Introduzione INTRODUZIONE

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1 Introduzione INTRODUZIONE Le moderne tecniche di diagnostica e chirurgia tendono a minimizzare l invasività ed i disagi per il paziente massimizzando contestualmente il successo terapeutico. Un chiaro esempio è rappresentato dall endoscopia, tecnica diagnostica e terapeutica importantissima, che permette sia di avere una visione diretta di tessuti da esplorare sia di eseguire, con appositi strumentari, opportuni interventi chirurgici. Il successo delle pratiche endoscopiche è innegabilmente da attribuirsi allo sviluppo di tecnologie sempre più spinte che, seppur riducendo l invasività, richiedono in moltissimi casi l introduzione di conduttori elettrici all interno del corpo del paziente. E noto, tuttavia, che l utilizzo di apparecchiature elettromedicali sempre a più stretto contatto con il paziente rende i locali ad uso medico degli ambienti del tutto peculiari dal punto di vista dell elettrificazione. E anche facilmente intuibile come il grado di pericolosità sia correlato alla specificità della pratica medica: una semplice indagine ecografica espone il paziente a rischi di gran lunga inferiori rispetto a esami di elettrofisiologia cardiaca, dove il cuore è messo in collegamento elettrico con l esterno e pertanto può diventare parte di circuiti elettrici dove il passaggio di una corrente, seppur ridottissima, può indurre fibrillazione ventricolare. E proprio l insorgenza del rischio di fibrillazione ventricolare, associato alla tipicità della pratica medica, che comporta l adozione di particolari precauzioni dal punto di vista impiantistico e l impiego di adeguate apparecchiature elettromedicali. Scopo di questa tesi è valutare tale rischio nel caso di interventi diagnostici e/o terapeutici di tipo endoscopico e cercare di quantificarne l entità tramite la realizzazione di modelli circuitali. Si analizza dunque il problema nel caso in cui le apparecchiature elettromedicali vengano utilizzate non direttamente sul cuore ma in regioni prossimali o comunque in zone che possano risultare particolarmente ben connesse ad esso dal punto di vista elettrico. L analisi è stata condotta facendo continuo riferimento alla normativa nazionale e internazionale sia in materia di impianti che di apparecchiature elettromedicali: non si può, infatti prescindere dal rispetto delle norme se si vuole garantire il raggiungimento di un livello di sicurezza minimo per il paziente. L aggettivo minimo in questo contesto è significativo di un atteggiamento costruttivamente critico nei confronti della norma che nasce proprio da considerazioni che sono alla base di questo lavoro. Tuttavia, dal punto di vista giuridico, il rispetto delle norme emanate dal CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) è condizione sufficiente ma non necessaria per ritenere soddisfatta la 3

2 Introduzione Regola d Arte nell attuazione della sicurezza elettrica. In questa ottica si cercherà di mettere in risalto i punti in cui la normativa non risulta particolarmente né adeguatamente cautelativa, come nel caso di sale per endoscopia, identificando altresì ipotesi impiantistiche che congiuntamente all utilizzo delle apparecchiature possano ridurre ulteriormente il subdolo rischio di fibrillazione ventricolare (o di gravi aritmie). 4

3 1 IL RISCHIO ELETTRICO NEI LOCALI AD USO MEDICO Art 1 Tutti i materiali, le apparecchiature,le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d arte Art 2 I materiali, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola d arte (Legge 186 del primo marzo 1968 ) La presenza d elettricità nell ambiente medico è diventata un requisito quasi indispensabile nelle varie pratiche mediche: si pensi al più banale dispositivo elettromedicale fino al complesso sistema di una sala operatoria. In tali strutture il problema della sicurezza elettrica, e quindi la realizzazione dei dispositivi e degli impianti a regola dell arte, è particolarmente rilevante per le implicazioni etiche, legate alla salvaguardia della vita umana in un ambiente a ciò preposto. I pericoli derivanti dall elettricità in un locale ad uso medico possono essere raggruppati in due categorie: il primo e più ovvio tipo di pericolo è legato all impianto elettrico, il secondo è condizionato all utilizzo di apparecchiature elettromedicali. Ovviamente, la sicurezza elettrica dell impianto e quella delle apparecchiature elettromedicali concorrono strettamente ad offrire le adeguate condizioni di sicurezza per svolgere moltissime pratiche cliniche. L entità del danno provocato dal passaggio di una corrente elettrica attraverso il corpo umano è sicuramente variabile e dipende da una serie di parametri quali, ad esempio il tipo di contatto, la sua durata, ecc.. I contatti indiretti possono essere causa per il paziente di rischi elettrici classificabili come macroshock e microshock, eventi pericolosi che possono provocare innesco di fibrillazione ventricolare. Il microshock, a differenza del macroshock, è caratteristico dei locali ad uso medico dove la presenza del paziente connesso a dispositivi medici che utilizzano un contatto elettrico diretto con la zona cardiaca, espone ovviamente il paziente a gradi di pericolosità di gran lunga superiori e tali quindi da richiedere accorgimenti tecnici del tutto particolari. Nel presente capitolo si cerca di fornire una compendiosa panoramica del rischio elettrico nei locali adibiti ad uso medico. 5

4 1.1 Effetti dell elettricità sul corpo umano Correva l anno 1790 quando Luigi Galvani, professore di anatomia all università di Bologna, condusse i suoi celebri esperimenti sulla contrazione del muscolo di rana per mezzo di un bimetallo. Egli dichiarò trattasi di elettricità animale che si scaricava attraverso il bimetallo, Alessandro Volta, professore di fisica all ateneo pavese, non soddisfatto di questa spiegazione, cercò di dare al fenomeno un interpretazione fisica più completa e corretta. Galvani fece bene ad associare l attività elettrica a quella biologica, ma Volta aveva ragione nel considerare la rana un semplice conduttore elettrolitico, che chiudeva il circuito tra due metalli di natura diversa. L attività biologica si accompagna ad un attività elettrica. Nulla da meravigliarsi quindi che correnti elettriche esterne, sommandosi alle piccole correnti fisiologiche interne, possano alterare le funzioni vitali dell organismo, fino a provocare effetti letali. L eccitabilità della cellula è legata al fatto che, come si spiegherà più in dettaglio nel paragrafo 1.1.4, sussistono delle differenze di potenziale a livello della membrana cellulare. Per adesso cominciamo a precisare che ogni cellula elettricamente attiva è caratterizzata da una curva di eccitabilità che prende il nome di curva intensità-durata. Questa contiene già i presupposti della curva di pericolosità tempo-corrente per l intero corpo umano che come vedremo in seguito, è anch essa molto simile a un iperbole equilatera. Una membrana cellulare può essere modellata tramite una resistenza e una capacità in parallelo. Quando uno stimolo di corrente depolarizza la membrana a riposo si genera un potenziale d azione e la cellula è eccitata. Le strutture muscolari e nervose così come lo stesso muscolo cardiaco sono caratterizzate da un valore minimo di intensità di corrente capace di provocare la stimolazione che prende il nome di reobase. Lo stimolo, però, eccita la cellula solo se ha un intensità sufficiente in relazione al tempo per cui permane. Si può definire dunque una curva di eccitabilità della cellula I=I(t) descritta dalla seguente espressione: I = R m V 1 e th t τ I 0 = 1 e t τ Dove V th è la tensione di soglia (circa 20 mv); t è la durata dello stimolo; τ è la costante di tempo della membrana ed è pari a τ=rmcm. La reobase rappresenta la minima intensità dello stimolo capace di produrre l eccitamento della cellula se applicato per un tempo indefinito ed è uguale a I = 0 V R th m 6

5 Per caratterizzare la curva si fa anche riferimento al tempo minimo per cui deve essere applicato uno stimolo di ampiezza doppia di quella di reobase per produrre l eccitamento (tempo di cronassia). Figura 1 : Curva intensità-durata Quando una corrente elettrica attraversa il corpo umano può, dunque, produrre effetti pericolosi consistenti generalmente in alterazioni di varie funzioni dell organismo (comprese alcune vitali), in lesioni al sistema nervoso, ai vasi sanguigni, all apparato visivo e uditivo, all epidermide ecc.. Alcuni tra questi effetti risultano essere particolarmente pericolosi. In condizione di macroshock si possono osservare alcuni degli effetti precedentemente citati e solo correnti e tensioni di contatto particolarmente elevate possono dare origine alla fibrillazione ventricolare. In caso di microshock la fibrillazione ventricolare avviene con elevata probabilità anche con valori di corrente e tensione relativamente molto bassi. Nel seguito si elencano alcuni dei principali effetti della corrente sull organismo umano Tetanizzazione Il passaggio della corrente elettrica attraverso le strutture neuromuscolari, quando questa raggiunge determinati livelli, provoca il tetano muscolare o la tetanizzazione muscolare: questa consiste di una serie di violente contrazioni muscolari (contrazioni toniche), senza intervalli di rilassamento, a carattere involontario, simili a quelle osservabili nei malati di tetano. Le correnti a frequenza 7

6 industriale, capaci di provocare il tetano muscolare, hanno intensità tre o quattro volte superiore alla reobase Ustioni Quando il corpo umano è attraversato dalla corrente elettrica, cioè viene a far parte di un circuito elettrico, possono verificarsi ustioni lungo il percorso della corrente nei punti dove questa assume densità elevate. Il fenomeno delle ustioni è legato all effetto Joule: la trasformazione di potenza elettrica in potenza termica provoca un innalzamento della temperatura locale e quindi la comparsa di specifiche lesioni (spesso il punto di contatto elettrico, e quindi quello a maggiore densità di corrente, è la cute: tali lesioni cutanee sono anche note come marchio elettrico ) Arresto della respirazione I centri respiratori governano, attraverso un attività automatica riflessa, i movimenti respiratori; si tratta di centri nervosi, inspiratori ed espiratori, situati nel pavimento del quarto ventricolo e collegati funzionalmente con i centri che regolano la pressione del sangue e il ritmo del cuore e ad un centro della protuberanza (centro pneumotassico) che sembra sensibile alla concentrazione di anidride carbonica e che svolge, in particolare, la funzione di regolare il ritmo del respiro. Dai centri respiratori si dipartono le fibre che portano gli impulsi ai vari nuclei motori che comandano i movimenti della laringe, del diaframma e i muscoli inspiratori. Il passaggio della corrente elettrica nei centri respiratori può provocare l arresto della respirazione (paralisi respiratoria), senza alcuna possibilità di ripresa e di regolazione volontaria del ritmo. Questo fenomeno può verificarsi per inibizione diretta dei centri respiratori o per contrazione tetanica dei muscoli della gabbia toracica; viene comunque resa impossibile la ventilazione, ossia l ingresso e l uscita dell aria dai polmoni, a causa dell assenza dei necessari movimenti respiratori del torace. Il risultato è l asfissia, con mancata ossigenazione di tutti gli organi e gli apparati e l accumulo di anidride carbonica nei tessuti, che, se protratta nel tempo, può portare alla morte dell individuo Elettrofisiologia cardiaca e fibrillazione ventricolare Lo studio degli effetti patologici delle correnti elettriche, per quanto riguarda la fibrillazione ventricolare, richiede di premettere alcuni brevi cenni sui potenziali bioelettrici, con particolare riferimento al cuore e al ciclo cardiaco. I potenziali bioelettrici sono caratteristici di tutte le cellule eccitabili e pertanto anche di quelle miocardiche. Si tratta di differenze di potenziale tra l interno e l esterno della membrana cellulare. Tali strutture agiscono come filtri selettivi di ioni: gli ioni che principalmente contribuiscono alla generazione dei potenziali biolettrici sono il sodio, il potassio e il cloro. Sulla membrana cellulare si determina dunque un gradiente di concentrazione e un gradiente di potenziale elettrico. Il potassio (K+), ha una concentrazione maggiore all interno delle 8

7 cellule; il sodio (Na+), invece, tende a concentrarsi all esterno della membrana cellulare. Quando la cellula si trova in condizioni di riposo, si stabilisce un equilibrio dinamico: il flusso totale di ioni Na+ e K+ che attraversa la membrana cellulare, per effetto del potenziale elettrico, fornisce una corrente risultante nulla. Pertanto le concentrazioni di ioni esterne e interne rimangono costanti, con uno squilibrio di carica positiva all esterno della membrana dovuto principalmente alla diversità di concentrazione tra esterno e interno degli ioni Na+ e K+: la cellula è dunque polarizzata. Rispetto alla superficie esterna, il potenziale all interno della membrana cellulare è negativo, dell ordine di -50mV/ -100mV. Per le cellule miocardiche è stato stimato essere pari a - 80mV. Oltre alle forze di natura elettrostatica e al gradiente di concentrazione nella cellula agiscono altre forze, di natura enzimatica,mediante le quali la cellula assorbe o espelle ioni, in particolare ioni Na+ e K+.Si tratta di forze che contribuiscono a ripristinare la concentrazione ionica di polarizzazione, quando questa viene alterata; il fenomeno prende il nome di trasporto attivo ed è legato all azione di una particolare struttura: la pompa sodio-potassio. Le strutture eccitabili conseguentemente a uno stimolo vanno incontro a un fenomeno reversibile, denominato potenziale di azione che si manifesta come una depolarizzazione della cellula (cambiamento di segno del potenziale interno rispetto all esterno). Il potenziale d azione si innesca per effetto di una variazione della conduttanza specifica degli ioni sodio e potassio in funzione di uno stimolo al variare del tempo. Una particolare proprietà delle cellule cardiache è quella dell autoritmicità, ovvero la proprietà di eccitarsi spontaneamente e sempre con la stessa frequenza, per il fatto che la permeabilità della membrana rispetto agli ioni sodio e potassio decade spontaneamente. La conduttanza decresce spontaneamente fino a quando, raggiunto il valore di soglia( tra -70mV e -40mV)del potenziale di membrana, si innesca il potenziale di azione ( depolarizzazione fino a un picco di 20 mv); tale decadimento determina, in modo ciclico, l innesco del potenziale d azione, senza che intervengano stimoli esterni. In modo particolare, l autoritmicità è propria del nodo senoatriale e del nodo atrioventricolare. Nel cuore sano, il generatore biologico di impulsi che presiede al ciclo cardiaco è il nodo senoatriale: situato nell atrio destro, avente una frequenza di depolarizzazione più elevata di quella di tutele altre cellule del cuore. Sono gli impulsi del nodosenoatriale, pertanto, a sincronizzare tutte le cellule del cuore e a propagare l eccitazione, prima che insorga la depolarizzazione spontanea. Per il semplice contatto, le fibre muscolari atriali trasmettono la depolarizzazione a tutta la zona atriale, con una velocità dell ordine di 1 m/s (in 100ms gli atri risultano depolarizzanti). Dal punto di vista della trasmissione della depolarizzazione, il cuore è diviso in senso trasversale da un setto isolante, che separa gli atri dai ventricoli. Tale setto è attraversato da una formazione anatomica simile al nodo seno atriale, che prende il nome di nodo atrioventricolare, dal quale hanno origine i fasci di His, gruppo di fibre dotato di un elevata 9

8 conducibilità elettrica. I fasci di His mettono in collegamento elettrico il nodo atrioventricolare con le fibre del Purkinje, che portano lo stimolo elettrico al tessuto muscolare delle branche ventricolari comandandone le contrazioni. Tale conformazione anatomica fa sì che l impulso proveniente dagli atri si trasmetta ai ventricoli solo attraverso il nodo atrioventricolare, con una velocità di 0,1m/s: dieci volte inferiore a quella di trasmissione negli atri. Il conseguente ritardo di trasmissione dell impulso nella zona ventricolare (0,5s) permette il riempimento dei ventricoli stessi prima che abbia inizio la loro contrazione. Dal nodo atrioventricolare, l impulso si trasmette ai fasci di His e da questi alle fibre del Purkinje, per le quali la velocità di propagazione è invece dell ordine di 1,5/2,5 m/s, superiore anche a quella che si rileva nelle fibre atriali. Figura 2: propagazione della depolarizzazione dal nodo senoatriale alle varie regioni del cuore (valori in secondi) Il cuore, proprio a causa della natura elettrica del suo funzionamento, è particolarmente sensibile alla corrente elettrica. Le correnti esterne che attraversano il cuore definiscono una densità di carica a livello delle sue strutture cellulari. Il flusso di cariche esterne va a alterare la normale distribuzione di ioni a ridosso della membrana cellulare generando un instabilità elettrica delle strutture cellulari. L attivazione anomala di alcuni punti del cuore determina un alterazione del fronte di depolarizzazione che avanza normalmente dagli atri verso i ventricoli percorrendo il circuito preferenziale di conduzione del cuore e attivando via via le cellule del miocardio di lavoro. Questa instabilità elettrica determina un asincronismo nell attività meccanica: il cuore perde la sua funzione di pompa contraendosi come un sacco pieno di vermi : si parla di fibrillazione ventricolare. La probabilità che si verifichi la fibrillazione ventricolare è funzione sia dell'intensità di corrente sia della sua durata ma dipende anche dal momento in cui la corrente attraversa il cuore; la 10

9 fibrillazione ha buone possibilità di innesco quando la corrente fluisce attraverso il cuore durante un periodo critico, in corrispondenza della fase di espansione (diastole), detto di vulnerabilità. Tale periodo si presenta sul fronte dell onda T e ha una durata compresa fra il 10 e il 15% del ciclo cardiaco pari a 0,10 / 0,15 s. Si deve pertanto ritenere, che per durate superiori al periodo del battito cardiaco la fibrillazione ventricolare può manifestarsi sempre al di sopra dei limiti di corrente indicati; per periodi inferiori la fibrillazione si manifesta con una probabilità che è legata al rapporto tra la durata della corrente e la durata del ciclo cardiaco. Inoltre la parte più sensibile del cuore è l area ventricolare destra, vicina all apice : pertanto alcune parti del cuore sono più sensibili di altre. La fibrillazione ventricolare é reversibile entro i primi due o tre minuti soltanto se il cuore é sottoposto ad una scarica elettrica molto violenta tramite defibrillatore. 1.2 Considerazioni generali su Macroshock e Microshock Si distinguono due modalità attraverso le quali può aversi passaggio di corrente elettrica nel cuore: macroshock e microshock. Il macroshock viene identificato con la scossa, con la comparsa di vari fenomeni fino ad arrivare alla tetanizzazione muscolare (mancanza più o meno accentuata della respirazione, possibili svenimenti, asfissia, collasso ed eventuale perdita dei sensi), mentre il microshock lo si identifica con una microscossa a livello cardiaco. Per stabilire, quindi, il grado di pericolosità di una differenza di potenziale che può interessare il paziente, è di grande importanza conoscere il modo con cui si può presentare il contatto elettrico. Se il contatto avviene a livello epidermico ed anche nella peggiore delle ipotesi, quale il contatto mano-mano, solo una porzione di corrente attraversa il cuore (valori pericolosi intorno a 100 ma) e si ottiene il tipico fenomeno di macroshock. Si ha il pericolo di microshock quando una corrente, pur piccolissima (valori pericolosi intorno a 10 µa), interessa direttamente il muscolo cardiaco e può innescare il fenomeno della fibrillazione ventricolare. Si pensi, ad esempio, all impiego di un catetere intracardiaco in grado di condurre la corrente elettrica: in tal caso si può verificare un passaggio della totalità della corrente in una regione localizzata del muscolo cardiaco (ad esempio in corrispondenza della punta del catetere). Il macroshock, dunque, può riguardare sia il paziente che gli operatori e si verifica quando un individuo (o meglio la sua superficie corporea) viene a contatto con una differenza di potenziale in modo da non interessare a fondo (direttamente, esclusivamente) la massa cardiaca. Il microshock in genere si verifica quando una differenza di potenziale viene applicata direttamente al cuore attraverso una sonda intracardiaca. Si noti come l intensità di corrente che provoca il microshock sia volte più piccola di quella che provoca il macroshock e di conseguenza, anche piccoli 11

10 valori di eventuali differenze di potenziale che si venissero a creare (ad esempio tra due strumenti che possono venire a contatto del paziente) devono essere contenuti entro i limiti accettabili; addirittura, in sale operatorie di particolare importanza (interventi a cuore aperto), entro 10mV e anche meno. Si presenta, quindi, il macroshock quando si ha un passaggio di corrente nella persona dovuto al contatto con una parte accidentalmente in tensione. La corrente in generale (seppur si differenziano vari tipi di percorsi) attraversa il corpo interessandone un'ampia sezione ma solo una minima parte fluisce attraverso il cuore. Il rischio che il cuore entri in fibrillazione ventricolare è relativamente al caso di microshock molto più basso. I rischi aumentano quando il paziente è sottoposto a pratiche medico chirurgiche che comportano interventi di cateterismo cardiaco oppure, più semplicemente, l'applicazione di sonde o elettrodi in prossimità del cuore. Non si parla più di macroshock ma di microshock perché la corrente, concentrata nella zona cardiaca, introduce un disturbo agli equilibri elettrofisiologici dell'attività cardiaca che rende di gran lunga più elevata la probabilità di una fibrillazione ventricolare. Come si può intuire anche dall analisi della figura 3 la differenza sostanziale risiede nella densità di corrente che interessa il cuore: in caso di microshock, a parità di corrente, risulta notevolmente maggiore. Tratteremo più avanti, in maniera dettagliata, dei valori di densità di corrente capace di indurre fibrillazione ventricolare. Figura 3 : Condizioni di Macroshock e di Microshock 1.3 Limiti di pericolosità della corrente elettrica Zone di pericolosità convenzionali IEC della corrente elettrica alternata sinusoidale a 50, 60 Hz I limiti di pericolosità variano a seconda del tipo di contatto. Con riferimento al macroshock i limiti convenzionali di pericolosità della corrente elettrica alternata in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo umano, sono stati riassunti in un grafico tempo-corrente [1]. 12

11 Per correnti alternate fino a: 0,5 ma (soglia di percezione) il passaggio di corrente non provoca nessuna reazione qualunque sia la durata; 10 ma (limite di rilascio - durata qualsiasi) non si hanno in genere effetti pericolosi; >10 ma non pericolosa se la durata del contatto è decrescente rispetto al valore di corrente. Figura 4 : Caratteristiche convenzionali di pericolosità Corrente nel corpo umano Ib-Durata del passaggio della corrente t, per il percorso mano sinistra-piedi, nel campo di frequenza tra 15 e 100 Hz. Quando si parla di pericolosità della corrente elettrica si fa riferimento, convenzionalmente, ad una suddivisione su base statistica del piano (t,i), dove I è il valore della corrente (in ma) che attraversa un corpo di un individuo medio per un tempo t (espresso in ms). Il piano viene suddiviso in 4 zone, come in figura 4, a seconda della pericolosità degli effetti procurati dalla corrente stessa: 1) in zona 1, ovvero per correnti inferiori a 0.5mA, non si hanno abitualmente reazioni percettibili, salvo in caso di microshock 2) in zona 2 si hanno reazioni del corpo umano, ma senza effetti fisiologicamente pericolosi salvo in caso di microshock 3) in zona 3 (compresa fra la curva b e la c1) si hanno effetti pericolosi, ma reversibili, che abitualmente si concludono senza danni organici: contrazione dei muscoli, difficoltà respiratorie, difficoltà nella formazione e nella conduzione degli impulsi del cuore, fino alla possibilità di arresto cardiaco. Non è tuttavia contemplata la possibilità di fibrillazione ventricolare, che costituisce la più probabile causa di morte in questi casi. Al crescere del tempo di esposizione, va 13

12 comunque contemplata la possibilità di ustioni per effetto termico. La caratteristica b, in una prima edizione della Norma IEC, corrispondeva ad una caratteristica in continua rappresentata dall equazione: I(mA)=10+10/t(s), che riportiamo per osservare che essa ha un andamento analogo a quella della caratteristica di eccitabilità della cellula, con valore asintotico corrispondente alla reobase; essa è stata sostituita, nel 1998, dalla spezzata che appare in figura; il primo termine è il limite per la corrente di rilascio e rappresenta, convenzionalmente, il massimo valore di corrente sopportabile per un tempo indefinito. 4) in zona 4, invece, è prevista una certa possibilità di incorrere nella fibrillazione ventricolare, via via più probabile superando le curve c2 (5%) e c3 (50%). Si possono distinguere, sostanzialmente, tre fasce di intensità di corrente, nelle quali predominano gli effetti delle correnti nella sola muscolatura, gli effetti cardiaci e gli effetti nervosi: zone 2, 3, 4. La curva c1, che delimita la zona di fibrillazione ventricolare mostra che il limite di innesco (probabilità 0%) si ha per una corrente pari a circa 40 ma, per un tempo indefinito, a cominciare da circa 2 s. Vengono assunti in corrispondenza di un tempo indefinito, all interno della zona 4, i due valori di corrente 50 e 80 ma, ai quali corrispondono, rispettivamente, probabilità dal 5 al 50% di fibrillazione ventricolare. Nel diagramma la curva, compresa tra la b e la c1, rappresenta i valori ammissibili di durata della corrente ed è stata assunta, in sede internazionale, come curva di sicurezza corrente-tempo. In riferimento a questa curva vengono dimensionati i sistemi di protezione contro i contatti indiretti per interruzione automatica dell alimentazione. Il diagramma riportato in figura 4 è stato ricavato facendo riferimento al percorso mano sinistrapiedi, è quindi evidente che i limiti di pericolosità variano anche in relazione ai punti di ingresso e uscita della corrente. Per questo motivo è stato definito un fattore di percorso che indica la pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso mano sinistra-piedi [2]. Percorso Fattore di percorso Mani - Piedi 1 Mano sinistra - Piede sinistro 1 Mano sinistra - Piede destro 1 Mano sinistra - Entrambi i piedi 1 Mano sinistra - Mano destra 0,4 Mano sinistra - Dorso 0,7 Mano sinistra - Torace 1,5 Mano destra - Piede sinistro 0,8 Mano destra - Piede destro 0,8 Mano destra - Entrambi i piedi 0,8 Mano destra - Dorso 0,3 Mano destra - Torace 1,3 Glutei - Mani 0,7 Tabella 1 : fattori di percorso 14

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