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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO SEZIONE PRIMA CIVILE SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. omissis promossa in grado d'appello SOCIETA S.A.S. DA CONTRO APPELLANTE BANCA APPELLATO OGGETTO: Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario) sulle seguenti CONCLUSIONI Per la SOCIETA SAS: Voglia l'ill.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così decidere: IN VIA ISTRUTTORIA: - Rimettere in istruttoria la controversia disponendo CTU contabile volta ad epurare il conto corrente dell'effetto della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi successivamente all'entrata in vigore della delibera C.I.C.R. 09.02.2000, ferma restando l'espunzione delle poste nulle per interessi ultralegali, CMS e spese già accertate in primo grado, rideterminando conseguentemente il rapporto dare/avere sul conto corrente n. 2314194, alla data dell'ultimo estratto conto prodotto (31 dicembre 2013) in 173.085,72 a favore della società appellante o in quella diversa somma maggiore o minore che dovesse emergere. IN VIA PRINCIPALE E NEL MERITO 1) Rigettare l'eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca nel primo grado del giudizio per i motivi meglio indicati in narrativa, riformando, per l'effetto, la predetta sentenza nella parte in cui dichiara la prescrizione delle poste solutorie. 2) Per l'effetto del rigetto dell'eccezione di prescrizione ACCERTARE E DICHIARARE, a causa delle nullità dell'addebito di poste illecite accertate nel primo grado del giudizio, l'illegittimo addebito sul conto corrente della società appellante della somma di 229.241,46, o in quella diversa somma maggiore o minore che dovesse emergere in corso di causa, rideterminando conseguentemente il rapporto dare/avere sul conto corrente oggetto del giudizio al 31 dicembre 2013 in 173.085,72 a favore della società appellante o in quella diversa somma maggiore o minore che dovesse emergere a seguito della disposta CTU, volta ad epurare il conto della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi successivamente all'entrata in vigore della delibera C.I.C.R. 09.02.2000.

IN VIA SUBORDINATA AL PUNTO 2: - Ove ritenuta corretta da parte di questa Corte di Appello la sentenza del Tribunale di Milano nel punto in cui il Giudice di Primo Grado afferma la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi successivamente all'entrata in vigore della delibera C.I.C.R. 09.02.2000: 3) ACCERTARE E DICHIARARE, per l'effetto delle nullità dell'addebito di poste illecite accertate nel primo grado del giudizio, l'illegittimo addebito sul conto corrente della società appellante della somma di 184.991,38, rideterminando conseguentemente il rapporto dare/avere sul conto corrente n. 2314194, alla data del 31 dicembre 2013 in 132.579,76 a favore della società appellante, così come già accertato nella disposta integrazione di CTU nel primo grado del giudizio. 4) Con vittoria di spese e competenze di causa, con distrazione a favore dello scrivente legale in quanto antistatario. ***** Per la BANCA Voglia l'ecc.ma Corte d'appello di Milano, contrariis rejectis, così giudicare: in via principale: dichiarare inammissibile ex art. 348-bis cod. proc. civ. e, in ogni caso, respingere l'appello proposto dalla società S.A.S. in persona del legale rappresentante pro tempore con atto di citazione notificato il 1 settembre 2016, e, per l'effetto, confermare la sentenza n. omissis emessa dal Tribunale di Milano in data 7 giugno 2016 e pubblicata in data 8 luglio 2016; in via subordinata, nel merito: dichiarare inammissibili e/o improponibili e/o improcedibili e comunque respingere, tutte le domande e istanze, anche istruttorie, proposte dalla società. in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti di BANCA nel presente giudizio; in ogni caso: con vittoria di spese, diritti e compensi professionali di entrambi i gradi del giudizio, oltre al rimborso spese generali ed agli accessori di legge. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1) Con atto di citazione del 17.2.2014 la SOCIETA s.a.s. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la Banca al fine di ottenere che fosse rideterminato il saldo del rapporto di conto corrente acceso in data 16.4.1985 con l'allora Banca, previa declaratoria di nullità relativa all'illegittima applicazione di interessi anatocistici e ultralegali pattuiti in modo indeterminato, oltre a commissioni di massimo scoperto, spese non pattuite e valute fittizie. 2) La Banca convenuta contestava la fondatezza delle pretese attoree, evidenziando la legittimità di tutti gli addebiti in conto, ed eccependo comunque la prescrizione delle pretese restitutorie avanzate. 3) Previo espletamento di CTU contabile, con la sentenza n. omissis il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente la domanda proposta rideterminando il saldo del conto corrente -alla data del 31.12.2013- in euro 3.564,12 a debito della correntista attrice. In particolare il Tribunale riteneva corretto il ricalcolo del dare-avere con espunzione dal conto della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori solo fino al 30.6.2000, sul presupposto che -successivamente a quella data- l'applicata pari periodicità di capitalizzazione degli interessi attivi e passivi avesse reso legittimo l'anatocismo nel rapporto in oggetto. Il Tribunale accoglieva poi l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca delle rimesse antecedenti al decennio sul presupposto della loro natura solutoria, con spese di lite e quelle di CTU secondo soccombenza.

4) Avverso detta decisione ha interposto appello la società s.a.s. per i motivi che saranno di seguito trattati, cui resiste la banca appellata che insta per la conferma della decisione impugnata. 5) All'udienza del 7.2.2018 sono state precisate le conclusioni e la causa, dopo il deposito di conclusionali e repliche, è stata decisa nella camera di consiglio del 30.5.2018. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Col PRIMO MOTIVO di gravame l'appellante censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori solo fino al 30.6.2000, e non anche per il periodo successivo, per effetto dell'adeguamento del conto alla delibera CICR del 9.2.2000 con l'introduzione della pari periodicità di capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. In particolare, l'appellante lamenta come il primo Giudice non solo non abbia considerato l'inefficacia della delibera CICR che, in quanto norma di carattere regolamentare delegata, non poteva derogare -per ragioni attinenti alla gerarchia delle fonti- ad una norma primaria quale quella di cui all'art. 1283 cod. civ., ma non abbia poi adeguatamente considerato neppure gli effetti della dichiarata incostituzionalità dell'art. 25 comma 3 del D.Lgs. 342/1999 che, a suo dire, avrebbe privato di legittimità anche il rinvio alle indicazioni della delibera CICR come criterio di legittimazione della pratica anatocistica futura, ed infine in via subordinata- l'appellante lamenta altresì come non fosse sufficiente, ai fini dell'adeguamento della banca alla citata delibera, la sola pubblicazione delle nuove condizioni in Gazzetta Ufficiale e la sua successiva comunicazione al correntista, ai sensi di quanto previsto dall'art. 7.2 della delibera, sostenendo come invece la modifica in questione introdurrebbe un peggioramento della condizione precedente per il correntista, atteso che il raffronto non va operato con la situazione preesistente di fatto ma con quella di diritto, da cui quindi discenderebbe la necessità dell'approvazione scritta del correntista ai sensi dell'art. 7.3 della delibera, che nel caso di specie risulta mancante, con ciò determinando la nullità della capitalizzazione trimestrale anche per il periodo successivo all'entrata in vigore della delibera CICR. Tutte le doglianze sono infondate. In primis è infondata la tesi secondo cui la modifica costituita dall'introduzione della paritetica capitalizzazione degli interessi, legittimante l'anatocismo successivamente al 1.7.2000 in deroga alla previsione di cui all'art.1283 c.c., sarebbe inefficace perché introdotta da una norma di rango secondario. Va infatti ricordato come è il sopravvenuto D.Lgs. n.342/1999 -il cui art. 25 comma 2 ha modificato l'art. 120 TUB con l'aggiunta del comma 2- ad aver previsto espressamente la possibilità di applicare interessi sugli interessi nell'ambito dell'attività bancaria, così derogando implicitamente al divieto posto dall'art. 1283 c.c.. Soltanto le modalità e i criteri per la produzione di tali interessi anatocistici sono state demandate al CICR, che vi ha poi provveduto con la delibera del 9/2/2000. E' quindi del tutto evidente come la deroga al divieto di anatocismo sia portata dalla norma primaria del decreto legislativo, mentre le norme regolamentari approvate dal CICR si sono limitate a dettare le modalità applicative. Né ha poi fondamento la tesi secondo cui la dichiarata illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma 3, del D. Lgs. 342/1999, abbia privato di legittimità anche la delibera CICR citata, emanata qualche mese prima della nota sentenza della Corte Costituzionale n.425 del 17.10.2000.

Non solo va, infatti, evidenziato come la dichiarata incostituzionalità della norma citata si fondava sul solo eccesso di delega (in quanto la normativa primaria delegante non legittimava l'introduzione di "una disciplina retroattiva e genericamente validante delle clausole anatocistiche) senza alcuna censura mossa invece alla seconda norma contenuta nell'art. 25 comma 3 in esame, e cioè alla delega conferita al CICR per stabilire modalità e tempi di adeguamento dei contratti in corso, ma anche a voler considerare la caducazione dell'intero comma 3 dell'art. 25 cit., l'interpretazione sistematica impone di ritenere comunque legittima la delibera CICR 9/2/2000 anche nella parte in cui ha dettato la disciplina transitoria per l'adeguamento dei contratti in essere (cfr. art. 7), perché tale facoltà trova fondamento nell'ampia delega conferita dall'art. 25, comma 2, del D. Lgs. n.342/1999, norma con cui viene attribuito al CICR il potere di dettare "modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi". Né infine ha poi fondamento la doglianza secondo cui la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori anche per il periodo successivo all'entrata in vigore della delibera CICR scaturirebbe dalla mancanza dell'approvazione scritta del correntista, ai sensi dell'art. 7.3 della delibera, necessaria nel caso di specie. Va infatti rimarcato come, ai sensi dell'art. 7 commi 2 e 3 della delibera citata, nella fattispecie in esame non occorreva una nuova sottoscrizione del contratto, dal momento che la modifica contrattuale inserita non è peggiorativa rispetto alle condizioni applicate in precedenza, atteso che da una capitalizzazione solo annuale degli interessi a credito e invece trimestrale per quelli a debito si è passati ad una pari periodicità trimestrale per entrambi. In proposito va infatti tenuto presente come l'art. 7 comma 2 della citata delibera CICR richiede espressamente di effettuare la valutazione di peggioramento delle nuove condizioni contrattuali con riferimento non alle condizioni legali (e cioè ad una situazione di nessuna capitalizzazione dovuta quale conseguenza della nullità della pregressa clausola anatocistica), ma al contrario di quanto sostenuto dall'appellante- a quelle di fatto applicate dalla Banca fino a quel momento. Pertanto, essendo pacifico che la Banca appellata ha dato corretta attuazione alla citata delibera, mediante pubblicazione della modifica contrattuale sulla G.U. e comunicazione al correntista, va rilevato come la Banca ha legittimamente applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi dal 1/7/2000 in poi e, conseguentemente, del tutto corretto appare il ricalcolo contabile del rapporto disposto, e poi fatto proprio, dal Giudice di prime cure nella sentenza gravata, ritenuto condivisibile da anche questa Corte. 2. Col SECONDO MOTIVO di gravame l'appellante censura la decisione impugnata per aver erroneamente accolto l'eccezione di prescrizione sollevata dall'istituto di credito che, a suo dire, andava invece rigettata in quanto formulata in modo generico e sprovvista di prova. In tal senso l'appellante sostiene che la banca avrebbe dovuto provare la specifica natura solutoria delle rimesse, depositando autonomamente in atti gli estratti conto, senza possibilità di avvalersi di quelli depositati da essa controparte, oltre che provare l'esistenza ed il limite dell'affidamento, onere probatorio da essa certamente inadempiuto. Anche tale doglianza é priva di fondamento. Giova premettere, in termini generali, come la parte che solleva un'eccezione di prescrizione ha soltanto l'onere di allegare il decorso del termine e l'inerzia del titolare del diritto, e tale disciplina non può modificarsi nell'ambito delle controversie bancarie in ragione dell'esigenza di individuare le rimesse c.d. solutorie. Non è quindi condivisibile la contraria tesi dell'appellante che pretenderebbe di ancorare la validità dell'eccezione all'adempimento da parte della banca eccipiente del preteso onere di

indicare le singole rimesse solutorie giacché, "Posto che la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti conto che il correntista, attore nell azione di ripetizione, ha l onere di produrre in giudizio, una volta che la banca convenuta abbia formulato l eccezione di prescrizione, non compete alla stessa fornire specifica indicazione delle rimesse solutorie, in quanto, in un quadro processuale definito dalla presenza degli estratti conto, spetta al Giudice verificare quali rimesse, per essere ripristinatorie, o attuate su di un conto in attivo, siano irrilevanti ai fini della prescrizione, non potendosi considerare quali pagamenti. Il contenuto dell eccezione di prescrizione, infatti, rimane lo stesso indipendentemente dalla natura dei singoli versamenti: semplicemente, la distinzione concettuale esistente tra le diverse tipologie di versamento imporrà al Giudice, se del caso con l ausilio del consulente tecnico, di selezionare giuridicamente le rimesse che assumano concreta rilevanza ai fini della ripetizione dell indebito e della prescrizione (così in termini Cass. n.4372/18, ed in tal senso anche Cass. 18581/17). Nel caso in esame, quindi, del tutto correttamente il Giudice di prime cure ha ritenuto validamente proposta l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca appellata, e del tutto correttamente, a parere di questa Corte, ha proceduto al richiesto ricalcolo contabile del rapporto sulla base degli estratti conto già prodotti in atti dalla correntista attrice/odierna appellante, senza invero necessità di (inutile) duplicazione con l'invocata analoga produzione a carico della convenuta/odierna appellata. Da detti estratti conto emerge, infatti, anche la prova dell'esistenza e del limite degli affidamenti concessi, rilevante per il discrimine tra rimesse intra ed extrafido, e quindi ripristinatorie o solutorie, ai fini della rideterminazione del saldo contabile che, pertanto, appare correttamente ricalcolato alla data del 31.12.2013 nella somma di. 3.564,12 a debito della correntista odierna appellante (cfr. relazione del CTU). In conclusione, per le motivazioni sopra esposte, l'appello deve essere respinto, con conseguente declaratoria di sussistenza dei presupposti ex art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n.115/2002. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i criteri e parametri previsti dal D.M. n.55/14, come integrato dal D.M. n.37/18, tenuto conto del valore del giudizio e dell'attività difensiva svolta. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, disattesa o ritenuta assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: 1) respinge l'appello proposto dalla SOCIETA S.A.S. avverso la sentenza n. omissis del Tribunale di Milano, che conferma; 2) condanna l'appellante al pagamento in favore dell'appellata delle spese del presente grado che si liquidano in.7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; 3) dichiara la sussistenza delle condizioni per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del 30.5.2018. Il Giudice estensore Giuseppe Nuzzaci Il Presidente Anna Mantovani