco dei corvidi anche la coltura del pisello sia al momento della semina che alla maturazione. Le cornacchie possono provocare Foto 5 Attacco di corvidi su frutto Foto Andrea Asirelli danni alle colture mature di pomodoro, di anguria e melone forando con il becco i frutti maturi per alimentarsi dei semi e della polpa, mentre le taccole prediligono mele, pere, ciliegie, ed altra frutta (recentemente la taccola é stata sottratta al prelievo venatorio). Il colombaccio, dove è presente in gran numero, apporta danni alle colture di frumento, pisello, spinacio, etc. Per quanto riguarda i campi seminati da poco il danno è minimo, se non assente, perché vengono asportati solo i semi rimasti in superficie durante le operazioni di semina. Il danno su grano, orzo e mais, nella fase di maturazione, è prevalentemente a carico di piante allettate; pertanto non si tratta di un vero e proprio danno in quanto i semi non sarebbero comunque recuperabili. Tra i galliformi, il fagiano, durante la semina dei cereali, può essere responsabile di prelievi importanti di semi; in inverno i galliformi si nutrono di piante di cereali in misura trascurabile e quindi senza importanza economica. Le misure di prevenzione per contenere i danni dell avifauna sono: 124

125 pallone predator razzo acustico farfallone nastri riflettenti posizionati su canne che provocano fastidio alla vista antenna con falco che emette suono cornacchia imbalsamata antenna con bottiglia in plastica repellenti chimici reti antiuccelli Foto 6 Esempio Palloni predator Si può ridurre l impatto degli uccelli stanziali e migratori con misure di prevenzione indiretta quali l aumento della disponibilità trofica dell ambiente, impiantando arbusti ed alberi autoctoni che producano bacche appetite dalla fauna, come segnalato nel capitolo relativo alle tipologie di aree rifugio. Criteri di valutazione dei danni: il criterio più comunemente adoperato per la quantizzazione del danno è quello della mancata e/o minore produzione unitaria con l applicazione dei prezzi di riferimento concordati con le Organizzazioni Professionali agricole e relativi ai costi di produzione sostenuti per portare la coltura fino allo stadio in cui ha subito il danno. Il prezzo del prodotto viene predisposto attraverso una media aritmetica o ponderata dei prezzi riferiti ad un periodo di tempo che supera il mese successivo all inizio della campagna di commercializzazione del prodotto appena raccolto. Il sistema di valutazione del danno é funzione del tipo di coltura danneggiata; in particolare: 125

126 nel caso di colture erbacee si adotta la stima a vista suffragata da misurazioni sul campo delle superfici totali e di quelle danneggiate, qualora l entità degli appezzamenti lo consenta; per le colture arboree, si provvede a calcolare il costo del reimpianto e l eventuale mancata o minore produzione legnosa; nei casi più complessi viene applicato il metodo dei costi o dei redditi futuri. Il risarcimento dei danni provocati alle colture agricole dalla fauna selvatica é di competenza dei Comitati di Gestione con i fondi previsti al comma 2, lett. b), dell art. 22 della L.R. n. 9/96, che la Provincia provvederà a trasferire agli A.T.C. a seguito di rendicontazione. I danni vanno segnalati secondo quanto stabilito nell apposito regolamento allegato al piano faunistico e vanno accertati da tecnici abilitati iscritti negli albi professionali. Concludendo si può evidenziare come i danni alle colture sono certamente più visibili in quanto ad essi corrisponde una sempre più crescente domanda di risarcimento economico. Non sono però da sottovalutare i danni all ambiente, meno visibili ma altrettanto importanti. Un esempio di tale effetto si osserva nelle depressioni nel terreno che d inverno diventano dei piccoli stagni e che sono area di sosta per l avifauna acquatica: l eccessiva densità di cinghiali, che li utilizzano frequentemente, mette a repentaglio l esistenza stessa di queste peculiari formazioni. Altro esempio sono le praterie montane; esse sono fortemente danneggiate dalla attività di grufolamento della specie che provoca la distruzione dell esiguo cotico erboso, favorendo l erosione dei terreni. Ne deriva un notevole il disturbo alle altre specie di interesse naturalistico (Svasso maggiore etc.) e faunistico-venatorio (Lepre, Fagiano, Starna), la cui salvaguardia deve essere uno degli obiettivi del piano faunistico-venatorio. F. Utilizzo del Territorio: Gli Istituti Faunistici L art. 10 della L.157/1992 attribuisce all Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), il ruolo d indirizzo. Questo, anche attraverso i propri Documenti Tecnici ed Action Plan pubblicati, fornisce indicazioni per la gestione e conservazione di specie faunistiche d interesse venatorio o conservazionistico. In particolare si pone l attenzione sul Documento orientativo sui criteri di omogeneità e congruenza per la pianificazione 126

127 faunistico-venatoria dell INFS (D.T. INFS n 15, Febbraio 1994) che allo specifico capitolo dedicato alle ZRC, chiarisce come tali istituti siano destinati alla riproduzione allo stato naturale della fauna selvatica e quindi di grande rilevanza per le Province che li gestiscono per fornire una dotazione annua di selvaggina naturale attraverso l immissione nei territori cacciabili o in altri territori di tutela, sia tramite catture e sia tramite irradiamento spontaneo nei territori circostanti. Nello stesso documento si evidenzia come la scelta dei territori in cui localizzare detti Istituti debba essere molto accurata ed espressa non esclusivamente sulla base delle vocazionalità territoriali (teoriche) ma anche sulla base di una validità accertata sotto il profilo faunistico. Si tratta infatti di Istituti di gestione della durata di almeno 5 anni, in cui la Provincia dovrà investire ingenti risorse economiche e umane, e pertanto la scelta deve essere opportunamente valutata. Tali indicazioni sono poi state riprese dai Criteri e indirizzi per l elaborazione dei P.F.V. Provinciali, formulati dalla Giunta Regionale ed inviate alle Province per la predisposizione dei PFV provinciali. Il richiamato documento chiarisce soprattutto il ruolo degli Istituti di produzione e protezione, nonché l importanza della salvaguardia della fauna selvatica in tali istituti attraverso specifici interventi di gestione. Considerato che il presente Piano rappresenta un aggiornamento del precedente, la scelta che la Provincia si è trovata a dover operare, è stata quella sulla ipotesi della rimozione o della conferma dei singoli istituti faunistici e della eventuale individuazione di nuovi. (si veda paragrafo Zone di protezione, Zone a Gestione privata e Zone a gestione programmata della caccia ) 6.3 Componente ambientale Natura e Biodiversità premessa Saranno di seguito descritte le principali specie faunistiche di rilievo presenti nel territorio provinciale, sia per gli aspetti inerenti alla loro tutela sia in quanto specie di interesse venatorio o ancora gestionale. Vi sono, infatti, specie che pur essendo prevalentemente di interesse venatorio, quali ad esempio la lepre, il fagiano, la starna, ecc., rivestono importanza anche dal punto di vista gestionale atteso che, le stesse, laddove gestite all interno delle zone di ripopolamento e cattura, vengono altrimenti definite specie di indirizzo. Per contro vi sono altre specie di 127

128 interesse gestionale, quali ad esempio la volpe, il cinghiale, il capriolo, ecc, che rivestono interesse prioritario per il loro aspetto gestionale, in quanto spesso interessati da interventi di controllo, ma hanno anche una loro importanza dal punto di vista venatorio. Per quanto attiene alle specie faunistiche per le quali è necessario assicurare la loro tutela attraverso la conservazione, ed eventuale incremento, delle popolazioni esistenti, il Piano Faunistico Venatorio non può che attenersi alle norme nazionali, ed internazionali ed ai criteri indicati dall INFS in tali frangenti. In particolare per quanto attiene alle specie di tutela prioritarie per la regione Calabria, quali Lupo appenninico (Canis lupus), Falconidi Spp., ecc. nella predisposizione dei Piani F.V.P., devono essere attesi i Piani di Azione Nazionale elaborati dall INFS o quelli a livello Regionale predisposti da altri Istituzioni scientificamente accreditate. Prima di operare qualunque scelta di Pianificazione venatoria o applicativa di interventi di gestione, occorre avere informazioni il più possibile dettagliate sulle popolazioni faunistiche delle specie coinvolte, quali principalmente distribuzione, densità, struttura e dinamica. Nel piano vengono dunque trattate, per le specie di interesse venatorio o gestionale, le informazioni generali sullo status e distribuzione attuale, riferite al contesto provinciale. E stata inoltre analizzata la vocazionalità ambientale, ovvero la propensione faunistica dei vari territori provinciali per la distribuzione di ciascuna specie. Per tutti gli approfondimenti si rimanda alla lettura dei contenuti specifici del PFV mentre in questa sezione saranno di seguito descritti i sottosistemi relativi a: A. Caratterizzazione vegetazionale e biotipi correlati B. Habitat e relative specie presenti nella provincia C. Istituti di protezione e di tutela analisi della componente ambientale A. Caratterizazione vegetazionale e biotipi correlati La provincia di Catanzaro possiede un territorio molto diversificato dal punto di vista oromorfologico, climatico e vegetazionale. Tutto ciò comporta una elevata biodiversità vegetale ed animale che vivono in biotopi anch essi molto diversificati. Per tracciare brevemente un profilo vegetazionale, correlato ai biotipi ivi presenti, si può prendere in considerazione un transetto Tirreno-Jonio. La fascia tirrenica è interessata da 128

129 una piovosità maggiore e da una maggiore umidità atmosferica dovuti a correnti oceaniche che apportano umidità sotto forma di pioggia ma anche di umidità (nebbie ecc.). Procedendo dalla battigia incontriamo una prima fascia di vegetazione psammofila e alofita che si insedia sulle dune marine. In particolare tutta la fascia che va da Pizzo a Gizzeria presenta una retroduna con esemplari di Ginepro Coccolone. Seguita da una fascia di rimboschimento a Pini Marittimi (Pinus sp. pl.) In questi ambienti troviamo diverse specie cacciabili: Quaglia, l Allodola, Cappellaccia, Merlo, Cornacchia Grigia, Gazza, Ghiandaia, Colombaccio, Volpe. La costa ospita, inoltre, vari ambienti umidi tra cui la palude dell Imbutillo (sosta di molti uccelli migratori) e gli stagni i retrodunali dei laghi La Vota. Qui sono presenti diverse specie cacciabili di notevole interesse venatorio come: Moriglione, Alzavola, Canapiglia, Marzaiola, Germano reale, Folaga, Gallinella d acqua. Nei primi contrafforti è presente inoltre una vegetazione arborea a Sughera (stretta di Lamezia) e più raramente Leccio. La prima specie, indicatrice di una certa acidità del terreno, si spinge a quote abbastanza elevate (zona di Gizzeria) con una discreta copertura. Questa essenza arborea è sostituita, nei luoghi più rocciosi, dal Leccio che forma estese formazioni, a volte anche con la presenza di altre essenze arboree (Quercus pubescens s.l., Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Acer campestre ecc.), soprattutto nei dintorni di Cortale, Maida, Girifalco, Iacurso. Le specie faunistiche di interesse venatorio presenti in questi habitat sono:tordo bottaccio, Merlo, Colombaccio, Beccaccia, Ghiandaia, Volpe. Ad una altimetria più elevata è presente una fascia di vegetazione a latifoglie decidue dominate dalla Querce (Quercus pubescens e Quercus cerris) quando non sono state sostituite dall uomo dal Castagno (dintorni di Sersale). In tale ambiente sono presenti diverse specie faunistiche cacciabili:beccaccia, Merlo, Tordo bottaccio, Colombaccio, Ghiandaia, Cesena, Volpe. La fascia vegetazionale successiva è rappresentata dalla faggeta presente su Monte Covello, Monte Contessa, Monte Contrò, Monte Reventino, Monte Mancuso. Essa penetra nella Sila dove forma estese formazioni monotipiche (Timpone Morello, Colle del Telegrafo). Mentre nei dintorni del Monte Gariglione la faggeta si presenta mista ad Abete bianco (Abies alba). In questi habitat, piuttosto omogenei, si possono osservare le seguenti specie faunistiche di interesse venatorio: Beccaccia, Merlo, Colombaccio, Tordo bottaccio, Cesena, Ghiandaia. 129

130 La piana di Lamezia pur estendendosi a quote molto basse situata com è in una stretta tra due mari presenta un clima abbastanza umido e piovoso. Essa presenta ambienti abbastanza interessanti perché è luogo di transito e di sosta di avifauna stanziale e di passo che spesso sosta nei numerosi biotopi umidi periodicamente allagati, nelle cave e lungo il corso del Fiume Amato. Tali habitat sono ricchi di specie faunistiche di interesse venatorio e principalmente specie dell avifauna acquatica: Marzaiola, Alzavola, Moriglione, Gallinella d acqua, Folaga. Nella piana di Lamezia la vegetazione naturale spesso è stata sostituita da coltivi arborei: in basso aranceti e più in alto estesi uliveti. Tali ambienti, fortemente caratterizzati dalla presenza umana, presentano una fauna di notevole interesse venatorio tra quale le seguenti specie: Tordo Bottaccio, Cornacchia grigia, Merlo, Allodola, Colombaccio, Pavoncella. Il versante jonico, caratterizzato da una piovosità minore rispetto quello tirrenico, ospita interessanti oasi umide in prossimità della Foce dei fiumi Crocchio, Tacina, Alli, Uria, ecc. Tali aree sono caratterizzate dalla presenza delle seguenti specie faunistiche cacciabili: Alzavola, Germano reale, Gallinella d acqua, Folaga, Moriglione, Marzaiola, Cappellaccia, Ghiandaia, Tordo bottaccio, Merlo. Sui primi contrafforti la vegetazione è del tutto diversa ed è condizionata anche dal substrato. Qui sono presenti notevoli estensioni di calanchi argillosi (Sellia, Cropani, Botricello, Sersale) che si alternano ad arenarie basiche. I coltivi abbandonati e i bordi stradali nonchè le scarpate stradali annoverano tutte specie legate a questo tipo di substrato come il Carciofo selvatico (Cynara cardunculus L.) la Sulla (Hedysarum coronarium L.) accompagnate da una moltitudine di piante spinose come la Centaurea (Centaurea nicaeensis, All.) la Carlina (Carlina corymbosa, L.) e l Onopordo (Onopordon illyricum, L.), la Cardogna (Scolymus hispanicus L.) o da altre piante non pabulari come la Ferula (Ferula communis, L.), l Asterisco (Pallenis spinosa, L.), il Trifoglio bituminoso (Psoralea bituminosa, L.), l Inula (Inula viscosa), la Visnaga comune (Ammi visnaga, L.), il Salvione ferrugineo (Phlomis ferruginea, Tenore), la Viperina maggiore (Echium italicum, L.) e da arbusti spinosi come il Prugnolo (Prunus spinosa, L.) e il Perastro (Pyrus amygdaliformis, Vill.). Nelle scarpate calancose è presente il raro Sparto steppico (Lygeum spartum, L.). Le aree seminaturali, anche se hanno subito notevoli danni di natura antropica, presentano una fascia di vegetazione a macchia mediterranea. Spesso si tratta di macchia bassa ad arbusti sempreverdi sclerofilli dominati soprattutto dal 130

131 Lentisco (Pistacia lentiscus L.) ed accompagnate qui e la dal Mirto (Myrtus communis L.) e dal Terebinto (Pistacia terebinthus L.), dalla Dafne (Daphne gnidium, L.) e dalla Ginestrella comune (Osyris alba, L.). che si presenta molto frammentata a causa della presenza di numerosi coltivi erbacei ed arborei e da rimboschimenti ad Eucalipti e Pini marittimi. Tali ambienti sono ricchi delle seguenti specie faunistiche di interesse venatorio:cappellaccia, Allodola, Gazza, Colombaccio, Cornacchia grigia,quaglia, Fagiano I costoni più rocciosi sono dominati dal Leccio (Quercus ilex, L.) che è pianta dominante spesso accompagnato da altre specie sempreverdi come la Sughera (Quercus suber L.) la Fillirea (Phyllirea latifolia, L. ), il Corbezzolo (Arbutus unedo, L.) frammisto a volte ad alcune latifoglie decidue (per esempio su Monte Raga) dal Frassino da Manna (Fraxinus ornus, L. ), dall Acero campestre (Acer campestris, L.) e alcune querce come la Roverella (Quercus pubescens, Willd.), e più raramente dal Cerro (Quercus cerris, L.), mentre sui margini boschivi e lunga le strade forestali è presente l Olmo (Ulmus minor, Miller) ed il Sorbo domestico (Sorbus domestica, L.). Questo habitat è caratterizzato dalla presenza delle seguenti specie faunistiche cacciabili: Colombaccio, Merlo, Tordo bottaccio, Ghiandaia, Beccaccia, Una fascia extrazonale è rappresentata dalla vegetazione ripariale costituita da saliceti, pioppeti, e nella zona di Sersale da formazioni estese di Platano orientale (Platanus orientalis). In questi ambienti si possono trovare le seguenti specie di interesse venatorio: Beccaccia, Merlo, Tordo bottaccio, Gazza, Ghiandaia, Colombaccio. B. Habitat e relative specie presenti nella provincia Il territorio della provincia di Catanzaro è caratterizzato da lembi di territorio piuttosto ben conservati e con alto grado di naturalità dove però non mancano da segnalare situazioni ambientali compromesse nelle quali si registra un alterazione delle strutture e delle funzioni ecologiche. Tra gli habitat presenti si evidenziano quelli sottoposti a tutela da parte della comunità europea (SIC e ZPS), in cui molte specie faunistiche trovano ambiente idoneo per riprodursi, nutrirsi e/o stazionare durante alcuni periodi dell anno. Tali ambienti sono un vero e proprio serbatoio di ripopolamento e di irraggiamento delle specie (anche di interesse venatorio) verso i territori circostanti. A tal proposito la DIRETTIVA 92/43/CEE DEL CONSIGLIO del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitats naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, ci indica le linee guida per la conservazione di habitats che costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di 131

132 una o più delle sei regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesica e mediterranea. Questi ambienti devono essere stabili o in estensione e la struttura e le funzioni specifiche necessarie al loro mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile e lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente. Un esempio di SIC di notevole interesse naturalistico per quanto concerne le comunità ornitiche è il Lago La Vota, ricadente nel comune di Gizzeria, area che ospitata durante alcuni periodi dell anno, soprattutto specie migratrici che utilizzano tale area come punto di sosta e foraggiamento temporaneo. Le specie ornitiche rappresentano un ottimo elemento per il monitoraggio di aree di un certo pregio naturalistico in quanto costituiscono comunità, più o meno stabili, le quali possono indicare o meno lo stato di salubrità degli habitats monitorati. Tali comunità se si presentano complesse e ben strutturate indicano una situazione ecologica favorevole e che l habitat preso in esame presenta un alto grado di naturalità e di conseguenza una buona biodiversità. Spesso SIC, ZPS e IBA sono caratterizzate da comunità ornitiche di notevole pregio naturalistico. La definizione della presenza/assenza di specie è essenziale per la organizzazione di un sistema di monitoraggio che permetta di verificare periodicamente lo stato reale di conservazione dei SIC, ZPS e di tutte le aree protette per capire le tendenze dinamiche in atto. Le finalità di un monitoraggio periodico in tali aree, potrà accertare anche la validità di eventuali misure gestionali e l efficacia degli interventi previsti per il raggiungimento di obbiettivi di conservazione delle risorse naturali o/e la tutela di biodiversità. In base alla tipologia ambientale distinguiamo aree con caratteristiche differenti: Habitat Umido-Fluviali Habitat Costieri Habitat montano-collinari Lago La Vota Palude di Imbutillo Foce del Crocchio Fiume Tacina Dune dell Angitola Oasi di Scolacium Dune di Isca Dune di Guardavalle Scogliera di Stalettì Steccato di Cutro Boschi di Decollatura 132

133 Monte Contrò Madama Lucrezia Monte Gariglione Monte Femminamorta Colle Poverella Pinete del Roncino Torrente Soleo Colle Telegrafo Questi SIC sono isole ecologiche dove le diverse specie di uccelli e di mammiferi trovano rifugio in periodi riproduttivi o durante alcuni periodi dell anno (specie svernanti, migratrici, ecc.). Le specie osservate sono quelle inserite nelle seguenti convenzioni internazionali e nazionale. C. Istituti di protezione e di tutela Saranno di seguito riportati gli istituti di protezione e di tutala riconosciuti a livello internazionale sulll abse dei quali è stato poi predisposto l elenco dell avifauna protetta di particolare interesse nella provincia di Catanzaro. Direttiva Habitat 92/43/CEE, finalizzata alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica. La Direttiva consta di 6 allegati: Allegato I: habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Aree Speciali di Conservazione. Allegato II: Specie vegetali ed animali la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione. Allegato III: criteri di selezione dei siti atti ad essere individuati quali Siti di Importanza Comunitaria e designati quali Zone Speciali di Conservazione. Allegato IV: Specie animali e vegetali che richiedono una protezione rigorosa. Allegato V: Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo in natura ed il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di gestione. Allegato VI: metodi e mezzi di cattura e di uccisione nonché modalità di trasposto vietati. 133

134 Direttiva Uccelli79/409, concerne la conservazione degli Uccelli selvatici. Per le specie elencate nella Direttiva Uccelli79/409, recepita come parte integrante gli Uccelli per la Direttiva Habitat 92/43/CEE, sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l Habitat, per garantire la sopravvivenza delle dette specie nella loro area di distribuzione. Convenzione di Berna (Consiglio D Europa, Berna, settembre 1979): Convenzione finalizzata alla conservazione della flora e della fauna selvatica, comprese le specie migratrici, ed i loro habitat naturali. La convenzione comprende 4 allegati: Allegato I: specie vegetali minacciate di estinzione e quindi da proteggere. Allegato II: specie animali protette e quindi non cacciabili. Allegato III: specie animali che richiedono una certa protezione e che possono essere cacciati in maniera ridotta. Allegato IV: elenca i mezzi ed i metodi vietati di caccia per le specie incluse nell allegato III. STATUS IN EUROPA (da: Burfield I., van Bommel F. (compilers), Birds in Europe. Population estimates, trends and conservation status. BirdLife Int., Cambridge; SPEC in Tucker G. M. e M. F. Heath, (1994). SPEC 1: Specie globalmente minacciate, dipendenti da azioni di conservazione o carenti di informazione a livello mondiale: SPEC 2: Specie le cui popolazioni sono concentrate in Europa e che si trovano in uno sfavorevole stato di conservazione. SPEC 3: Specie le cui popolazioni non sono concentrate in Europa e che si trovano in uno sfavorevole stato di conservazione. SPEC 4: Specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa e che godono di un favorevole stato di conservazione. NO SPEC: specie ritenute al sicuro in Europa e nel resto del loro areale. Nuova Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia. (Lipu & WWF 1999). EX: specie estinta CR: specie minacciata in modo critico EN: specie minacciata VU: specie vulnerabile 134

135 LR: specie a più basso rischio IUCN Red List of Threatened Species - Comprende le seguenti 9 categorie: EX (extinct): Estinto EW (extinct in the wild): Estinto allo stato selvatico, ma con individui che sopravvivono in cattività o all esterno dell areale originale CR (critically endangered): A rischio di estinzione in natura. EN (endagered): Ad alto rischio di prossima estinzione in natura. VU (vulnerable): Ad alto rischio di estinzione in natura. NT (near threatened): Non inseribile nelle precedenti categorie attualmente, ma in un futuro prossimo con l attuale trend. LC (least concern): Abbondanti in natura e molto diffuse. DD (data deficient): Dati sulla consistenza e distribuzione lacunosi e non esaustivi. Alla luce di quanto sopra richiamato, le specie di particolare interesse presenti nel territorio della provincia di Catanzaro, sono state riportate nel seguente elenco: ELENCO DELL AVIFAUNA PROTETTA NELLA PROVINCIA DI CATANZARO DI PARTICOLARE INTERESSE Specie CICOGNA BIANCA Ciconia ciconia CICOGNA NERA Ciconia nigra TUFFETTO (Tachybaptus ruficollis) Svasso Maggiore Podiceps ruficollis Istituto di protezione e tutela Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Descrizione della specie Migratrice trans ariana. Durante le migrazioni, ed anche in periodo estivo, sono abbastanza frequenti osservazioni di soggetti in sosta nelle aree trofiche che possono ingenerare le indicazioni di possibili nidificazioni, come avviene in alcune aree della provincie di Crotone. Migratrice regolare. Durante le migrazioni frequenta tutte le zone umide della provincia. Significative sono le osservazioni effettuate presso il Lago La Vota, la piana di Lamezia e alcune zone montane dell interno. Estivo e localmente sedentario, migratore e svernante. La presenza della specie è legata principalmente alle zone umide come la Foce del Crocchio, la Palude dell Imbutillo, il Lago La Vota, la Foce del Tacina e la Piana di Lamezia dove sono presenti piccoli bacini con acque dolci poco profonde, che presentano abbondante vegetazione emergente sulle sponde. Parzialmente sedentario, migratore e svernante. La specie in tempi recenti ha aumentato la sua consistenza. Durante il periodo invernale la specie è più numerosa concentrandosi preferibilmente nel Lago La vota e la Palude Dell Imutillo. Cormorano (Fhalacrorax carbo) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie regolare ed in aumento come migratrice e svernante, molto localizzata come nidificante. Nella provincia di Catanzaro la specie ha mostrato un forte incremento negli ultimi anni con una presenza regolare come svernante lungo il corso del Fiume Amato e Corace e in prossimità del Lago La Vota, la Palude dell Imbutillo, la foce de Crocchio e del Tacina. 135

136 Garzetta (Egretta garzetta) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie presente come migratrice regolare e parzialmente svernante. Durante la migrazione frequenta le zone umide de Lago la Vota, La palude dell imbutillo, Il corso del fiume Amato e del fiume Corace, la Foce del Crocchio e del fiume Tacina. Airone Bianco Maggiore (Egretta alba) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie presente come svernante e di passo regolare. Il numero di individui svernanti è fortemente cresciuto negli ultimi anni, predilige le zone umide della Piana di Lamezia, il lago La vota, la palude dell Imbutilo, la foce del Crocchio, La foce del Tacina e del fiume Amato. Airone cenerino (Ardea cinerea) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie presente come svernante e di passo regolare. Decisamente in aumento come svernante, la distribuzione invernale appare omogenea sul territorio della provincia di Catanzaro, frequenta il corso del fiume Amato e del fiume Corace, la foce del Crocchio, la foce Tacina, il lago La vota e la palude dell Imbutillo. Airone rosso (Ardea purpurea) MORETTA TABACCATA Aythya fuligula Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Nella Lista Rossa italiana è una specie minacciate in pericolo in modo critico.rientra, inoltre, nell allegato I della direttiva Uccelli (CEE/79/409) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie migratrice regolare, frequenta regolarmente il lago La Vota, la palude dell Imbutillo, la foce del Crocchio e del Tacina. Specie a comparsa irregolare in periodo migratorio e durante l inverno. La specie sta evidenziando un forte declino nel numero dei nidificanti de è considerata globalmente minacciata e vulnerabile. Secondo i parametri della Convenzione di Ramsar tutti i siti che ospitano popolazioni significative devono essere protetti. Negli ultimi anni isolati individui svernano nella palude dell Imbutillo, nel Lago La Vota, e in piccole pozze presenti nella piana di Lamezia. Specie migratrice regolare e localmente nidificante. Durante la migrazione primaverile la specie attraversa tutta la provincia di Catanzaro con contingenti formati da centinaia di individui. Negli ultimi anni la specie è in espansione come nidificante in tutte le zone collinari e montane della provincia. La specie risulta nidificante su tutta la fascia pre Silana e nelle foreste del Gariglione. Localizzato come nidificante nelle sugherete del versante est di Catanzaro e della piana di Lamezia. Nibbio reale (Milvus milvus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore regolare svernante e localmente nidificante. Localizzato come nidificante in alcune aree della fascia jonica della provincia di Catanzaro. Frequentando ambienti in cui si alternano zone prative e zone alberate gli ambienti come il SIC Madama Lucrezia le valli del fiume Uria sono le uniche zone rimaste ancora intatte per garantire la presenza della specie nella provincia di Catanzaro. Nibbio bruno (Milvus migrans) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore localmente nidificante. Localizzato come nidificante nelle zone collinari e di media montagna della fascia jonica con ricca copertura boschiva e zone aperte destinate all agricoltura e al pascolo e mostra un particolare legame con le zone umide, sia bacini lacustri che corsi d acqua. Rinvenuto come nidificante nel SIC Madama Lucrezia che rappresenta una delle poche aree adatte alla unificazione della specie. 136

137 Capovaccaio Neophron percnopterus Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore, nidificante ed estivante, localizzato, raro. Presente da marzo a settembre. Frequenta le zone destinate a pascolo di bestiame prive di fitta copertura boschiva, e zone assai aride e degradate della macchia mediterranea. Per la provincia di Catanzaro gli unici siti ancora adatti alla nidificazione della specie sono Il SIC Madama Lucrezia e la valle del torrente Uria, dove nel 2003 la specie si è riprodotta. Nel 1994 il Capovaccaio è stato classificato da BirdLife International come SPEC 3(una specie le cui popolazioni non sono concentrate in Europa, ma che presentano uno stato di conservazione sfavorevole in Europa) e come specie in pericolo Nel 2007 è stato inserito nella lista rossa tra le specie minacciate di estinzione Pertanto, deve essere considerato di prioritario interesse conservazionistico a livello europeo. Biancone (Circaetus gallicus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore regolare, nidificante. presente in Calabria da marzo a settembre. Attualmente la specie appare in una fase di leggera ripresa numerica; da alcuni anni si osservano annualmente nuove coppie di bianconi che colonizzano e si insediano in aree ancora libere e idonee alla presenza della specie. La specie è localizzata nelle zone collinari della fascia jonica della provincia di Catanzaro, occupando territori in zone boscose alternate a spazi aperti. Falco pescatore (Pandion haliaetus) Falco di palude (Circus aeruginosus) Albanella minore (Circus phygargus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore regolare, si osserva nella migrazione primaverile e autunnale, le zone umide della provincia sono frequentate durante la migrazione come zone di caccia. Migratore, localmente svernante. Raro come nidificante. Gli individui svernanti frequentano tutte le zone umide della provincia di Catanzaro, le valli fluviali e le zone aperte della fascia jonica. Migratore regolare, in parte svernante. Durante il passo primaverile la specie frequenta tutte le zone umide comprese le aree SIC della provincia di Catanzaro. Centinaia di individui sostano nel lago La Vota, la palude dell Imbutillo, la piana di Lamezia per la fascia tirrenica e tutte le aree aperte della fascia jonica. Albanella reale (Circus cyaneus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie poco comune: scarsa nella migrazione primaverile, poco frequente nel periodo invernale. Astore (Accipiter gentilis) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Stanziale, in parte erratico. Questa specie,per le sue abitudini elusive, risulta la più difficilmente contattabile. Localizzato come nidificante in Sila e le Serre. Frequenta vasti complessi boschivi in cui predominano essenze d alto fusto 8 tra cui favorite sono Picea, Pinus, Quercus e Fagus. 137

138 Sparviere (Accipiter nisus) Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Stazionario, nidificante. Pur essendo una specie difficilmente contattabile, è una delle più comuni. E presente in tutte le fasce ecotonali di confine del bosco di latifoglie e conifere, aree coltivate dal livello del mare fino all alta montagna. In periodo riproduttivo occupa disparati ambienti forestali a diversa composizione vegetazionale, purchè con piante ad alto fusto di media grandezza, intercalate da radure. Poiana Buteo buteo Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Sedentaria, nidificante, migratore regolare, svernante. La Poiana è la specie più comune e uniformemente distribuita sul tutto il territorio della provincia di Catanzaro. Lodolaio Falco subbuteo Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore regolare, eccezionalmente svernante. Localizzato come nidificante in zone boscose più o meno estese della provincia inframezzate da vaste zone aperte. Smeriglio Falco culumbarius Lanario Falco Biarmicus Pellegrino (Falco peregrinus) Grillaio Falco naumanni Gheppio Falco tinnunculus Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore irregolare,raro come svernante. Specie principalmente sedentaria, la presenza risulta piuttosto localizzata. Presente nella fascia ionica catanzarese dove nidifica in pareti di arenaria esposte a zone aperte come pascoli e seminativi. Localizzato come nificante nel SIC Madama Lucrezia. Sedentario allo stadio adulto, dispersivo o erratico allo stadio giovanile e al di fuori del periodo riproduttivo. La consistenza attuale di coppie nidificanti per la provincia di Catanzaro sono otto distribuite principalmente nella fascia ionica sia sulla costa che nell interno. Principalmente migratore raro come estivante. la maggio parte della popolazione giunge in marzo aprile, non sono noti casi di nidificazione per la provincia di Catanzaro. Stazionario, nidificante. E specie molto comune per la provincia di Catanzaro distribuita anche negli ambienti antropizzati. Nidifica dalla pianura all alta montagna Cuculo Cuculus canorus Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Migratore regolare, presente da fine marzo- aprile ad agosto settembre. Ubliquista e dotato di ampia valenza ecologica, occupa le zone umide, cespugliate, coltivate, boscate di tutto il territorio provinciale Barbagianni Tyto alba Assiolo Otus scops Gufo reale Bubo Bubo Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Sedentario, compie movimenti dispersivi giovanili e periodiche migrazioni a medio raggio. E abbastanza comune nelle quercete ed in tutti gli ambienti aperti della provincia. Migratore regolare, nidificante. Nella provincia di Catanzaro è presente i zone boschive non troppo dense, naturali e colturali, ma anche in ambienti aperti alberati collinari e di pianura, compresi i centri abitati. Distribuito un tempo molto più largamente nelle zone montuose di tutta la regione, è oggi soggetto ad un forte declino, dovuto probabilmente all alterazione dell ambiente e alla diminuzione delle risorse alimentari (soprattutto calo della lepre) e perche soggetto a collisioni mortali con linee elettriche. Abita complessi rocciosi ricchi di cenge e a contatto con spazi aperti o semiboscati, gole, scarpate contigue a zone coltivate o su pendii rocciosi di ampie vallate. Nella provincia di 138

139 Catanzaro le aree adatte alla presenza della specie sono le valli del torrente Uria, le valli Cupe, la timpa delle Carvane nel SIC Madama Lucrezia. Civetta Athene noctua Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Prevalentemente sedentaria. Localmente compie limitati erratismi, soprattutto in autunno inverno. Nella la provincia di Catanzaro e diffusa in ambienti aperti alberati o con bassa vegetazione, spesso in vicinanza di edifici rurali e centri abitati. Allocco Strix aluco Gufo comune Asio otus Picchio verde Picus viridis Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEEE' protetto dalla Legge 157/92, Berna Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Sedentario, è il rapace notturno meglio distribuito nella provincia di Catanzaro. Presente in montagna e collina, nei centri urbani e zone coltivate alternate a vaste radure. Specie migratrice regolare, svernante. Localizzato come svernante nelle pinete litoranee della fascia ionica. Essenzialmente sedentario, parzialmente erratico. Diffuso in formazioni boschive aperte di pianura, collina e montagna, con preferenza per boschi di caducifoglie e misti. Presente anche in zone coltivate e pioppeti. Picchio rosso maggiore Picoides major Picchio nero Dryocopus martius Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie stanziale sull intero territorio provinciale. Presente in boschi di ogni tipo, ambienti alberati aperti, parchi e giardini, in zone collinari e montane. Sedentario, nidifica nei boschi misti e maturi di conifere e latifolglie della Sila Catanzarese. Talvolta compie erratismi raggiungendo le zone collinari alla base della Sila. Picchio rosso minore Picoides minor Allegato I della Direttiva Uccelli 79/409/CEE Specie sedentaria, limitata alle zone boscose di caducifoglie, frequenta boschi ripariali, pioppo bianco, pioppo nero e frassino, i querceti e i castagneti. ELENCO DELL AVIFAUNA OGGETTO DI PRELIEVO VENATORIO SPECIE DIRETTIVA SITUAZIONE NELLA PROVINCIA DI CATANZARO FISCHIONE Anas penelope Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) La specie sverna regolarmente anche se con piccoli contingenti. Le abitudini largamente marittime della specie hanno permesso di superare la perdita degli habitat legati alle zone umide d acqua dolce. Trattandosi di una specie soggetta a forte pressione venatoria è molto diffidente rispetto la presenza umana, appare urgente preservare le aree umide della fascia costiera dove sia possibile un adeguata fonte di alimentazione. La specie frequenta il Lago La Vota, la palude dell Imbutillo, ma si trattiene temporaneamente anche lungo il corso del fiume Amato e Tacina. CANAPIGLIA Anas strepera Direttiva Uccelli Allegato II/1 Status: stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Migratrice regolare e parzialmente svernante. Le aree più frequentate sono la palude dell Imbutillo, il Lago La Vota, la foce del fiume Amato e del Tacina. 139

140 ALZAVOLA Anas crecca GERMANO REALE Anas platyrhynchos CODONE Anas acuta MARZAIOLA Anas querquedula MESTOLONE Anas clypeata MORIGLIONE Aythya ferina MORETTA Aythya fuligula COTURNICE Alectoris graeca STARNA Perdix perdix QUAGLIA Coturnix coturnix FAGIANO Fhasianus colchicus Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/1 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/1 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato I e II/1 stato di conservazione sfavorevole (in declino Direttiva Uccelli Allegati I*, II/1 e III/1 Status: vulnerabile Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/1 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Sverna regolarmente nella Provincia di Catanzaro, frequenta le zone umide della fascia tirrenica come il lago La Vota, la palude dell Imbutillo e i canali ad acqua bassa e corrente della piana di Lamezia. Questa specie manifesta una buona capacità di adattamento a diverse situazioni ambientali, rinvenendosi con facilità anche in aree umide artificiali. Particolare importanza assumono il Lago La Vota, La foce del Crocchio e del Tacina, la palude dell Imbutillo, e le zone umide interne della piana di Lamezia. Questa specie è considerata a status vulnerabile, poiché sta manifestando un generalizzato declino delle coppie nidificanti in tutto l areale. Per la provincia di Catanzaro è presente come svernante con una maggiore predilezione per i tratti fluviali del fiume Amato, la Palude dell Imbutillo e il lago La Vota. Migratrice regolare. La migrazione primaverile è la più marcata, iniziando in febbraio e concentrandosi nella secanda metà di marzo. Durante le migrazioni frequenta le zone allagate della piana di Lamezia, la palude dell Imbutillo, il lago La Vota, la foce del Tacina e del Crocchio. Predilige acque basse, in bacini di piccole dimensioni. Si adatta anche in bacini artificiali quali scavi soprattutto quelli presenti nella piana di L amezia. Specie migratrice regolare, localmente svernante. La specie predilige le zone umide con ambienti aperti come il lago La Vota e la foce del Tacina. Migratore e svernante per la Provincia di Catanzaro, localmente estivante. La specie è più abbondante durante i passi migratori (Febbraio aprile e ottobre dicembre), ma concentrazioni di decine di individui si possono incontrare anche durante i mesi invernali, in particolare nel Lago La Vota, la palude dell Imbutillo, la foce del Fiume Amato e del Tacina. Migratrice regolare,svernante e localmente nidificante. La specie è presente come nidificante con piccoli nuclei nel lago La Vota e la foce del Tacina. Predilige stagni d acqua dolce di piccole o medie dimensioni con ricca vegetazione di sponda e palustre come la palude dell Imbutillo e alcuni stagni della piana di Lamezia. Specie rara e localizzata per la provincia di Catanzaro. Popola ripidi pendii a vegetazione erbacea dominante interrotta da frequenti affioramenti rocciosi e utilizza localmente coltivi terrazzati; l abbandono delle pratiche colturali i vari settori montani ha ridotto l astensione degli ambienti potenzialmente occupabili dalla specie. Sedentaria con limitati movimenti dispersivi. I rilasci di soggetti allevati artificialmente possono condurre alla formazione di piccole popolazioni in aree protette che spesso tuttavia hanno vita effimera. Migratrice e parzialmente svernante. Durante la migrazione la specie frequenta tutti gli ambienti aperti a prateria o cespugliati radi, adattandosi a territori intensamente coltivati soprattutto cereali- grano. Sedentario; la sottospecie nominale, introdotta intorno all anno 1.000, è estinta alla stato puro selvatico. Diffuso in pianura, collina e montagna, frequenta aree coltivate come pure ambienti incolti e boscati. 140

141 PORCIGLIONE Rallus aquaticus GALLINELLA D ACQUA Gallinula chlorupos FOLAGA Fulica atra Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Specie Migratrice e sedentaria per la Provincia di Catanzaro. Presente in tutte le zone umide della Provincia, l elusività della specie e lo stato attuale delle conoscenze non permettono di delineare meglio la sua distribuzione, ne di tentare una stima della popolazione. Il Porciglione è presente tutto l anno nel canneto del Lago La Vota, nella palude dell Imbutillo, stagni e canali lungo il corso del Tacina, la foce del Crocchi, e in stagni temporanei della piana di Lamezia. Presente tutto l anno nella provincia di Catanzaro, comune, nidifica in diversi ambienti umidi della provincia anche di ridotta dimensione purché le sponde siano ricche di vegetazione. Essendo una specie adattabile frequenta una gran varietà di zone umide, è presente anche in zone agricole allagate temporaneamente, della piana di Lamezia, il corso del fiume Corace, la foce del Crocchio e la foce del Tacina. Specie essenzialmente migratrice, localmente sedentaria e svernante. La specie è più numerosa in inverno e si osserva in aggregazioni anche di centinaia di individui specialmente nel lago La Vota e la foce del Tacina. Frequenta anche stagni della piana di Lamezia e del fiume Corace. PAVONCELLA Vanellus vanellus COMBATTENTE Philomachus pugnax BECCACCINO gallinago Gallinago BECCACCIA Scolopax rusticola COLOMBACCIO (Columba palumbus) TORTORA SELVATICA Streptopelia turtur ALLODOLA Alauda arvensis Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: Stato di conservazione sfavorevole (vulnerabile) Direttiva Uccelli Allegati I, II/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/1 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Migratrice regolare e svernante in buon numero. In inverno gli ambienti più utilizzati sono i campi e i coltivi della piana di Lamezia e di Germaneto. Specie di comparsa regolare durante l inverno, in genere si presenta solitaria o in piccoli gruppi. Svernante regolare. Frequenta tutte le zone umide della provincia. Specie sedentaria e nidificante, Migratrice regolare. Nidifica in boschi di latifoglie e conifere i prossimità di zone coltivate, comune sia in pianura, collina e zone montane. Utilizza regolarmente le piantagioni di pioppi e pini, e più localmente i parchi cittadini. Specie migratrice transariana, la Tortora manifesta una preferenza per le campagne coltivate disseminate di siepi e macchie arboree, ama la vicinanza di corsi d acqua frequentati regolarmente per l abbeverata. Migratrice, localmente svernante. Nella provincia di Catanzaro la specie è legata alle praterie, ma soprattutto alle zone coltivate aperte collinari della fascia jonica. 141

142 MERLO Turdus merula TORDO BOTTACCIO Turdus phylomelos CESENA Turdus pilaris TORDO SASSELLO Turdus iliacus GHIANDAIA Garrulus glandarius GAZZA Pica pica CORNACCHIA GRIGIA Corvus corone cornix Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: stato di conservazione favorevole (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Direttiva Uccelli Allegato II/2 Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: buono stato di conservazione (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: buono stato di conservazione (sicura) Direttiva Uccelli Allegato II/2 Status: buono stato di conservazione (sicura) Specie essenzialmente sedentaria, localmente erratica. Presente ovunque vi siano ambienti alberati o semi- alberati, dal livello del mare fino al limite superiore della vegetazione, si riscontra in ambienti suburbani e urbani con densità maggiori che negli ambienti originali. Svernante, migratore regolare. È uno dei turdidi più comuni presenti in inverno, preferibilmente legato agli uliveti dove raggiunge densità elevate. In montagna gli ambienti frequentati sono i boschi misti di latifoglie, radure, pascoli. I movimenti migratori di questo Turdide hanno luogo prevalentemente in febbraio e marzo e tra metà ottobre e novembre. Specie rara e localizzata come svernate. Presente nelle zone altocollinari e montane della provincia, scarsamente presente a quote più basse e molto localizzata in pianura. Presente come svernante solo in maniera assai rara, localizzata ed irregolare. Specie sedentaria ampiamente distribuita su tutto il territorio provinciale. La specie ha mostrato recentemente un ampliamento dell areale in diverse situazioni locali con un conseguente incremento delle popolazioni. Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio provinciale, tranne che nelle parti più elevate della Sila. La specie ha mostrato recentemente un ampliamento dell areale in diverse situazioni locali ed un pressoché generalizzato incremento delle popolazioni. Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio provinciale, ha mostrato recentemente un ampliamento dell areale in diverse situazioni locali ed un pressoché generalizzato incremento delle popolazioni. Presente in tutti gli ambienti dall a pianura all alta montagna. 142

143 Moretta tabaccata e gallinella d acqua lungo il corso del fiume Amato (Piana di Lamezia - Foto Mimmo Bevacqua). Gheppio, specie molto comune nella provincia di Catanzaro (Foto Mimmo Bevacqua) 143

144 Falco pellegrino all interno del nido (Foto Mimmo Bevacqua) Cicogna bianca al pascolo Piana di Lamezia (Foto Mimmo Bevacqua) 144

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