Il 141 Reggimento Fanteria
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- Uberto Monaco
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2 2 spiavano ogni mossa: e per tutto il mese di giugno continuò il martirio dei fanti, i quali, ancora una volta, garantirono col loro sangue le conquiste fatte. La quota 121 e l'hermada, dalla rivista L'Illustrazione Italiana del 3 giugno 1917 (riprodotta in Zona di operazioni della brigata Catanzaro (141 e 142 fanteria) durante la XI offensiva dell'isonzo. Dalla carta 1: del Comando della 3 a Armata Sistemazione difensiva austriaca desunta da fotografie di aviatori e da informazioni di prigionieri (15 luglio 1916) (archivio Adolfo Zamboni)
3 3 Per tacere del martirologio degli umili, l'eroismo dei quali, purtroppo, resta il più delle volte nell'ombra, perchè non è dato veder tutto e saper di tutti quando si svolge l'infernale mischia; basta che sia ricordato come esempio di valore e di abnegazione la condotta che tenne, nella notte dal 22 al 23 giugno, il conte Giacomo Testi Rasponi, Maggiore Comandante di un Battaglione del 141 Fanteria nelle posizioni di quota 219. Il nemico, dopo aver preparato l'attacco con fuoco potente di grossi calibri, si disponeva ad uscir dalle trincee, per assalire i nostri; lo prevenne il Maggiore Testi Rasponi che con i suoi soldati fece irruzione contro l'avversario; ma il valoroso venne colpito da una granata che gli asportò la mano e l'avambraccio sinistro; egli persistè ed animò i suoi, mentre il nemico era costretto a passare dall'offesa alla difesa. L'eroico ufficiale, sventato il tentativo austriaco, fece ritorno nelle posizioni di partenza dove, appena giunto, venne nuovamente colpito da una granata che gli fracassò una gamba. Caricato sopra la barella, fu portato al Comando di Reggimento: al Colonnello Di Dio, che lo baciava lagrimando, disse con fermezza e serenità: «La posizione è stata mantenuta; ma vedi come sono ridotto?» Ufficiali del comando del 141 reggimento fanteria - brigata Catanzaro (la crocetta indica il tenente Adolfo Zamboni) (archivio Adolfo Zamboni) Il prode mutilato fu per lunghi mesi tra la vita e la morte; ma la Provvidenza lo volle salvo perchè nella sua Bologna continuasse a fare il bene sotto molteplici forme, come alla Patria in pericolo seppe fare offerta, senza rimpianto, di una parte di se stesso.
4 4 Quota 85, sopra Monfalcone. Dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando Supremo del Regio Esercito, riprodotta ne La guerra, vol.ii - Il Carso, ed. Fratelli Treves, Milano, 1916 (archivio www. cimeetrincee.it) L'11 a offensiva dell'isonzo (agosto 1917) trovò i fanti della Brigata Catanzaro schierati sul fronte tra Flondar e la palude del Lisert, fino alla foce del Timavo; i reparti del 141 combatterono nei giorni 19 e 20 agosto con le truppe della Brigata Salerno e snidarono il nemico dalle posizioni di quota 89 e dalla lunga galleria di quota 40 che era stata trasformata in un vero fortilizio; l'ammirabile condotta delle fanterie riscosse ancora una volta il plauso del Comando Supremo che le ritenne degne di una nuova citazione nel bollettino di guerra.
5 5 Incisioni di G. Mazzoni tratta da Au. Be. La Brigata Catanzaro, Stab. Art. Tipografico G. Caprin, Trieste, 1919 (archivio Adolfo Zamboni) Il giorno 22 il Reggimento si riunì sotto gli ordini del suo capo, colonnello Vincenzo Carosi, uomo di sicura fede e d'intrepido coraggio, e mosse all'attacco di quota 145 Nord, a occidente di Medeazza. Il giovane Comandante, allo scopo di infondere vigore nuovo nelle stanche truppe, uscì dalle trincee con le ondate d'assalto e tra i primi giunse nelle posizioni avversarie. La lotta per la conquista di quota 145 Nord fu molto ardua per l'accanita resistenza austriaca; il tenente Taliani, audace tra gli audaci, sfidò l'ira nemica e con un manipolo di soldati fece una violenta irruzione fin sulla vetta dell'altura dove, appena giunto, cadde fulminato; nel suo corpo furono notati dodici fori di pallottola di mitragliatrice. Il 141 Reggimento e i confratelli lottarono incessantemente per vari giorni allo scopo di render sicuro e stabile il possesso di quelle alture che formano come la base dell'hermada; con alterna vicenda le colline furono prese, perdute e poi riprese: e questa terribile situazione si protrasse fin verso la metà di settembre con incredibili sacrifici da parte dei bravi soldati; soltanto quando i reparti non contarono più nè ufficiali nè sufficiente numero di gregari, il 141 ritornò a riposo. Ma questa volta insieme col riposo venne anche il cambio di fronte tanto auspicato e tanto bramato; però quelli che legittimamente avrebbero dovuto fruire del beneficio non esistevano più da un pezzo. Il Reggimento, la cui forza era ridotta a 600 uomini, compresi quelli addetti ai servizi, si rinsanguò a Rivolto, dove trascorse un mese di riposo, e poi partì per la fronte tridentina; dopo lunghe marce giunse nelle posizioni di M. Corno, in Vallarsa, e vi si fermò fino agli infausti giorni di Caporetto. Il 141 fanteria non fu spettatore della grande tragedia, nè i pochissimi superstiti delle tante battaglie del Carso provarono lo schianto di dover abbandonare quella fosca petraia che aveva assorbito come una piovra il miglior sangue italiano. Agli ultimi di ottobre 1917 il Reggimento scendeva rapidamente da Monte Corno a Schio, pronto al primo cenno per occupare nuove posizioni. Veniva ben presto inviato fra Posina e Astico, a Monte Cimone, sopra Arsiero, e colà si schierava con una linea che terminava a Monte Cengio. In quei giorni i reparti arditi compivano varie azioni spingendosi da forte Ratti e Barcarola verso le posizioni nemiche.
6 6 Il 141 fanteria fino a quest'epoca andava orgoglioso di ben dodici sezioni di mitragliatrici austriache, armi le quali, catturate al nemico nei combattimenti sul Carso, erano state poi rivolte a offesa del nemico stesso. Questo glorioso bottino dovette essere ceduto, con sommo dolore, ai Superiori Comandi che lo distribuirono fra gli altri reparti. Il giugno 1918 trovò il Reggimento saldo e compatto; e quando le artiglierie austriache bombardarono dall'astico al mare, gli intrepidi fanti non si ritirarono di un passo e tennero fortemente le posizioni più difficili del Caviogio e del Redentore su M. Cimone. Il giorno 24 giugno il bombardamento raggiunse il massimo di intensità e causò dolorose perdite fra i nostri: anche il valoroso cappellano del 141, Monsignor Genesio Chelli, due volte decorato, venne gravemente colpito da granata mentre compiva l'assistenza spirituale dei feriti nelle prime linee. Il cappellano militare mons. Chelli distribuisce la Comunione ai fanti del 141 fanteria (archivio del generale Carlo Sanna, ora conservato dalla famiglia Dessì - Baraldi) Tornata la calma dopo la fallita offensiva austriaca, il 141, verso gli ultimi di settembre, da Schio si trasferì nelle retrovie del Piave rimanendo a disposizione del Comando Supremo; poi, nell'ottobre, con successive marce si portò a Castelfranco, a Tombolo, a Zelarino e raggiunse Mestre nei giorni della vittoria. Tutta la Brigata Catanzaro si imbarcò sulla «Re Umberto» a Venezia il 15 novembre e il 17, fra il suono armonioso delle sue musiche, sbarcò a Trieste, la meta radiosa dei suoi cruenti sacrifici. Il 141 rimase per oltre un anno a presidio della città finalmente italiana e i fanti trovarono ospitalità nella caserma che da Guglielmo Oberdan prese nome. E allorchè il paese si liberò dalla pesante bardatura di guerra, il Reggimento, che per la guerra era nato, venne disciolto.
7 7 Lapide posta da ufficiali e fanti della brigata Catanzaro nella caserma «Guglielmo Oberdan» di Trieste che ospitò dopo la Vittoria il 141 e il 142 reggimento fanteria. (archivio Mario Saccà)
8 8 Il 21 giugno 1920, nella caserma «Cernaia» di Torino, presenti le Autorità e i Rappresentanti dei vari Corpi, il cappellano militare Can. Chelli, con appassionato discorso, salutò l'amata bandiera che i fanti baciarono, a uno a uno, con le lagrime agli occhi. Il glorioso vessillo, adorno del più alto segno del valor militare, si inchinò l'ultima volta davanti alla tomba del Milite Ignoto, e poi fu collocato là ove si conservano le più fulgide reliquie della Patria. La bandiera di guerra del 141 Fanteria, nel giorno in cui venne consegnata al Reggimento. Tutti i diritti riservati. Proprietà letteraria Adolfo Zamboni.
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