O PRIMMO SURCO. A mia madre Giuseppina Serpe



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Transcript:

O PRIMMO SURCO A mia madre Giuseppina Serpe

PRESENTAZIONE Tutti quanti hanno già conosciuto Ninì hanno potuto apprezzarne la spiccata personalità che esalta talune qualità umane non sempre facili da trovarsi, specie non tutte assieme come la laboriosità, l'onestà, la sincerità. Da qualche tempo Ninì persona sempre indaffaratissima, trova di tanto in tanto l'occasione per mettere in versi alcune sue riflessioni, in genere in occasione di eventi che ne stimolano la particolare sensibilità. E' riuscito cosi nel corso di alcuni anni a mettere insieme questa piccola raccolta di poesie, della quale ho ritenuto di dover promuovere la pubblicazione. Sono poesie dalle quali sgorga diretta ed immediata una visione schietta e genuina della vita e dei momenti essenziali che ne scandiscono lo scorrere: l'amore, il matrimonio, la nascita dei figli, il lavoro, l'amicizia ed i legami con le persone care. Non poteva essere diversamente: le poesie di Nini sono semplici e spontanee, come semplice e spontaneo è lo spirito del suo autore e come semplice e spontaneo è anche il vernacolo nel quale egli si esprime, immediata traduzione di lingua dialettale parlata in scritto, senza alcuna mediazione nè tentativo di aggiustamento che già sarebbe suonato come qualcosa di artificioso. E pur tuttavia questa semplicità e spontaneità non impediscono di toccare con alcuni versi problematiche antiche, profònde direi quasi ancestrali e di portata universale, come la ribellione dell'uomo ai limiti della sua condizione terrena che si può cogliere in più di un passaggio ne(quale sentimenti grandi e forti come l'amore della (e per la) madre non intendono accettare il naturale termine temporale dato dalla fine dell'esistenza. Alla fine la lettura di queste brevi pagine può indurre un risultato importante: con le sue espressioni napoletane come Nini stesso chiama la sua prima poesia, ci indica che esiste ancora in ciascuno di noi un angolo di umanità incontaminata,fatto di sentimenti puri e di quasi injàntile innocenza, che può essere scoperto e che senz'altro le sue poesie ci aiutano a riscoprire. Lauro, 2 luglio 2002 Pasquale Colucci

PREFAZIONE DELL'AUTORE Nel 1903 a Torre del Greco nella contrada "Cappella Bianchini" tra le campagne situate ai piedi del Vesuvio venne alla luce Serpe Giuseppina, mia madre, da grande una bellissima donna, da far incantare chiunque. Quando nacque, suo padre, Gennaro Serpe, per tutti Zi lennariello, notò subito che sul lato destro del collo aveva una voglia a forma di piccolo grappolo d'uva e di lì alla piccola Giuseppina fu affibbiato il nomignolo che l'accompagnò per tutta la vita: "Peppinella 'a Pignozza". Divideva il suo tempo libero con la cugina Rosa, bella come lei: quando insieme scendevano al centro del paese per acquisti, tutti i giovani le chiamavano "le campagnole ". Mia madre aveva una voce incantevole cantava tutti i giorni le belle canzoni napoletane dell'epoca. Aveva anche una splendida predisposizione nel recitare le scenette in napoletano le cosiddette "macchiette ": la sua preferita era" o schiaffo" che le veniva tanto bene da sbalordire anche se stessa. Tutte queste cose erano simpatiche a mia madre e lo sono anche per me: credo infatti di aver ereditato parte dei suoi geni, da poter cantare delle melodie napoletane. Sicuramente non ho la voce di mia madre, ma spesso mi piace canticchiare e recitare tutto ciò che è napoletano. Per tutte queste riflessioni, mi è sembrato naturale dedicare questa mia modesta raccolta di espressioni napoletane alla memoria di mia madre.

Mi è sempre piaciuta la spontaneità, perciò hanno subito suscitato grande simpatia in me le poesie del poeta napoletano Ferdinando Russo.Un poeta di quartiere che si dilettava a scrivere poesie girovagando per le vie di Napoli e che suggerì di scrivere all'ingresso di una pasticceria di Napoli: "Napoli tene tre cose belle: 'o mare, 'o Vesuvio, 'e sfugliatelle". Suo fratello Vincenzo era un romantico, spasimante per la sua amata immaginaria Maria cui dedicò la sua canzone "Maria Marì"; di fisico molto esile e malaticcio morì prematuro all'età di 33 anni, non si sa se la sua Maria sapesse del suo amore. Al contrario Ferdinando invece maltrattava il gentil sesso, come si suol dire, e scrisse: "Dice buono 'o ritto vasce quando parla delle donne: una sola ce ne steve bona e a facettene Madonna, tutte 'o riesto belle mie ne facim nu bello fascio e 'o bruciammo o jettammo a coppa a bascio." Per questa simpatia, popolare e non maschilista, ho pensato di dedicare queste espressioni napoletane al poeta Ferdinando Russo.

COMME NASCE NA CANZONA A NAPOLI Ferdinando parlava e scriveva comme a nu poeta, 'o chiammavano Ferdinando 'o poeta.. All'angolo do vico suojo ce steve don Gennaro o ciuraro ca teneva 'na figlia bella comme 'o sole, cu duje uocchie 'nfronte ca pareva na Madonna; quand' asceva abbocca a porta s'arruvutave tutto 'o vicinato. Ferdinando ce mettete l'uocchie 'ncuollo a sta' figliola; nu juomo facette anima e curaggio, 'a fermaje e le regalaje 'na rosa, sta figliola l'accetaje co pizzo a riso e s'appujaie 'ncoppo 'o core. 'O juomo appriesso pure essa fermaje a Ferdinando e le regalaje na rosa. 'O core 'e Ferdinando addeventaje nu cavallo sfuriato, dinto 'e vene ce scurreva 'o fuoco cu nu zumpo se trovaje a casa soja, e 'ncoppo a nu bigliettino ce scrivette chesti parole: 'e rose parlano pe me e pe te. O saje che diceno? 'O vuò sapè? L'ammore è nu profumo 'e primmavera c'a primmavera passa e se ne va, perciò nu ce lasciamo cchiù ca dint'a nu minuto fenisce a giuventù. N'amico suojo musicista 'ncoppo a sti parole facette 'a musica e accussì nascette na Canzona a Napoli.

Com'è strano e impegnativo vivere e superare le difficoltà della vita. Il ferro per subire un cambiamento della sua natura, deve subire un sacrificio ad alta temperatura: solo così riesce a divenire un acciaio duro o durissimo pronto ad affrontare e resistere a qualsiasi urto o lavoro. Così la natura, o chi per essa, ha voluto mettermi alla prova. Appena dopo il terremoto la mia famiglia è stata decurtata, rimanendo solo con i miei figli. Ritenendomi una persona temperata per superare ogni evenienza, dopo poco tempo dalla dolorosa perdita mi risposai. Di lì a poco mia figlia Pina partorì nella clinica "Malzoni" di Avellino; si andava a visitarla per non farla sentire sola, ma l'accontentavamo solo in parte, perché le mancava quella persona che naturalmente desiderava e che non era possibile avere vicino. Valutando questa toccante realtà il mio istinto mi portò a scrivere una poesia che non poteva non avere come soggetto che "La mamma".

'A MAMMA 'E figli sò piezze 'e core 'e mamma ce ne sta' una sola. Quanno more mamma o' dolore e' tanto gruosso c'o sape sul o chi nun 'a tene cchiù 'O bene da mamma nisciuno to pò ddà e nisciuno pò piglià 'o posto da mamma. Quanno more 'a mamma 'e figli fino a quanno moreno campano comme se le mancasse sempre quaccosa. Perciò 'a mamma è nu tesoro tanto gruosso ca te n'adduone sulo quanna nun'a tieni cchiù. Oi ma', vide e sta bbona, campa cient'anni, nu murì mai......se po' veramente ha murì......muori doppo c'aggio muorto je. Accussì nun me fai piglia collera. Dicenne cheste pparole, sicuramente faccio peccato, pecchè una sola è a mamma ca nun more mai,... è a Madonna. Madò, tu che si a mamma e tutte 'e mamme, a mamma mia nun 'a fa murì mai. Tanto a Te nu miracolo che te costa?

Chi trova un amico trova un tesoro. lo ho trovato nell'amico Ottavio Colucci, non un tesoro, ma un fratello. Sono stato fortunato perché mi è stato di grande aiuto, non solo a risolvere problemi quotidiani, ma soprattutto di grande conforto nel superare momenti tristi della mia vita. Fummo invitati a partecipare alle nozze del figlio Pasquale con Maria nipote di mia moglie; il suo nome ricordava la nonna, una donna di grande valore sociale e stimata da tutto il paese. Nel formulare gli auguri mi venne l'idea di valorizzare questo personaggio tanto importante per tutta la famiglia.

'O MATRIMONIO Tutt 'e invitati se 'ngignano pe parè cchiù belli, ma a cchiù bella è sempre 'a sposa. Marì, quanto sì bella dint'a sta vesta 'e sposa, me pare 'na madonna. Chi t'ha fatto sta vesta, sicuramente cchiù bella 'e chesta nun'a sapeva fà. O saje pecchè? Tu puort 'o nomme 'e Mariettella. Perciò, damme l'onore' e che sta festa a Mariettella E a te auguri felicissimi assieme a Pascale.

Si dice: la lingua batte dove il dente duole. Molto spesso mia moglie fra tante nipoti, nomina con molta simpatia Nella, figlia della sorella Florinda che abita a NoIa. Partecipiamo a tutti gli inviti con molto entusiasmo, ma il matrimonio di Nella con l'avvocato Pasquale Riccio fu un evento particolare per mia moglie. E d'altra parte anche la nipote stima la zia come una seconda madre, perché da piccola ha vissuto con Lei per molto tempo. Non è possibile spiegare l'impegno di mia moglie nel curare i preparativi per partecipare a questa cerimonia, perciò ritenni opportuno formulare non un semplice augurio ma comporre una espressione napoletana.

'A SPOSA Stave assettate ncoppo 'o divano leggenno 'o giurnale.. Antrasatte...ce fuje n'arrivuote, n'ammuina... 'e guagliune alluccavano a.. mmiezo a via... "Currite currite, mo pass'a sposa". M'affacciaje 'a copp'a finestra e vediette tanta femmene cu 'e guantiere mmano chiene 'e ciure c'aspettavano ca passava a sposa. Scenniette e addimannaje 'a cchiù vecchia, le diciette: A no', pecchè jettate 'e ciure a sposa? Essa me rispunnette: Oggi, 'ncoppo all' altare se presente nu bucciuolo ca dimane, 'mpietto 'o marito, addiventa nu ciore. Dint'a chillo momento se fermaje 'a macchina da sposa vicino anuje... M'affacciaje e vediette 'na bella figliola l cu doje schiocche 'e russo 'nfaccia, dint'a chella vesta bianca tutta arricamata me pareva overamente nu ciore. M'avvicinaje pe vvedè cchiù meglio, e diciette: oi Nè quanto si bella, me pare nu bocciuole ca dimane, mpietto a Pascale, sicuramente addiverraje 'na Rosa.

Fra tanti mestieri che ho imparato nella mia infanzia, quello per il quale sono riuscito a perfezionarmi è stato l'autista. Fui assunto prima da una ditta privata per quindici anni e poi per ancora per altri 20 anni da una azienda pubblica, la "Circumvesuviana". Fu stabilito tra noi dipendenti che, all'atto della pensione, il neo-pensionato doveva organizzare un ricevimento in deposito per ricevere gli auguri da tutti noi. L'autista Dionisio Pasquale il suo ricevimento lo volle organizzare in un locale di Serino e precisamente nel ristorante denominato "Il Puzzilllo". Per un invito così diverso da ogni aspettativa, mi determinai a ricordare l'evento straordinario con una espressione particolare.

A PASQUALE DIONISIO Addò "Puzzillo" ci hai portato 'na bella festa ci hai priparato. cu canti, suoni e allegria, nuje tutti avimmo partecipato. 'O pignatiello e l'ainiello, cu nu bello bicchiere e vino l'avimmo accurdato. Carminuccio, Mimmo e Don Ciccio... cu 'a musica, canti e risate sò stati 'e Rè da serata. 'O tavolo tuoje, era cumpleto, cu Salvatore, Raziello, Francisco e o guardaspalle. Quant'ammuina se facette, pure 'e bicchieri se rumpettene. Aitano, Vicienzo e Pascale, tant de llucche ca dettere, pur 'a voce se ne jette. Ce faceva male' a panza pe risate. Perciò, Pascà, che vuò cchiù 'a chesta serata?

Ho sempre sostenuto che l'amore è un sentimento che può nascere da un desiderio. L'amicizia è un sentimento che nasce dal cuore ed è gestito dall'anima. Esiste un'amicizia pura tra la mia famiglia e la famiglia Mazzoca- Santaniello, quasi tutti i suoi figli a suo tempo emigrarono in Venezuela alcuni sono tornati in Italia ed altri no. Gaetano dopo molti sacrifici è riuscito, in Venezuela, a farsi una famiglia ed una buona condizione finanziaria. Ciò che ha ispirato la poesia che segue, intitolata "Terra luntana", è stata la sua squisita devozione per la mamma.

TERRA LUNTANA A' mamma mia ogni matina m'aspettava abbocca 'a porta pe me dice "a 'Madonna t'accumpagna". 'Ncoppo a fatica me sentevo cchiù sicuro cu sti pparole, me pareva comme veramente a' Madonna me guardasse. Nu juomo partiette pe 'na terra luntana per cercà fortuna; m'aspettaje abbocca a porta, me mettette a mano 'nfronte e cu e lacrime all'uocchie me dicette: «'0 Signore t'adda fa vunnà come vonna 'o mare». Cheste pparole nun m'aggio mai scurdate, m'hanno dato a forza pe' fatica notte e juorno cu sacrifici e stienti chesta terra luntana m'ha dato onore, ricchezza e famiglia. Me mancava sulamente chella c'ogni matina m'aspettava abbocca 'a porta pe me benedicere. Me consulava leggenne tutt'e juorne chella lettera che m'arrivava ogni tanto. 'O tiempo passava e i figli se facevano sempre cchiù gruosse, e sicuramente chella che je volevo bene se faceva sempre cchiù peccerella. 'E lettere arrivavano sempre cchiù corte facenneme capì che voleva ringrazià 'o Signore che m'aveva fatto vunnà. Ogni juorno che passava cresceva a' paura ca chella lettera peccerella nun arrivava cchiù. Volevo che 'o Signore nun m'aveva fa chi sto tuorto. Ma nun me potette accuntentà e m'arrivaje l'urdema lettera cu a striscia nera 'ncopp. Nu murietto, ma murette 'mpietto a me nu piezzo 'e core. Aviette campà ancora, pecche pur'je teneve 'e figli c'avevano vunnà cumme 'o Signore m'aveva fatto vunnà a me.

Il 24 ottobre 1981 mi risposai con Lauretta in Moschiano dopo aver vissuto per circa 27 anni a Lauro con mia moglie Gelsolmina e Michele, Teodoro e Pina figli nostri, tutti sposati e sistemati. All'età di 46 anni iniziai un nuovo capitolo per costruire una nuova famiglia. Il 26 settembre 1983, tutti i nostri sforzi furono coronati dalla nascita di un mio quarto figlio, "Bruno" che per mia moglie fu il primo. Il lieto evento fu accolto con molta gioia e soddisfazione da tutte e due famiglie. Abbiamo cresciuto questo ragazzo con grande impegno ed armonia con le famiglie fino a raggiungere l'età di 18 anni di Bruno alla cui festa hanno partecipato oltre 100 persone.

A MIO FIGLIO BRUNO A ognuno 'e nuje, nascenno, nu destino le vene dato A te sicuramente 'o Signore t'ha dato chillo che ogni mamma desidera p'o figlio suoje. Quanno nasce nu figlio, dint' a chella casa nasce 'na gioia. 'O venti sei settembre 1983 dint' a casa 'e Lauretta e Ninì nascette 'a gioia. Nu criaturo bello e cchino le salute lo chiammavano... 'o figlio de viecchi... Da chill'juorno, 'o Signore ci ha dato tanta forza 'e volontà pe fà e te nu giovane gruosso e bello: e accussì te festeggiammo oggi che faje diciotto anni. 'O tiempo è passato comme se niente fosse e ci simmo accorti che tu si crisciuto, e nuje ci simmo fatto cchiù viecchie, ringrazi anno 'o Signore che ci ha dato 'a possibilità e te vedè crescere sano e buono comme 'o core nuosto vuleva. 'O proverbio dice:. 'e figli piccirilli l 'ha crescere sotto a l'uocchie 'e figli gruossi l 'ha guardà ca code le l'uocchie. Nuje accussì t'avimma crisciuto. e sicuramente pure tu farai che figli tuoje pe te godè 'e stesse cose che nuje avimmo goduto 'e te.

INDICE Presentazione 2 Prefazione dell' autore 4 Comme nasce na canzone a Napoli 6 'A mamma 8 'O matrimonio 10 'A sposa 12 A Pasquale Dionisio 14 Terra luntana 16 A mio figlio Bruno 18.