FRATERNITA DEI LAICI AREZZO ANNALI ARETINI XIII

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FRATERNITA DEI LAICI AREZZO ANNALI ARETINI XIII AREZZO NELLA SEDE DELLA FRATERNITA 2005

COMITATO SCIENTIFICO DEGLI ANNALI ARETINI: Augusto Antoniella, Luca Berti, Camillo Brezzi, Armando Cherici, Giovanni Cherubini, Alberto Nocentini, Silvano Pieri Direttore: Giovanni Cherubini Segreteria di Redazione: Gianna Rogialli MAGISTRATO DELLA FRATERNITA DEI LAICI: Primo Rettore: Paolo Bucciarelli Ducci Rettori: Angiolo Citernesi, Andrea De Rogatis, Danilo Petri, Pier Luigi Peruzzi, Daniele Piccoletti, Livio Tanganelli DAL 26 NOVEMBRE 2004 Primo rettore: Danilo Petri Rettori: Angiolo Citernesi, Gianfrancesco Chiericoni, Gianfranco Duranti, Raffaello Farsetti, Gainluca Parreschi, Alessandro Spadini ISBN 88-7814-329-4 2006 Fraternita dei Laici Arezzo, Via Ricasoli, 8 Pubblicato da Edizioni All Insegna del Giglio s.a.s. www.edigiglio.it Borgo San Lorenzo, via della Fangosa, 38

PARTE I Simboli e rituali nelle città toscane tra Medioevo e prima Età moderna ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE (Arezzo, 21-22 maggio 2004)

Fraternita dei Laici di Arezzo Sezione Didattica Università degli Studi di Siena Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo Dipartimento di Teoria e Documentazione delle Tradizioni Culturali Venerdì 21 maggio Facoltà di Lettere e Filosofia, viale Cittadini 33, aula 3 (Palazzina Donne) ore 15 Saluti e introduzione ai lavori Camillo Brezzi (Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo) Paolo Bucciarelli Ducci (Primo Rettore della Fraternita dei Laici) Caterina Tristano (Direttore del Dipartimento di Teoria e Documentazione delle Tradizioni Culturali) ore 15.30 Presiede Luca Berti (Società Storica Aretina) Marcello Fantoni (Georgetown University, Firenze): Simbologia e ritualità: la definizione di un campo di studi Fabrizio Ricciardelli (Sarah Lawrence College, Firenze): Le forme rituali della politica fra Firenze e le città dominate (secoli XIV-XV) Ivo Biagianti (Università di Siena): Signori, popolo, libertas: i termini del potere agli inzi dell età moderna Andrea Zorzi (Università di Firenze): Rappresentazioni e cerimoniali di giustizia nel tardo Medioevo Anna Benvenuti (Università di Firenze): Rogazioni e rituali di confinazione sacra nelle consuetudini medievali (secoli XII-XV) Sabato 22 maggio Chiesa dei S.S. Pergentino e Lorentino, via Cavour 188 ore 9,30 Presiede Giovanni Cherubini (Università di Firenze) Samuel K. Cohn Jr. (Università di Glasgow): Bandiere e parole nelle rivolte popolari del Trecento e Quattrocento: Toscana e oltre Ilaria Taddei (Università di Grenoble): Palii e rituali di derisione Franco Franceschi (Università di Siena): Ritualità e devozione nel mondo delle Arti (secoli XIV-XV) Frank Dabell (Temple University Philadelphia, Roma): La religione per la strada: i gonfaloni di Giorgio Vasari Maria Luisa Madonna (Università di Siena): Arezzo sacra: città e rituali nel progetto del vescovo Pietro Usimbardi ore 15 Presiede Maria Luisa Madonna (Università di Siena) Luciano Pantani (Arezzo): La Signora del mondo: immagini della morte fra Medioevo e Rinascimento Paola Refice (Soprintendenza A.P.P.S.A.D. di Arezzo): La cacciata dei diavoli Isabella Droandi (Fraternita dei Laici di Arezzo): Tracce di un matrimonio nella pittura aretina del Trecento Luciana Borri Cristelli (Università di Siena): La battaglia di Ponte Milvio. Redazioni a confronto Paolo Torriti (Università di Siena): La cerimonia del banchetto nella Toscana del Rinascimento. Ragioni, significati, etichetta

MARCELLO FANTONI SIMBOLOGIA E RITUALITÀ: DEFINIZIONE DI UN CAMPO DI STUDI Ricostruire i percorsi che hanno portato allo studio della ritualità in ambito storico obbliga ad addentrarsi in molteplici e complesse questioni epistemologiche. Lo stesso binomio simbologia-ritualità richiede per cominciare un chiarimento, avendo i due termini sollevato un acceso dibattito sulla natura del nesso fra le loro rispettive fenomenologie 1. Il rituale è una delle tante manifestazioni del simbolismo, ma allo stesso tempo il simbolismo costituisce la materia prima del rituale, i simboli sono anche alternativamente il linguaggio o il contenuto dei riti, oppure il rito è «action wrapped in a web of symbolism» 2, il che lascia chiaramente trasparire un ambiguità di fondo relativamente a quale dei due fra rito e simbolo contenga o sia contenuto dall altro. Se poi si considera che il rito è stato anche da alcuni concepito come vero e proprio sinonimo di simbolo, se non come atto simbolico di per sé, si capisce quanto minato sia il terreno semantico in cui ci addentriamo nell usare questi termini, peraltro così abusati. Altro problema non da poco consiste nella incompletezza concettuale della coppia in questione, per completare la quale occorrerebbe, secondo molti, introdurre una terza, necessaria, componente: la religione 3. Stando ad una delle prevalenti linee interpretative per la precisione quella che risale a Émile Durkheim un «rito» è infatti «un atto simbolico che implica il coinvolgimento di una entità soprannaturale» 4. Dal 1912 ad oggi molto si è scritto su questo tema e tanto è stato il disaccordo fra gli antropologi ed i sociologi, non tutti soddisfatti di una definizione di rito confinata entro il campo puramente sacro, ma sembra tuttavia consolidata l idea che il rito costituisca un atto simbolico, espressivo della struttura sociale, di cui la religione costituisce la materia prima al posto delle procedure giuridiche o politiche di regolazione delle relazioni sociali 5. 1 Per una discussione su questo tema, cfr. F.A. ISAMBERT, Rite et efficacité symbolique. Essai d antropologie sociologique, Parigi 1992. 2 D. KERTZER, Ritual, Politics & Power, New Haven-Londra 1988, p. 9. 3 Cfr. Cerimoniale, in Enciclopedia Italiana, Torino 1981, vol. II, pp. 955-967 e Rituale, in Ivi, pp. 210-243. 4 Cfr. É. DURKHEIM, Les formes élémentaires de la vie religieuse: le système totémique en Australie, Parigi 1912. 5 Per una definizione di rito si veda anche E. LEACH, Ritual, in International Encyclopedia of the Social Sciences, New York 1968, vol. XIII, pp. 520-526. La definizione tradizionale di rito è ad esempio giudicata insufficiente da Mary Douglas; cfr. M. DOUGLAS, Purity and Danger. An Analysis of Concepts of Pollution and Taboo, Harmondsworth 1966. 7

E qui entra in gioco la non sempre chiara linea di demarcazione fra rito e cerimoniale. Sin dai primi anni del Novecento, in seno all antropologia si è infatti animatamente discusso sull eventuale omologia tra cerimoniale e rituale, ai fini della legittimità di un impiego più o meno interscambiabile fra le due categorie. A lungo i due termini sono stati usati come sinonimi, per poi optare per una seppur controversa distinzione che elegge a fattore di discrimen proprio la dicotomia durkheimiana fra sacro e profano 6. Per Max Gluckman la differenza fra rituale e cerimoniale consiste invece nell opposizione tra due diverse fasi dell evoluzione sociale: il rituale è proprio dello stadio tribale ed irrazionale, intriso di sacro, mentre il cerimoniale è espressione delle società moderne, razionali e spogliate ormai del proprio sostrato di misticismo 7. Ma lo scenario è tutt altro che definito se anche una voce autorevole come quella di Jack Goody riesce a dire che «a ceremonial consists of a specific sequence of ritual acts» 8. Annosa è infine la discussione sull uso dei metodi e delle categorie proprie dell antropologia nell ambito degli studi storici. E non soltanto questa lista potrebbe allungarsi, ma occorre altresì prendere atto che neanche per i punti menzionati esistono posizioni concordi, il che vista l impossibilità di presentare esiti certi impone semmai di rendere conto dei diversi orientamenti. Resta tuttavia il fatto che di queste questioni occorra avere almeno coscienza prima di addentrarsi nello studio della ritualità e del simbolismo in un qualsiasi contesto storico-culturale. Oltre a ciò lo storico si trova ad avere il problema supplementare di calare queste categorie entro contesti storici determinati e, comunque, temporalmente e tipologicamente lontanissimi da quelli sulla base delle cui indagini le cosiddette società primitive erano state elaborate le griglie interpretative originarie. Fra i molteplici rischi che ciò comporta, rientra anche quello di una più mirata accezione di rito, che se applicata al campo della storia europea non trova tutti concordi, per molti essa lascia infatti aperto almeno un problema, e cioè quello di specificare la connotazione religiosa e non genericamente sacra/magica del sopprannaturale. Storici tradizionali e di inclinazione interdisciplinare, cattolici e laici, hanno qui optato per strade più o meno aperte, oltre all aver o meno riconosciuto fenomeni di divaricazione fra magico e religioso interni alla stessa civiltà cristiana occidentale a cavallo fra Medioevo e prima Età moderna, sia a livello di atteggiamenti mentali che di pronunciamenti dottrinari 9. 6 Questa è, del resto, la prospettiva che è stata fatta propria dagli storici; cfr. Rituale, cerimoniale, etichetta, a cura di S. Bertelli, G. Crifò, Milano 1985. Si ricorda anche J. CUISENIER, Cérémonial ou rituel, «Ethnologie française», XXVIII (1998), pp. 10-19. 7 Cfr. Essays on the Ritual of Social Relations, a cura di M. Gluckman, New York 1962, pp. 5 sgg. 8 J. GOODY, Religion and Ritual: The Definitional Problem, «The British Journal of Sociology», XII (1961), p. 159. 9 Uno studio esemplare in tal senso è certamente K. THOMAS, Religion and the Decline of Magic. Studies in popular Belief in sixteenth and seventeenth centuries England, Londra 1971. 8