NON ERA UNA DONNA ERA UN BANDITO

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Transcript:

NON ERA UNA DONNA ERA UN BANDITO Il giorno 16 aprile, noi della classe III H abbiamo avuto la possibilità di poter incontrare la professoressa Nadia Olivieri, dell Istituto della storia della Resistenza e dell età contemporanea, che ci ha proposto un laboratorio sulla vita di Rita Rosani. E stata per i ragazzi un opportunità per conoscere, attraverso immagini, documenti e lettere, la vita di questa giovane maestra, che ricevette la medaglia d oro per il valore, da lei dimostrato durante la Resistenza. Abbiamo fatto insomma due ore di storia con delle modalità alternative, divertenti, che ci hanno fatto sentire protagonisti nella ricostruzione storica. Cosa fu la Resistenza? La signora Nadia ha ripercorso con noi gli eventi tragici che seguirono l 8 settembre del 43, il giorno dell armistizio, ma. non la fine della guerra e delle nostre sofferenze. I nostri ex alleati tedeschi occuparono l Italia e con l aiuto dei fascisti della Repubblica Sociale Italiana (da poco nata dopo la liberazione di Mussolini, deposto il 25 luglio del 43), inflissero alla popolazione un duro regime di occupazione, un clima repressivo e di violenza, in cui molte persone vennero uccise, torturate e anche deportate in Germania. Fu allora che tanti giovani e giovanissimi, tanti ex soldati ed ufficiali, tanti antifascisti decisero di combattere per liberare l Italia e restituirle un governo democratico. Certo per loro non fu facile: mal armati, mal equipaggiati con l aiuto anche della popolazione civile si nascosero sulle montagne e si organizzarono per attaccare le truppe tedesche, facendo azioni di guerriglia e sabotaggio

Cosa ha a che fare Rita con la Resistenza? Adesso ve lo raccontiamo attraverso le poche immagini che abbiamo di lei: Sappiamo che nacque a Trieste il 20 novembre del 1920: Trieste a quel tempo era appena divenuta italiana dopo la prima guerra mondiale e non aveva l anagrafe, per cui gli storici hanno dovuto fare ulteriori ricerche presso l Istituto Ebraico. Rita infatti era originaria di una famiglia ebrea, proveniente dalla Cecoslovacchia, il cui nome era stato italianizzato da Rosenzweig a Rosani. Rita con i suoi genitori: papà Ludovico e mamma Rosa Rita, sul lungo mare a Trieste con le amiche, è la seconda ragazza da destra

Viveva una vita spensierata come tante ragazze della sua età e amava vestirsi elegantemente e passeggiare per le vie di Trieste Però la sua origine ebraica nell Italia fascista condizionò ben presto e molto la sua vita; a partire dal 1938, con le leggi razziali, fu costretta ad abbandonare sia il club sportivo Società alpina delle Alpi Giulie, sia la scuola magistrale Giosuè Carducci. Rita, con la sua classe all Istituto Magistrale Giosuè Carducci, in prima fila, la terza ragazzza da destra.

Dopo aver ottenuto il diploma in una scuola ebraica, insegnò alle elementari ai bambini ebrei. Ma il dramma più grande fu sicuramente la cattura del fidanzato Giacomo Nagler, che essendo ebreo polacco, ma senza cittadinanza italiana, fu internato nel campo di concentramento di Ferramonti di tarsia in Calabria. Rita gli mandava lettere ogni giorno, alcune di queste sono arrivate fino a noi, ma Giacomo non poteva mandarne più di tre; inoltre c era la censura, come vediamo da questa lettera che è stata tagliata in alcuni passi.

Ad un certo punto la lontananza e le difficoltà portarono i due giovani a rompere il fidanzamento; questi anni dal 38 e il 40 sappiamo furono anni di depressione, di difficoltà in gran parte causate dalla discriminazione razziale; difficoltà che però la fecero crescere e maturare. Purtroppo sappiamo che Giacomo nel novembre del 43 fu catturato dai tedeschi e portato ad Auschwitz, dove fu ucciso al suo arrivo. Dopo l 8 settembre e l occupazione nazista, divenne molto pericoloso rimanere a Trieste: Rita e i suoi genitori fuggirono dalla città e trovarono rifugio a Lignano, dove Rita conobbe il secondo uomo della sua vita: il tenente colonnello Umberto Ricca, già ufficiale di Stato Maggiore nella spedizione in Russia. Dopo l 8 settembre, Ricca era diventato capo della Banda armata dell Aquila, un piccolo corpo di combattenti di circa 15 uomini, che faceva parte della Divisione partigiana Pasubio, attiva proprio qui da noi in Valpolicella.

Umberto Ricca e Rita, quando ormai militavano tra le file partigiane. Rita, come molte donne della Resistenza, aveva fatto molte volte la staffetta, cioè portava messaggi, armi o rifornimenti, ma aveva anche imparato ad usare le armi. La banda armata dell Aquila aveva come base una baita sul monte Comun, situato tra la Valpolicella e la valle di Stallavena, ma il 17 settembre del 44, lei e i suoi compagni furono sorpresi e circondati da circa 30 tedeschi e 120 fascisti repubblichini. Lo scontro era ovviamente impari; Rita, però, insieme a Dino Degani per favorire la fuga ai compagni, non si ritirò, ma imbracciò il fucile e disse ai compagni in dialetto: Ma scherzè? ( Ma volete scherzare ). Ferita e catturata, Rita fu uccisa con un colpo alla testa da un sottotenente repubblichino che, condannato a vent anni nel 1945, sarebbe tornato libero poco dopo La baita sul monte Comun

Il funerale di Rita Rosani: la freccia indica Umberto Ricca Al nome di Rita Rosani sono state intitolate due scuole a Verona, due vie: una a Grezzana e una Trieste; un cippo è stato eretto sul luogo dove Rita è stata uccisa; una lapide la ricorda nell atrio della Scuola ebraica di Trieste; su un altra lapide, posta all ingresso del tempio israelitico di Verona, è inciso, in ebraico, un passo della Bibbia: Molte donne si sono comportate valorosamente, ma tu le superi tutte.

La via dedicata a Rita a Grezzana La tomba di Rita Rosani al cimitero ebraico Rita Rosani fu insignita della Medaglia d Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: «Perseguitata politica, entrava a far parte di una banda armata partigiana vivendo la dura vita di combattente. Fu compagna, sorella, animatrice di indomito valore e di ardente fede. Mai arretrò innanzi al sicuro pericolo ed alle sofferenze della rude esistenza, pur di portare a compimento le delicate e rischiosissime missioni a lei affidate. Circondata la sua banda da preponderanti forze nazifasciste, impugnava le armi e, ultima a ritirarsi, combatteva strenuamente finché cadeva da valorosa sul campo, immolando alla Patria la sua giovane ed eroica esistenza.» FESTEGGIAMO IL 25 APRILE, RICORDANDO GLI UOMINI E LE DONNE CHE,COME RITA, HANNO DATO LA VITA PER LA LIBERTA