AGENZIA DELLE ENTRATE PROVVEDIMENTO DEL DIRETTORE DEL 23 MARZO 2012

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N 15/2012 10 Aprile 2012 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. ENTRO OGGI, 10 APRILE, LA COMUNICAZIONE DEI DATI INERENTI GLI ACQUISTI EFFETTUATI OLTRE SOGLIA DAI TURISTI STRANIERI. AGENZIA DELLE ENTRATE PROVVEDIMENTO DEL DIRETTORE DEL 23 MARZO 2012 Già nel n 15 della nostra rubrica DENTRO LA NOTIZIA (a cui si rimanda per i relativi approfondimenti) abbiamo commentato la novità normativa introdotta dall art. 3, comma 2, del D.L. 16/2012 per agevolare l attività delle imprese italiane che operano nel settore del commercio al minuto e delle agenzie di viaggio e turismo. Con provvedimento del 23 marzo 2012, l'agenzia delle Entrate ha approvato il modello di comunicazione di adesione alla disciplina di deroga alle limitazioni di trasferimento del denaro contante. Nel provvedimento di approvazione, il Direttore dell Agenzia delle entrate precisa che con riferimento alle operazioni effettuate dal 2 marzo al 10 aprile 2012, per le quali si è 1

fruito o si intende fruire delle disposizioni di deroga al divieto di trasferimento del denaro contante, il modello deve essere presentato entro il 10 aprile 2012. Nel predetto periodo transitorio, se la prima operazione è antecedente alla comunicazione, in quest ultima deve essere indicata, in luogo della data di sottoscrizione, la data di effettuazione di tale operazione. Nel modello vanno indicati i dati identificativi del soggetto che effettua la comunicazione, il quale, all atto della sottoscrizione, deve dichiarare di aderire alla disciplina prevista dal succitato articolo e, a tal fine, si impegna ad effettuare tutti gli adempimenti del caso. Il modello deve essere presentato, prima di effettuare le operazioni, all Agenzia delle entrate, esclusivamente con modalità telematica, direttamente dai contribuenti abilitati ai servizi telematici dell Agenzia delle entrate ovvero tramite i soggetti a tal uopo incaricati. Il modello è reso disponibile gratuitamente dall Agenzia delle entrate in formato elettronico sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it RESPONSABILITA PENALE DEL DATORE IN CASO DI INFORTUNIO AL LAVORATORE CAUSATO DALL UTILIZZO DI MACCHINARI VETUSTI. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 6854 DEL 21 FEBBRAIO 2012 La Corte di Cassazione Sezione Penale, sentenza n 6854 del 21 febbraio 2012, ha (ri)statuito che il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte la cautele al fine di limitare gli infortuni sul lavoro. Lo stesso è tenuto, finanche, a sostituire i macchinari vetusti con mezzi adeguati e muniti delle più aggiornate misure di sicurezza. Nel caso de quo un lavoratore, alla guida in una strada in salita - di un compattatore, restava schiacciato dallo stesso che, a causa della messa in folle e del conseguente scollegamento della trasmissione dal motore, cominciava ad indietreggiare, sempre più velocemente, fino a ribaltarsi. Purtroppo, il lavoratore decedeva per le gravi ferite riportate. Gli Ermellini, nel ripercorrere i principi fondamentali in materia di responsabilità (cfr. art. 2087 c.c., D.P.R. n. 547/1955 e D. Lgs. 626/1994 - l infortunio risaliva al 2000 e quindi 2

ante D. Lgs. n. 81/2008), hanno ribadito che il datore di lavoro deve sempre adottare tutte le cautele al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori e assicurarne l incolumità. In virtù di tale obbligo, il datore è tenuto, fra l altro, ad utilizzare attrezzature al passo con i progressi tecnologici dovendo sostituire i macchinari vetusti, dotati di un maggior rischio intrinseco, con nuovi strumenti muniti dei più avanzati sistemi di sicurezza. Nel caso di specie, nel corso del procedimento giudiziario, era emerso che l incidente si sarebbe potuto evitare, a prescindere dal fatto che la messa in folle era stata causata dall errata manovra del lavoratore o da un guasto tecnico, se il compattatore, condotto dal lavoratore, fosse stato di nuova generazione e, pertanto, provvisto di un sistema di freno automatico che ne avrebbe impedito la discesa per inerzia. Pertanto, la condanna del datore, già accertata nei gradi di Merito, è stata definitivamente sancita dai Giudici di Piazza Cavour. L ASSOCIATO IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DI SOLO LAVORO DEVE PARTECIPARE SIA AGLI UTILI SIA ALLE PERDITE DELL AFFARE. DIVERAMENTE SI CONFIGURA UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO. CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N. 2496 DEL 21 FEBBRAIO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 2496 del 21 febbraio 2012, ha (ri)affermato (cfr., ex plurimis, Cass., sez. lav., 19 dicembre 2003, n. 19475; Cass., sez. lav., 22 novembre 2006, n. 24781) che la distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa risiede nella partecipazione dell'associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdite. Nel caso in specie a una società veniva contestata la non genuinità dei contratti di associazione in partecipazione in quanto, in fase ispettiva, era emerso che i suddetti contratti possedevano i tratti maggiormente tipici del rapporto di lavoro subordinato. Nei giudizi di merito, la società risultava vincente in primo grado e soccombente in appello, da qui il ricorso per Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio hanno rilevato che il rapporto di associazione in partecipazione ha come indefettibile elemento essenziale, che ne connota la 3

causa, il sinallagma tra partecipazione al rischio dell'impresa gestita dall'associante e il conferimento dell'apporto (in questo caso, lavorativo) dell'associato, intendendosi peraltro in tal caso che l'associato lavoratore deve partecipare sia agli utili che alle perdite (ex art. 2554 c.c.), non essendo ammissibile un contratto di mera cointeressenza agli utili di un'impresa senza partecipazione alle perdite. Nel caso specifico, i Giudici nomofilattici hanno rilevato che laddove è resa una prestazione lavorativa inserita stabilmente nel contesto dell'organizzazione aziendale senza partecipazione al rischio d'impresa e senza ingerenza nella gestione dell'impresa stessa, si ricade nel rapporto di lavoro subordinato in ragione di un generale "favor" accordato dall'art. 35 Cost., che tutela il lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni". Pertanto, concludono i Giudici di Piazza Cavour, non può essere riconducibile alla fattispecie giuridica del contratto in associazione in partecipazione, un rapporto che preveda una prestazione standardizzata, con un orario di lavoro fisso e sotto la direzione e il controllo dell'associante, senza, inoltre, la possibilità di incidere nella gestione dell'azienda e senza un vero e proprio rendiconto di gestione periodico. LA SCELTA DEL METODO DI ACCERTAMENTO, IN PRESENZA DEI RELATIVI PRESUPPOSTI, SPETTA SEMPRE ALL AGENZIA DELLE ENTRATE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 1555 DEL 3 FEBBRAIO 2012 La Corte di Cassazione - Sezione Tributaria -, sentenza n 1555 del 3 febbraio 2012, ha confermato che la ricorrenza dei presupposti per l accertamento induttivo non comporta l obbligo per l Amministrazione finanziaria di avvalersi di tale metodo di accertamento ma solo una mera facoltà. Nel caso in esame la CTR della Lombardia, accogliendo l appello di una S.r.l., aveva determinato in via induttiva il reddito della società contribuente nel 20% dei ricavi dichiarati. Il Giudice di Appello aveva rilevato come gli accertamenti impugnati erano fondati sulla mancanza totale di tutti i libri contabili nonché della documentazione idonea a comprovarne i costi. 4

Tale circostanza avrebbe idoneamente impedito all Agenzia delle Entrate di verificare analiticamente il reddito della società. Per tale motivo, in luogo dell accertamento analitico compiuto dall Ufficio, la Commissione Regionale aveva ritenuto equo il ricorso ad una percentuale media di ricarico, rilevata presso la CCIAA, con la conseguente totale rideterminazione con metodo induttivo del reddito d impresa. Orbene, la Suprema Corte, sulla scorta delle doglianze invocate dall Agenzia delle Entrate, ha stabilito che, conformemente a precedenti statuizioni (cfr., ex multis, Cassazione sentenze n.ri 11686/2002, 27024/2005, 12904/ 2008), è erronea in diritto l affermazione secondo cui all ufficio è inibito di verificare analiticamente il reddito della società e ciò in quanto, l esistenza dei presupposti per l applicazione del metodo induttivo non esclude che l amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico di cui al primo comma dell art. 39 DPR 600/73, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie. Nell accogliere il ricorso presentato dall Agenzia delle Entrate, gli Ermellini hanno perciò ribadito che la scelta in ordine alle modalità di accertamento spetta sempre all'ufficio mentre, il giudice, investito del sindacato sulla legittimità di un accertamento tributario, può soltanto verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere esercitato dall Ufficio, senza potersi ad esso sostituire nell esercizio di un potere diverso, spettante all amministrazione attiva. IL RISARCIMENTO DEL DANNO FINALIZZATO AL RISTORO DEL REDDITO PERDUTO E IMPONIBILE AI FINI FISCALI. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 2196 DEL 16 FEBBRAIO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 2196 del 16 febbraio 2012, ha statuito che è legittima la trattenuta alla fonte effettuata dal datore di lavoro sull indennità supplementare erogata al dipendente, a titolo risarcitorio, a seguito di una transazione giudiziale scaturita dal licenziamento senza giusta causa, in quanto ai fini fiscali vanno considerati come lavoro dipendente tutti gli emolumenti 5

derivanti dall attività svolta e, quindi, anche l importo versato a titolo di risarcimento. Nel caso in esame, un dipendente licenziato chiedeva all Agenzia delle Entrate il rimborso della ritenuta Irpef operata dal datore di lavoro sulla somma versatagli a seguito di una transazione per risarcimento danni legati alla risoluzione del rapporto di lavoro. La CTP accoglieva il ricorso e condannava l amministrazione finanziaria al rimborso del dovuto. La CTR, però, ribaltava la pronuncia dei Giudici del primo grado. Il dipendente ricorreva al sindacato di Legittimità. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, hanno riconosciuto la legittimità della trattenuta alla fonte sull indennità sostitutiva, ai fini Irpef, essendo la stessa obbligatoria, perché scaturita dalla non giustificata risoluzione del contratto di lavoro subordinato. La statuizione dei Giudici di legittimità trae origine da: Dall art. 48 (oggi art. 51) del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) laddove è riportato testualmente che sono imponibili le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.omissis. Dall art. 6 del Tuir per il quale i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Pertanto, secondo i Giudici nomofilattici, tutte le indennità conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, e quindi tutte le indennità aventi causa o che traggano comunque origine dal rapporto di lavoro, comprese le indennità per la risoluzione del rapporto per illegittimo comportamento del datore di lavoro, costituiscono redditi da lavoro dipendente ed è, comunque, onere del contribuente dimostrare che l indennità si riferisce (in tutto o in parte) a voci di risarcimento puro, esenti da tassazione, e non è sufficiente che sia precisato che esso ha carattere risarcitorio, perché costituisce risarcimento anche il ristoro di emolumenti non percepiti, tassabili. 6

In nuce, il risarcimento costituisce reddito imponibile se e nei limiti in cui abbia la funzione di reintegrare un danno che consiste nella mancata percezione di redditi (cosiddetto principio sostitutivo); non è, invece, tassabile ogni risarcimento avente la finalità di riparare un pregiudizio di natura diversa da quella reddituale (id. danno biologico o morale) LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE CHE UTILIZZI PER FINI PERSONALI I BENI AZIENDALI. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 2014 DEL 2 MARZO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 2014 del 2 marzo 2012, ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che utilizzi i beni aziendali per fini esclusivamente personali. Con la sentenza de qua i Giudici nomofilattici hanno espresso il loro giudizio di legittimità confermando il licenziamento intimato ad un custode di una scuola elementare che, in spregio agli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede: utilizzava il telefono dell istituto scolastico per contattare i clienti dell azienda di disinfestazione e derattizzazione di proprietà della figlia; consentiva il parcheggio dei furgoncini aziendali nel cortile scolastico; Peraltro, il recapito telefonico del plesso scolastico era finanche riportato sulle fiancate dei furgoncini aziendali. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto legittimo il licenziamento in quanto, dalla valutazione di tutte le circostanze del caso e del fatto nel suo complesso, era emerso incontrovertibilmente che il comportamento posto in essere dal custode (id: uso dei beni aziendali, quali il telefono e gli spazi scolastici, per fini incompatibili con la destinazione loro propria), palesandosi in una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, ed essendo difforme dai canoni di buona fede e correttezza, aveva scosso irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro in misura tale da far ritenere che la continuazione del rapporto potesse risolversi in un pregiudizio per gli scopi aziendali ponendo in serio dubbio la futura correttezza dell'adempimento. Pertanto, gli Ermellini hanno confermato la legittimità del licenziamento e, dunque, la sua proporzionalità rispetto ai fatti contestati, nonostante che il 7

lavoratore non fosse stato, precedentemente, sottoposto a ulteriori provvedimenti disciplinari, né che il suo comportamento avesse determinato il blocco del lavoro. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 8