La media anello debole della Scuola italiana



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Report APEF La media anello debole della Scuola italiana Rapporto della Fondazione AGNELLI sulla Scuola - 2011 E giunta alla sua terza edizione, l indagine della Fondazione Agnelli sulla Scuola italiana, presentata a Roma il 29 novembre scorso, che quest anno ha come Focus un indagine sulla scuola secondaria di primo grado, nota ai più come Scuola media, dopo i primi due rapporti che affrontavano temi trasversali alla scuola, gli insegnanti (2009) e i diversi divari che la penalizzano (2010). (www.apefassociazione.it, sez. Documenti APEF). La motivazione al Focus della Ricerca è illustrata dal fatto che, da diversi anni, la scuola media italiana proietta di sé un immagine non positiva, manifestando sintomi di disagio e di disorientamento ancora più accentuati e diffusi rispetto a quelli che abitualmente attraversano l intero sistema scolastico italiano. Oltre a questo vi è la considerazione che la scuola media ha il particolare compito di transitare una fascia di età delicatissima, quella dei preadolescenti, dalla scuola primaria alla secondaria. UNO SGUARDO IN EUROPA ll modello italiano di scuola media per preadolescenti come unico segmento generalista si ritrova in Europa, con qualche variante, in Francia, in Grecia e in Spagna. Nei Paesi Scandinavi invece troviamo un lungo percorso generalista, privo di discontinuità tra elementari e medie che coincide con tutta la durata del obbligo è cioè fino ai 16/17 anni (modello scandinavo). Infine, il modello «tedesco», presente anche in Austria e Olanda, dove sin dal termine della scuola elementare dunque in un età compresa tra i 10 e i 12 anni si opera una selezione tra gli studenti per indirizzarli verso percorsi differenziati, che possono essere generalisti o professionalizzanti: è il modello in cui domina l early tracking, ossia la canalizzazione precoce e convivono segmenti paralleli di scuola media. Dal confronto delle indagini con gli altri Paesi emerge che, oltre al modello italiano, anche quello francese non gode di ottima salute in quanto risulta non avere un identità forte. Sul terreno dell equità si ritiene, anche dalle evidenze dei confronti internazionali, che il modello «scandinavo» a struttura unica, sia più rispettoso delle pari opportunità di quanto non lo siano quello «italiano» e, soprattutto, il modello «tedesco», considerato da alcuni il meno equo. L ANELLO DEBOLE NELLE INDAGINI INTERNAZIONALI L evidenza oggettiva di questa debolezza è facilmente riassunta nei grafici qui rappresentati che contengono i risultati del combinato delle indagini Timss e OCSE che di fatto sono stati estratti da campioni di studenti della medesima coorte, corrispondente grosso modo a quella dei nati nel 1994. I punteggi medi in matematica e scienze alle rilevazioni Timss 2003 di IV elementare, Timss 2007 di III media e Ocse-Pisa 2009 per gli studenti del secondo anno delle superiori, sono suddivisi per indirizzo. Le prove svolte nel 2003 hanno confermato le ottime performance delle quarte elementari italiane, mentre alle prove del 2007, la stessa coorte di giovani italiani, ormai approdati quasi tutti alla terza media, ha conseguito risultati molto meno soddisfacenti. A riprova della tesi contenuta nel titolo del Rapporto, se si considera che i risultati raggiunti nel 2007 dai bambini italiani in quarta elementare sono stati nuovamente eccellenti (la classe del 1998 ha fatto persino meglio dei fratelli maggiori del 1994, ottenendo ben 535 punti in scienze e 507 in matematica), emerge con estrema chiarezza un problema specifico della scuola media italiana. Infine, la recente pubblicazione dei dati Ocse-Pisa 2009 aggiunge un ulteriore conferma: rivolta, come è noto, ai quindicenni, l indagine consente di osservare nuovamente le performance della generazione del 1994, questa volta sui banchi delle scuole superiori. Il recupero italiano è abbastanza evidente, in matematica quanto in scienze. Con tutte le cautele necessarie allorché si confrontano dati di fonti diverse il Rapporto afferma che la tesi del continuo decadimento degli apprendimenti italiani non risulta confermata. 1

Dalle medie alle superiori: un passaggio selettivo Punteggi medi in matematica e scienze alle rilevazioni Timss 2003 di IV elementare, Timss 2007 di III media e Ocse-Pisa 2009 per gli studenti del secondo anno delle superiori, suddivisi per indirizzo MATEMATICA SCIENZE IV primaria III media II anno sup. IV primaria III media II anno sup. TIMSS TIMSS PISA TIMSS TIMSS PISA 2003 2007 2009 2003 2007 2009 ----------- LICEI Istituti tecnici Professionali Fonte: elaborazioni su dati Timss 2003 e 2007 e Ocse-Pisa 2009 (rapporto Agnelli 2011) Come si vede dagli esiti PISA 2009, è evidente il notevole divario tra gli indirizzi di scuola superiore, con il consueto primato dei Licei e fanalino di coda i Professionali. ANCORA DIVARI Nel 1962 quando venne istituita, con l allora Ministro Gui, la scuola media unica aveva tre obiettivi: fare crescere nel paese il tasso di scolarità e di completamento dell obbligo, orientare le scelte future e realizzare un effettiva uguaglianza delle opportunità scolastiche. Il primo è evidentemente stato raggiunto, ma gli altri due no. L obiettivo dell equità è stato fallito dalla scuola media, perché non si è resa conto che il concetto stesso di equità è cambiato. Oggi l equità non si misura più con il numero di anni di istruzione frequentati e con il titolo di studio raggiunto, ma con la qualità degli apprendimenti. Il Rapporto, infatti, mette in luce un altro aspetto significativo e cioè come, proprio alle scuole medie, esplodono in modo drammatico i divari di apprendimento determinati dall origine socioculturale degli studenti, che invece le scuole elementari riescono a contenere con successo. La probabilità di essere in ritardo alla fine delle medie da parte di uno studente figlio di genitori con licenza media è quattro volte superiore a quella del compagno figlio di genitori laureati, mentre quella di uno studente straniero nato all estero e scolarizzato in Italia è addirittura venti volte superiore a quella di un italiano. 2

I divari sociali di apprendimento che nascono alle medie rischiano di compromettere il percorso scolastico, specialmente quello degli studenti con origine più svantaggiata. Questi divari e ritardi diventano, infatti, difficilmente recuperabili alle superiori, generando la grave piaga dell abbandono, mettendo a rischio il futuro di troppi ragazzi e, in definitiva, privando il Paese di risorse umane preziose. ANALISI DELLE CAUSE I PREADOLESCENTI La scuola media è quella dei preadolescenti: diverse sono le definizioni date di preadolescenza, detta anche età negata a dimostrare l impossibilità di considerarla come una fascia di età circoscritta da un limite anagrafico. E un età difficile, ricca di trasformazioni, in cui oltre ai mutamenti corporei, il giovane subisce mutamenti anche in riferimento al quadro cognitivo e comportamentale: il preadolescente comincia staccarsi dalla sua famiglia in cerca di nuove relazioni affettive per differenziarsi dal nucleo d origine. Il rapporto con i pari così diventa un elemento di rassicurazione fornendo modelli di confronto per la nuova realtà sia fisica che sociologica e di traghettamento dalla famiglia verso la società. Le sue funzioni cognitive lo portano a sviluppare capacità metacognitive, quindi, avviene un profondo processo di rielaborazione del proprio io, della propria personalità e identità e in questo processo, negli anni della secondaria di primo grado, il vissuto scolastico assume un rilievo fondamentale nella ri-definizione della nuova identità. I progressi delle neuroscienze sul cervello ritengono superato che la sua formazione sia conclusa a 12 anni ma, anzi, che il cervello umano possiede ancora una grande plasticità. Pertanto, a 12 anni il cervello dell adolescente non si può considerare del tutto formato, perché è da questo momento che l area della corteccia prefrontale comincia a svilupparsi andando ad investire le funzioni cognitive più complesse. L evoluzione di tali funzioni procede in modo diverso da individuo a individuo in relazione al patrimonio genetico e agli stimoli dell ambiente socio-culturale. Alla luce di questo è necessario ripensare l offerta formativa, le strategie didattiche, tenendo presente, sempre dagli studi delle neuroscienze, quanto l influenza dell ambiente scolastico, e non solo quello, sia rilevante per lo sviluppo cognitivo e la capacità di apprendere. Un altra trasformazione che incide in modo invasivo sul profilo psicologico, cognitivo e relazionale dei preadolescenti è l uso delle tecnologie che costituiscono strumenti di socializzazione. Per i preadolescenti italiani, che considerano la Rete come spazio di comunicazione ed espressione di una propria identità, la scuola diventa un elemento negativo e di disagio perché nelle scuole italiane la presenza delle ICT è ancora assai ridotta. Ed anche gli insegnanti soffrono un permanente disagio culturale, in quanto non sono stati finora chiamati in modo sistematico ad una formazione digitale che consentirebbe loro un cambiamento professionale più rispondente agli effettivi bisogni dei preadolescenti. I preadolescenti non vanno volentieri a scuola e in Italia la situazione sembra peggiore che altrove. Il passaggio dalla primaria alla secondaria per i preadolescenti rappresenta una forte discontinuità: nella scuola media cambia il rapporto tra insegnanti e studenti, cambia il profilo professionale degli insegnanti, c è una maggiore eterogeneità degli studenti che provengono da scuole primarie diverse, ci sono studenti di origine straniera e studenti con disabilità, tutti questi fattori comportano anche effetti sulla didattica. Dal Rapporto emerge che negli istituti comprensivi è più facile assicurare una trasmissione positiva degli studenti, perché la loro struttura consente, ad esempio, alle commissioni-continuità di raccogliere e scambiare informazioni e di un lavoro condiviso, come l articolazione del curricolo scolastico. Va detto, en passant, che gli istituti comprensivi in Italia sono nati per una razionalizzazione organizzativa ed economica del sistema. Dal rapporto risulta che nella scuola media è disatteso il principio di equi-eterogenità per la formazione delle classi, principio che consentirebbe di formare le classi con più equità ed ottenere livelli più alti di efficacia e agli insegnanti di scegliere l approccio didattico più adeguato alla tipologia degli studenti e più rispondente ai livelli di abilità presenti in ciascuna classe. Riassumendo, se le principali sfide educative della scuola media da affrontare sono la motivazione scolastica degli studenti, la diversità e l eterogenità, il passaggio dalla scuola primaria alla 3

scuola media, è necessario chiedersi se e in che misura esse sono, attualmente, alla portata degli insegnanti e dell istituzione- scuola media. Gli INSEGNANTI vittime o imputati? La crisi della scuola media chiama in causa i suoi insegnanti. Li chiama in causa a diverso titolo: come testimoni della crisi, se non talvolta fra le possibili vittime; come imputati, almeno in parte responsabili della crisi stessa; infine, come attori protagonisti da mobilitare e sui quali investire per superarla, esordisce il Rapporto affrontando il tema clou. Il primo dato significativo è che la secondaria di I grado, in controtendenza con il resto della scuola, ha subito un notevole restringimento degli organici: dai 283.000 del 1986-87 ai 180.000 del 2010-11, ma questo ha inevitabilmente inciso sul ricambio delle generazioni e sulla struttura della popolazione docente, accelerandone il processo di invecchiamento. Quindi gli insegnanti italiani sono di gran lunga i più anziani sulla scena dei paesi OCSE e l età media più elevata si registra alle scuole medie che da questo punto di vista, detengono un record assoluto: mentre nei paesi OCSE i due terzi dei docenti alle secondarie di primo grado hanno meno di 50 anni, in Italia i due terzi hanno più di 50 anni. Inoltre, alle medie c è un picco di 59 anni, quindi è presumibile che nel prossimo quinquennio, la metà circa dei docenti di ruolo sarà destinata a lasciare il sistema per sopraggiunti limiti di età. Si tratterà di una vera e propria rivoluzione, che in quasi tutti gli istituti scolastici aumenterà la discontinuità didattica e organizzativa, già oggi elevata, ma al tempo stesso aprirà una finestra temporale di opportunità per una nuova stagione. Riassumendo i vari aspetti analizzati nel Rapporto, gli insegnanti in servizio presso le scuole medie italiane sono: 1. oggettivamente anziani quindi concentrati in una fascia di età prossima al pensionamento 2. su cinque insegnanti di scuola media quattro sono donne 3. protagonisti o vittime di un vorticoso carosello da una scuola all altra: 35 docenti di scuola media su 100 non insegnano l anno dopo nella stessa scuola, con le prevedibili conseguenze negative per la continuità didattica dei loro allievi 4. giudicati alquanto negativamente dai colleghi degli altri gradi scolastici 5. convinti, come i colleghi, del crollo del prestigio per la professione docente 6. insoddisfatti degli strumenti forniti loro dalla formazione iniziale ed in itinere quindi poco attrezzati per affrontare i profondi cambiamenti che interessano gli studenti preadolescenti e l organizzazione scolastica 7. Sono dotati di una buona preparazione disciplinare, ma di una più modesta formazione pedagogica, nell ambito della propria formazione iniziale perché formalmente questa non le prevedeva - il che può ostacolare la loro capacità di diversificare i metodi di insegnamento e di stabilire con gli allievi rapporti positivi. Mostrano quindi segnali di arroccamento sugli approcci didattici più tradizionali ed è più raro che tra loro si promuovano strategie di coordinamento interdisciplinare e di sviluppo di competenze trasversali. Le PROPOSTE I risultati del rapporto evidenziano le debolezze della scuola media che rappresenta lo snodo più critico del percorso di istruzione degli studenti italiani dal punto di vista cognitivo e psicologico, comportamentale, sociale, e dei livelli di apprendimento. A questo proposito non è necessaria una riforma dei cicli, ma soltanto rendere la scuola più equa ed efficace. L obiettivo dell equità è stato fallito dalla scuola media, perché non si è resa conto che il concetto stesso di equità è cambiato. Nella scuola media inizia un processo di selezione, che non è neutrale rispetto all origine sociale e culturale dei ragazzi: si è scoperto che fra l 80 e il 90% della differenza negli apprendimenti per origine sociale si forma proprio alla secondaria di primo grado. Gli studenti più deboli sul fronte degli apprendimenti, quelli che perdono terreno già alle medie, sono sospinti verso indirizzi come quelli professionali dove si concentrano ragazzi con retroterra simile al loro: poiché l influenza del gruppo di pari è fondamentale a questa età, per molti di loro sarà difficile trovare lo spunto per recuperare il ritardo scolastico. Non a caso, è proprio qui che il rischio di un abbandono degli studi diventa più concreto. Questi risultati convincono gli estensori del Rapporto che la soluzione della crisi della scuola media italiana va trovata oggi in una maggiore uguaglianza degli apprendimenti su base sociale e 4

culturale. Solo facendo sì che coloro che provengono da background meno favorevoli non siano relegati ai margini dei processi di apprendimento con il rischio di perderli poi definitivamente si può impedire che, nel complesso, si registri un arretramento degli apprendimenti così brusco. Tra le proposte di rinnovamento dell offerta pedagogica, didattica e organizzativa, il Rapporto suggerisce: La personalizzazione dei percorsi, con una estensione del tempo scuola con una vera scuola del pomeriggio ed una maggiore diversità di approcci didattici Spazi comuni di progettazione dei docenti (come alle elementari) e organizzazione per Dipartimenti per grandi aree disciplinari ( già operante alle superiori) Cooperative learning Adozione dei curricoli verticali ( vecchia ipotesi Berlinguer) Adozione ( ormai è prevista per legge) del modello di Istituto comprensivo Essenzializzazione, ovvero poche materie e scelta di materie opzionali Ma il vero motore del cambiamento saranno gli insegnanti, quindi, approfittando del ricambio generazionale che ci sarà tra pochi anni, dato che nel prossimo quinquennio, la metà circa dei docenti di ruolo presso le scuole medie andrà in pensione, il Rapporto propone che: I nuovi insegnanti dovranno essere assunti tramite chiamata diretta o concorso, ma dovranno avere una preparazione specifica per insegnare alle medie Il Nostro commento Circa le risposte didattiche presentate nel rapporto non siamo pienamente d accordo. Esistono metodi didattici che permettono di ottenere risultati più efficaci di altri, la cassetta degli attrezzi di cui si parla, deve essere ricca di strategie, non necessariamente di metodi. Ancora una volta, si confonde la strategia con il metodo. Quanto alla Personalizzazione non ci sembra, che la personalizzazione sia usata come viene descritta, manca qualche passaggio. Personalizzazione non significa progettare per gruppi eterogenei, ma avere ricchezza di strumenti didattici da presentare agli studenti che sceglieranno quello a loro più congeniale per il loro stile di apprendimento. E non basta certo l uso delle ICT a motivare gli studenti.. Non concordiamo altresì con l estensione coatta del tempo scuola poichè questo contrasta con le esigenze primarie di questa fascia d età. Quanto all analisi delle cause non ci sembra che sia stato dato il giusto risalto alla anomala situazione delle doppie Indicazioni nazionali, quelle dei ministri Moratti del 2004 e Fioroni del 2007, che tuttora coesistono e che, pur fondandosi su approcci molto diversi, il Piano programmatico del 2008 ne ha previsto un improbabile armonizzazione a cura delle istituzioni scolastiche Riguardo agli insegnanti ci sembra tuttavia assente nel Rapporto il richiamo ad uno strutturato processo di Valutazione di sistema, elemento indispensabile per l auspicata chiamata diretta da parte delle scuole, che condividiamo. Le criticità emerse dalle valutazioni e la capacità di porvi rimedio dipendono in larga misura dal potere di coordinamento del dirigente scolastico: questi sarebbe certamente facilitato dall introduzione della carriera docente e dalla possibilità di avere voce nella scelta dei docenti della sua scuola, come già avviene in molti paesi. Non tutti i docenti, infatti, sono adatti allo specifico progetto della scuola né sono intercambiabili le storie professionali e i percorsi che portano alle competenze personali o, più precisamente, alle persone competenti. Altro punto che è necessario sottolineare è che la Formazione iniziale degli insegnanti è assente nel nostro paese dal 2008, anno di chiusura delle SSIS che pure erano state istituite appena 10 anni prima dal ministro Berlinguer, ma in notevole ritardo rispetto al resto del mondo. Questo non può non pesare, data anche l elevata età della categoria docente, sulla loro preparazione pedagogico didattica. E necessario quindi che il nuovo Regolamento varato nel 2010 venga attuato il prima possibile. Non ci convince, infine, l affermazione che l Italia continua ad avere bisogno di un maggior numero di buoni laureati, c è invece bisogno di laureati tecnici e di tecnici a livello terziario ( lo scorso anno la Confcommercio ha dichiarato una richiesta INEVASA di 140.000 posti di lavoro per diplomati tecnici!). Come pure non ci convince la tesi secondo cui oggi all Italia manca una filiera di formazione professionalizzante. 5