CONFERENZA INTERNAZIONALE Protezione civile e aiuti umanitari, uniti per affrontare disastri e crisi. Roma, 10-11 novembre 2011



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Relatore: Paula Eleta

Transcript:

CONFERENZA INTERNAZIONALE Protezione civile e aiuti umanitari, uniti per affrontare disastri e crisi Rafforzare la cooperazione sul campo per una capacità di risposta internazionale più efficace Roma, 10-11 novembre 2011 Intervento del Capo del Dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli Roma, 11 novembre 2011 (Saluti) Ministro Belloni, grazie per questo suo primo interessante stimolo alle riflessioni sui lavori di oggi Direttori, Cari colleghi, Signore e Signori, Sono molto lieto di rinnovare il benvenuto a voi tutti che avete accolto numerosi il nostro invito a celebrare insieme il decimo anniversario dell istituzione del Meccanismo europeo di protezione civile con una giornata di lavoro. Il Meccanismo di protezione civile che abbiamo costruito in questi anni rappresenta, per gli Stati membri dell Unione, oltre che un grande valore politico, anche un forte significato sul piano del metodo della integrazione europea. Si tratta, infatti, di uno strumento affidato alla Commissione europea che funziona tramite il coinvolgimento diretto degli Stati membri: sono gli Stati medesimi che mobilitano e gestiscono le risorse e sono gli Stati ad agire in collaborazione con gli altri Paesi partner, all interno di un quadro europeo predefinito e concordato ed in una dimensione di coordinamento europeo. Questa caratteristica esprime bene l intenzione originaria della costituzione del Meccanismo, che gli Stati hanno voluto creare per facilitare la cooperazione reciproca tra i Paesi membri in materia di protezione civile, per aumentare la quantità delle risorse operative disponibili per ciascuno, utilizzando, per raggiungere questo obiettivo la via della reciproca solidarietà.

Negli anni scorsi abbiamo avuto la possibilità di verificare che questo fondamento solidaristico ha funzionato e si è consolidato, dimostrando che la protezione civile è stata un proficuo laboratorio di sviluppo di questa dimensione europea. La decisione che nel 2001 ha dato vita al Meccanismo può essere letta, infatti, come una anticipazione proprio del concetto di solidarietà, che nel Trattato di Lisbona compare in maniera trasversale e viene individuato come elemento fondante della stessa Unione europea. Una chiara prova della validità sia dei fondamenti, che delle scelte operative compiute insieme per sostenere e migliorare il Meccanismo di protezione civile, credo sia la larga adesione da parte degli Stati: oltre ai membri dell Unione, i restanti Paesi dello Spazio economico europeo, nonché i Paesi con lo status di candidati all adesione, quindi i nostri prossimi partner a tutti gli effetti. Il Trattato di Lisbona introduce oggi, in tema di disastri naturali e antropici, una specifica clausola di solidarietà, a fondamento dell aiuto e del sostegno reciproco tra gli Stati. Una prassi, questa, che noi abbiamo utilizzato ben prima del Trattato, che oggi vediamo consacrata e riconosciuta al più alto livello. La solidarietà e la collaborazione tra gli Stati membri, non hanno certo atteso la nascita del Meccanismo di protezione civile per esprimersi, in occasioni di grandi tragedie e catastrofi. Con questo sistema oserei dire che ci siamo semplificati la vita per aiutarci reciprocamente: abbiamo una struttura che ormai funziona H24 ogni giorno dell anno, un sistema di comunicazione protetto, quale il CECIS, maggiori e più frequenti occasioni di incontro, formazione ed esercitazioni condivise. E quindi indubbio che l istituzione del Meccanismo abbia notevolmente favorito il rafforzamento della capacità di protezione civile nell Unione europea, sia migliorando la capacità di collaborazione tra le nostre strutture nazionali, sia aiutando ciascuna di esse a migliorare grazie agli stimoli, alle idee, alle esperienze apprese dai partner. La Protezione Civile Italiana ha sperimentato sin dalle origini quanto conti la cooperazione con altri soggetti nell affrontare un emergenza e l ha imparato dai propri errori. Per la costituzione del Meccanismo ha messo a disposizione proprio questa sua esperienza, giocando un ruolo da protagonista sia nel dar vita a questo sistema, sia partecipando al suo sviluppo successivo. Con il Meccanismo abbiamo vissuto un rapporto di reciproca contaminazione. Noi abbiamo messo a disposizione il nostro know how, il Meccanismo ci ha a sua volta influenzato spingendoci a rafforzare la nostra proiezione internazionale e mostrandoci l indubbio vantaggio di questo processo. Il Meccanismo dà prova di buone pratiche non soltanto nell aiuto reciproco tra i Paesi partecipanti, quando si tratta di disastri che hanno luogo nel territorio dell Unione, ma anche come strumento di coordinamento nelle missioni in Paesi terzi, colpiti da catastrofi naturali, che richiedono l aiuto internazionale, al quale, per antica tradizione, i nostri Paesi rispondono immediatamente in modo positivo e sollecito. Uno degli obiettivi è sempre stato quello di risparmiare tempo, ridurre l intervallo tra

la domanda d aiuto e la risposta sul campo, nella consapevolezza che l emergenza, qualsiasi emergenza, si caratterizza proprio come condizione nella quale il tempo diventa prezioso e scarso. Il tempo da non sprecare, l esigenza di operare immediatamente, all interno di dimensioni temporali brevi, con modalità che garantiscano efficacia all azione di soccorso caratterizzano tutte le Protezioni civili d Europa e del mondo. Ed è qui che nascono le difficoltà che spesso incontriamo anche nel dialogo con le Amministrazioni e le strutture che gestiscono il territorio e ne sono responsabili, per le quali le priorità e le agende sono fissate, a volte, con criteri diversi da quello dell urgenza che noi avvertiamo come fondamentale. Proprio su questo versante si verificano oggi fatti nuovi di grande interesse, soprattutto incontri e possibilità di collaborazione con altri soggetti, che possono portarci ad un ulteriore salto di qualità. La nuova organizzazione europea riflette l importanza che la dimensione dell umanitario e quella della protezione civile hanno acquisito, a seguito dell entrata in vigore del Trattato di Lisbona, anche in ambito di relazioni esterne dell Unione, dimostrando che le Protezioni Civili europee hanno saputo fare bene non solo all interno dei confini europei, ma anche al di fuori di essi. Il Trattato ha introdotto anche un altro attore internazionale che è il SEAE- Servizio Europeo Azione Esterna, il braccio diplomatico dell Europa; vedremo nei prossimi tempi quale sarà il ruolo che ECHO e SEAE giocheranno nella gestione delle crisi esterne all UE e quale sarà il livello di integrazione e di sinergia che riusciremo a dare agli strumenti che abbiamo creato per garantire che l Europa abbia maggiore efficacia ed operatività nelle iniziative in favore dei Paesi terzi. Resta il fatto che, nel nuovo assetto, si apre una necessaria fase di confronto tra i mondi della protezione civile e dell aiuto umanitario. Fino a non molti anni fa questi erano due percorsi destinati a non incontrarsi: la protezione civile derivava dai sistemi di difesa e di sicurezza da sempre collegati allo Stato, l aiuto umanitario era gestito in gran parte da associazioni non governative che mal vedevano qualsiasi tipo di intervento statale o para-statale. Da molto tempo ormai, grazie ad esperienze comuni, i due settori hanno compreso di non essere campioni di reciproca estraneità e che, anzi, è possibile immaginare forme e modi di confronto, di sinergia e di contaminazione utili ad entrambi. Il processo di integrazione in atto fra aiuto umanitario e protezione civile, avviato dal Commissario Georgieva, rappresenta quindi la migliore risposta che l Unione europea può offrire per far fronte ad un bisogno crescente di assistenza a seguito di grandi disastri al di fuori dell Unione Europea. La Protezione Civile Italiana sostiene questo processo con lealtà e disponibilità, ma anche con molta attenzione. Non dovrà essere persa quella che ho definito una caratteristica qualificante del Meccanismo: il suo basarsi sul contributo degli Stati

Partecipanti che, nel garantire soccorso attraverso l impiego di risorse proprie in termini di uomini e mezzi, sono ad un tempo donatori ma anche attori. Sappiamo invece che la situazione è diversa per l aiuto umanitario, basato sul contributo di donatori che non partecipano attivamente, ma attraverso attori dedicati, principalmente le ONG, alla gestione delle risorse stanziate. E, pertanto, importante che si cerchi di conseguire non un assimilazione tra i due settori, ma un integrazione. Ed è per questo che a mio avviso occorre parlare di sinergie, da ottenere lasciando protezione civile e aiuto umanitario come due ambiti distinti e liberi di continuare a svilupparsi e migliorarsi costantemente in un ottica di reciproca complementarità. (Il ruolo degli Stati membri) Il nuovo assetto europeo è sfociato, quasi naturalmente, in una esigenza di riforma del Meccanismo di protezione civile. La Commissione ha adottato circa un anno fa il testo di una importante Comunicazione che ha tessuto il quadro generale in cui la proposta legislativa della Commissione per la riforma del Meccanismo sta prendendo corpo. La riforma traccerà l immagine del futuro assetto della Protezione Civile europea, con l obiettivo di sviluppare una capacità rafforzata di risposta ai disastri da parte dell UE nel suo insieme. In questa vicenda è chiara la posizione favorevole della Protezione civile italiana. Anche in questo caso, però, vale il principio che ho appena citato, che assegna agli Stati un ruolo centrale ed attivo, operativo, da protagonisti, nel rispetto del dettato del Trattato di Lisbona che affida all Unione europea il compito di intervenire a sostegno e completamento dell azione degli Stati membri in materia di protezione civile, senza sostituirsi ad essi. (Il coordinamento delle Nazioni Unite) Un secondo fronte di collaborazione, di confronto e di crescita si apre, per la Protezione Civile europea, grazie all incontro con le strutture delle Nazioni Unite che hanno competenza e responsabilità nel contesto dei grandi disastri e delle catastrofi che colpiscono i Paesi più deboli della terra. L Unione Europea è da sempre un donatore fondamentale per le Nazioni Unite. Negli anni scorsi, in molte occasioni, il dono dei Paesi europei si è tradotto anche nell intervento diretto, nei Paesi terzi, mediante l invio di strutture, uomini e mezzi destinati al soccorso e all aiuto di popolazioni colpite da grandi catastrofi. Abbiamo avuto molte occasioni per sperimentare quanto sia difficile, ma anche quanto sia necessario, arrivare ad una più efficace modalità di cooperazione sul campo, per ottimizzare gli sforzi di tutti evitando sprechi, duplicazioni, interventi incompleti e per questo assai meno utili del dovuto.

La storia dei rapporti, sul piano operativo, tra le nostre strutture nazionali ed europee e quelle delle UN può essere letta come una storia di difficoltà e di incomprensioni, come la storia di un insuccesso, perché ci siamo ogni volta trovati di fronte a qualche ostacolo che ci ha impedito di lavorare insieme sviluppando per intero il potenziale della nostra sinergia. Preferisco leggere queste vicende in modo diverso, che considero più realistico, come una storia che disegna un percorso di reciproca comprensione, di sforzi di intesa e di accordo, di consapevolezza accresciuta dell importanza che può avere per ogni attore il raggiungimento di forme e modalità più solide di coordinamento. L insoddisfazione per le prime esperienze, non a caso, ci ha portato all intesa sottoscritta nel 2005, che nessuno ha pensato fosse un punto di arrivo, ma ciascuno di noi ha vissuto nella consapevolezza che poteva essere un buon punto di partenza per ulteriori sviluppi. Occorre ora andare oltre. Non basta più il riconoscimento formale della funzione delle Nazioni Unite di coordinare le operazioni di assistenza internazionale nei Paesi terzi, non basta neppure riconoscere la centralità della loro azione. Ci servono oggi, in un contesto caratterizzato dall aumento dei disastri e dalla diminuzione delle disponibilità finanziarie, passi concreti per entrare nel merito delle questioni più difficili ed uscirne con linee di comportamento, con regole e procedure che rendano possibile l ottimizzazione dell apporto di tutti gli attori in campo. Facciamo molta fatica, oggi, a spiegare il perché di tanta difficoltà a coordinarci, a rendere conto della mancanza di risultati ottimali alle nostre opinioni pubbliche, che si alimentano sempre meno di notizie ufficiali e sempre più tramite reti e network sociali che fanno circolare con tempestività le informazioni su quanto accade nel mondo. L ingresso delle protezioni civili nello scenario degli interventi internazionali può, a mio avviso, contribuire ad avvicinare il divario tra disponibilità e bisogni e dare agli sforzi di coordinamento la prospettiva di un consenso vasto nelle nostre opinioni pubbliche. Affermo questo perché, nell esperienza delle nostre Protezioni civili, è già risolto il nodo della collaborazione tra attori molto diversi che pure riescono ad operare insieme con risultati certamente positivi. Penso in particolare alla collaborazione tra professionisti del soccorso e le organizzazioni di volontariato, tra civili e militari, tra società civile ed istituzioni, tra pubblico e privato. Nella nostra esperienza non è più un problema la compresenza di tanti attori diversi su uno scenario di crisi, né la evidente tendenza di ciascuno a scendere in campo sulla base di spinte, motivazioni, logiche diverse. La nostra storia testimonia della possibilità di riportare ad unità l azione di tanti diversi soggetti senza umiliare nessuno, senza creare gerarchie che sarebbero a molti inaccettabili, senza imporre subordinazioni ad attori disponibili a tutto tranne che a sentirsi rigidamente inquadrati.

Sono convinto che il know how che abbiamo maturato sui metodi, le procedure, le strategie e le diverse forme e modalità di coordinamento di attori diversi possa essere d aiuto, per portare il piano della collaborazione tra le risorse operative che l Europa può schierare e quelle messe in campo dalle Nazioni Unite a livelli di efficacia ed efficienza migliori. Al contempo sono convinto che la Comunità internazionale, nel suo complesso, debba riscoprire il ruolo dello Stato colpito da un emergenza, che sebbene modifichi la capacità di un soggetto a continuare la sua vita ordinaria, non cambia né le strutture della responsabilità, né gli ordinamenti, né gli assetti del potere politico nel Paese. Uno Stato che chiede aiuto deve essere aiutato, non sostituito, anche quando, come accade fin troppo spesso, ci si trova ad interloquire con strutture di governo inadeguate al bisogno. Come protezioni civili, ci sentiamo di dover riaffermare questo principio, che ricaviamo dalla logica di sussidiarietà di ogni nostro intervento, senza con questo pensare di aver risolto ogni problema, ma convinti che il tema debba essere preso in seria considerazione, se vogliamo avere la possibilità di operare in contesti di trasparenza e di quadri normativi condivisi. Un aiuto a fare chiarezza ci può probabilmente venire da un serio approfondimento del diritto internazionale, per evidenziare e dare valore ad un sistema di regole che permettano un ordinato svolgimento delle azioni, in qualsiasi settore o contesto ci si trovi. (Introduzione delle varie sessioni) Questo il quadro dei temi che danno senso e direzione ai lavori di oggi. Abbiamo scelto di dedicare particolare attenzione ad alcuni temi specifici, individuati nella convinzione che siano ad un tempo questioni di grande importanza ma anche terreni sui quali è possibile, e forse doveroso, raggiungere in tempi ragionevoli risultati concreti. L agenda della giornata è strutturata in quattro sessioni, dedicate al coordinamento sul campo, alle relazioni Civili-Militari, al diritto internazionale della risposta ai disastri e al ruolo del Volontariato in ambito internazionale. Affido a Luigi D Angelo, moderatore della prima sessione, il compito di sintetizzare gli obiettivi anche delle altre tre. Già la giornata di ieri è stata molto proficua e ci ha permesso di avvalerci di contributi di grande importanza. Sono certo che anche quest oggi, per ognuno dei quattro argomenti inseriti nella discussione, potremo aver raccolto indicazioni, tesi, proposte assai utili ad avvicinarci ai risultati che vogliamo raggiungere. Grazie alla vostra partecipazione, ai vostri interventi, alla vostra disponibilità, questa sera potremo dire di aver conseguito in ogni caso un primo risultato, quello di aver partecipato ad una esperienza positiva di confronto e di dialogo. Mi auguro che a questo se ne aggiunga almeno un secondo, altrettanto importante: la convinzione di tutti sulla utilità di continuare il confronto, nella certezza che questa sia la strada

giusta per arricchirci delle esperienze degli altri e far apprezzare agli altri il contributo che ciascuno di noi è in grado di offrire. Seguirò con grande attenzione ed interesse lo sviluppo dei lavori previsti in agenda e rappresento sin d ora sia il mio personale interesse per i risultati di questo incontro che la determinazione ad essere parte diligente nel favorirne in ogni modo la continuazione.