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Civile Ord. Sez. 5 Num. 8937 Anno 2018 Presidente: CRUCITTI ROBERTA Relatore: CONDELLO PASQUALINA ANNA PIERA Data pubblicazione: 11/04/2018 ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 8904/12 R.G. proposto da: ROBERTA DAMENO, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Allegro del foro di Milano, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fioravante Carletti del foro di Roma; - ricorrente - contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; ; -resistente - e MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE -intimato- L o t\ Rt\- 9A avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale 'ti Milano j n. 139/28/2011 depositata in data 30 settembre 2011 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.2.2018 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello

RITENUTO IN FATTO Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale Dameno Roberta impugnava l'atto di accertamento con cui l'agenzia delle Entrate aveva accertato, in via sintetica, ai sensi dell'art. 38, commi 3 e 4, del d.p.r. 600/73, per l'anno di imposta 1998, un maggior reddito imponibile ai fini Irpef ed Addizionale regionale. La contribuente deduceva che gli elementi presuntivi assunti dall'ufficio quale indice di capacità contributiva consistevano in acquisti effettuati tramite esborsi finanziari della madre e produceva documentazione a conferma della provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per i predetti acquisti. L'Ufficio eccepiva in via preliminare la inutilizzabilità della documentazione allegata in sede giudiziale, ai sensi dell'art. 32 del d.p.r. 600/73, in quanto non previamente sottoposta all'esame dei verificatori, e chiedeva la conferma dell'accertamento. La Commissione Tributaria provinciale accoglieva il ricorso ed annullava l'accertamento. La Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la suddetta sentenza e la Commissione Tributaria regionale confermava la decisione di primo grado. La Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione deducendo la insufficiente motivazione in ordine al fatto controverso relativo alla tempestività del deposito, da parte della contribuente, della documentazione richiesta in sede amministrativa ed il difetto di motivazione in ordine alla prova della provenienza della provvista utilizzata dalla contribuente per far fronte agli acquisti accertati. La Corte di Cassazione rigettava il primo motivo di ricorso e, accogliendo il secondo, rinviava la causa dinanzi alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia, anche in ordine alle spese. Con ricorso depositato in data 23.9.10 la contribuente riassumeva il giudizio; all'esito della costituzione in giudizio dell'ufficio, la Commissione Tributaria regionale dichiarava inammissibile il ricorso in riassunzione, rilevando che nelle conclusioni la ricorrente, dopo avere chiesto 2

l'accoglimento "del motivo difensivo rammostrato", non specificava il tipo di pronuncia che il giudice era chiamato a rendere, dato che, dopo le parole "e, per l'effetto,", vi era una riga in bianco che non consentiva di individuare il "petitum" del ricorso in riassunzione. La contribuente propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi. La Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In via preliminare, va dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle Finanze, privo della necessaria legittimazione passiva, in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo il 1 gennaio 2001, data in cui è divenuta operativa l'istituzione dell'agenzia delle Entrate, cui spetta esclusivamente la legittimazione "ad causam" e "ad processum" nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data (Cass. Sez. U., n. 3118 del 14/2/2006). 2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 63 d.lgs. n. 546/92 e degli artt. 392 e 342 cod proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., deducendo che, essendo il giudizio di rinvio un processo ad istruzione "chiusa" nel quale è preclusa alle parti la possibilità di proporre nuove domande ed eccezioni, o conclusioni diverse, ai fini della validità dell'atto di riassunzione non è necessaria una specifica indicazione del petitum, essendo sufficiente che nell'atto siano richiamati il ricorso introduttivo del giudizio ed il contenuto del provvedimento in base al quale avviene la riassunzione. 2.1. Il motivo è fondato. 2.2. Come è stato chiarito da questa Corte, premesso che l'art. 392 cod. proc. civ. si limita a prevedere che "la riassunzione si fa con citazione", la quale deve avere il contenuto prescritto dall'art. 163 cod proc. civ., la corrispondente norma dell'art. 63 d.lgs. n. 546/92, in tema di "giudizio di rinvio", contiene significativi elementi di specialità rispetto alla disciplina generale processuale civile. 3

Infatti, al primo comma, formula la clausola della compatibilità logicogiuridica ("in quanto applicabili") in ordine alla adozione delle forme previste per i giudizi di primo e di secondo grado; al terzo comma prevede la inammissibilità nella sola ipotesi della mancata produzione della copia autentica della sentenza della Cassazione ed al quarto comma stabilisce che nel giudizio di rinvio le parti "conservano la stessa posizione processuale" del procedimento in cui "è stata pronunciata la sentenza cassata" e, quindi, non della sola fase di legittimità, ma dell'intero procedimento, e che le stesse "non possono formulare richieste diverse da quelle prese" in precedenza (Cass. n. 16871 del 11.11.2003, Cass. n. 14616 del 1/10/2003). Da quanto detto deriva che il giudizio di rinvio non è un giudizio autonomo, ma la prosecuzione dei precedenti gradi e quindi il suo ambito è circoscritto ex lege quanto alle domande proponibili (Cass. 16871 del 11.11.2003); le parti, inoltre, conservano la medesima posizione processuale. Va, pure, precisato che i profili di specialità della norma processuale tributaria (art. 63 d.lgs. n. 546/92) rispetto alla norma processuale civile (art. 392 cod. proc. civ.) fanno ritenere prevalente la applicazione della disciplina processuale tributaria in ragione della norma fondamentale dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, che regola, sul piano generale, i rapporti tra processo civile e processo tributario; pertanto, "...la fonte primaria è quella processuale tributaria, dal momento che questa esaurisce in sé tutta la disciplina, non verificandosi le due concorrenti condizioni per farsi ricorso alla disciplina processuale civilistica (" per quanto da esse non disposto" e "con esse compatibili")". 2.3. Nel caso di specie, sebbene con il ricorso in riassunzione la ricorrente si sia limitata a chiedere, nelle conclusioni, l'accoglimento del motivo difensivo illustrato, ma non ha specificato l'oggetto della domanda, poiché l'atto presenta una riga totalmente in bianco immediatamente dopo le parole "e, per l'effetto", le conclusioni rassegnate sono esaurienti ed idonee ad estrinsecare la volontà della parte di riattivare la controversia e di proseguire il giudizio, considerato che con tale atto la parte ricorrente 4

avrebbe potuto chiedere al giudice di rinvio soltanto che venisse emessa pronuncia conforme alla decisione adottata dalla Corte di Cassazione, ma non avrebbe potuto avanzare nuove domande, né formulare nuove eccezioni. L'atto di riassunzione, pertanto, è, di per sé, sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata, con la conseguenza che la domanda originaria si intende riproposta e su questa deve provvedere il giudice di rinvio indipendentemente dall'assunzione di specifiche conclusioni in tal senso (Cass. n. 6828 del 13/7/98). E ciò in quanto, in forza di quanto previsto dagli artt. 125 disp. att. cod. proc. civ. e dall'art. 392 cod. proc. civ., 394 cod. proc. civ. e 414 cod proc. civ., deve escludersi che, ai fini della validità del'atto di riassunzione, sia richiesta una specifica indicazione del petitum, essendo sufficiente invece, a detti fini, che in tale atto siano richiamati il ricorso introduttivo del giudizio ed il contenuto del provvedimento in base al quale avviene la riassunzione (Cass. n. 3257 del 29/5/1985). 3. Con il secondo motivo si deduce "errore materiale scusabile evidenziato in sentenza e lesione del legittimo affidamento del contribuente. Violazione dell'art. 10 legge n. 212/2000" e si lamenta che la declaratoria di inammissibilità resa dalla Commissione Tributaria regionale è lesiva degli interessi della contribuente, che era risultata vittoriosa nei gradi del giudizio di merito, ed in contrasto con il principio di collaborazione e di buona fede richiamati dall'art. 10 della legge n. 212/00 e che in ogni caso la presenza di un mero errore materiale non poteva in alcun caso comportare la inammissibilità del ricorso, prevista solo in alcuni casi tassativi. 3.1. L'accoglimento del primo motivo fa ritenere assorbito il secondo motivo. 4. In conclusione, deve dichiararsi la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle Finanze e, con riguardo al ricorso proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate, deve essere accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla 5

Commissione Tributaria della Lombardia, per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministeror7f,:n dell'economia e delle Finanze; accoglie il primo motivo del ricorsorédichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso nella camera di consiglio il 27 febbraio 2018 (" 1 3.