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contro nei confronti di per la riforma

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contro per l'annullamento

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Pubblicato il 12/10/2017 R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

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ha pronunciato la presente SENTENZA

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA seconda sezione civile La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Roberto Aponte Presidente rel. dott. Diego Di Marco Consigliere dott. Mariapia Parisi Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 2430/2014 promossa da OAIKHENA JEFFREY AMMESSO AL PATROCINIO DELLO STATO IN DATA 20/10/2014 CONSIGLIO ORDINE AVVOCATI BOLOGNA, con il patrocinio dell avv. Fabio LOSCERBO elett. dom.to presso il difensore in Bologna, via Ermete Zacconi n. 3/A BOLOGNA appellante contro MINISTERO DELL INTERNO - COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO - SEZ. DI BOLOGNA, con il patrocinio dell AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO BOLOGNA, con domicilio domiciliato presso la sede dell avvocatura in Bologna, via G. RENI 4 BOLOGNA - appellato - Con l intervento del Procuratore Generale che ha concluso per la conferma dell ordinanza impugnata LA CORTE udita la relazione della causa fatta dal relatore dottor Roberto Aponte; udita la lettura delle conclusioni prese dai procuratori delle parti; letti ed esaminati gli atti e i documenti del processo, ha così deciso MOTIVI DELLA DECISIONE Con ordinanza in data 6-9/10/2014 il tribunale di Bologna rigettava il pagina 1 di 5

ricorso proposto da OAIKHENA JEFFREY, cittadino nigeriano, contro il provvedimento di reiezione della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di avente diritto alla protezione sussidiaria o, in subordine, al rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il tribunale osservava: - che il ricorrente aveva allegato, a fondamento della richiesta di protezione, fatti che integravano una vicenda di natura prettamente privatistica, molto risalente nel tempo (uccisione del padre nel 2001 per un conflitto su diritti di estrazione del petrolio); - che il racconto era inoltre connotato da estrema genericità e doveva pertanto essere reputato non credibile; - che le circostanze esposte dal ricorrente non configurano alcune delle ipotesi di cui all'art. 2 co I lett.e) D.Lgs 251/07 relativi al timore di persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale od opinioni politiche; - che, in considerazione della inattendibilità complessiva del racconto, non erano ravvisabili neppure i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria né quelli per il rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Avverso tale ordinanza proponeva appello il cittadino straniero richiamando, a sostegno della domanda di protezione internazionale (richiesta in via gradata nelle sue varie forme), le notizie diffuse anche dal Ministero degli Esteri Italiano (comunicato di allerta emanato in data 23/10/2014) ) in ordine alla situazione di violenza diffusa in varie aree della Nigeria, con particolare riferimento alle violenze perpetrate da sette estremiste islamiste a danni di cristiani. Il Ministero degli Interni si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell appello. Il P.G. interveniva in giudizio chiedendo la conferma del provvedimento oggetto di gravame. Osserva la Corte che l odierno appellante ha dichiarato di essere giunto in Italia, in barca, proveniente dalla Libia, nel 2006 e di avere già presentato una domanda di asilo a Brescia, domanda respinta dalla Commissione di Milano nel 2008. Altra domanda sarebbe stata presentata in Svizzera, ma anche tale domanda sarebbe stata rigettata con conseguente ritorno in Italia. Quanto alle circostanze e alle ragioni del suo allontanamento dalla Nigeria, l appellante ha riferito di essere fuggito dal suo villaggio nel 2001 dopo scontri etnici tra gli urobo (sua etnia di appartenenza) e gli issekiri, scontri dovuti al fatto che gli issekiri volevano impossessarsi di un terreno di proprietà degli urobo dal quale si pagina 2 di 5

stava estraendo petrolio. Gli issekiri avrebbero dato fuoco alle case degli urobo e suo padre sarebbe morto nell incendio. Si era quindi allontanato con altre persone ed era fuggito prima a Kano, poi in Niger e infine in Libia. Va poi rilevato che il ricorrente, che nella sua ormai lunga permanenza in Italia ha riportato (oltre a una condanna per violazione delle disposizioni concernenti la disciplina dell immigrazione) una condanna per resistenza a p.u. e porto di armi, è stato fermato 10 volte e in diverse occasioni ha fornito generalità errate. Orbene, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla ammissibilità, in difetto di allegazione di nuovi elementi (art. 29, lett. b) D. Lgs. n. 25/2008), della nuova domanda di tutela dopo il rigetto di analoga domanda asseritamente presentata a Brescia e respinta dalla commissione di Milano, va rilevato che, effettivamente, come osservato dalla commissione territoriale prima e dal tribunale poi, le dichiarazioni rese dall odierno appellante sono confuse, varie, contraddittorie e nel complesso prive di credibilità alcuna. La commissione ha osservato, in particolare, che in sede di audizione l odierno appellante (il quale non ha saputo fornire alcuna plausibile spiegazione dei diversi alias forniti alla polizia) ha fatto riferimento ad un conflitto originato da questioni relative allo sfruttamento di un terreno ricco di petrolio per poi invece riferire, in una memoria depositata agli atti, di un nuovo quartiere che gli urobo avrebbero voluto costruire. Si tratta, comunque, di una narrazione non solo priva di credibilità per le contraddizioni evidenziate, ma anche in ogni caso riferita a questioni risalenti nel tempo e che non integrano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria: non è credibile, tra l altro, che il gruppo degli issekiri a distanza di 15 anni stia ancora cercando l odierno appellante per ucciderlo in relazione ad una vicenda come quella riferita. Se alle considerazioni che precedono si aggiunge che la domanda di protezione è stata presentata a distanza di sette anni dall ingresso in Italia (e a distanza di cinque anni dal precedente rigetto di analoga domanda) deve concludersi che nel caso in esame le dichiarazioni del richiedente difettano gli elementi previsti dall art. 3, 5 comma D. lgs. 251/2007 per poterle ritenere veritiere. Infatti: - il richiedente non ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; - le dichiarazioni sono generiche e implausibili; - il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale a distanza di anni dal suo ingresso in Italia senza alcun giustificato motivo per ritardarla e dopo avere compiuto reati per i quali ha riportato condanne a pene detentive. La lettura delle risultanze processuali, in ultima analisi, restituisce l immagine di un racconto che non soddisfa alcuno dei criteri che possono consentire pagina 3 di 5

di ritenerlo veritiero ai sensi dell art. 3, 5 comma D. L.vo 19/11/2007 n. 251. Né può essere accordata la protezione sussidiaria in ragione delle violenze interreligiose che interessano varie aree della Nigeria: indipendentemente dal rilievo che l appartenenza alla religione cristiana è dubbia (la stessa difesa appellante dà atto del fatto che il cittadino straniero non pare in possesso di nozioni di particolare profondità rispetto ai dogmi della confessione cattolica ), va osservato che il Delta State, luogo di origine dell appellante, non rientra tra le zone di radicamento dell organizzazione islamista di Boko Haram (collocate negli stati del Nord Est della Nigeria). In ultima analisi, la sola affermazione della provenienza dalla Nigeria, di per sé, non è sufficiente, in mancanza di una credibile narrazione individualizzata delle vicissitudini sofferte, per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Né, in presenza di una narrazione incoerente ed implausibile, può ritenersi sussistente una di quelle situazioni "vulnerabili" non rientranti nelle misure tipiche o perché aventi il carattere della temporaneità o perché vi sia un impedimento al riconoscimento della protezione sussidiaria, o, infine, perché intrinsecamente diverse nel contenuto rispetto alla protezione internazionale ma caratterizzate da un'esigenza qualificabile come umanitaria (problemi sanitari, madri di minori etc) che possono giustificare il riconoscimento della misura atipica e residuale del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Per le ragioni suesposte la decisione impugnata deve essere confermata. La natura della controversia, riguardante delicati istituti che involgono diritti fondamentali della persona umana, e la problematicità degli aspetti probatori relativi a fatti attinenti a realtà straniere, induce alla integrale compensazione del grado. Essendo l appellante ammesso alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non si applica l art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012 (Cass. 18/2/2014 n. 3860). P.Q.M. La Corte, come sopra composta, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa e respinta: - rigetta l appello proposto da Oaikhena Jeffrey e, per l effetto, conferma il provvedimento impugnato; - compensa integralmente le spese di lite. Così deciso in Bologna nella camera di consiglio della seconda sezione civile in data 22 marzo 2016. Il Presidente est. Roberto Aponte pagina 4 di 5

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