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Transcript:

LA#SCOPERTA##!!!!!!Giardino#dei#Gius5# #####Associazione#Gariwo#

CHI#SONO#I#GIUSTI#,#PROF?##

LA#NOSTRA#SCELTA##

Un#nome#fra#tuC#con5nuava#a# tornare#con#insistenza##

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Educare#al#coraggio#civile#!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Svetlana#Broz#

Una#leHera#ci#rivelò#una# tes5monianza##che#ci#sconvolse!##

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Sarajevo, 7 Dicembre 1999! Cara Ivana,! da quanto tempo desideravo scriverti!

SVETLANA BROZ Cara Ivana, da quanto tempo desideravo scriverti! Sono finalmente arrivata alla conclusione del mio libro sai, quello in cui ho raccolto decine e decine di testimonianze di donne e uomini, serbi, croati, musulmani, tutti uniti da un unica e indimenticabile esperienza: il conflitto serbo-croato che ha dilaniato il nostro paese. Sai perché ho lottato fino alla fine per pubblicare il mio libro, nonostante qualcuno abbia rubato i miei documenti costringendomi a ripercorrere migliaia di chilometri per ricominciare la mia ricerca? Perché sono fermamente convinta che un uomo abbia sempre la possibilità di dire sì o no e ci sono state persone in ex Jugoslavia, nelle guerre in Croazia, in Bosnia, in Kosovo, in Macedonia, che hanno avuto il coraggio di opporsi al male e dire di no. Non hanno accettato di combattere contro il vicino o di provocare la morte di una persona solo perché si chiamava in modo diverso. Questi sono i Giusti, quelli che hanno avuto il coraggio civile di essere delle persone. Nella tua ultima lettera, cara Ivana, mi chiedevi dove avessi incontrato tutti i Giusti protagonisti delle storie che ho narrato. Ebbene, devi sapere che ho cercato testimonianze su di loro, non loro personalmente. Ho cercato quelli che hanno vissuto l esperienza del bene da parte di qualcuno che non apparteneva al proprio gruppo etnico. Io sono stata la loro interlocutrice e ne ho raccolto le testimonianze nel mio libro.lo sai anche tu che ho iniziato nel gennaio del 1993, quando la guerra infuriava con tutta la sua forza e nessuno sapeva quanto sarebbe durata. Ho trovato storie dei Giusti in ogni luogo della Bosnia Erzegovina sia durante la guerra che dopo. Io sono la persona a cui coloro che erano scampati al massacro hanno raccontato le proprie esperienze, mi hanno parlato di gente che spesso ha sacrificato la vita per poterli difendere, di uomini e donne che sono state addirittura uccise da persone del proprio gruppo etnico solo perché avevano osato opporsi a quel male dimostrando il proprio coraggio civile. Testimonianza 1 Mi chiamo Hamid, sono un musulmano bosniaco. Allo scoppio del conflitto con i serbi, ero rimasto al mio paese perché non credevo che le cose sarebbero andate tanto male. Mi sbagliavo Un giorno, sei uomini barbuti entrano in casa mia e si mettono a maltrattare me e la mia famiglia. Una vicina cerca di difenderci e viene maltrattata anche lei. Ma il peggio deve ancora venire. I miliziani mi portano nel luogo in cui tutti i musulmani vengono raccolti un luogo di uccisioni e di torture. Un amico interviene difendendomi dalle guardie, chiede il mio rilascio e le sfida ad uccidere lui, serbo, al posto mio, un musulmano. Ed io mi salvo! Seconda parte della lettera Ti ho già raccontato che quando durante la guerra andavo a visitare i malati che non potevano viaggiare per raggiungere l ospedale, qualcuno di loro, non tanto per il mio camice bianco ma per il mio cognome, che rappresentava il mio essere al di sopra delle parti, durante le mie visite cominciava a raccontarmi quello che era capitato loro, mi parlavano delle loro tragedie ma anche del bene che avevano talvolta ricevuto. Scoprire che, anche nel mezzo del terribile calvario cui erano sopravvissuti, quegli infelici ricordavano ogni minimo segno di bontà che qualcuno aveva voluto rivolgere loro, mi lasciò senza parole. Mi chiesi: Perché questo bisogno disperato di confidarsi con me?. Alla fine capii avevano bisogno di trasmettere le loro testimonianze per farle vivere. Farle vivere attraverso la nipote dell uomo che aveva unificato il paese. Non volevano che le loro esperienze morissero con loro, perché ogni giorno potevano scomparire nel buco nero della guerra.! Testimonianza 2

Mi chiamo Zorica Baltic e sono sfuggita all inferno di Mostar grazie a persone croate e musulmane. Il 2 agosto 1992, dei soldati hanno fatto irruzione nel mio appartamento uccidendo mio marito. Ero terrorizzata e disperatamente ho cercato di bussare alle porte di tutti i vicini, ma solo uno mi ha aiutata aprendomi la porta della sua casa. Il giorno dopo è venuto a farmi visita un croato che era stato mio vicino di casa anni prima. Quest uomo, sinceramente addolorato per la scomparsa mio marito, in mezzo all ostilità di tutti ha avuto il coraggio di provvedere al suo funerale e ad ospitare me, nonostante i pericoli. Un' altra croata che aveva lavorato per me anni prima, mi ospitò ben quattordici volte in venti giorni, e infine intervenne per aiutarmi una dottoressa musulmana che organizzò il mio ricovero allo scopo di nascondermi; l'unica condizione era che non mi alzassi dal letto per ragioni di sicurezza.! Terza parte della lettera Così, cara amica, dopo una decina di storie, ho capito che avevo l obbligo morale di raccogliere le memorie di quelle persone. Questa consapevolezza ha segnato una svolta nella mia vita. Tornai a Belgrado per procurarmi un registratore e per lasciare i miei strumenti di medico, perché come medico, non avrei potuto svelare le confidenze dei miei pazienti. Oggi, cara Ivana, sono una donna nuova; sento che le mie storie potranno essere conosciute da tutti e chissà, forse arriveranno anche nelle scuole. Quello sarà un passo decisivo perché saranno proprio i bambini che, imparando a combattere contro le piccole ingiustizie, sapranno un giorno combattere contro quelle più grandi. E così che riusciremo a costruire un mondo migliore nel quale vivere. Capisci? E facile e difficile al tempo stesso ma l unica cosa che ci appartiene in quanto uomini e donne non è il denaro o il potere o chissà cosa; l unica cosa che ci appartiene è la capacità di pensare, di decidere è la scelta. Tutto qui. Testimonianza 3 Mi chiamo Nura, sono una musulmana bosniaca; prima della guerra avevo scoperto di avere un tumore al cervello. Avevo un medico croato di nome Marko, che chiamavo zio o padre per affetto. A lui non devo solo le cure in tempo di pace, ma anche la salvezza in tempo di guerra, infatti quell uomo non volle lasciarmi senza assistenza e senza le iniezioni giornaliere che mi tenevano in vita, rischiando però la sua. Marko non si lasciò intimidire e aiutò non solo me, ma chiunque ne avesse bisogno: lo vidi offrire a una vecchietta il poco pane che aveva e un chilo di sale a un altra donna. Aiutava tutti senza guardare alla nazionalità e con le lacrime agli occhi, soffrendo per loro. Per questo dopo il ricovero, nonostante i rischi di morire uccisa, tornai senza esitazioni all alloggio in cui il medico mi aveva ospitato. E anche se avessi saputo con certezza che tornando sarei andata incontro alla morte, avrei continuato per la stessa strada, con l anima in pace, senza paura, cosciente che stavo facendo una cosa che quell uomo si meritava: la vita per la vita, l umanità per l umanità.