Tra Ottocento e Novecento Il Decadentismo

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1 Tra Ottocento e Novecento Il Decadentismo Giovanni Pascoli La vita Il poeta nascque a San Mauro di Romagna.Rimase orfano da piccolo e trascorse l infanzia nel collegio degli Scolopi. Terminò gli studi liceali e potè frequentare l Università di Bologna grazie ad una borsa di studio. Per aver partecipato ad una manifestazione anarchica venne arrestato e trascorse cinque mesi in carcere durante i quali maturò la decisione di laurearsi velocemente per provvedere alle sorelle minori uniche superstiti della famiglia. Iniziò come insegnante nei licei a Matera e incominciò a scrivere le poesie di Myricae, scrive anche dei carmi in latino e vince un premio di poesia ad Amsterdam con il quale riesce a comprare una casa in Garfagnana a Castelvecchio di Barga (oggi Castelvecchio Pascoli). In questa casa ricostruisce con le sorelle e il fratello il nido disperso. Il termine Myricae deriva dal quarto verso di un egloga di Virginio. Vinse la cattedra di letteratura greca e latina a Bologna e inizia a scrivere critica dantesca. Nel 1903 scrive i canti di Castelvecchio e ottiene il tanto sospirato trasferimento alla cattedra di Pisa. il ritorno a casa è una delusione perché la sorella si sposa e in casa rimarranno Mariù e Giovannino. Giovanni Pascoli era un uomo corpulento, avaro e trasandato, a causa della fame patita in gioventù il Pascoli si fa sempre più solitario e misantropo a causa della sua paura della vita. La stessa poetica del Pascoli testimonia una situazione di regressione, la fuga dalla vita adulta e dalla realtà verso un modo di sensazioni originarie. è chiamato fanciullino. Il tema i fondo sono le campagne e il lavoro delle campagne. Un altro aspetto fondamentale della poesia di Pascoli è l onomatopea che contribuisce a creare un linguaggio chiuso e simbolico. Poetica La figura simbolica più ricorrente nella poesia del Pascoli, vera e propria metafora ossessiva originaria è quella del nido sia nella forma reale di dimora degli uccelli, sia in quella traslata della casa, della culla, del rifugio. Il rapporto di dipendenza dai parenti è totale perciò il nido esprime attraverso questa rappresentazione simbolica la paura del mondo e il desiderio di protezione. Il nido significa la sicurezza del cibo e degli affetti. Soprattutto nelle prime opere compaiono anche i cari morti familiari, padre, madre, fratelli che nella vita ideale del poeta continuano a consigliarlo, confortarlo e ad ammonirlo. La campagna con i suoi riti, le sue stagioni, le regole dei lavori e dei riposi, suggerisce l idea di un autosufficienza materna che contribuisce a chiudere fuori tutto ciò che appare rischioso o minaccioso. L immagine degli uccelli è di gran lunga superiore alle altre immagini utilizzate da Pascoli, ed appaiono come personaggi di una regione superiore dalla quale inviano i loro messaggi. Le onomatopee contribuiscono a creare un linguaggio chiuso, riservato, lontano dalla logica normale e dunque carico di simbolismo. Il simbolismo determina le peculiarità stilistiche della poesia pascoliana, con Pascoli la tradizione lirica appare profondamente rinnovata. Pascoli si è formato fuori del Risorgimento, è cresciuto cioè in un periodo in cui alle contraddizioni della società borghese si stava cercando una soluzione nel socialismo emergente, che in Italia si presentava nella variante anarchica, mentre la grande borghesia, alleata con gli agrari del Sud, la cercava in un governo forte e reazionario.

2 Quando il Pascoli rinuncia alle idee del socialismo anarchico (politicamente impegnato), approda progressivamente alla convinzione che il mondo e la nuova società borghese sono dominati da forze negative troppo superiori per essere vinte. Al massimo -pensa il Pascoli- è possibile attenuare l'impatto di queste forze sugli uomini, mediante una sorta di socialismo umanistico e filantropico (nel senso che tutte le classi sociali devono trovare ai loro conflitti una relativa conciliazione, nella consapevolezza di sentirsi reciprocamente indispensabili), e mediante una sorta di patriottismo-nazionalistico, per il quale le classi oppresse hanno il diritto a un'espansione coloniale verso l'africa e di conquistare le terre irredente del nord-italia, al fine di dimostrare le loro grandi capacità lavorative e civilizzatrici: in tal modo il Pascoli sperava di attenuare le forti tensioni sociali che erano scoppiate in tutta la nazione. Il suo discorso La grande proletaria, pronunciato nel 1911, al tempo dell'impresa libica, destò grandi entusiasmi nella stampa e nei teatri. Il Pascoli eredita chiaramente la fine delle illusioni del secondo Ottocento nelle capacità della scienza-tecnica-industrializzazione di superare il dolore, la sofferenza, le contraddizioni degli uomini. Tutte queste cose non hanno tolto ma hanno anche creato nuovi dolori (la scienza -per il Pascoli- è solo servita a togliere le illusioni della religione). Il male, per lui, non è generato dalla natura (che anzi è "madre dolcissima") ma dall'uomo sociale (ritenuto assai diverso dall'uomo primitivo, "buono per natura"). Mentre il positivismo, fiducioso nella scienza, aveva concepito l inconoscibile come una sorta di territorio ignoto da sottoporre progressivamente a una ricerca condotta col metodo sperimentale, Pascoli ne fa il centro di una sofferta meditazione. La scienza, secondo lui, ha ricondotto la mente dell uomo alla coscienza del suo destino inesplicabile, non ha assolutamente donato libertà all uomo, ma, anzi, la società industriale, valorizzata dal positivismo, soffoca l uomo, gli nega ogni piacere: viene così definito il "rifiuto della storia" secondo il quale la storia viene contrapposta al mondo campestre delle piccole cose. Unico rimedio al male consiste infatti nel fuggire tutto ciò che è prodotto di civiltà, rifugiandosi nel puro sentimento, nella solitudine, in un contatto più stretto con la natura, vista esteticamente ma anche come fonte di consolazione, come luogo simbolico in cui poter rievocare un passato, un'innocenza perduta definitivamente. La natura è anche un luogo in cui si può meditare sul problema del dolore, della morte, della sofferenza degli uomini in maniera distaccata, cioè senza cercare nel conflitto delle classi una soluzione alle contraddizioni sociali. La meditazione sul dolore e sul mistero di una vita che ci fa nascere felici e ci fa diventare infelici, deve portare l'uomo ad avere pietà del suo simile. Il dolore infatti ha qualcosa di sacro e di necessario e per renderlo più sopportabile occorre la fraternità universale. Bisogna ancora inserire Pascoli nel generale orientamento del tempo, il decadentismo, che rifiutava la civiltà contemporanea: mentre autori come Huysmans, Wilde, D Annunzio concretizzano questo rifiuto con il vagheggiamento di un mondo di pura bellezza, Pascoli lo concretizza o con il ripiegamento intimistico, spesso vittimistico, oppure nel vagheggiamento della campagna e delle umili cose, di un paradiso perduto. Nel poeta, inoltre, il rifiuto della storia dà come conseguenza amara la solitudine, l autocommiserazione, lo smarrimento di chi non riesce a vedere altro che la Terra come un atomo opaco del male. Ne deriva, quindi, la visione di una vita tutta raccolta nell ambito della famiglia, gelosamente custodita e difesa. Quella del Pascoli viene chiamata "poetica decadentistica della consolazione". Egli però definì la propria poetica con l'espressione "poetica del fanciullino". Il poeta cioè è un fanciullo che sogna e vede cose che gli altri non vedono né possono vedere, essendo abituati ai nessi logici, razionali delle cose. Il "fanciullino" privilegia l'intuizione alla ragione, il sogno al vero, l'invenzione alla riproduzione, l'arbitrarietà della parola alla normalità comunicativa (grandissimo, in questo senso, fu il contributo stilistico del Pascoli).

3 IL LAMPO E cielo e terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d'un tratto; come un occhio, che,largo,esterrefatto, s'aprì si chiuse, nella notte nera. IL LAMPO E cielo e terra si mostrò ciò che era: A la terra ansante, livida, in sussulto;b il cielo ingombro, tragico, disfatto:c bianca bianca nel tragico tumulto B una casa apparì sparì d'un tratto;c come un occhio, che, largo esterrefatto,c s'aprì si chiuse, nella notte nera. A 2. LE CARATTERISTICHE FORMALI DOMINANTI DELLA POESIA: Metrica: Due strofe (un verso-strofa e una sestina); Rima: Rime libere (A;B;C;B;C;C;A); Figure retoriche d ordine: -Climax ascendente: ansante, livida in sussulto, ingombro, tragico, disfatto, largo esterrefatto -Anastrofe: bianca bianca nel tacito tumulto, una casa apparì -Enjambement (v 6-7); Figure timbriche : -Paranomasia: apparì sparì Figure retoriche di significato: -Similitudine: come un occhio s aprì si chiuse -Ossimoro: tacito tumulto; -Metafora: terra ansante, cielo tragico -Anafora: bianca bianca (l'accostamento dei due aggettivi ha valore di superlativo) -Antitesi: apparì sparì i due verbi sono accostati senza nessun segno di punteggiatura. 3. INTENZIONE COMUNICATIVA In questa poesia Pascoli parla di un lampo che rompe il silenzio e la notte con una luce violenta tale che mette a nudo la vera realtà del mondo: la sua tragicità e il caos che la contraddistingue. La sua stessa casa è scossa dalla forza del lampo e, agli occhi del Pascoli, perde almeno in parte la sicurezza e il senso di protezione che aveva fino ad un momento prima anche se rimane connotata positivamente dal colore bianco in antitesi con il nero circostante.

4 Ed in questa situazione d angoscia e paura Pascoli sente la sua vita in bilico tra il voler restare in un nido ormai distrutto e l affrontare una vita piena d inganni. In questa poesia viene descritta la casa attraverso il colore bianco, per segnarne l'aspetto positivo come rifugio di fronte al temporale. Alla casa e al colore bianco che la differenzia, si contrappone il nero della notte con sensazioni opposte di paura e angoscia. La descrizione della casa accerchiata dal nero della notte durante un temporale con le sensazioni di paura e di terrore che gli vanno dietro, si trova anche nel "Temporale sempre dello stesso autore. La natura confusa dal temporale, il lampo illumina la notte, scoprendo cielo e terra, mostrando d'un tratto una casa nel buio. Viene messo in evidenza l'effetto visivo del lampo, come un'improvvisa apparizione della percezione illusoria e dell'angoscia e la percezione del dolore. All'inizio della poesia, cielo e terra compaiono legati, ma nel secondo verso, tra di loro si avverte una rottura. La casa è un posto sicuro, racchiuso in un momento di stabilità nello sconvolgimento della natura e del paesaggio. Esso è breve, in quanto dura solo per un istante e poi sparisce nell'oscurità. Essa viene paragonata ad un occhio che si apre e si chiude per ricevere una tragica realtà, e mostra lo stupore ed il timore per la natura I tre aggettivi, presenti nei versi due e tre, sono la proiezione dello stato d'animo dell'autore. Questi aggettivi danno vita ad un climax ascendente che conferisce alla realtà un clima più umano e sconvolto: tormentato, triste. In questa poesia domina il senso visivo; le altre immagini sono utilizzate per dare una rappresentazione umana e psicologica della natura. 4.PROBLEMATICA AFFRONTATA Il poeta Pascoli sente il bisogno di torcersi nel proprio io, per osservarlo, comprenderlo e cercare una vita interiore reale.egli fondò le sue poesie sull enigma che circonda l'uomo, sulla sensibilità delle piccole cose, sulla musicalità della poesia, sulla quasi continua presenza della morte. Molte delle sue poesie prendono spunto dalle piccole cose della vita comune, avvolta nel mistero e nella sofferenza. Pascoli cerca di evidenziare il doppio significato delle cose, adottando un linguaggio ricco di sinonimi e somiglianze. Spesso le parole assumono un significato fonosimbolico. Una delle raccolte di poesie più significative del Pascoli è Myricae. I temi principali trattati nell'opera sono quello di una natura rappacificatrice e amichevole, quello dell'infanzia, del nido distrutto ed il tema della morte. Varie poesie del Pascoli hanno come sfondo elementi atmosferici, come la nebbia, i tuoni, i fulmini Possiamo trovare fenomeni di questo tipo nelle poesie come "Temporale", "Il lampo" ed "Il tuono. In queste poesie, il poeta presenta tali fenomeni come un qualcosa di pauroso anche per la terra stessa. Infatti per il poeta, il mondo all'esterno del nido familiare è indefinito e pericoloso, e viene pertanto temuto dal poeta. 5. COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE Questa poesia è collegata a Il tuono e anche a temporale, con cui presentano molti elementi in comune, a cominciare dalla struttura metrica e dallo schema di rime, che sono identici. Le poesie sono costruite su un avvicinamento di sensazioni: qui più visive; e nella poesia il tuono essenzialmente uditive. In molti altri testi pascoliani, va sottolineata la esistenza del simbolismo: la rappresentazione di un fenomeno naturale serve infatti a trasmettere le impressioni e i sentimenti del poeta. La luce del lampo che illumina per un attimo il paesaggio è come un'improvvisa e tragica rivelazione della realtà della vita. Una casa bianca appare e poi scompare all'improvviso, soppressa dall'oscurità che è l insieme materiale e morale.

5 ORFANO (=interpretativo) Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. A Senti: una zana dondola piano piano. B Un bimbo piange, il piccolo dito in bocca; A Canta una vecchia, il mento sulla mano. B La vecchia canta: intorno al tuo lettino C C è rose e gigli, tutto un bel giardino. C Nei bel giardino il bimbo si addormenta D La neve fiocca lenta, lenta, lenta. D PARAFRASI Lentamente la neve cade. Ascolta: una culla lentamente dondola. un bambino piange e tiene il ditino in bocca; Anta un anziana, poggia il mento sulla sua mano. Un anziana canta: intorno alla tua culla C è un bel giardino con rose e gigli. In questo giardino il bambino dorme tranquillo. La neve cadde lentamente. ROSSO=chiasmo VERDE=anafora 2. Caratteristiche formali dominanti nella poesia: o Versi: 2 strofe composte da 8 versi endecasillabi. o Rime: il ritmo della poesia è sicuramente generato dalla costruzione delle rime, che si articolano in rime alternate nella prima strofa (AB AB) e baciate nella seconda (CC DD). Ciò permette, a livello ritmico, la creazione di una sorta di ninna nanna, la quale evoca un luogo immaginario (un bel giardino) che ritroviamo anche nella poesia Fides in cui regnano i gigli, anch essi ricorrenti in altre opere, come per esempio in quella intitolata I gigli. Timbro: sia per quanto riguarda il primo che l ultimo verso, si può notare in entrambi dapprima la costruzione di un chiasmo (lenta la neve fiocca la neve fiocca lenta) e successivamente di un anafora (fiocca, fiocca, fiocca lenta, lenta, lenta) che attribuisce un ritmo costante alla caduta della neve. Questa costruzione dona un forte valore semantico a questi versi, poiché il ritmo così scandito sembra voglia concorrere a trasportare il lettore in un clima di pace e tranquillità, quasi a distogliere l attenzione alla primaria impressione di tragicità che il titolo impone. Inoltre tutta la poesia è basata prevalentemente su campi uditivi come per esempio il rumore della culla, il pianto del bimbo e la cantilena dell anziana e non quindi visivi. Stile: in questa opera Giovanni Pascoli utilizza un registro linguistico molto semplice. Infatti utilizza un lessico, la cui semplicità espressiva è forse l elemento essenziale che permette al lettore di percepire ciò che l autore mediante questa opera vuole farci comprendere. L autore pone però questa poesia su due livelli, costruendo in questo modo: un significato primario; e il significato secondario, in cui è custodita l intenzione comunicativa del poeta. Figure retoriche: la sua avversione nei confronti del mondo esterno è riprodotta all interno di Orfano dalla forte contrapposizione tra il dentro protettivo (cioè la casa) e il fuori, un deserto bianco ma freddo. Tale contrapposizione è resa dalla particolare circolarità di questa poesia, la quale inizia e si chiude con la stessa immagine. Per quanto riguarda le figure retoriche d ordine in questa poesia Giovanni Pascoli inserisce un iperbato (canta una vecchia). 3. Intenzione comunicativa:

6 In questa opera il Pascoli vuole esprimere la tragedia e l illusione che tutto sia bello per il bimbo, il quale però solo apparentemente è cullato da calorosi sentimenti materni. In realtà infatti quest ultimo è orfano e quindi (secondo il Pascoli) la sua vita sarà solamente destinata ad essere una vita fredda e avara di sentimenti. 4. Problematiche affrontate: i temi più ricorrenti sono sicuramente l illusione, la solitudine, l infelicità, la libertà e i ricordi del passato. Queste tematiche hanno ispirato anche altre poesie di Giovanni Pascoli come: FIDES,ALLORA. 5. Collegamento con le altre poesie: secondo la mia opinione, nella poesia Orfano vi sono numerose analogie, soprattutto riguardanti i contenuti, rispetto a tutte le altre poesie, sempre di Giovanni Pascoli. Infatti rileggendo le poesie, che lo scorso anno abbiamo analizzato in classe, si può dire che il Pascoli attraverso la descrizione di un paesaggio naturale (come in L'ASSIUOLO ), di un evento climatico (come in Il tuono) oppure, come in questo caso, attraverso la descrizione di una situazione, cerca di esprimere la realtà del mondo esterno, che lo circonda ed in particolare il contrasto tra illusione e realtà che troviamo anche in FIDES. Più precisamente cerca di descrivere, attraverso le sue poesie, i suoi sentimenti ed il suo pensiero nei confronti del mondo. Infatti la sua struttura poetica, la scelta del lessico da utilizzare e dei contenti delle sue opere, non mostrano di certo una situazione interiore del poeta positiva, anzi, mostrano l esatto opposto. 6. Collegamento con la poetica dell autore: con la stesura di questa poesia si percepisce chiaramente che Giovanni Pascoli è un poeta di matrice decadente. Infatti in numerose delle sue opere si comprende la volontà di distaccarsi dal mondo che lo circonda, dalla realtà quotidiana; ed è proprio per tale ragione che si estranea da tutto il mondo esterno sentendosi poi solo e abbandonato, proprio come un orfanello. Inoltre, come per tutti i poeti decadenti, Giovanni Pascoli si rende conto della progressiva perdita della funzione sociale del poeta, però non trova, né cerca una soluzione a questo problema; anzi si isola totalmente dalla società che lo circonda. Si considera anche, come scrive nel suo Fanciullino superiore rispetto a tutti gli altri, proprio perché lui riesce a percepire ciò che le persone comuni non riescono a comprendere.

7 X AGOSTO ASCOLTA LA POESIA X AGOSTO San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla. PARAFRASI San Lorenzo, io lo so perché un così gran numero di stelle nell aria serena s incendia e cade, perché un così gran pianto risplende nel cielo. Ritornava una rondine al tetto : l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. Una rondine ritornava al suo nido: l uccisero: cadde tra rovi spinosi: ella aveva un insetto nel becco: la cena per i suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Ora è là, morta, come se fosse in croce, che tend quel verme a quel cielo lontano; e i suoi rondinini sono nell ombra, che attendono, e pigolano sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono ; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. Anche un uomo tornava alla sua casa: lo uccisero: disse: Perdono; e nei suoi occhi sbarrati restò un grido: portava con sé due bambole per le figlie... Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. Ora là, nella solitaria casa, lo aspettano, aspettano invano: egli, immobile, stupefatto mostra le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! E tu cielo, dall alto dei mondi sereni, che sei infinito, immortale inondi con un pianto di stelle quest atomo opaco del male! CARATTERISTICHE DOMINANTI DELLA POESIA: COMPONIMENTO METRICO : La poesia è composta da sei quartine in cui si alternano endecasillabi e novenari piani in rime alternata. (ABAB CDCD ) FIGURE RETORICHE D ORDINE DI SIGNIFICATO : metonimia (il suo nido che pigola)e (al suo nido), similitudine (come in croce) personificazione del Cielo; parallelismo tra la rondine e il padre FIGURE RETORICHE D ORDINE: anafora ( ora è la, ora è là; aspettano aspettano), Ritornava una rondine al tetto = iperbato, Nella prima strofa : troviamo nei primi due versi una consonanza della lettera L e un assonanza tra le parole arde e cade. Nel primo verso invece troviamo un enjambement. Nella seconda strofa : contrariamente troviamo in tutta la strofa una consonanza della lettera "R" e nel secondo verso si ha una cesura ad " uccisero".

8 Nella terza strofa: Nel primo verso si ha un enjambement Nella quarta strofa: Nel secondo verso ci sono due cesure e una rima interna (mondi/inondi). In tutta la poesia si ha un climax ascendente ed è circolare. Titolo: Dall analisi delle poesie pascoliane, per quanto riguarda la funzione del titolo, c e una forte prevalenza di titoli con fine informativo attraverso i quali il poeta fornisce informazioni riguardanti il tema della poesia stessa. Si può notare anche l uso non raro di titoli a scopo interpretativo, mediante i quali il Pascoli agevola al lettore la comprensione di ciò che la poesia vuole comunicare. In questo caso il titolo è informativo e dà il tema Ambientazione: L ambientazione è il passato con particolare riferimento alla morte del padre INTENZIONE COMUNICATIVA Questa poesia rievoca uno degli eventi più dolorosi della vita di Pascoli. Infatti il giorno di San Lorenzo, ovvero il 10 agosto Pascoli, ricorda la morte del padre assassinato mentre tornava a casa. Attraverso essa il poeta, infatti, vuole comunicare al lettore la sua tristezza per la mancanza del padre assassinato e la accentua mettendo a confronto una rondine abbattuta col cibo nel becco per i suoi rondinini e il padre che ritornava a casa portando due bambole alle figlie, in modo tale da sottolineare l ingiustizia e il male che prevalgono su questa terra. Il nido e la casa, per di più svolgono il ruolo di metafora degli unici rapporti d'amore possibili in un mondo d'insidie e di contrasti. A partecipare a questa tragica situazione vi è, non solo Pascoli in persona, ma anche il Cielo che con, appunto, la notte di San Lorenzo famosa per il fenomeno delle stelle cadenti, raffigura il pianto. Successivamente la figura del cielo si contrappone a quella della terra. Il cielo è infinito, immortale, immenso, mentre la terra non è altro che un piccolo atomo di dolore. In conclusione, secondo Pascoli, il cielo di fronte a questo triste fatto invade la terra con un pianto di stelle. Secondo me, emergono in questa poesia i tre grandi temi di Pascoli su cui, incentrava la sua poesia: il simbolo del nido, la sofferenza e il mistero del male. Il nido che intendeva Pascoli era il nucleo familiare, la protezione dei conoscenti più stretti dove ogni uomo può rifugiarsi. Nella poesia il nido è evidenziato bene perché, oltre al padre che tornava alla propria casa, c è un paragone con una rondine che torna al suo nido ; ma entrambi sono aspettati invano dai familiari: questi versi sono, secondo me molto autobiografici perché descrivono una sensazione che lui ha provato veramente. Subentra in questo tema, anche l amore familiare, la tenerezza e la gioia di un padre che torna a casa con doni, ma per Pascoli, quella sera, c'è stata una mancanza, una delusione, che si riflette sul suo senso di giustizia e nel mistero del male. PROBLEMATICA AFFRONTATA I temi che prevalgono in tutte queste poesie sono in primo luogo: - la morte in parallelo alla forte sofferenza; - il sentimento di tristezza nei confronti del presente.

9 Detto ciò, dopo aver quindi, analizzato alcune poesie del Pascoli, possiamo affermare che nella maggior parte dei casi il poeta esprime un profondo desiderio di morte in parallelo alla voglia di rincontrare i suoi cari e di sentirsi per la prima volta finalmente un po felice. Infatti come afferma in numerose sue opere, egli non lo è mai stato, e vorrebbe per questo ripararsi dal mondo che lo circonda per aspettare in piena tranquillità la sua pace eterna. Quindi si può dire, che fa riferimento ai ricordi del passato,e soprattutto delle sofferenze e delle pene dell infanzia. Con questa poesia il poeta vuole trasmettere la sua sofferenza per la morte del padre, evento improvviso, passato, lontano, ma forte ricordo che spinge il poeta a rimanere ancora legato all illusione di rivedere il genitore un giorno ritornare a casa (sottolineata dall anafora di aspettano e dall enumerazione per asindeto, la quale crea un atmosfera di attesa) e, quindi, a non rassegnarsi alla sua perdita. La rassegnazione, infatti, è sostituita dalla necessità del poeta di trovare un colpevole. COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE Leggendo le altre poesie ho notato che molte parlano della morte del padre di Pascoli, L'ASSIUOLO, ma una in particolare NOTTE DI NEVE mi ha colpito molto. Leggendo il titolo di questa poesia mi sono chiesta: Come si può associare l immagine di una notte magica, in cui la neve dolcemente cade, al tema della morte? In apparenza tale paragone sembra insensato, ma per Pascoli, invece, non lo è. Egli, ancora una volta, attraverso la poesia Notte di neve (titolo interpretativo), ha voluto esprimere se stesso trovando nella realtà che lo circonda un chiaro esempio della sua sofferenza e del suo desiderio di pace eterna, che può essere esaudito soltanto attraverso l arrivo della morte tanto attesa. Come si può notare, il bisogno del poeta di liberarsi dal proprio dolore e di trovare finalmente la serenità è evidenziato dalla parola chiave pace, la cui ripetizione (anafora) nel penultimo verso appare come un grido d aiuto, che rompe il silenzio della notte. Inoltre, Pascoli gioca molto con le associazioni allo scopo di caricare di significato la poesia. Egli, infatti, attraverso l espressione bianca oscurità (ossimoro), sottolinea la contrapposizione e, nello stesso tempo, la somiglianza tra la neve candida e il buio. La prima, di fatto, è vista come un chiarore ampio e fugace che esprime la tranquillità, la quiete tanto ricercata dal poeta, mentre l oscurità (e il cielo nero ) nasconde agli occhi di quest ultimo la serenità, mostrandogli, però, l unica possibilità per porre fine al suo tormento: la morte. Lo stesso discorso vale per l antitesi (e, anche, personificazione e chiasmo) tra grida la campana e l ombra tace. Il grido, infatti, sottolinea la necessità del poeta di trovare la pace, mentre il silenzio richiama l atmosfera che si crea al momento della morte. Infine, si può affermare che Notte di neve è un chiaro esempio di come, si possa trasmettere ciò che è nascosto nel profondo dell anima. COLLEGAMENTO CON LA POESIA DELL AUTORE Come ho detto sopra Pascoli, in molte poesie costruisce un forte contrasto tra illusione e realtà. Lui tratta soprattutto la morte dei suoi familiari. Egli afferma che all interno di ogni uomo vive un fanciullo che, grazie alla sua innocenza e alla sua sensibilità, è capace di penetrare nel cuore delle cose e di scorgerne il senso profondo. La vera poesia è l espressione di questo fanciullino che è in noi. Pascoli,inoltre, spiega che il poeta è colui che sa ascoltare ed esprimere quella parte dell animo che rimane fanciullo e, come un fanciullo, egli sa cogliere la gioia e la malinconia degli eventi. ASCOLTA LA POESIA

10 "Il tuono" E nella notte nera come il nulla,.a un tratto, col fragor d'arduo dirupo.che frana, il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,.e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, e poi vanì. Soave allora un canto s'udì di madre, e il moto di una culla. E nella notte buia come il nulla ad un tratto, come il frastuono di una rupe che frana dall alto, il tuono rintronò risuonando, facendo eco e rotolando nella notte ma subito smise, e poi rumoreggiò lontano nella notte come un onda di mare che si infrange sopra gli scogli ma svanì nuovamente. A quel punto si sentì il dolce canto di una madre, ed il rumore del dondolio della culla del suo bimbo. CARATTERISTICHE FORMALI Titolo: è informativo perché leggendo la parola "Il tuono" si capisce che si riferisce a un tema spaventoso come appunto la potenza di un tuono che ci rende atterriti. Il titolo informativo, infatti, permette l'acquisizione di notizie e informazioni a priori, da parte del lettore riguardanti il contenuto del testo poetico. Strofe Versi Rime : è una piccola ballata di 7 versi endecasillabi, il cui primo verso costituisce la ripresa. La e iniziale rende la continuità fra il filo del suo pensiero e l evento, e dà l idea che il poeta volesse continuare un discorso aperto in precedenza. Lo schema delle rime è A BCBCCA. Come si può notare la chiave interpretativa è la rima fra nulla (= spavento, collera della natura, vuoto, assenza) e culla (= rifugio contro le avversità, mondo degli affetti familiari). L anticlimax più la rima di schianto, rifranto e canto dà il passaggio dal negativo al positivo, infatti il simbolo del tuono diventa canto. Inoltre è presente una cesura e poi vanì (v.6) e un enjambement soave allora un canto s udì di madre (v.6-7). Figure di timbro: Allitterazione per consonanza in n (v.1); Paronomasia fra nella e nulla che da un senso d attesa iniziale (v.1); Allitterazione per consonanza in r e per assonanza in u ed o (v.2); Allitterazione per consonanza in r e per assonanza in o che riproduce il suono del tuono (v.4); Allitterazione in RIMB - RIM con funzione onomatopeica Onomatopea il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo. Figure retoriche di significato: Similitudine nera come il nulla paragonando il colore nero come l assenza e il vuoto; Sinestesia (v.2); il tuono rimbombò, rimbalzò, rotolò (v.4) associando a quest ultima la percezione uditiva a quella visiva. Figure retoriche d ordine:

11 Enumerazione:.per polisindeto e tacque, e poi rimareggiò, rinfranto e poi che rende più lento il ritmo quando il fenomeno sta per finire; per asindeto fra rimbombò, rimbalzò e rotolò che dà un ritmo incalzante e veloce, senza interruzioni, come un treno. Lo stile: questa poesia, come si può notare è un lungo periodo scandito da virgole e spezzato a metà dai due punti. Nella prima parte c è una proposizione reggente e una frase ipotattica mentre la seconda parte è composta da frasi paratattiche. Il lessico: non è complesso, infatti questa poesia è stata scritta alla fine dell ottocento. Di particolare rilevanza, è l aspetto fonico della poesia, infatti, inizialmente si hanno vocali chiuse nera come il nulla, poi vocali aperte tratto arduo, frana tuono e chiuse fragor dirupo. Infine vi sono parole tronche con echi di scoppi sonori rimbombò, rimbalzò, rotolò, rimaneggiò che risuonano cupi in lontananza fino allo svanirvi attraverso quel vanì. Campi semantici: di colore notte nera percettivo - sonoro rimbombò, rimbalzò, rotolò Soave allora un canto s'udì di madre il moto di una culla INTENZIONE COMUNICATIVA Pascoli, con questa poesia, vuole descrivere il tuono che, con alto fragore, rintrona nella notte scatenandosi in tutta la sua violenza terribile. L essere umano all udire questa voce possente della natura, s impaurisce come il bimbo che piange spaventato nella notte buia. All immagine minacciosa della natura si contrappongono, però, le figure rassicuranti della madre e della culla. Infatti, ad intervenire per tranquillizzare il suo bimbo fu la madre, la quale si assume un simbolo di protezione, di sicurezza e di pace serena. LA PROBLEMATICA AFFRONTATA Il poeta inizialmente esprime la sua angoscia per lo scatenarsi improvviso di elementi negativi inserendo segnali di morte ed immagini dell oscurità del nulla, ma riesce alla fine a tranquillizzarsi e riprendersi concludendo con l annuncio del rifiorire della vita. Infatti, la conclusione contiene una notazione consolatoria: il canto di una madre che culla il proprio figlio, ci riporta dentro quella casa che rappresenta il simbolo degli affetti più vitali e profondi del poeta. Questo carattere è reso noto anche dalle parole chiave: canto di madre e culla che rappresentano il nido e la vita che rinasce. Il mondo esterno è avvertito come una minaccia, simboleggiata dal tuono che, come tutti gli eventi atmosferici violenti, è per Pascoli simbolo di una oscura minaccia. IN contrasto con la drammaticità del mondo esterno troviamo la casa e la culla come elementi rassicuranti (il nido, tema classico della poesia pascoliana) COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE

12 Si può dire che questa poesia è il proseguimento della precedente, intitolata il lampo (facente parte della triade TEMPORALE, IL LAMPO e il tuono ), con la quale presenta alcuni elementi in comune, a cominciare dalla struttura metrica e dallo schema delle rime, che sono identici. Entrambe le liriche sono costruite su un accostamento di sensazioni: nel il tuono prevalgono le sensazioni uditive, mentre nel il lampo vi sono quelle visive. Inoltre in queste due poesie la rappresentazione di un fenomeno naturale e la descrizione di un paesaggio trasmettono i sentimenti del poeta. Infatti il tuono non racconta semplicemente un fenomeno naturale, ma rappresenta il mistero della natura, tramite la notte nera e il nulla (che dà smarrimento e sensazione di paura). COLLEGAMENTO CON LA POETICA DELL AUTORE L orizzonte tematico della raccolta Myricae è dominato dalle immagini dell infanzia e dal motivo del il nido famigliare distrutto, che rappresenta per il poeta un mezzo di ricongiungimento con la condizione affettiva infantile. Infatti si può notare come nella poesia il tuono, questi temi vengono fortemente espressi. Paure e dolcezze dell infanzia alimentano la poesia in cui il senso delle cose diventa sempre più allusivo e carico di suggestioni. Un altro argomento a cui possiamo fare riferimento, è quella del mistero, il cui senso avvolge la realtà dell ignoto che il poeta sa cogliere ed esplorare proprio perché possiede dentro di sé il fanciullino. Infatti è attraverso il fanciullino che si creano delle relazioni fuori dalla logica avvicinandosi al loro mistero. Il Pascoli grazie a questo cerca in ciò che lo circonda i particolari che svelano gli aspetti positivi e negativi della realtà. da IL FANCIULLINO È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, [..] ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell'età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell'angolo d'anima d'onde esso risuona. E anche, egli, l'invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all'uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d'un passato ancor troppo recente. Ma l'uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l'armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare,

13 come d'un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora. [..] Non l'età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l'altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell'anima. E se gli occhi con cui si mira fuor di noi, non vedono più, ebbene il vecchio vede allora soltanto con quelli occhioni che son dentro di lui, e non ha avanti sé altro che la visione che ebbe da fanciullo e che hanno per solito tutti i fanciulli. E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno. [..] Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? Che in qualcuno non sia, non vorrei credere né ad altri né a lui stesso: tanta a me parrebbe di lui la miseria e la solitudine. Egli non avrebbe dentro sé quel seno concavo da cui risonare le voci degli altri uomini; e nulla dell'anima sua giungerebbe all'anima dei suoi vicini. Egli non sarebbe unito all'umanità se non per le catene della legge, le quali o squassasse gravi o portasse leggiere, come uno schiavo o ribelle per la novità o indifferente per la consuetudine. Perché non gli uomini si sentono fratelli tra loro, essi che crescono diversi e diversamente si armano, ma tutti si armano, per la battaglia della vita; sì i fanciulli che sono in loro, i quali, per ogni poco d'agio e di tregua che sia data, si corrono incontro, e si abbracciano e giocano. Eppure è chi dice che veramente di generi umani ve ne ha due, e non si scorge che siano due, e che l'uno attraversa l'altro, sempre diviso ma sempre indistinto, come una corrente dolce il mare amaro. Vivono persino nelle stessa famiglia, sotto gli occhi della stessa madre, e vivono in apparenza la stessa vita germinata da uguale seme in unico solco; e questi sono stranieri a quelli, non d'un solo tratto di cielo e di terra, ma di tutta l'umanità e di tutta la natura. Essi si chiamano per nome e non si conoscono né si conosceranno mai. Ora se questo è vero, non può avvenire se non per una causa: che gli uni hanno dentro sé l'eterno fanciullo, e gli altri no, infelici! Ma io non amo credere a tanta infelicità. In alcuni non pare che egli sia; alcuni non credono che sia in loro; e forse è apparenza e credenza falsa. Forse gli uomini aspettano da lui chi sa quali mirabili dimostrazioni e operazioni; e perché con le vedono, o in altri o in sé, giudicano che egli non ci sia. Ma i segni della sua presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Egli è quello, dunque, che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l'ombra di fantasmi e il cielo di dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. Egli rende tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d'amaro e di dolce, e facendone due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l'amore, perché accarezza esso come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra un bramire di belve), accarezza e consola la bambina che è nella donna. Egli nell'interno dell'uomo serio sta ad ascoltare, ammirando, le fiabe e le leggende, e in quello dell'uomo pacifico

14 fa echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive, e in un cantuccio dell'anima di chi più non crede, vapora d'incenso l'altarino che il bimbo ha ancora conservato da allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce. E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l'adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore che ignoranza, e curiosità meglio che loquacità: Impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare. Né il suo linguaggio è imperfetto come di chi non dica la cosa se non a mezzo, ma prodigo anzi, come di chi due pensieri dia per una parola. E a ogni modo dà un segno, un suono, un colore, a cui riconoscere sempre ciò che vide una volta. C'è dunque chi non ha sentito mai nulla di tutto questo? Forse il fanciullo tace in voi, professore, perché voi avete troppo cipiglio, e voi non lo udite, o banchiere, tra il vostro invisibile e assiduo conteggio. Fa il broncio in te, o contadino, che zappi e vanghi, e non ti puoi fermare a guardare un poco; dorme coi pugni chiusi in te, operaio, che devi stare chiuso tutto il giorno nell'officina piena di fracasso e senza sole. Ma in tutti è, voglio credere. Siano gli operai, i contadini, i banchieri, i professori in una chiesa a una funzione di festa; si trovino poveri e ricchi, gli esasperati e gli annoiati, in un teatro a una bella musica: ecco tutti i loro fanciullini alla finestra dell'anima, illuminati da un sorriso o aspersi d'una lagrima che brillano negli occhi de' loro ospiti inconsapevoli; eccoli i fanciullini che si riconoscono, dall'impannata al balcone dei loro tuguri e palazzi, contemplando un ricordo e un sogno comune. Se è in tutti, è anche in me. [..] Comunque, parlo spesso con lui, come esso parla alcuna volta a me, e gli dico: Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d'un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporta nell'abisso della verità... Oh! Non credo io che da te vengano, semplice fanciullo, certe filze di sillogismi, sebbene siano esposte in un linguaggio che somiglia al tuo, e disposte secondo ritmi che sono i tuoi! [..] Tu dici in un tuo modo schietto e semplice cose che vedi e senti in un tuo modo limpido e immediato, e sei pago del tuo dire, quando chi ti ode esclama: anch'io vedo ora, ora sento ciò che tu dici e che era, certo, anche prima, fuori e dentro di me, e non lo sapeva io affatto o non così bene come ora! Soltanto questo tu vuoi, seppure qualche cosa vuoi dal diletto in fuori che tu stesso ricavi da quella visione e da quel sentimento. E come potresti aspirare ad operazioni così grandi tu con così piccoli strumenti? Perché tu non devi lasciarti sedurre da una certa somiglianza che è, per esempio, tra il tuo linguaggio e quello degli oratori. Sì: anch'essi, gli oratori, ingrandiscono e impiccioliscono ciò che loro piaccia, e adoperano, quando loro piace, una parola che dipinga invece di un'altra che indichi. Ma la differenza è che essi fanno ciò appunto quando loro piace e di quello che loro piaccia. Tu no, fanciullo: tu dici sempre quello che vedi come lo

15 vedi. Essi lo fanno a malizia! Tu non sapresti come dire altrimenti; ed essi dicono altrimenti da quello che sanno che si dice. Tu illumini la cosa, essi abbagliano gli occhi. Tu vuoi che si veda meglio, essi vogliono che non si veda più. Il loro insomma è il linguaggio artifiziato d'uomini scaltriti, che si propongono di rubare la volontà ad altri uomini non meno scaltriti; il tuo è il linguaggio nativo di fanciullo ingenuo, che tripudiando o lamentando parli ad altri ingenui fanciulli. Non è così?... Fanciullo, dunque, che non ragioni se non a modo tuo, dicendo di quando in quando le sentenze più comuni e più sublimi, più chiare e più inaspettate, tu puoi per altro, in ciò che ti riguarda più da presso, e intendere la mia e dire la tua ragione. [..] Il poeta,se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce perciò ispiratore di buoni e civili costumi, d'amor patrio e familiare e umano. [..] Ma il poeta non deve farlo apposta. Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d'un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio esso, che per farsi intendere da altrui. È, per usare imagini che sono presenti ora al mio spirito, è, sì, per quanto possa spiacere il dirlo, un ortolano; un ortolano, sì, o un giardiniere, che fa nascere e crescere fiori o cavolfiori. Sapete che cosa non è? Non è cuoco e non è fiorista, che i cavolfiori serva in bei piatti, con buoni intingoli, che i fiori intrecci in mazzetti o in ghirlandette. Egli non sa se non levare al cavolo qualche foglia marcia o bacata, e legare i fiori alla meglio, con un torchietto che strappa lì per lì a un salcio: come a dire, unisce i suoi pensieri con quel ritmo nativo, che è nell'anima del bimbo che poppa e del monello che ruzza. Ora il poeta sarà invece un autore di provvidenze civili e sociali? Senza accorgersene, se mai. Si trova esso tra la folla; e vede passar le bandiere e sonar le trombe. Getta la sua parola, la quale tutti gli altri, appena esso l'ha pronunziata, sentono che è quella che avrebbero pronunziata loro. Si trova ancora tra la folla: vede buttare in istrada le masserizie di una famiglia povera. Ed esso dice la parola, che si trova subito piena delle lagrime di tutti. Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detta. Ma non è lui che sale su una sedia o su un tavolo, ad arringare. Egli non trascina, ma è trascinato; non persuade, ma è persuaso. Egli afferma che in tutti noi c è un fanciullo che durante l infanzia fa sentire la sua voce, che si confonde con la nostra, mentre in età adulta la lotta per la vita impedisce di sentire la voce del fanciullo, per cui il momento veramente poetico è in definitiva quello dell infanzia. Di fatti il fanciullo vede tutto per la prima volta, quindi con quella innocente meraviglia scopre la poesia che c è nelle cose, dalle più grandi alle più umili e le mette in relazione tra loro con ingegno.

16 La poesia non la si può inventare: occorre infatti scoprirla come fa il fanciullino e senza immediati legami di logicità. La poesia si presenta quindi con un carattere non razionale, ma intuitivo e alogico. La poesia ha un innata funzione di utilità morale e sociale. Quest ultima però non deve essere applicata a fini prefissati ma semplicemente pura poiché il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non storico, non maestro come sostiene lo stesso Pascoli nell opera con la quale esprime tutto ciò, ovvero Il Fanciullino. La poesia è inoltre in grado di far deporre gli odi e le guerre e di fare sentire gli uomini fratelli. Infatti il pascoli, nella sua ideologia poetica, è un accanito sostenitore della solidarietà e della comprensione reciproca fra gli uomini, gli unici strumenti con cui questi possono vincere il male e il destino di dolore che incombe su di essi.

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