Mediazione civile: per la Corte di Giustizia non serve l avvocato

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Mediazione civile: per la Corte di Giustizia non serve l avvocato Mediazione Civile: una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha fornito chiarimenti in merito tra cui la necessità della presenza di un avvocato La Corte di Giustizia dell Unione Europea, con la sentenza del 14 giugno 2017 resa nella causa C-75/16 (EU:C:2017:457), è intervenuta sul quadro normativo della mediazione civile con una vigorosa presa di posizione nelle controversie di consumo. E infatti, la Corte ritiene che la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, è contraria rispetto a quanto prevede la normativa nazionale in tema di mediazione in base alla quale i consumatori devono essere assistiti da un avvocato. Si tratta, certamente, di un provvedimento che avrà un notevole impatto sulla disciplina della mediazione civile e sul dibattuto ambito della risoluzione alternativa delle dispute.

I fatti. Nel caso de quo ci troviamo dinanzi ad una controversia che contrappone due clienti ad una banca e che ha come oggetto il regolamento del saldo debitore di un conto corrente a seguito di un apertura di credito concessa loro dall istituto di credito per consentire l acquisto di azioni, tra cui anche quelle emesse dalla stessa banca o da altre società appartenenti al medesimo gruppo. Controversia in materia bancaria e di consumo. Appare evidente che ci troviamo di fronte ad una controversia in materia bancaria e, pertanto, soggetta all obbligo del tentativo di mediazione ex art. 5, comma 1-bis d.lgs.28/2010, e di consumo perché il rapporto è tra un consumatore e un professionista che prende le mosse da un ricorso per decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca per un importo di circa un milione di euro. Il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Verona. Il Tribunale di Verona, competente per il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ha motivato la propria ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia rilevando un contrasto tra le disposizioni di diritto italiano in materia di mediazione obbligatoria e la direttiva 2013/11 che avrebbe istituito «un sistema unitario, esclusivo e armonizzato per le controversie riguardanti i consumatori, che vincolerebbe gli Stati membri al conseguimento dell obiettivo da essa perseguito». E tanto rileva in particolar modo sui punti qualificanti rappresentati dalla libertà delle parti di partecipare o meno alla procedura ADR, ma anche alla possibilità di ritirarsi in

qualsiasi momento dalla stessa: «ragion per cui il ricorso obbligatorio alla mediazione, previsto dal diritto nazionale, porrebbe il consumatore in una posizione più sfavorevole di quella in cui si troverebbe se un simile ricorso avesse mero carattere facoltativo». Quindi per il Tribunale di Verona, le norme del d.lgs. n. 28/2010 contrastano con il diritto comunitario poiché la normativa italiana prevede l assistenza difensiva obbligatoria, che rappresenta un costo, per il consumatore che partecipa alla mediazione, nonché con la possibilità di non partecipare alla mediazione se non in presenza di un giustificato motivo. La Direttiva 2008/52 e liti transfrontaliere. Il primo nodo che la Corte di Giustizia ha dovuto sciogliere è stato quello di stabilire se, nel caso de quo, fosse rilevante o meno, dover interpretare e applicare la direttiva 2008/52 in materia di mediazione. Ebbene, la Corte di Giustizia, osserva correttamente che l ambito operativo della su menzionata direttiva è solo quello che ha per oggetto le liti transfrontaliere, ambito diverso rispetto al caso all esame del giudice a quo che è, al contrario, puramente interno. E tale conclusione deve applicarsi anche nel caso in cui un legislatore interno abbia deciso, nell ambito della propria discrezionalità, di estendere anche alle controversie interne alcuni dei principi e delle regole ricavabili dalla direttiva 2008/52. Ma può trovare applicazione la direttiva 2013/11? Si deve sottolineare come l attenzione della Corte di Giustizia sia stata rivolta all interpretazione della

direttiva 2013/11 nel caso in cui la mediazione prevista dal d.lgs. 28/2010 sia utilizzata come metodo ADR per risolvere delle controversie di consumo. La Corte di Giustizia è molto esplicita sul punto sottolineando che «la direttiva 2013/11 si applica non a tutte le controversie che coinvolgono consumatori, ma solo alle procedure che soddisfano i seguenti presupposti cumulativi: in primo luogo, la procedura deve essere stata promossa da un consumatore nei confronti di un professionista con riferimento a obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi, in secondo luogo, conformemente all articolo 4, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2013/11, tale procedura deve soddisfare i requisiti previsti dalla suddetta direttiva e in particolare, sotto tale profilo, essere indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa e, in terzo luogo, detta procedura deve essere affidata a un organismo ADR, ossia, conformemente all articolo 4, paragrafo 1, lettera h), della medesima direttiva, a un organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente, che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è inserito in elenco ai sensi dell articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2013/11, elenco notificato alla Commissione europea». Ed allora se la mediazione civile prevista dal d.lgs. 28/2010 deve essere utilizzata come metodo di risoluzione alternativo delle controversie, in base a quanto disposto dalla direttiva 2013/11 essa dovrà rispettare alcune condizioni. Ma l obbligo di mediazione civile è fatto salvo dalla Corte di Giustizia? La Corte di Giustizia deve quindi stabilire se la direttiva 2013/11 debba essere interpretata nel senso che sia contraria alla normativa italiana, che prevede: 1) il ricorso obbligatorio a una procedura di mediazione, nelle controversie

indicate all articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a queste medesime controversie, 2) che, nell ambito di una mediazione siffatta, i consumatori devono avere l assistenza di un avvocato e, 3) che i consumatori possano sottrarsi a un previo ricorso alla mediazione solo se dimostrano l esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione. Per ciò che attiene l obbligatorietà della mediazione la Corte di Giustizia, precisa che «il carattere volontario della mediazione consiste non già nella libertà delle parti di ricorrere o meno a tale procedimento, bensì nel fatto che le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento». E obbligatoria l assistenza dell avvocato? Non ammette repliche la risposta data dalla Corte al secondo problema relativo alla previsione dell assistenza obbligatoria in un procedimento regolato dalla direttiva 2013/11. Le norme poste a base di tale decisione sono state individuate nell art. 8, lett. b), della direttiva che prevede che gli Stati membri garantiscono che le parti abbiano accesso alla procedura ADR senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale e nell articolo 9, paragrafo 1, lettera b), che prevede l obbligo di informare le parti del fatto che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale. Da ciò discende che «una normativa nazionale non può imporre al consumatore che prende parte a una procedura ADR di essere assistito obbligatoriamente da un avvocato».

Il consumatore può ritirarsi in qualunque momento dalla procedura? Con il terzo profilo la Corte di Giustizia chiarisce se il consumatore sia libero di ritirarsi in qualsiasi momento dalla procedura. Ed anche in questo caso la normativa europea è talmente lapalissiana da non lasciare spazio ad alcun dubbio interpretativo: essa «deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita il diritto dei consumatori di ritirarsi dalla procedura di mediazione al solo caso in cui dimostrino l esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione». I problemi sorgono, invece, in ambito applicativo. In base a quanto disposto dal d.lgs. 28/2010 le sanzioni colpiscono la parte che decide di non partecipare senza giustificato motivo e non quando intende interrompere la procedura. Secondo la Corte di Giustizia quindi la mediazione civile è salva a patto che: il procedimento non conduca a una decisione vincolante per le parti senza che il consumatore abbia precedentemente accettato la soluzione proposta; la procedura non ritardi in modo rilevante la possibilità di sottoporre la controversia a un giudice; nelle more dell esperimento della procedura di mediazione, la prescrizione rimanga sospesa e sia impedito il perfezionarsi di eventuali decadenze; il Consumatore non debba sopportare costi per accedere alla procedura; l utilizzo di strumenti elettronici non costituisca l unica modalità di accesso alla procedura di conciliazione; pendente la procedura di conciliazione sia in ogni caso possibile per il consumatore adire il Giudice per ottenere la concessione di provvedimenti cautelari d urgenza.

In conclusione: la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull ADR per i consumatori), dev essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede il ricorso a una procedura di mediazione civile, nelle controversie indicate all articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a queste medesime controversie, purché un requisito siffatto non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. La medesima direttiva dev essere invece interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede che, nell ambito di una mediazione siffatta, i consumatori debbano essere assistiti da un avvocato e possano ritirarsi da una procedura di mediazione civile solo se dimostrano l esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione. Avv. Maria Teresa De Luca Hai domande su questo caso? Scrivi a redazione@responsabilecivile.it Leggi anche: PROCESSO CIVILE E PRESENZA DELLE PARTI ALLA MEDIAZIONE, È NECESSARIA?