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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5508 Anno 2016 Presidente: RAGONESI VITTORIO Relatore: CRISTIANO MAGDA Data pubblicazione: 21/03/2016 SENTENZA sul ricorso 24088-2013 proposto da: FAUSTINI GIUNIO (c.f. FSTGNI66B23H501Z), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso l'avvocato LUCIO GHIA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso; R.G.N. 24088/2013 Cron. SQ C, L Rep. Ud. 01/02/2016 PU - ricorrente - 2016 223 contro MANGANELLI MARIO, MASTRANGELO FULVIO, SGANGA PIERPAOLO; - Intimati - avverso la sentenza n. 2644/2013 della CORTE D'APPELLO 1

di ROMA, depositata il 10/05/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/02/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA., CRISTIANO;., udito, per il ricorrente, l'avvocato A. PIVANTI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il rigetto del ricorso. 4 2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il dott. Giunio Faustini propose appello contro la sentenza del Tribunale di Roma che, in accoglimento della domanda ex art. 146 I. fall. avanzata dal Fallimento della Laitap s.r.l. nei confronti suoi e di altri convenuti, lo aveva condannato, nella sua qualità di ex componente del collegio sindacale della società, al risarcimento dei danni derivati alla stessa ed ai creditori sociali per la violazione dei doveri che gli incombevano in virtù della carica rivestita. Il Faustini si limitò a chiedere la riforma della sentenza di condanna, ma notificò l'atto d'appello a tutti i soggetti convenuti dal Fallimento, ivi compresi i sigg. Fulvio Mastrangelo, Pierpaolo Sganga e Mario Manganelli, che avevano visto rigettare le domande risarcitorie proposte dall'attore nei loro rispettivi confronti. Costoro si costituirono nel grado chiedendo di essere estromessi dal giudizio. Con sentenza del 10.52013 la Corte d'appello capitolina, attese la rinuncia agli atti del giudizio del Faustini e l'accettazione del Fallimento, ha dichiarato estinto il processo fra le predette parti ai sensi dell'art. 306 c.p.c. compensando le spese fra le stesse; ha invece posto a carico del Faustini le spese sostenute da Mastrangelo, Manganelli e Sganga, rilevando che l'appellante, pur avendo notificato a questi ultimi l'atto di gravame ai soli fini della litis denuntiatio, si era opposto alla loro estromissione dal giudizio. Tale capo della sentenza è stato impugnato da Giunio Faustini con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Le tre parti intimate non hanno svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Il Faustini, con il primo motivo del ricorso, denuncia nullità e/o inesistenza del capo della sentenza impugnata, rilevando che l'art. 306 c.p.c. attribuisce al giudice che abbia dichiarato estinto il processo la sola funzione di liquidare le spese, ma non anche quella di condannare il rinunciante al loro pagamento, quale parte soccombente. 3

2)Col secondo motivo reitera la censura sotto il profilo della violazione dell' art. 306 c.p.c.. 3) Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 91 e 306 c.p.c., assume che non ricorrevano i presupposti per la pronuncia sulle spese, atteso che l'obbligazione solidale passiva non comporta l'inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario e che, pertanto, la notificazione dell'atto d'appello da lui eseguita anche nei confronti dei tre convenuti vittoriosi nel giudizio di primo grado (che, come riconosciuto dalla stessa corte territoriale, aveva mero valore di litisdenuntiatio) non era valsa a rendere costoro parti del giudizio di gravame. 4) Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 108, 109, 111 e 306 c..p.c., contesta che nella specie si versasse in un'ipotesi di estromissione ed osserva che, rispetto a tale infondata richiesta di Mastrangelo, Sganga e Manganelli, egli non era tenuto a prendere posizione. 5) Con il quinto motivo, denunciando violazione dell'art. 91 c.p.c., rileva, infine, che non poteva figurarsi una sua soccombenza nei confronti dei convenuti vittoriosi in primo grado, contro i quali non aveva formulato alcuna domanda, e che pertanto difettava il presupposto della condanna alle spese. 6) Il terzo ed il quinto motivo, che hanno carattere assorbente, sono fondati e devono essere accolti. Come emerge dalla lettura della sentenza impugnata, il Fallimento aveva introdotto dinanzi al tribunale, con un unico atto di citazione, una pluralità di domande fra loro connesse, nei confronti di tutti i soggetti solidalmente chiamati a rispondere dei danni subiti dalla società e dai creditori sociali; fra questi era compreso il Faustini che, nel costituirsi in giudizio, si era limitato a chiedere il rigetto dell'avversa pretesa: ne consegue che, versandosi in una tipica ipotesi di cause scindibili - in cui il cumulo delle domande lascia inalterata l'autonomia dei singoli giudizi in relazione alla posizione assunta dalle parti in ognuno di essi (fra moltissime, Cass. nn. 16390/09, 7308/07, 4364/01)- non sussisteva alcun rapporto processuale fra il Faustini e gli 4

altri convenuti. Il fatto che l'odierno ricorrente abbia notificato l'atto d'appello anche a questi ultimi ed, in particolare, ai tre che erano risultati vittoriosi in primo grado nelle cause promosse nei loro rispettivi confronti dal Fallimento, non ha determinato l'insorgere di detto rapporto: come già ripetutamente affermato da questa Corte, la norma contenuta nell'art. 332 c.p.c., la quale dispone che l'impugnazione di una sentenza, pronunciata in cause scindibili, proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti solo di alcuna di esse, deve essere notificata anche alle altre parti nei cui confronti l'impugnazione non è preclusa o esclusa, ha infatti soltanto la finalità di evitare che avverso la medesima sentenza si svolgano separati giudizi di impugnazione (cfr. Cass. nn. 9002/07, 20792/04). In tale ipotesi, pertanto, la notificazione non ha valore di vocatio in ius, ma assolve alla funzione di "litis denuntiatio", così da permettere l'attuazione della concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la stessa sentenza, con la conseguenza che il destinatario della stessa non diviene parte nella fase di impugnazione solo perché l'ha ricevuta (cfr., oltre alle sentenze appena citate, Cass. nn. 2208/012). Avuto riguardo al caso di specie, dall'applicazione di tali principi deriva che l'appello del Faustini, proposto nei soli confronti del Fallimento, non precludeva il passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda rioreito(i ci prupqsto equitry Sseinga, ~ganci» e Pvila3trsrlee}o que3ti, pertanto, in difetto di impugnazione di tale capo da parte dell'originario attore, si sono inutilmente costituiti nel giudizio di gravame ( peraltro formulando un'incongrua richiesta di "estromissione" dal giudizio sulla quale l'appellante non era tenuto, né avrebbe potuto, prendere posizione); non ricorrevano, in conseguenza, i presupposti per la condanna del Faustini al pagamento delle spese in favore dei predetti soggetti, atteso che, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., detta condanna esige la qualità di parte, e perciò una "vocatio in ius", nonché la soccombenza (Cass. n. 2208/2012 cit.). La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata. 5

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito e dichiarare irripetibili le spese sostenute in grado d'appello da Fulvio Mastrangelo, Pierpaolo Sganga e Mario Manganelli. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo ed il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e dichiara irripetibili le spese sostenute in grado d'appello da Fulvio Mastrangelo, Pierpaolo Sganga e Mario Manganelli; condanna questi ultimi, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese sostenute da Giunio Faustini nel presente giudizio, che liquida in E 2.200, di cui E 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge. Roma, 1 febbraio 2016. li c ns. est. VOIR» Thaw