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www.expartecreditoris.it REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO XVII Sezione civile in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. OMISSIS del R.G.A.C.C. dell'anno 2015, e vertente MUTUATARIO TRA BANCA SPA e ATTORE OGGETTO: contratto di mutuo con garanzia ipotecaria. CONCLUSIONI CONVENUTA All'udienza del 28.06.2017, i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni riportandosi a quelle formulate nei rispettivi scritti difensivi. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, MUTUATARIO ha citato in giudizio, dinnanzi all'intestato Tribunale, la BANCA per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "dichiarare che il contratto di mutuo stipulato dalla sig.ra OMISSIS, in cui è subentrato jure hereditatis il sig. OMISSIS è da ritenersi a titolo gratuito ex art 1815 c.c., secondo comma e che la clausola relativa alla pattuizione degli interessi usurari è nulla, con conseguente diritto alla ripetizione di quanto corrisposto per interessi usurari e spese; dichiarare nulle ed inefficaci le garanzie reali e personali prestate dall'attrice perché afferenti a interessi usurari e quindi nulli ex lege; condannare la BANCA a restituire le differenze non dovute alla banca e riconducibili all'usura ex art. 644 comma 3 c.p., all'usura ex art 2 L. n. 108/1996, all'anatocismo ed alle spese non dovute e condannare la BANCA alla restituzione di ogni corrispettivo addebitato salvo le imposte di legge. A sostegno delle proprie pretese, parte attrice, in aggiunta al contratto di mutuo n. rep. OMISSIS, racc. OMISSIS del 20.07.2007 (all. n. 1 all'atto di citazione) stipulato da MUTUATARIO con la convenuta per un valore di 500.000,00, ha allegato perizia contabile (all. 2 all'atto di citazione) volta a dimostrare che il mutuo in oggetto prevede l'applicazione di interessi in misura superiore al tasso soglia antiusura, e che pertanto sono applicabili gli artt. 644 e 644 bis c.p., nonché l'art. 1 Legge 108/96, con conseguente gratuità del mutuo ex art. 1815, II comma, c.c.. 1

Si è costituita in giudizio la BANCA chiedendo: in via pregiudiziale, di "accertare e dichiarare l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione"; in via preliminare, di "accertare e dichiarare la nullità dell'atto di citazione notificato da parte attrice per i motivi esposti in narrativa" e di "accertare e dichiarare il difetto di legittimazione attiva del signor. MUTUATARIO EREDE per i motivi esposti in narrativa; in via gradata preliminare, di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei signori MUTUATARI EREDI e per i motivi esposti in narrativa; in via principale, il respingimento di tutte le domande ex adverso proposte in quanto infondate in fatto ed in diritto. In particolare, a sostegno delle proprie eccezioni pregiudiziali e preliminari, parte convenuta ha dedotto il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatorio, ai sensi del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, nonché la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164, co. 4, c.p.c., in quanto generico, ed infine la mancata allegazione, da parte dell'attore, di idonea documentazione idonea a dimostrare la sua qualifica di erede di MUTUATARIO. All'udienza di prima comparizione del 15 ottobre 2015, il Giudice ha concesso alle parti i termini di cui all'art. 183, VI co., c.p.c.. All'udienza del 2 marzo 2016, rigettate le istanze istruttorie e ritenuta la causa sufficientemente matura per la decisione, il Giudice ha fissato l'udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 28 giugno 2017, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione preliminare di improcedibilità dell'azione per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sollevata dalla Banca convenuta. Parte attrice ha infatti depositato il verbale di mediazione, redatto dal mediatore designato, nel quale si dà atto che il procedimento di mediazione tra le parti, (nomissis- Sede territoriale di Roma), è stato correttamente instaurato, ma che esso ha avuto esito negativo in virtù dell'assenza dell'odierna convenuta. Pertanto, la suddetta eccezione di improcedibilità della domanda non può essere accolta. Risulta altresì infondata l'eccezione, sollevata dalla Banca convenuta, di nullità dell'atto di citazione ex artt. 163 e 164 c.p.c., in quanto, come risulta dall'atto introduttivo, parte attrice ha individuato in maniera sufficientemente dettagliata ed analitica l'oggetto della domanda. Deve essere rigettata, infine, anche l'ulteriore eccezione preliminare, relativa al difetto di legittimazione attiva di OMISSIS, quale erede di MUTUATARIO. Si rileva, al riguardo, che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, "il figlio che aziona in giudizio un diritto del genitore, del quale afferma essere erede "ab intestato", ove non sia stato contestato il rapporto di discendenza con il "de cuius", non deve ulteriormente dimostrare, al fine di dare prova della sua legittimazione ad agire, l'esistenza di tale rapporto producendo l'atto dello stato civile, attestante la filiazione, ma è sufficiente, in quanto chiamato all'eredità a titolo di successione legittima, che abbia accettato, anche tacitamente, l'eredità, di cui costituisce atto idoneo l'esercizio stesso dell'azione" (Cass., 22223/14; conf. Cass. n. 21288 del 14/10/2011). Alla luce del principio giurisprudenziale appena richiamato, non si ritiene che l'eccezione sollevata da parte convenuta sia idonea a fondare il difetto di legittimazione attiva dell'attore, 2

il quale, anche con l'instaurazione del presente giudizio, ha manifestato la volontà di accettare l'eredità. Nel merito, le domande di parte attrice sono infondate e devono essere rigettate per i motivi di seguito esposti. La domanda attorea relativa all'accertamento dell'applicazione di interessi usurari si fonda sul presupposto della sommatoria dei tassi di interesse corrispettivi con quelli moratori. Tale assunto non può essere condiviso. Al riguardo, infatti, il Tribunale ritiene che la verifica tesa a determinare se il tasso di interesse applicato al contratto di mutuo sia usurario ai sensi della Legge n. 108/96, non dovrebbe involgere anche gli interessi moratori. Sotto questo profilo, è noto che secondo Cass., 9 gennaio 2013, n. 350, "si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori". Siffatta pronuncia richiama espressamente quanto affermato da Corte Cost., 25 febbraio 2002, n. 29, per la quale "il riferimento, contenuto nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi "a qualunque titolo convenuti" rende plausibile l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori", e si pone sulla scia dell'orientamento espresso, tra le altre, da Cass.. 4 aprile 2003, n. 5324, Cass. 17 novembre 2000, n. 14899, e Cass. 22 aprile 2000, n. 5286. Tuttavia, il riferito orientamento giurisprudenziale, benché autorevole, non appare condivisibile in quanto sembra trascurare la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori, i primi, costituenti il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta (cfr. Cass. 22 dicembre 2011, n. 28204), i secondi, rappresentanti una liquidazione anticipata, presuntiva e forfettaria del danno causato dall'inadempimento o dal ritardato adempimento di un'obbligazione pecuniaria. Difatti, il tasso di mora ha un'autonoma funzione risarcitoria per il fatto, solo eventuale e imputabile al mutuatario, del mancato o del ritardato pagamento e la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi (cfr. Trib. Milano, 22 maggio 2014; Trib. Verona, 9 aprile 2014; Trib. Brescia, 16 gennaio 2014). Sebbene la distinzione tra le due figure risultasse meno sfumata sotto il vigore dell'art. 41 cod. comm., il quale ammetteva l'automaticità della produzione di interessi non moratori limitatamente ai soli rapporti oggettivamente commerciali, non può per ciò solo ritenersi che l'art. 1282 c.c. sia sovrapponibile all'art. 1224 c.c. e che, dunque, gli interessi corrispettivi e quelli moratori possano porsi sullo stesso piano, in quanto, come evidenziato anche da autorevole dottrina, sono identificabili diverse situazioni in cui si verifica un'esigibilità o un ritardo nel pagamento senza una corrispondente situazione di mora (quale, ad esempio, il caso del corrispettivo pecuniario divenuto esigibile per l'appaltatore dopo la consegna e l'accettazione dell'opera da parte dell'appaltante, esigibile anche qualora non sia decorso il termine per 1' adempimento), situazioni riconducibili nell'alveo della prima disposizione, ma non in quello della seconda, il cui ambito di applicazione è circoscritto in quello della prima. Le due tipologie di interessi si distinguono anche sul piano della disciplina applicabile, in quanto gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, ai sensi dell'art. 1224, primo comma, c.c., e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell'inadempimento, anche in un 3

rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva (cfr. Trib. Roma, 16 settembre 2014). Inoltre, le due figure di interessi si pongono in rapporto di alternatività, in quanto la lettura congiunta degli ara. 1182, terzo comma, e 1219, secondo comma, punto terzo, c.c., porta ad affermare che qualora si tratti di obbligazioni pecuniari portables e sia scaduto il termine per l'adempimento, l'ambito di applicazione dell'art. 1282 c.c., riconducibile agli interessi corrispettivi, risulti completamente affievolito. Difatti, non appena il credito diventa liquido ed esigibile si costituiscono le condizioni ed i presupposti per l'applicazione dell'art. 1224 c.c., norma questa prevalente in base al principio di specialità ex art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, sicché in tal caso interessi corrispettivi ed interessi moratori, in via di principio, non si cumulano, ma sono dovuti solo i secondi (cfr. ABF - Collegio di Milano, 3 giugno 2014, n. 3577; ABF Collegio di Napoli, 20 novembre 2013, n. 5877). In considerazione della evidenziata funzione di liquidazione forfettaria e anticipata del danno da inadempimento assolta dagli interessi moratori, a questi va applicata la disciplina prevista per la clausola penale, con la conseguenza che, qualora la loro misura sia eccessiva, troverà applicazione lo strumento della riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c., ma non potrà farsi ricorso alla loro completa eliminazione (cfr. Trib. Napoli, 12 febbraio 2014; ABF - Collegio di coordinamento, 28 marzo 2014, n. 1875; ABF - Collegio di Napoli, 13 gennaio 2014, n. 125). Il disatteso orientamento seguito dalla citata Cass. n. 350/13 sembra porsi in contrasto anche con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura, che sanziona, all'art. 644 c.p., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, da individuarsi, come desumibile anche dal disposto del comma terzo del medesimo articolo, nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità. Pertanto, assumono rilevanza ai fini dell'integrazione degli estremi dell'usura, solo quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l'ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi (cfr. Tribunale Verona 9 aprile 2014; in materia penale, vedi Trib. Torino, GUP, 10 giugno 2014). Tale interpretazione appare suffragata dalla stessa giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che "la "clausola penale" per la sua funzione (desumibile dal dettato degli artt. 1382-1386 c.c.) ex se, non può essere considerata come parte di quel "corrispettivo" che previsto dall'art. 644 c.p. può assumere carattere di illiceità, poiché sul piano giuridico l'obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo dell'obbligazione principale, ma come effetto derivante da una diversa causa che è un inadempimento", a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento (cfr. Cass.,Sez. Il, n. 5683 del 25/10/2012 - dep. 05/02/2013 - De Novellis Spinelli). Non appare decisivo, in senso opposto, il dettato dell'art. 1 comma 1, d.l. n. 394/00, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 24/01, secondo cui "ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento", emanata al dichiarato fine di evitare effetti pregiudizievoli in ordine alla stabilità del sistema creditizio nazionale che sarebbero potuti derivare 4

dall'orientamento giurisprudenziale (v. Cass. n. 14899/00, cit.) propenso a riconoscere la sopravvenuta usurarietà dei tassi di interesse, benché legittimi al momento della conclusione del contratto di mutuo, per effetto della variazione medio tempore del c.d. tasso-soglia. Non sembra, infatti, potersi riconoscere a tale norma, in considerazione della sua natura di interpretazione autentica, carattere innovativo rispetto alla disciplina dettata dall'art. 644 c.p. e, come tale, idonea ad ampliare la fattispecie delittuosa del reato di usura, includendo anche oneri non ricollegabili alla erogazione del credito. Sotto altro profilo, occorre rilevare che i decreti del Ministero dell'economia e delle finanze con cui, in attuazione della 1. n. 108/96, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell'usura non tengono in considerazione gli interessi moratori. La necessità per il giudice di attenersi, ai fini dell'accertamento dell'usura oggettiva, alle metodologie e alle formule adottate dalle Istruzioni della Banca d'italia per la determinazione dei TEGM individuati nei suddetti decreti ministeriali, è stata recentemente ribadita dalla Cassazione nelle pronunce n. 12965/15 e 22270/16. Sul punto, a partire dal d.m. 25 marzo 2003, si è avuto cura di precisare espressamente che i tassi effettivi globali medi non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento e che l'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'italia e dall'ufficio Italiano dei Cambi già all'epoca aveva rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali. In data 3 luglio 2013, successivamente all'emanazione della richiamata pronuncia della Cassazione, la Banca d'italia ha diffuso un comunicato secondo il quale gli interessi di mora, pur essendo soggetti alla normativa anti-usura, sono esclusi dal calcolo del TEG, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente e ha conseguentemente chiarito che, in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d'italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo. Appare, pertanto, del tutto incoerente e illogico prendere in considerazione, ai fini dell'accertamento dell'usurarietà dei tassi di interesse - laddove si sostenga la rilevanza a tali fini anche di quelli moratori - soglie determinate con riferimento ai soli interessi corrispettivi e a tutti gli oneri connessi all'erogazione del credito. Pertanto, anche l'interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce alla conclusione della impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini del superamento del tasso soglia usurario, agli interessi moratori. D'altra parte, come evidenziato nella richiamata comunicazione della Banca d'italia, l'esclusione degli interessi moratori dal calcolo dell'usura evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo, per cui se si prendessero in considerazione anche tali interessi, potrebbe determinarsi un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela, così frustrando le stesse finalità della normativa. Sarebbe d'altro canto incongruo ritenere che l'usurarietà degli interessi moratori possa essere accertata sulla base di un tasso soglia stabilito senza tener conto dei maggiori costi indotti, per il creditore, dall'inadempimento del debitore (ABF, Collegio di Roma, decisione n. 260 del 17 gennaio 2014, www.arbitrobancariofinanziario.it). 5

Da ultimo, va evidenziato che, diversamente opinando, secondo quanto stabilito dalla citata Cass. n. 350/13, si dovrebbe concludere nel senso della non coerenza dei decreti ministeriali emanati in attuazione della 1. n 108/96 con la stessa legge, in quanto adottati sul non corretto presupposto della non rilevanza degli interessi moratori, con conseguente inapplicabilità a questi ultimi delle soglie fissate per i soli interessi corrispettivi e gli ulteriori oneri connessi all' erogazione del credito. Dunque, ove si voglia accertare l'eventuale usurarietà anche degli interessi moratori, il tasso di mora dovrà essere raffrontato al tasso soglia maggiorato dei 2,1 punti percentuali rilevati dalla Banca d'italia nell'ambito dei suoi controlli sulle procedure degli intermediari. Nel caso di specie, alla stregua delle considerazioni fin qui esposte, non può ravvisarsi alcuna ipotesi di usura, dato che le parti avevano concordato un tasso di interessi corrispettivi del 4,89% ed un tasso di mora dell 8,35%, entrambi inferiori ai tassi soglia antiusura previsti nel periodo di riferimento, rispettivamente dell'8,37%, per gli interessi corrispettivi e dell'11,52% per gli interessi di mora calcolato applicando la predetta maggiorazione di 2,1 punti percentuali. Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda di parte attrice, relativa alla nullità della clausola di pattuizione di interessi usurari, deve essere rigettata e, per l'effetto, restano assorbite le ulteriori domande dalla stessa avanzate. Le spese di lite seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri indicati dal D.M. 55/2014. P.Q.M. Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: - rigetta le domande proposte da MUTUATARIO nei confronti della BANCA SPA; -condanna parte attrice alla rifusione delle spese processuali in favore della BANCA SPA, che liquida in complessivi 2.768,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 16.10.2017. Il Giudice Dott. Fausto Basile *Il presente provvedimento è stato modificato nell aspetto grafico, con l eliminazione di qualsivoglia riferimento a dati personali, nel rispetto della normativa sulla Privacy 6