I ragazzi GEA al Museo etnografico di Casalbeltrame

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1 I ragazzi GEA al Museo etnografico di Casalbeltrame agosto 2009 VEDERE CONOSCERE CAPIRE

2 Il Museo Etnografico dell attrezzo agricolo L çivel di Casalbeltrame (Novara), inaugurato l 11 novembre 2006 grazie anche al sostegno della Provincia di Novara, è una realtà museale all avanguardia a livello nazionale per la qualità del servizio offerto. Il complesso che ospita il museo è il Cascinale dei Nobili, di notevole valore architettonico, integralmente recuperato e ora posto appunto al servizio della cultura locale. Al piano inferiore si trovava la stalla, al piano superiore il fienile. Vi erano poi gli appartamenti dei nobili, e le stanze dei lavoratori salariati, braccianti e contadini. Sia il nome del museo, sia il giorno in cui è stato inaugurato, sono significativi: l çivel era infatti un attrezzo di ferro che serviva a fermare il mozzo della ruota del carro agricolo. Un semplice ma fondamentale strumento per il lavoro nei campi. L 11 novembre invece (S. Martino), giorno dell inaugurazione del museo, era lo stesso giorno che dava inizio all anno agricolo, il quale si concludeva il 10 novembre dell anno seguente. Il percorso museale illustra tutto l arco dell anno, dalla semina al raccolta. Il sottotitolo dell esposizione è infatti L anno del contadino, memorie di terra e di fatica. Originale e suggestiva, l ambientazione scenografica espone attrezzi del lavoro nei campi e fotografie d epoca e accompagna il visitatore in un atmosfera antica, fatta di suoni e di colori riproposti attraverso apparati multimediali di notevole effetto, che aiutano a calarsi nell atmosfera di un mondo che non esiste più. Ogni stagione viene raccontata attraverso il lavoro contadino. Le visite guidate permettono di conoscere più da vicino i singoli attrezzi e come venivano usati. La voce narrante, che introduce il visitatore all interno di ogni sezione del museo, è quella di un camminante. Figure tipiche della bassa novarese e del mondo agrario in generale, essi erano itineranti, persone che si spostavano da cascina a cascina, da paese a paese, portando con sè notizie da altri luoghi e si guadagnavano da vivere come cantastorie, musicanti o attraverso piccoli scambi commerciali. Ecco allora che questa civiltà ormai tramontata rivive nelle testimonianze del Caminant, nelle fotografie del macello del maiale nel cortile della cascina, negli attrezzi con i quali si dissodava la terra e se ne sminuzzavano le zolle, si spargevano i semi dei cereali alla giusta profondità, si lavoravano i campi nelle diverse stagioni dell anno, si allevavano i bachi da seta.

3 Rivive nella ricostruzione della stalla, nella quale di giorno si lavorava, di sera ci si raccoglieva per ascoltare le storie e i ricordi degli anziani. Rivive nei canti delle mondine, nella loro fatica, raccontata tramite immagini: immerse fino alle ginocchia nell acqua delle risaie, a piantare il riso e a estirpare le erbacce. Rivive nei loro sguardi di giovani ragazze o di donne già aduse alle fatiche e alla durezza della vita di allora. A lavorare per dodici ore al giorno e anche più, con il padrone che le controllava da vicino armato di un bastone di legno per picchiarle quando il ritmo di lavoro calava anche solo di un po. E rivive nelle testimonianze dell attesa e della speranza di un buon raccolto, che andava finalmente festeggiato sull aia della cascina con musiche, balli e giochi per tutta la comunità. Si giunge così alla fine dell anno agrario. I contadini ora devono rimettersi al lavoro, oppure se è finito il loro tempo in quella cascina, devono andarsene e cercare altre cascine e altri padroni cui mettersi al servizio. Ricomincia il ciclo di semina e raccolto, un anello sempre diverso nel passare del tempo, e sempre uguale nei suoi ritmi e nei suoi riti. Splendido omaggio di un piccolo comune della bassa novarese alla cultura dalla quale esso stesso proviene e di cui è figlio, con fotografie che in molti casi ritraggono persone che ormai non ci sono più ma erano autoctone di questo paese, tra i tanti insegnamenti che si possono trarre da ciò che il museo espone, ve n è forse uno che colpisce in modo particolare: dice il camminante, a rimprovero dei lazzaroni o di chi sogna una vita diversa, non potendo però realizzarla: Ti vergogni di lavorare, ma non ti vergogni di mangiare. Un invito a darsi da fare sempre e comunque, e soprattutto un richiamo all umiltà. Quella stessa umiltà che era scolpita, costitutiva del mondo contadino, ma che ne costituiva anche la grande nobiltà, la forza per andare avanti nonostante le immense fatiche e i sacrifici di una vita di duro lavoro.

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5 Testo e foto: Michele Mornese