AIAF - A.I.G.A. Corso di Diritto di Famiglia. 21 giugno Reclamabilità dei provvedimenti in materia di separazione.

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AIAF - A.I.G.A. BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj Qjb{{befmmbWjuupsjb22027 Ufm/12106:6:26:.Gby12106871125 27232HFOPWB fosjdpabwwcfu/ju Corso di Diritto di Famiglia 21 giugno 2006 -------- Reclamabilità dei provvedimenti in materia di separazione e di divorzio ********* L argomento di cui tratterò è stato fortemente innovata dalla recente L. 54/2006 in quanto, in precedenza, era pacifico che i provvedimenti presidenziali non potessero essere impugnati, così come i provvedimenti del giudice istruttore in corso di causa (fatta salva la giurisprudenza, che mi risulta unica, del Tribunale di Genova). Il reclamo avverso i provvedimenti presidenziali. L art. 2 della L. 54/2006 ha introdotto alcune modifiche all art. 708 c.p.c. e la parte più importante è quella che prevede che contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento. Tale disposizione processuale sembra essere destinata a rivoluzionare il processo di separazione e quello di divorzio, ma sembra opportuno segnalarne la contraddittorietà. L'art. 2 della legge 54/2006 ha introdotto, dopo pochissimo tempo dalla riforma processuale entrata in vigore il 1 marzo 2006, un nuovo ultimo comma all art. 708 c.p.c. che prevede che, contro i provvedimenti di cui al 1

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj terzo comma (i provvedimenti presidenziali) si possa proporre reclamo davanti alla corte d'appello che si pronuncia in camera di consiglio. Già il termine di dieci giorni appare la prima dimostrazione di una certa confusione del legislatore in quanto la legge 80/2005 ha invece esteso a quindici giorni il termine per il reclamo dei provvedimenti cautelari (vedasi il nuovo testo dell'art. 669-terdecies c.p.c.). Nella nuova norma nulla si dice poi in ordine alla notifica e a chi spetti effettuare l incombente. Nel caso in cui il convenuto non sia comparso all udienza presidenziale è evidente che il termine per il reclamo del provvedimento decorre dalla notifica che deve fare l attore dell ordinanza presidenziale (art. 709, comma 1, c.p.c. e art. 4, comma 9, legge 898/70). Se le parti sono entrambe presenti all udienza presidenziale, non essendo prescritto alcun obbligo di notifica, la situazione appare paradossalmente più problematica. Considerato che si tratta di un reclamo in corso di causa, sembrerebbe logico che la notificazione debba essere effettuata a cura del cancelliere ai sensi degli articoli 137 e 170 c.p.c. e non a cura della parte ex art. 285 c.p.c., riferibile al termine breve per l impugnazione delle sentenze, e nemmeno ai sensi dell'art. 739 c.p.c. che si riferisce all impugnazione dei provvedimenti camerali. In entrambi questi ultimi casi si tratta, infatti, di provvedimenti che definiscono un procedimento mentre i provvedimenti in corso di causa sono in genere comunicati o notificati alle parti dal cancelliere (art. 58 c.p.c.). Al contrario, si potrebbe ritenere che la notifica debba essere effettuata a cura della parte che ne ha maggior interesse, ma anche questa tesi appare 2

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj dubbia in quanto non rientra nelle previsioni di cui all art. 285 c.p.c. che non prevede impugnazioni in corso di causa. Qualora poi la parti non notificassero l ordinanza presidenziale, si giungerebbe all assurda conclusione per cui il provvedimento presidenziale sarebbe reclamabile o senza termine o, ancor più assurdo, in ogni caso non oltre un anno, se si volesse pensare ad un analogia con le sentenze o i decreti camerali. Sembra quindi più opportuno il richiamo al nuovo testo dell'art. 669-terdecies c.p.c. il quale per il reclamo avverso il provvedimento cautelare indica un termine di quindici giorni, termine che decorre dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Qualora invece si dovesse ritenere che il termine del reclamo decorra dalla notifica a cura della parte che ne ha interesse, è ovvio che la notifica dell ordinanza presidenziale diventerà un adempimento indispensabile per dare stabilità ad un ordinanza che, in caso contrario, rimarrebbe sempre esposta alla reclamabilità, non apparendo possibile applicare al provvedimento presidenziale la scadenza massima di un anno per l impugnazione stabilita per le sentenze (art. 327 c.p.c.). Sembra necessario comunque osservare che non appare sostenibile la tesi per cui il provvedimento presidenziale è assimilabile ad un provvedimento cautelare, sia per l esistenza della clausola di conservazione di efficacia anche dopo l estinzione del processo (art. 189 disp. att. cod. civ.), sia per il fatto che il secondo è destinato a diventare inefficace in caso di estinzione o di non instaurazione del processo (art. 669-novies). Anche questa conclusione però potrebbe essere messa in discussione dall inserimento del nuovo sesto comma dell art. 669-octies c.p.c. (realizzato 3

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj con la legge 80/2005) in base al quale tutti i provvedimenti cautelari anticipatori possono mantenersi in vita se le parti dovessero accettare di non metterli in discussione. La previsione, quindi, della reclamabilità davanti alla corte d'appello potrebbe essere considerata opportuna di fronte al rischio di una nuova rimessa in discussione dei principi in tema di reclamabilità. Si ritiene infine che non siano invece reclamabili i provvedimenti del giudice istruttore in quanto gli stessi sono sempre modificabili e revocabili in corso di causa in virtù dell art. 177 c.p.c.. Si reputa che non operi perché non dichiarata espressamente applicabile dall'art. 669-quaterdecies c.p.c. ai provvedimenti del giudice istruttore in corso di separazione o divorzio la riforma del rito cautelare uniforme operata con la legge 80/2005, in quanto questa non avrebbe allargato a tutti i provvedimenti cautelari la regola secondo cui l estinzione del procedimento non determina l inefficacia del provvedimento cautelare anticipatorio. Su questo punto è intervenuta di recente, maggio 2006, un interessante pronuncia del Tribunale di Genova, che a tuttoggi mi risulta sia l unica, che ammette invece l impugnazione dei provvedimento del giudice istruttore davanti alla corte d appello, con le stesse forme dell impugnazione prevista dall art. 708 u.c. c.p.c.. Il tribunale ha emesso il proprio provvedimento a seguito di un reclamo proposto a sensi dell art. 669 terdecies c.p.c., rilevando immediatamente la già descritta innovazione del nuovo ultimo comma dell art. 708 c.p.c.. Il tribunale ha osservato che, a sensi dell art. 709 ter u. c. c.p.c., i provvedimenti assunti dal giudice istruttore sono impugnabili nei modi ordinari e che i provvedimenti presidenziali provvisori ed urgenti assunti a sensi del III comma dell art. 708 c.p.c., e quelli successivamente presi dal G. 4

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj I. ai sensi dell art. 709 u.c. c.p.c., possono potenzialmente sopravvivere anche all estinzione del processo (cfr. Cass. 99/1766; 98/9325), apparendo tra loro di analoga natura. La conclusione quindi è che, se provvedimenti presidenziali di cui al precedente punto sono reclamabili con ricorso alla Corte d Appello ai sensi dell art. 708 u.c. c.p.c. ed i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari, e se entrambi i provvedimenti hanno analoga natura, si debbono considerare impugnabili con reclamo alla Corte d Appello anche questi ultimi: infatti l identica natura giuridica del provvedimento impone, con interpretazione estensiva, che ad esso sia riservato lo stesso mezzo di impugnazione quale che ne sia la funzione (Presidenziale o istruttoria) svolta dal magistrato che lo ha emesso. Il tribunale ha ritenuto che tale interpretazione sembra confortata anche dall art. 177 punto 3), c.p.c., secondo il quale non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate le ordinanze per le quali la legge predispone uno speciale mezzo di reclamo e, conseguentemente, il reclamo proposto a sensi dell art. 669 terdecies c.p.c. anziché ai sensi dell ultimo comma art. 708 c.p.c., e cioè con ricorso alla corte d appello, deve ritenersi inammissibile. E ovvio che tale interpretazione potrebbe dare spazio ad un contenzioso che probabilmente le corti d'appello non potrebbero assolutamente affrontare, già con l ipotetico peso che deriverebbe dalle impugnazioni dei soli provvedimenti presidenziali. Mi piace sottolineare che, già nel 2002, il Tribunale di Genova in uno splendido isolamento aveva ritenuto ammissibile l impugnazione dei provvedimento del giudice istruttore ex art. 669 terdecies c.p.c. in quanto 5

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj rientrante nelle tipologie previste per i provvedimenti emessi dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 708 c.p.c. Il tribunale aveva sottolineato in particolare che i provvedimenti relativi ai minori, per quanto attiene ai loro rapporti con i genitori, hanno anche la conseguenza di provocare effetti psicologici duraturi nei rapporti personali, difficilmente superabili se non con tempi molto lunghi mediante percorsi psicodinamici spesso lenti, tanto che il tempo ha un sicuro effetto di consolidamento, effetto che può trasformare un provvedimento adottato in base a valutazioni non valide in materia minorile in una fonte di grave disagio per i minori stessi. Il tribunale aveva osservato che, nel caso di un provvedimento di limitazione della potestà adottato dal tribunale per i minorenni, vi è possibilità di reclamo immediato ex art. 739 c.p.c. alla Corte d'appello - sezione specializzata per i minorenni, mentre, quando un provvedimento viene adottato dal giudice istruttore di una causa di separazione con le stesse, in quel caso gravissime, conseguenze giuridiche e oggettive, non era previsto alcun rimedio che consentisse l intervento di un giudice diverso sino alla decisione. Il tribunale nella propria decisione, allo scopo di trovare una soluzione soddisfacente, aveva richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 253/1994, sentenza che ha precisato con grande chiarezza che l'alterità del giudice dell'impugnazione rappresenta, secondo l'ordinamento ma anche secondo il comune sentire, un fattore di maggior garanzia e quindi, poiché la finalità dell'introduzione della disciplina cautelare uniforme è stata esplicitamente indicata dal legislatore con la necessità di assicurare i requisiti propri (e minimi) imposti al modello processuale dalle garanzie di cui al sistema costituito dagli artt. 3 e 24 Cost., in tema di contraddittorio, di 6

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj obbligo di motivazione e, per quanto qui interessa, di posizione delle parti nell'esercizio dei rispettivi diritti, il tribunale ha ritenuto che si dovesse dare una lettura costituzionalmente adeguata all'art. 669 quaterdecies c.p.c.. Il tribunale aveva poi osservato che provvedimenti con contenuto analogo, ma emessi con riti diversi e da giudici diversi (tribunale per i minorenni e tribunale ordinario), erano soggetti a garanzie troppo manifestamente differenti, in quanto, mentre i provvedimenti del tribunale per i minorenni godono del rimedio di cui all art. 739 c.p.c., quelli con effetti equivalenti emessi dal Giudice Istruttore non potevano essere impugnati sino al termine del giudizio. Il tribunale ha inoltre sottolineato che ciò accadeva in un campo (quello della possibilità di reclamare ad un giudice diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento) che la Corte costituzionale ha indicato come essenziale per l'effettivo e corretto esercizio del diritto di difesa laddove la Corte osserva: infatti, il provvedimento, positivo o negativo che sia, incide comunque sulla sfera personale o patrimoniale di entrambe le parti, arrecando pregiudizio agli interessi dell'una o dell'altra in misura non valutabile astrattamente; né vi è possibilità logica di ritenere a priori più probabile il fondamento giuridico dei provvedimenti di rigetto rispetto a quelli di accoglimento. Il reclamo del pubblico ministero L'art. 5, V c., della legge sul divorzio prevede che il pubblico ministero possa proporre impugnazione, a sensi dell'art. 72 c.p.c., avverso la sentenza di divorzio limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori. Trattandosi di norma di carattere processuale lo stesso potere è stato riconosciuto dalla giurisprudenza al pubblico ministero nel giudizio di separazione ex art. 23 legge 6 marzo 1987, n. 74, anche alla luce del fatto 7

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj che l art. 709, I c., c.p.c., prevede che il provvedimento presidenziale debba essere comunicato al pubblico ministero. Il pubblico ministero ha quindi il potere di reclamare i provvedimenti presidenziali limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori. Reclamabilità e modificabilità In ordine alla reclamabilità dei provvedimenti presidenziali si può evidenziare qualche osservazione. Il primo problema nasce dagli scarsi organici della magistratura e dalla dislocazione territoriale delle corti d appello, la maggioranza delle quali riunisce molti tribunali (solo il Piemonte ne riunisce diciassette), facendo sì che il paventato rischio di una paralisi della giustizia sia altamente credibile. Un secondo aspetto attiene invece al pericolo di sovrapposizione della reclamabilità con la modificabilità dei provvedimenti in oggetto, provvedimenti che, sino a ieri, non sono mai stati ritenuti (né dalla giurisprudenza e né dalla dottrina) reclamabili al collegio (e tantomeno alla corte d appello), così come previsto nel processo cautelare uniforme, sul presupposto che tali provvedimenti non avrebbero natura cautelare ma anticipatoria. Nella prassi delle separazioni e dei divorzi il provvedimento provvisorio è assunto dal presidente a seguito di una valutazione spesso sommaria, addirittura frettolosa, della situazione, circostanza che sotto questo aspetto può confermare la validità del rimedio del reclamo. Va rilevato che la legge sull affidamento condiviso dà al presidente la possibilità di assumere anche in sede presidenziale mezzi di prova, anche per le questioni relative agli aspetti economici, e di ascoltare il minore (art. 155, u. c.; art. 155-sexies). 8

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj In questo modo i provvedimenti dovrebbero essere la conclusione di una valutazione più ampia e concreta, così da giustificare eventualmente in caso di contestazione un più ampio spettro di possibilità di modifica piuttosto che la previsione della reclamabilità dei provvedimenti presidenziali in ogni tempo (e non solo in presenza di nuove circostanze). Tale principio, la modificabilità in ogni tempo senza necessaria emergenza di circostanze nuove (come prevedeva il precedente ultimo comma dell art. 708 c.p.c.), è oggi pacificamente contenuto nel nuovo terzo comma dell'art. 709 c.p.c. E quindi ovvio che la sovrapposizione tra reclamabilità e modificabilità dei provvedimenti potrebbe comunque creare dei problemi al giudice istruttore al quale potrebbe essere richiesta una modifica dei provvedimenti confermati o modificati dalla corte d'appello. Il principio di reclamabilità dei provvedimenti presidenziali potrebbe quindi incidere negativamente sul principio di modificabilità, generando non poche difficoltà in caso di nuove circostanze. Circa il procedimento, il reclamo introduce un nuovo procedimento davanti alla corte d appello senza che la norma dia alcuna indicazione circa un eventuale sospensione del processo, la cui trattazione sembra quindi poter tranquillamente proseguire. Non è stata indicata alcuna norma procedurale ed io ritengo che la corte non possa assumere nuove informazioni o procedere all'assunzione di nuovi mezzi di prova, dovendosi limitare a riesaminare il provvedimento impugnato ed i suoi presupposti. Il reclamo dei provvedimenti presidenziali in sede divorzile e di nullità del matrimonio. 9

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj Il nuovo testo dell art. 4 della legge sul divorzio non prevede la reclamabilità dei provvedimenti presidenziali, come fa espressamente il nuovo ultimo comma dell'art. 708 c.p.c. per la separazione. Neppure in tema di nullità del matrimonio nulla si dice in tema di reclamo avverso i provvedimenti provvisori e urgenti eventualmente adottati nel giudizio ex art. 129 cod. civ. o in quello ex art. 126 cod. civ.. Va ricordato che la reclamabilità dei provvedimenti presidenziali di separazione è stata introdotta successivamente alla riforma di cui alla legge 80/2005 con la legge 54/2006, il cui articolo 4, comma 2, espressamente dichiara applicabili le disposizioni della presente legge anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili e di nullità dei matrimonio. Appare quindi pacifico che le disposizioni della legge 54/2006 prevedano la reclamabilità dei provvedimenti provvisori e urgenti assunti dal presidente nel giudizio di divorzio e, ove si ammetta l'esistenza di una fase presidenziale, a quelli adottati nel corso del giudizio successivo alla nullità, ex art. 129 cod. civ. ovvero nel procedimento ex art. 126 cod. civ.. Il reclamo avverso i provvedimenti in tema di affidamento dei figli naturali L art. 4 della legge 54/2006 dichiara applicabili le disposizioni introdotte dalla riforma sull affidamento dei figli anche ai procedimenti per la regolamentazione dell affidamento dei figli naturali previsti, come è noto, nell'art. 317-bis cod. civ.. Detti procedimenti sono di competenza del tribunale per i minorenni in virtù dell art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Il tribunale per i minorenni decide sempre in composizione collegiale e non è quindi prevista, per legge, una fase di tipo presidenziale né la possibilità di emissione di provvedimenti urgenti e provvisori. 10

BWW/FOSJDPCFU Ejsjuupejgbnjhmjbfefjnjopsj Il reclamo è quindi possibile solo nei confronti del provvedimento camerale che definisce il procedimento a sensi dell art. 739 c.p.c., nel termine di dieci giorni dalla notifica del provvedimento, notifica questa affidata alla parte maggiormente interessata in quanto, in caso di mancata notifica del provvedimento (cosa ben diversa questa dalla comunicazione effettuata dalla cancelleria alle due parti), si può tranquillamente ricorrere al termine lungo un anno decorrente dalla comunicazione di cui sopra. Enrico Bet 11