anno 19 numero 29 24 luglio 2013 2,00



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anno 19 numero 29 24 luglio 2013 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr Via dallo stress e dai fallimenti della fecondazione in provetta. Ecco tutto quello che avreste voluto sapere e non vi hanno mai detto sulla convenienza (anche economica) dei metodi naturali nella cura dell infertilità Ridateci la cicogna

EDITORIALI BLITZ DEL PD CONTRO I VOUCHER SOCIO-SANITARI Pur di cancellare il modello Formigoni trattano i lombardi come dei cretini Da quando è stato eletto governatore lombardo a scorno dei poterazzi che contavano di aver cancellato il ventennio di buona amministrazione delle giunte Formigoni, il nostro amico Roberto Maroni continua ad avere dei grossi calabroni che gli ronzano attorno. Il ronzio, naturalmente, allude ai benpensanti che considerano il Bene affare loro. Così, nonostante il governatore sia molto consapevole delle malevole attenzioni di cui gode la sua maggioranza presso la grande stampa, suo malgrado, settimana scorsa ha permesso all opposizione di cantare vittoria perché in sede di Consiglio è stato approvato un ordine del giorno che sembra voler archiviare in ambito socio-sanitario i cosiddetti voucher. Cioè i buoni che oggi il cittadino spende nella struttura che offre servizi di assistenza domiciliare o di riabilitazione che ritiene più adeguata. Durante un colloquio informale il governatore ha assicurato a Tempi che non ha nessuna intenzione di archiviare la sussidiarietà. Sappiamo però che il terreno è sdrucciolevole e i nemici della libera Lombardia sono tanti. Visti i suoi guai giudiziari, di Formigoni è vietato parlare. Però, neanche si può accettare la logica secondo cui per cancellare un nome si deve affermare che il cittadino è cretino. Dunque «non bisogna lasciarlo solo» come dice il Pd nella scelta dei servizi, ma devono essere Asl e Comuni a decidere al posto suo. Come abbiamo scritto e ripetuto a iosa, a Formigoni può essere rimproverato di tutto. Ma non l aver lasciato ai cittadini lombardi quei conti a posto, quelle libertà di scelta e quelle qualità dei servizi (specialmente in sanità) che nel resto dell Italia ci invidiano. E che per mancanza dei quali l Italia affonda. BORAT IN REDAZIONE Dite a Ezio Mauro che l amico italiano del satrapo kazako è più P. che B. Sarebbe bastato leggere i giornali stranieri per porsi delle domande sulla salute dell informazione italiana al seguito del pasticciaccio brutto combinato dai nostri apparati di polizia con la deportatio (termine usato dai gionali kazaki) della moglie e figlia di Mukhtar Kabulovich Ablyazov. Per prima cosa, come racconta su queste pagine Fausto Biloslavo, tutto si può dire di un ricco sfondato ricercato dall Interpol, tranne che è un dissidente e capo dell opposizione. Punto secondo, ciò è niente davanti alla figura da Borat che ha fatto Ezio Mauro nel suo tonitruante editoriale di lunedì e replica del martedì, in cui, per berlusconizzare il Kazakistan e chiedere le Dimissioni, subito del ministro Alfano, ha dovuto dipingere un Ciancimino asiatico come Solzenicyn e un padre-padrone come un Gheddafi del Cremlino. «Un satrapo che dall età sovietica, reprimendo il dissenso, guida quel paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila». Naturalmente ciascuno è libero di pensare quello che vuole. Però, chi glielo dice a Ezio Mauro che l autorevole e di sinistra Der Spiegel il 13 marzo scorso ha segnalato tra «i consulenti» dell «autocrate» non Berlusconi, ma i principali leader del centrosinistra europeo e il DER SPIEGEL INFORMA CHE UNO DEI «CONSULENTI» DI NAZARBAYEV È L EX PREMIER ITALIANO E PADRE DEL PD ROMANO PRODI È PASSATO IN CONSIGLIO UN ODG DELLA SINISTRA CONTRO LA LIBERTÀ DI SCELTA. MARONI HA ASSICURATO A TEMPI CHE NON HA INTENZIONE DI SEGUIRLO «former prime minister Romano Prodi», tutti «membri dell International Advisory Board di Nazarbayev» dove «ciascuno è pagato annualmente con un fee a sette cifre»? Non è un reato. E neanche un peccato. Però non si sa mai, magari poi Borat si incazza e berlusconizza pure il padre del Pd. FOGLIETTO Sul caso D Amico. Un malato incurabile c è: è la civilà che subordina il rispetto della natura all arbitrio Giudice in pensione dal 2010. Gli viene diagnosticato un male incurabile. Si reca in Svizzera, in una clinica per suicidi assistiti : muore l 11 aprile 2013. Tre mesi dopo, l autopsia dice che i medici avevano sbagliato: non c era alcun tumore. I (pochi) commenti mediatici si concentrano non sul viaggio della morte procurata e legale nel cuore della civilissima Europa, né sulla circostanza che non è il primo caso ricordiamo tutti la vicenda di Lucio Magri, ma sul fatto che Pietro D Amico sia stato ucciso inutilmente, visto che era sano. È invece sano di mente chi ritiene che se D Amico avesse avuto veramente il cancro, era giusto ammazzarlo? Il male incurabile lo ha un sistema giuridico nel quale il dato di realtà è sempre più sostituito dalla percezione, e nel quale trova tutela non il diritto fondato sul rispetto della natura dell uomo, ma qualcosa di transitorio e di mutevole come il desiderio. La ferita nell ordinamento l ha provocata 35 anni fa la legge sull aborto: costruita sul modello dell aborto terapeutico, in realtà permette di uccidere il concepito in base al mero timore che nasca malformato; allora come oggi, una percezione soggettiva si trasforma in una sentenza di morte. Poiché il diritto alla vita è il fondamento di tutti gli altri, non deve sorprendere che la logica della sottomissione della realtà all arbitrio della soggettività scorra dalla fase iniziale dell esistenza a quella conclusiva. E non è finita: nella legge sulla omofobia, che destra e sinistra hanno fretta di approvare alla Camera, la legge penale è chiamata a tutelare l «attrazione» verso una persona dello stesso sesso e la «percezione che una persona ha di sé come appartenente» a un «genere ( ) anche se opposto al proprio sesso biologico». La civiltà sta nel contrastare questa deriva di morte o nel lasciare che ci travolga del tutto? Alfredo Mantovano 24 luglio 2013 5

anno 19 numero 29 24 luglio 2013 2,00 SOMMARIO 08 PRIMALINEA UNA FEDE CHE SORPRENDE CAMISASCA, AMICONE NUMERO 29 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr Via dallo stress e dai fallimenti della fecondazione in provetta. Ecco tutto quello che avreste voluto sapere e non vi hanno mai detto sulla convenienza (anche economica) dei metodi naturali nella cura dell infertilità Ridateci la cicogna Ecco tutto quello che avreste voluto sapere e non vi hanno mai detto sulla convenienza (anche economica) dei metodi naturali nella cura dell infertilità 26 SOCIETÀ FIGLI SENZA PROVETTA CASADEI, AGNOLI 14 INTERNI ABLYAZOV, DISSIDENTE PER FINTA BILOSLAVO LA SETTIMANA Foglietto Alfredo Mantovano...5 Solo per i vostri occhi Lodovico Festa...19 Le nuove lettere di Berlicche...33 Presa d aria Paolo Togni...38 Mamma Oca Annalena Valenti...39 Post Apocalypto Aldo Trento...44 Sport über alles Fred Perri...46 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano...47 Terra di nessuno Marina Corradi...50 RUBRICHE 20 ESTERI EGITTO, E DOPO IL GOLPE? GROTTI 34 L ITALIA CHE LAVORA ARTIGIANO DELLE PIPE Stili di vita...38 Per Piacere...41 Motorpedia...42 Lettere al direttore...46 Taz&Bao...48 Foto: Ansa, AP/LaPresse, Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell 11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 19 N. 29 dal 18 al 24 luglio 2013 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Roto2000 S.p.A., Via L. da Vinci, 18/20, Casarile (MI) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 abbonamenti@tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, redazione@tempi.it, www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite nell archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).

UNO DI NOI DI MASSIMO CAMISASCA Il padre imprevedibile Foto: Getty Images Dicevano: la Chiesa è morta. Poi è venuto Francesco, la guida che tutti desideravano e che nessuno si aspettava. Sempre alla ricerca di nuove strade per raggiungere gli uomini, così papa Bergoglio libera la fede dalle incrostazioni mondane e la rende di nuovo attrattiva. Rimettendo al centro Gesù stesso 24 luglio 2013 9

Che cosa cercano le folle in ricerca di una presenza che Francesco? Un padre. La sete di un padre caratterizza il nostro tempo. È la sappia indicare la strada, in un tempo segnato da molte ombre e da poche luci. Un padre che sappia indicare la via anche correggendo i percorsi sbagliati, ma sempre con un tono amorevole e rassicurante. La Tradizione della Chiesa, ma prima ancora Gesù nel Vangelo (si legga il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni), hanno indicato nell immagine del Buon Pastore il riferimento più chiaro a questa arte di guidare con autorevolezza e misericordia. E non a caso Papa Francesco ha ripreso un numero imprecisato di volte questa immagine: il pastore e le pecore, quelle smarrite da cercare, quelle già nell ovile che non bisogna perdere tempo a coccolare, dimenticando le altre, sole e perdute. Ma le folle non cercano solo un padre. Cercano un padre vicino. Ecco allora l importanza della parola e dei segni. Bergoglio conosce l arte della comunicazione. Non parla solo con le parole, ma con i gesti e le espressioni del volto. Il suo umorismo trasmette quella serenità di cui è assetato il cuore dell uomo. Ma è soprattutto attento ai segni. Non usare una cro- ce pettorale d oro, abitare a Santa Marta assieme ad altri preti, chiedere la benedizione del popolo sono segni che danno alla gente l impressione chiara che Francesco è un uomo vicino, che è uno di noi, che qualcosa di nuovo sta accadendo. Tanta gente che non entrava in una chiesa da anni, forse da decenni, torna a confessarsi. Tanti accorrono a Roma in pellegrinaggio e affollano Piazza San Pietro. Non sono solo le udienze del mercoledì o gli Angelus della domenica a raccogliere decine e decine di migliaia di persone. Nella piazza, che è il cuore della cristianità, accorrono gruppi numerosi perfino di notte, pregando e cantando, tenen- 10 24 luglio 2013

UNO DI NOI PRIMALINEA TANTA gente che non ENTRAva IN una chiesa da ANNI, forse da decenni, torna a confessarsi. TANTI accorrono a RoMA IN PELLEgRINAggio e affollano PIAzza san PIETRo. PERfINo di notte lui? La risposta che più mi ha impressionato è stata quella di un giovane: in lui mi attrae l imprevedibilità. Bergoglio è, in effetti, un uomo imprevedibile. Sembra sempre alla ricerca di nuove strade per raggiungere gli uomini che ha davanti. Ma in lui tutto ciò è naturale, come frutto di un lungo esercizio vissuto ai tempi del suo ministero sacerdotale ed episcopale. Foto: Ansa do in mano candele accese. Se un prete è riconoscibile, in treno, in aereo, sull autobus, ha molte probabilità che il suo vicino gli parli di Papa Francesco, gli esprima la sua gioia, la sua gratitudine, come se avesse contribuito ad eleggerlo. Di questo Papa si parla dovunque e il più delle volte con benevolenza, anzi con gratitudine. Eppure non è un uomo accondiscendente, un prete che gioca al ribasso per non scontentare. Invita continuamente alla conversione e allo stesso tempo ricorda che Dio è grazia, è perdono, gioia, pace e misericordia. Ho chiesto a tanta gente: chi è per te Papa Francesco? Che cosa ti colpisce in Massimo Camisasca, fondatore e già superiore della Fraternità dei missionari di San Carlo Borromeo, è vescovo di Reggio Emilia dallo scorso mese di dicembre Nessuna presunzione La Chiesa ha bisogno di concentrarsi su ciò che le è essenziale. È il suo bisogno di sempre, avvertito con più stringenza in alcuni passaggi della sua storia. Il tempo che stiamo vivendo è uno di questi. L essenziale è Gesù stesso, che va riscoperto in ogni epoca del mondo ed efficacemente ripresentato ai propri contemporanei. Lasciando perdere tutto ciò che ci divide da Lui perché è incrostazione dei secoli, dobbiamo riscoprire ciò che ci unisce a Lui, ciò che lo rende contemporaneo, affascinante: la sua parola, i suoi sacramenti, l opera dello Spirito. La Chiesa può tornare a splendere. Ma chi può operare tale passaggio senza presunzione, senza farsi promotore di un ideologia manichea che separa prima del tempo il grano dalla zizzania? Solo un santo. Per questo Papa Francesco parla tanto della santità, che è dono di Dio. Non accetta di ridurre il cristianesimo a un esaltazione della volontà o a una sapienza umana. Ha condannato più volte il pelagianesimo e la gnosi. La sua opera di riforma che continua quella iniziata da Benedetto XVI punta tutto sulla conversione dei cuori. Si tratta di aiutare la Chiesa a brillare unicamente della luce di Cristo, come luna che trae la sua luce dal sole, e non per le luci mondane che sono schermo della vera luminosità. Soltanto così si può comprendere l invito continuamente rivolto dal Papa alla Chiesa a superare le proprie chiusure, 24 luglio 2013 11

a uscire, a raggiungere le periferie del mondo. Come Cristo ha lasciato il cielo, si è fatto uomo per raggiungere la nostra umanità malata, così noi, che diventiamo poveri imitando il Maestro, liberi da ogni impaccio mondano, andiamo verso i poveri del mondo che attendono il Signore. Un epoca di grandi guide Nessun secolo della bimillenaria storia della Chiesa, come l attuale e quello passato, ha visto una serie così sorprendente di Vescovi di Roma. Molte volte il popolo cristiano si è chiesto: dopo un Papa così grande, chi potrà succedergli ora? Eppure dopo Pio XII abbiamo avuto la sorpresa epocale di Papa Giovanni, dopo Paolo VI la personalità ricchissima e apostolica di Giovanni Paolo II. Dopo Wojtyla sembrava aprirsi una successione impossibile, eppure si è avuto il dono di un uomo umile, capace di leggere, come pochi, il tempo presente. E ora un altra sorpresa epocale: Francesco. La Chiesa è morta, raccontava, sul più importante quotidiano italiano, l articolo di un famoso regista cinematografico. Sembrava schiacciata, almeno nei suoi vertici ecclesiastici, dal peso del carrierismo, dalla ricerca del denaro. Così la presentavano i giornali, le televisioni, internet. È venuto Francesco e il cielo è improvvisamente cambiato. n IL CARTEGGIO INEDITO IN ITALIA La strana amicizia di Claudel e Péguy Entrambi anarchici e uomini d ordine, cattolici e anticlericali, i due scrittori-lottatori erano allergici l uno all altro. Eppure sorprendentemente uniti DI LUIGI AMICONE Non sbaglia l arcivescovo di Ferrara Luigi Negri a definirlo nella sua effervescente introduzione «uno straordinario testo». È il saggio su Paul Claudel e Charles Péguy, esaminati quasi al microscopio da Henri De Lubac, uno dei padri del Concilio Vaticano II, e Jean Bastaire, giornalista e discepolo del grande gesuita francese. Il primo morirà cardinale nel 1991. Il secondo, classe 1927, approdato al cristianesimo grazie a Péguy, ha consacrato la vita allo studio del poeta di Orléans, caduto in guerra il 5 settembre 1914, primo giorno della battaglia della Marna. Così, allo scoccare dei quarant anni dell edizione francese, arriva finalmente la prima traduzione italiana di un saggio tanto penetrante quanto avvincente sulle relazioni, al tempo stesso di stima e di allergia reciproca, tra i due maggiori scrittori cristiani del secolo scorso. Edito dalla fondazione veneziana (Marcianum) voluta dal patriarca e ora arcivescovo di Milano Angelo Scola, il volume fu concepito in vista del centenario della nascita di Péguy e doveva essere una presentazione del carteggio custodito presso il Centro Charles Péguy di Orléans. Quattro lettere di Claudel, una di Péguy e quattro dediche di Péguy a Claudel. «Così verso la fine annoterà De Lubac ho avu- 12 24 luglio 2013

In queste foto, Paul Claudel (a sinistra) e Charles Péguy. In un libro edito da Marcianum Press è ora pubblicato anche in Italia il dialogo a distanza tra i due UNO DI NOI PRIMALINEA Foto: Contrasto to l occasione di salutare due geni che ho abbinato (quasi di nascosto, perché intorno a me nessuno sembrava riconoscerne il valore) fin dall inizio del mio noviziato nel 1913, in un taccuino che mi ha accompagnato per lungo tempo. La lettura di Claudel mi esaltava e mi esauriva; quella di Péguy, anche nelle sue polemiche più fumose, mi rilassava sempre». Problemi di salute impediranno a De Lubac di proseguire l impresa oltre il centinaio di pagine introduttive. Così toccò a Bastaire annodare il filo dell opera. Il risultato appare così convincente che l unica domanda che sorge nel lettore è: com è possibile che un gioiello del genere sia rimasto insabbiato per quasi mezzo secolo? Il peguyano Antonio Socci risponderebbe: «Sono le curie che interessano ai media, non i cristiani (e neanche i santi). Come diceva Péguy, le curie clericali e le curie anticlericali si trovano sempre accomunate dal loro orizzonte, che infine è un orizzonte politico e di potere. Paradossalmente fra coloro che si possono definire non clericali ci sono proprio Joseph Ratzinger e Jorge M. Bergoglio». È talmente giusta questa osservazione che, a fronte dell irrilevanza culturale dell editoria cattolica, la sorpresa di questo libro sembra della stessa luminosa natura dell imprevedibilità di papa Francesco e dell amicizia tra i due, Bergoglio e Ratzinger. PÉGUY, l «istitutore sporco d INchiostro fino ALLA PUNta del NAso» come lo chiamava claudel, ci ha avvertiti: «DobbIAMo GUARdARci dai PARRoci. Essi non hanno fede o NE hanno poca. La fede, quando c è, si PUò trovare NEI LAIci» IL LIBRO CLAUDEL E PÉGUY H. De Lubac J. Bastaire Marcianum Press 26 euro Cosa dice la Lumen Fidei a proposito dell amore se non, essenzialmente, che «non esiste amore senza verità»? Sembra l enciclica fatta apposta per illuminare ciò che ha unito anche Péguy e Claudel, pur nel contrasto di temperamenti così apparentemente opposti. «Mi spiace non averlo conosciuto», scriverà all indomani della morte dell autore del trittico dei Misteri il poeta ambasciatore Claudel. «Aveva una cattiva opinione di me. Credeva fossi un franco-massone», aveva sospettato Péguy. «Claudel è un grande artista, ma non è intelligente». E in un certo senso il giudizio sembrava cogliere nel segno se è vero che l autore dell Annuncio a Maria una volta confidò a un amico: «Ma in fin dei conti, chi è questo Péguy? E cosa vuole? I suoi figli non sono neppure battezzati ma li affida alla Santa Vergine. Non riesco proprio a capire». In realtà l intelligenza di Claudel, che era stato avvicinato alla lettura di Péguy niente meno che dal giovane André Gide, aveva capito una cosa essenziale dell anarco-socialista e cattolico escluso da tutti i sacramenti: «Definire Péguy un convertito Sarebbe più giusto affermare che un giorno egli si accorse di essere diventato cristiano. È così che il Cher o l Indro avvertono impercettibilmente di essere confluiti nella Loira e di avere iniziato a dare impulso ai suoi flutti e al suo corso». Solo Péguy fu più esatto. «È per un approfondimento costante del mio cuore sul medesimo cammino e non è affatto per un evoluzione né per un ripensamento che ho trovato la strada del cristianesimo». Una volta sola Péguy chiese appuntamento a Claudel. E quell unica volta Claudel non rispose. «Onoro Péguy ma con distacco. Camminiamo su due binari completamente separati che si incontrano solo idealmente». Era il 1930. L amministratore dei Cahiers era morto da sedici anni. E dire che lui, l «istitutore sporco d inchiostro fino alla punta del naso» come lo chiamava Claudel, ci ha avvertiti: «Dobbiamo guardarci dai parroci. Essi non hanno fede o ne hanno poca. La fede, quando c è, si può trovare nei laici». Un unica scalata da versanti diversi Sconvolgente Péguy che condivideva con Cartesio la ripugnanza per l inazione e anche per la sola esitazione. «Qualunque cosa è meglio che girare a vuoto. Muoversi, avanzare, arrivare da qualche parte. Arrivare altrove piuttosto che non arrivare L errore più grande ancora una volta è errare». Comprensibile che l ultima parola di Claudel su Péguy sia stata la conferma di una fraternità vera, ma nella radicale diversità. «Siamo ambedue cristiani giunti alla religione in maniera particolare non per la via abituale. Ma devo riconoscere che non abbiamo scalato dallo stesso lato, eravamo su versanti differenti avremmo potuto incontrarci soltanto in cima». Contrasti apparenti, insisterà a spiegare il gesuita Pierre Ganne. «Claudel, che si definiva un uomo d ordine, era profondamente anarchico; Peguy, il rivoluzionario, portava in sé quasi l ossessione dell ordine organico della città Armoniosa». Il fatto curioso è che doveva arrivare De Lubac a puntualizzare con dovizia di particolari il controverso quadro culturale e la filologia degli opposti che convivevano nei Cahiers (i grandi della letteratura francese sono passati di lì, ma per decenni il loro editore restò un signor nessuno). E dimostrare che piuttosto che una rivista letteraria «i Cahiers non cesseranno mai di essere uno strumento di lotta». 24 luglio 2013 13

INTERNI ANOMALIA ITALIANA DI FAUSTO BILOSLAVO Il sedicente Robin Hood Cosa c è dietro il pasticcio della reddition kazaka della signora Shalabayeva e figlia? Un autentico ricercato internazionale che il nostro sport preferito ha tradotto in minaccia immediata al governo Letta principe della bancarotta, che fa sparire milioni di dollari L oligarca nei paradisi fiscali ma si spaccia per indomito dissidente. I giornali che ci cascano pur di trovare un altro scandalo che coinvolga il Cavaliere nero, responsabile di tutti i mali, o i suoi uomini più vicini, come il ministro dell Interno e vicepremier Angelino Alfano. Il padre-padrone del Kazakistan bollato come un dittatore della peggior specie, che in realtà è un nostro partner strategico da vent anni con i governi di tutti i colori. E nel mezzo Alma Shalabayeva e sua figlia Alua di 6 anni, che sono state deportate grazie a una vergognosa operazione di polizia. Il pasticcio kazako, che sta scuotendo il governo, scatta nella notte fra il 28 e 29 maggio a Casal Palocco, alle porte di Roma, con l irruzione in una villa di un agguerrita compagine di agenti. Nei giorni precedenti l ambasciatore kazako, Andrian Yelemessov, era salito al Viminale premendo in maniera inusuale per far sferrare il blitz. La polizia pensava di mettere le mani su Mukhtar Ablyazov, un discusso oligarca kazako che si presenta al mondo come il Robin Hood dissidente del suo paese, ma trova solo moglie e figlia. In fretta e furia le due vengono espulse, con tanto di avallo della magistratura per soggiorno clandestino, e deportate in Kazakistan a bordo fatto ancora più inusuale di un jet privato affittato dall ambasciata. Oltre un mese dopo scoppia lo scandalo con un memoriale della signora Shalabayeva sul Financial Times. Il ministro Alfano giura di non essere mai stato informato, la titolare degli Esteri, Emma Bonino, che fin dal 2 giugno aveva sollevato il caso all interno del governo, si chiama fuori e il presidente del Consiglio fa marcia indietro ritrattando il procedimento di espulsione. I vertici della polizia che hanno aval- 14 24 luglio 2013

Mukhtar Ablyazov, classe 1963, è stato nominato ministro dell Energia nel 1998. Nel 2001 fonda la prima formazione di opposizione al presidente Nursultan Nazarbayev. È accusato di aver sottratto miliardi di dollari con truffe e distrazioni di fondi in Kazakistan, Russia e Ucraina. Anche l Alta corte inglese lo processa per i suoi maneggi finanziari Foto: Sintesi/Photoshot lato l operazione sono a rischio. Martedì 16 luglio cade la prima testa. Si dimette il prefetto Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del Viminale. Venerdì 19 Sel e Movimento 5 stelle presentano una mozione di sfiducia contro il ministro Alfano. Insomma, un pandemonio col rischio di caduta del governo Letta. Ma vediamo com è andata questa ennesima storiaccia italiana. In realtà il blitz a Casal Palocco non ha avuto successo perchè il pesce grosso, Ablyazov, non c era, pur essendo stato segnalato a Roma da un agenzia di investigazioni privata assoldata dall ambasciata kazaka. I giornaloni lo dipingono come il maggiore oppositore del bieco regime kazako, ma non è certo un Solzenicyn della repubblica post sovietica che si batte per la democrazia e la libertà. Basterebbe scavare un po per capire che Ablyazov è un ricercato con più di un mandato di cattura internazionale pendenti sulla testa diffusi dall Interpol. Come dice il diretto interessato, saranno anche frutto del complotto kazako per metterlo a tacere ma a scorrere le imputazioni risulta un po difficile identificare Ablyazov come un dissidente senza macchia e con il petto in fuori. I mandati di cattura sono ben tre. «Dal 24 luglio 2013 15

INTERNI ANOMALIA ITALIANA Romano Prodi insieme ai principali leader del centrosinistra europeo è membro dell International Advisory Board del presidente Nazarbayev Kazakistan per appropriazione indebita avendo ottenuto fraudolentemente crediti di circa 52 milioni in valuta kazaka nella sua qualità di amministratore della Banka Bta», si legge nell elenco del Viminale. Il secondo ordine di arresto internazionale del 4 gennaio 2011 arriva «dall Ucraina per associazione a delinquere finalizzata al falso, commesso quale membro del Consiglio di amministrazione della menzionata Bta Bank». Il terzo mandato diffuso dall Interpol il 28 febbraio 2013 proviene da Mosca «per frode, abuso di fiducia, riciclaggio e falsità documentale, avendo acquisito illegalmente ingenti crediti dalla Bta Bank, operante in Russia, trasferiti poi in paesi offshore». Una delle operazioni del povero dissidente riguarda i 70 milioni di dollari trasferiti prima nella società offshore Alphasea Investments Limited delle isole Vergini britanniche e poi a Cipro nella compagnia Kimoce Limited. Ma come vedremo Ablyazov è accusato di aver sottratto 6 miliardi di dollari con mezze truffe e distrazioni di fondi dal Kazakistan alla Russia e fino all Ucraina. Tutto per la causa? Qualche dubbio dovrebbe sorgere scorrendo la parabola dell oligarca in esilio che si è inventato dissidente per necessità. Ex delfino del presidente Classe 1963, laureato in fisica, nel 1998 viene nominato ministro dell Energia, dell industria e del commercio proprio dal suo attuale acerrimo nemico, Nursultan Nazarbayev, l ex comunista che guida il Kazakistan fin dal crollo dell Urss. Il padrepadrone del paese lo considera uno dei giovani delfini e lo fa crescere in termini di potere e di soldi. Nel 2001 Ablyazov si monta la testa e tradisce il padrino fondando la prima formazione di opposizione. L anno dopo finisce in galera con una condanna a sei anni, ma in pochi mesi viene rilasciato grazie alle pressioni internazionali. Ablyazov accetta di tornare a fare business lasciando perdere la politica. Il dissidente un po furbetto mette la mani sulla Bta Bank, uno dei più importanti istituti kazaki, ma continua a cullare il sogno di spodestare Nazarbayev. Nel 2008 fa sfracelli in Ucraina, investendo nella compagnia farmaceutica Max-Well, che ben presto rischia la bancarotta. Si sospetta che possano essere commercializzati con il marchio Max-Well alcuni farmaci che in realtà sono dannosi per la salute. Il risultato è che tutti i soldi della compagnia vanno a finire nella holding Eurasia di Ablyazov. Noccioline in confronto alle accuse kazake di aver sottratto 6 miliardi di dollari alla Bta Bank. Anche Mosca punta il dito contro l oligarca, imputandogli di aver fregato alla Bank of Russia 24 miliardi di rubli. Fra un maneggio e l altro, Ablyazov trova il tempo di finanziare i media kazaki che si oppongono a Nazarbayev e sfruttare qualunque debolezza dell ex padrino. Da Astana, capitale del Kazakistan, reagiscono esautorando il dissidente furbetto dalla Bta Bank. Dal 2009 Ablyazov è costretto a rifugiarsi a Londra dove vive nel lusso. Il maggiore oppositore del Kazakistan compra una casa con nove stanze da letto, spa, parco, laghetto e campo di polo nella capitale inglese, nell area chiamata dei miliardari. In gran parte sono oligarchi russi come il discusso Boris Berezovsky. La sua ex banca gli fa causa per appropriazione indebita di 6 miliardi di dollari, ma Ablyazov si difende sostenendo che è un invenzione, una rappresaglia del gover- L ItaLIa è IL TERzo partner commerciale del paese, dopo cina e Russia. Le nostre ditte sono IN prima fila NEgLI appalti. E qualcuno dell Idv chiede che ai TIRaNNI come Nazarbayev sia proibita la Costa SmERalda no kazako. Il dissidente furbetto riesce a convincere gli inglesi che nel 2011 gli concedono asilo politico. Londra è specialista nel garantirlo ai personaggi più dubbi, che poi si rivelano serpi in seno come nel caso di alcuni terroristi islamici. La fuga dall Inghilterra In parallelo l Alta corte inglese processa Ablyazov per i suoi maneggi finanziari. Secondo i giudici l imputato ha dimostrato «una sprezzante indifferenza» nei confronti della corte. Per aver mentito gli affibbiano 22 mesi di carcere, ma lui fugge imbarcandosi su un treno diretto a Parigi. Il 6 novembre 2012, riferendosi al dissidente, il quotidiano londinese Independent scrive: «Cinico e subdolo boss bancario kazako rischia il congelamento dei suoi beni per 3 miliardi di sterline». Lo scorso maggio è iniziata la vendita all asta di alcune proprietà di Ablyazov, come la villa da 17 milioni di sterline ad Hampstead, nel nord di Londra, e i 100 acri (18 milioni) di Oakland Park, vicino a Windsor. Gli inglesi gli avevano confiscato il passaporto, ma il latitante Ablyazov, ricercato dall Interpol, viaggia prima in Svizzera, poi nell Est Europa e probabilmente a Roma con documenti falsi. In Kirghizistan, altra repubblica ex sovietica, è riuscito a comprarsi almeno due passaporti. «Ablyazov si è rivenduto in Occidente come un campione della democrazia dichiara Erlan Idrisov, ministro degli Esteri kazako, ma è solo un cri- 16 24 luglio 2013

NON PARLIAMO DI COMPLOTTI Foto: Ansa L harakiri di un paese divenuto appetibile solo per le speculazioni Ci mancava solo lo scandalo kazako. I casini che si accumulano sull Italia adesso cominciano a essere un po troppi per non sospettare: A) siamo un paese di Tafazzi. B) qualcuno lassù ci vuole male. Volevi dire? Volevo dire: metti in fila che, Berlusconi riluttante perché contro i nostri interessi (Eni) in Libia, ci hanno obbligato a fare la guerra a Gheddafi (primavera 2011). Dopo di che, tra agosto e dicembre, sempre del 2011, ci hanno bombardato per sei mesi la Borsa italiana fino a ottenere (con probabile manina di frau Angela Merkel) la deposizione di Berlusconi e la nomina di Monti. Il quale fa i compiti a casa e lascia mano libera a Berlino mentre i nostri asset strategici, Eni e Finmeccanica, vengono attaccati dalle procure. Tra la primavera 2012 e quella del 2013, succede di tutto: scienziati condannati per non aver previsto terremoti, Lombardia di Formigoni triturata benché unica regione italiana non tecnicamente fallita, magistrati di Taranto che bloccano la più grande acciaieria d Europa. E marea nera di scandali Belsito che aprono lo sfondamento del parlamento alle truppe di Grillo. Arrendetevi tutti! Intanto, zitti zitti, zelanti pubblici ministeri chiudono il business Finmeccanica in India e Brasile, mentre si ispessisce il dossier Eni (inchieste in Kazakistan e in Nigeria). Condannata la Saipem-Eni in Nigeria, notizia del giorno, naufragano le relazioni con il Kazakistan, paese cruciale per la nostra impresa petrolifera. Vabbè, del Cavaliere sapete tutto. In cima agli agit-prop che scommettono sulla nostra autodemolizione ci sono osservatori internazionali molto chic e molto liberal, molto in e molto obamiani. Seguono con un certo senso euforico e simpatetico l harakiri di un paese divenuto appetibile solo per le speculazioni. Investimenti dall estero? Zero. La Fiat? Andrà all estero grazie alla grazia delle testate borghesi che riversano doni alla Fiom. Se ne dispiacciono perfino i giornalisti stranieri a Roma, dell agonia italiana. Mentre da noi, in Italia, c è l Editoriale Repubblica- Espresso che è tutto un godere a rewind, nel senso che riavvolge sempre lo stesso nastro. E per ogni scandalo che scoppia? C è uno straniero che ingrassa (vedi incetta di acquisizioni di marchi italiani). Ora, siccome anche noi siamo giornalisti a cui piace piacere, come è di retorica scrivere, anche noi scriveremo che i complotti non esistono. Mai. Però, cos è questo remare indomito e costante a farci a pezzi? Sta già passando lo shopping? Ci portano via tutto a spezzatino? Quanti marchi e quali asset ci sono rimasti? Quando viene giù tutto? Ci mangeremo a vicenda? Godrà come un riccio, Grillo? Vien da dire: povero paese. Ricco Carlo De Benedetti. E di necessità virtù, forza governo Letta-Berlusconi. minale che si è appropriato di 6 miliardi di dollari e li ha trasferiti illegalmente all estero». Forse è una visione troppo semplicistica, ma risulta comunque stupefacente l icona della dissidenza cucita addosso all oligarca dai giornaloni italiani. Non solo: se Ablyazov è un eroe incompreso, Nazarbayev viene dipinto come un volgare dittatore. Il presidente kazako non sarà uno stinco di santo e tiene in mano il paese da padre-padrone, ma paragonarlo a Stalin appare esagerato se teniamo conto che l Italia è partner strategica del Kazakistan da vent anni. In realtà gli obiettivi del pasticcio kazako sono ben altri, come spiega il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, in un illuminate editoriale che chiede le dimissioni di Alfano. Secondo lui, Nazarbayev è «un satrapo che dall età sovietica, reprimendo il dissenso, guida quel paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila. Basterebbero que- sta sequenza e questo scenario per imbarazzare qualsiasi governo democratico e arrivare subito alla denuncia di una chiara responsabilità per quanto è avvenuto, con le inevitabili conseguenze». I rapporti commerciali con l Italia Le stesse ricchezze oligarchiche del gas hanno garantito ad Ablyazov l ascesa e il fiume di soldi che ha messo in saccoccia per fare anche l oppositore. Non solo: i giornaloni, nelle ricostruzioni dei rapporti con Nazarbayev, puntano sempre il dito contro Berlusconi, per i suoi legami indubbiamente stretti. Si scorda spesso, però, che il primo e unico capo di Stato italiano a far visita al dittatore fu Oscar Luigi Scalfaro nel 1997, seguito a ruota dall allora presidente dell Ulivo, Romano Prodi e dal ministro degli Esteri Lamberto Dini. Prodi, poi, è ritornato ad Astana anche da premier. Berlusconi ha siglato nel 2009 il partenariato strategico con il Kazakistan e dopo di lui anche Monti è volato ad Astana cambiando le tappe del viaggio in Asia per incontrare il presidente kazako. Niente di nuovo sotto il sole tenendo conto che sul sito dell ambasciata italiana in Kazakistan si legge: le relazioni fra i due paesi «sono eccellenti, basate su una comunanza di vedute sui principali temi di politica internazionale e favorite da un intensa collaborazione economica bilaterale». Tradotto in soldoni, significa che dal prossimo autunno l Eni parteciperà all estrazione di petrolio dal mega giacimento di Kashagan, il più grande scoperto negli ultimi trent anni. Nel 2012 l interscambio commerciale con il Kazakistan ha raggiunto i 5,5 miliardi di euro (+28 per cento sul 2011). L Italia è il terzo partner commerciale del paese, dopo Cina e Russia. Le nostre ditte, dal gruppo Salini-Todini all Italcementi, sono in prima fila negli appalti. E qualcuno dell Idv, in questi tempi di crisi, chiede che ai tiranni come Nazarbayev sia proibita la Costa Smeralda. n 24 luglio 2013 17

di Lodovico Festa SOLO PER I VOSTRI OCCHI Avevamo appena finito di scrivere che bisognava difendere con unghie e denti le pur fragili prospettive di pacificazione dell Italia aperte dopo il voto di febbraio, ed ecco che il circuito tra ambienti giudiziari milanesi e loro dependance mediatiche, unito alle preoccupazioni istituzionalcorporative di parte rilevante della magistratura nazionale, sembrano volere far saltare tutto. I rischi di radicalizzazione dello scontro sono dunque ridiventati consistenti. Però prima di iniziare a fasciarsi la testa è bene riflettere sul quadro generale dietro ai più recenti avvenimenti nazionali. Gli equilibri internazionali sono tutto tranne che stabili: anche dalla Cina e dal Brasile arrivano segnali poco rassicuranti. La ripresa d iniziativa di Tokyo senza chiedere troppi permessi alla Fed mostra, insieme agli ancora più impressionanti disastri in Medio Oriente, la difficoltà di leadership americana. In questo senso si manifesta l ultima scelta di Washington (spingere per un mercato unico transatlantico) che è assai condivisibile ed è collegata a ragionevoli progetti di costruire imprese che sostengano questo nuovo mercato. Ma è accompagnata anche dalla tentazione di perseguire quest ultimo obiettivo destabilizzando i poteri italiani per avere condizioni più favorevoli di accesso. Il consigliere economico di Matteo Renzi che chiede di vendere l Eni, il RILANCIO della NOSTRA ECONOMIA dipende dalla FORZA NEL TRATTARE a LIVELLO europeo e GLObALE e QUINDI DAL LIVELLO DI SOVRANITà NAZIONALE. ANCHE TRA I PIÙ SPROVVEDUTI ORMAI È PENETRATA QUEST IDEA TRA ECCESSI GIUSTIZIALISTI E MANOVRE SOSPETTE La voglia di pacificazione c è ancora. Nonostante il cuore nero del potere una strana arietta avvertibile nella battaglia sul Corriere della Sera, alcune mosse su una Telecom ben presidiata da una personalità strettamente legata ad ambienti americani, certe operazioni su Unicredit danno l idea di movimenti economici protetti da manovre politiche tese a semplificare la governance italiana nel senso che Oltreatlantico si comanda e qui si ubbidisce. È interessante notare come in parte queste tendenze siano contrastate non solo da residui di forze organicamente nazionali (ben massacrate in questi anni anche grazie a un certa indifferenza berlusconiana) ma anche da ambienti saldamente legati agli Stati Uniti. Da Sergio Marchionne a Mario Draghi, da Gianni De Gennaro ai vari amichetti degli americani cresciuti negli anni Novanta tra gli ex Pci, alcune spinte alla semplificazione così catastrofiche da Istanbul a Damasco al Cairo non paiono per nulla convincenti, così si cercano sponde nell amministrazione imperiale a partire da Ben Bernanke per resistere a improvvisazioni radicaleggianti foriere di guasti imprevedibili. È questo contesto che bisogna avere presente per capire quel che potrà succedere. Certo tenendo conto del cuore nero del potere immobile italiano, per il quale appena si parla di un Corriere meno ingessato scattano gli attacchi alla Fiat, ora da parte della Corte costituzionale, ora da un noto tribunale che improvvisamente si accorge del tesoretto degli Agnelli, ora da parte di autorità più o meno istituzionali. Il problema però per il nostro potere immobile è che le guerre non si ripetono mai nello stesso modo: lo schema del 92 del mettersi al servizio delle influenze straniere per difendere la propria centralità ha difficoltà ad attuarsi. Anche tra i più sprovveduti è penetrata l idea che il rilancio dell economia nazionale dipenda dalla capacità di trattare a livello europeo e globale e che ciò sia possibile a seconda dei livelli di sovranità nazionale garantita dalla sovranità popolare. Il risveglio sociale e il pensiero forte che manca Alcune esagerazioni giustizialiste stanno poi convincendo la maggioranza della società (pur colpita da certe esibizioni berlusconiane) che il cuore nero del potere immobile poggi sulla politicizzazione di aree della magistratura collegata al corporativismo pigro della categoria. Da qui importanti prese di posizione di esponenti della Cisl e del Pd, e il crescente convincimento che l Italia abbia bisogno di pacificazione per ripartire. Insomma le basi per far procedere la pacificazione, sia pure intaccate dai radicalismi giustizialisti, in parte reggono ancora e su queste bisogna insistere. Avendo consapevolezza che se per caso si arriverà a nuove rotture e così anche a nuovi scontri elettorali, lo schieramento che potrà vincere sarà quello che sventolerà la bandiera della pacificazione come unica base per recuperare una oggi indispensabile (benché limitata da Unione Europea e regole globali) sovranità nazionale. In questa ottica il problema non sarà tanto il classico si vis pacem para bellum, ma quello dell essere consapevoli che se si vorrà vincere un eventuale poco auspicabile bellum, ci si potrà riuscire solo se si sarà in grado di dare da subito un indicazione nel senso di una pacem futura. Il che non è possibile lo ricordiamo ancora senza un pensiero forte che spieghi come costruire un rapporto positivo ma non allo sbando con gli americani, quale Europa si voglia, quale riforma dello Stato e in particolare di una giustizia che non sia più il cuore nero del nostro potere immobile ma anche permetta di superare le ampie aree di illegalità che caratterizzano l Italia. 24 luglio 2013 19

ESTERI E DOPO IL GOLPE? L antipolitica dei Fratelli Musulmani Senza di loro non si governa, con loro neanche. L Egitto congela la sua nuova democrazia e resta appeso alle pretese degli islamisti di Morsi. Che al potere «hanno sbagliato tutto» ma possono ancora contare su milioni di elettori. Sempre più fanatizzati DI LEONE GROTTI