Assessorato Regionale della Famiglia delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali Provincia Regionale di Caltanissetta Assessorato Politiche Sociali Casa Famiglia Rosetta Onlus Caltanissetta Necessità di un protocollo di intesa in materia di abuso e maltrattamenti sui minori. Nuove leggi nn. 149/2001, 154/2001 La formulazione di un protocollo d intesa valido per le Forze dell Ordine, gli Enti locali, i Servizi sociali, le Istituzioni scolastiche e tutti gli operatori che vivono a contatto con i minori, in ordine a fatti concernenti abusi o maltrattamenti che vedono vittime i minori, si presenta strumento indispensabile, a fronte di realtà sociali, spesso drammatiche, che continuano a persistere per una connaturata sottostima del fenomeno. Addirittura, gli abusi ed i maltrattamenti contro i minori rappresentano un fenomeno in crescita, così come risultano in aumento i reati relativi alla pornografia on-line, allo sfruttamento sessuale dei minori e alla prostituzione minorile. Quanto alla violenza domestica, che costituisce certamente il grosso del problema, le statistiche elaborate dall Istat non forniscono una rappresentazione attendibile, a causa della mancanza di procedure uniformi nell acquisizione delle notizie di reato, in grado di evidenziare le caratteristiche della persona offesa e del delitto commesso. Di qui l importanza di attivare forme di collaborazione sempre più strette tra Servizi sociali, Servizi di neuropsichiatria infantile, Scuola, Associazioni ed Enti che si occupano di disagio minorile, Uffici specializzati delle Forze dell Ordine e della Questura ed Ufficio del Pubblico Ministero, al fine di mettere a punto prassi operative comuni e procedere in modo coordinato; in particolare la Scuola ed i Servizi sociali devono agire sinergicamente per Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 1
adempiere in modo sempre più qualificato alla funzione di controllo sociale, insita nella loro stessa ragione istituzionale. 1) Reati perseguibili d ufficio. Nel caso di abusi o maltrattamenti che realizzano un reato perseguibile d ufficio, la tutela del minore si attua, in primo luogo, con la denuncia della notizia criminis. L art. 331 c.p.p. stabilisce l obbligatorietà della denuncia per i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio. Infatti, costoro, quando: nell esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. È, però, bene chiarire subito che solo la Magistratura ordinaria e la Magistratura minorile sono competenti, in via esclusiva, per quanto concerne l accertamento della prova ed in ordine all attendibilità del minore, del genitore o del terzo che denuncia un abuso od un maltrattamento. Pertanto, non devono essere posti in essere tutti quegli atti che potrebbero comportare un inquinamento della prova (per es. audizione di persone coinvolte, accertamento ginecologico), né sono ammissibili, nel senso di esclusione del reato, valutazioni del fatto, anch esse di esclusiva competenza della Magistratura. La necessità di assicurare la genuinità della prova esige, poi, la tempestività della denuncia, anch essa imposta dalla legge (comma II dell art. 331 c.p.p.) ai pubblici ufficiali ed agli incaricati di un pubblico servizio. Ma, è proprio la tempestività della denuncia a comportare le problematiche più complesse. Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 2
Infatti, la capacità di valutare segni e sintomi di una violenza dipende, in buona sostanza, dalla sensibilità e dalla preparazione dell operatore in contatto con il minore. Inoltre, se lo scopo della denuncia è far avviare le indagini nel tempo più breve e con gli strumenti più efficaci, attuando, altresì, una tutela adeguata del minore, attraverso misure di protezione, è pure vero che non sempre risulta facile stabilire quando ci si trovi davanti ad indizi di reato o a situazioni di disagio ambientale, sociale, economico o a situazioni di ordine psicologico o psichiatrico. A tale proposito, in un ottica di collaborazione fra tutte le Istituzioni competenti, è determinante sviluppare contatti rapidi ed informali, per dirimere dubbi su casi non chiari, per avere pareri e fornire tempestivamente informazioni, che possono risultare importanti ai fini delle indagini e dell assunzione della prova. 2) Reati e comportamenti non perseguibili d ufficio. I riferimenti normativi: legge 28 Marzo 2001, n. 149; legge 4 Aprile 2001, n. 154. Per la gran parte degli abusi a cui i minori sono sottoposti, non è possibile farne denuncia da parte del pubblico ufficiale e dell incaricato di un pubblico servizio, perché concretano, al più, reati perseguibili solo a querela di parte. Ci si riferisce, cioè, alla massima parte degli episodi di violenza domestica. Questo tipo di violenza, come è noto, rappresenta un dato ricorrente nella storia della società umana, tradizionalmente descritto come fenomeno sommerso e trasversale. Infatti, l abuso domestico appare difficile scoprire e quantificare, anche in quanto non limitato ad ambienti socialmente degradati, ma diffuso e radicato in ogni strato del tessuto sociale. La trasformazione del concetto di famiglia, in sintonia con il dettato costituzionale e la riforma del diritto di famiglia del 1975, é certamente connesso alla considerazione normativa della violenza domestica, come Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 3
questione sociale e processo politico di liberazione, non solo della donna, ma anche del minore, che, appunto, vive nella famiglia, e coinvolge le leggi sui consultori familiari (L. n.405/1975), sulla violenza sessuale (L. n. 66/1996) e sulla pedofilia (L. n. 269/1998). In tale contesto si collocano la L. n. 149/2001, recante modifiche alla L. n. 184/1983 sul diritto del minore ad una famiglia e la L. n. 154/2001, sulle misure contro la violenza nelle relazioni familiari. La prima prevede la possibilità di allontanare dalla residenza familiare, non solo il minore, come nell originaria formulazione degli artt. 330 e 333 c.c., ma anche il genitore od il convivente maltrattante o abusante, congiuntamente all adozione di un provvedimento ablativo o limitativo della potestà genitoriale. La seconda introduce, invece, una doppia tipologia di interventi paralleli nel settore civile e penale, costituiti, rispettivamente, dagli ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342 bis, 342 ter c.c. e 736 bis c.p.c.) e della misura cautelare coercitiva dell allontanamento dalla casa familiare (art. 282 bis c.p.p.). Le succitate leggi rispondono a molteplici finalità di intervento, nel tentativo di porre rimedio alle carenze dei tradizionali strumenti di tutela penale e civile, evidenziate dall esperienza dei centri di antiviolenza. Esse, infatti, offrono: la possibilità di ottenere tutela tramite un azione di tipo civilistico (ciò elimina l intrinseca avversione psicologica della vittima a denunciare o querelare il familiare violento); la possibilità di una protezione tempestiva, rapida e sollecita, volta ad interrompere il ciclo della violenza nell immediatezza dei fatti, mantenendo, tuttavia, aperta la strada alla ricostruzione ed al recupero delle relazioni familiari. Un ulteriore obiettivo perseguito è quello di affievolire pericolosi meccanismi di colpevolizzazione, cui è soggetta la vittima della violenza, Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 4
impedendo per il minore di subire il trauma aggiuntivo dell allontanamento disposto dal giudice, secondo l originaria previsione degli artt. 330 e 333 c.c.. In altri termini: per gli abusi ed i maltrattamenti che concretano reati perseguibili a querela di parte (es. minacce, lesioni lievi,) ed anche reati perseguibili d ufficio, ma che, per limiti edittali di pena (es. art. 612, comma 2), non appartengono al novero tassativo delle fattispecie elencate dall art. 282 bis c.p.p., la nuova misura cautelare dell allontanamento dalla casa familiare può essere disposta dal giudice civile. Addirittura, recentissima giurisprudenza (Tribunale di Genova, 7 Gennaio 2003) ha ritenuto che sono da considerarsi soggetti passivi quei minori che assistono alle manifestazioni di aggressività dirette contro la madre. Si tratta della cd. violenza indiretta o di riflesso : l essere stati testimoni di fatti violenti provoca in ogni caso sofferenza e sensi di colpa, generando prima o poi in comportamenti aggressivi od in patologie depressive. Anche il cd mobbing familiare attuato nei confronti di tutti i membri della famiglia da parte di un genitore, oggi preso in considerazione dalla giurisprudenza solo come causa di addebito della separazione, costituisce, anche quando non integra reati di qualsiasi tipo, un abuso nei confronti del minore. Abuso gravissimo sotto il profilo psicologico, perché, come è stato più volte sottolineato, il comportamento terroristico di un componente adulto nei confronti dell intero nucleo familiare si attua in maniera permanente. Non si tratta, cioè, di un semplice ed isolato episodio di violenza psichica, ma di un terrore a cui il minore, in quanto membro della famiglia, è costantemente sottoposto. Ed è anche per questi comportamenti sopra indicati, pregiudizievoli del corretto sviluppo psico-fisico del minore, i quali, malgrado le recenti leggi nn. 149/2001 e 154/2001, rimangono, tuttavia, senza un adeguata considerazione Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 5
legislativa, che l intervento della Scuola, dei Servizi sociali, dei Servizi di Neuropsichiatria infantile, dei centri di mediazione familiare, delle associazioni a difesa delle donne e dei minori maltrattati e di tutti gli operatori in contatto coi minori, deve essere esplicato in modo coordinato e sinergico, per approntare una valida protezione del minore, segnalando, al tempo stesso, gli abusi ed i maltrattamenti alle competenti Magistrature, ordinaria e minorile. Progetto Diamo Voce al Silenzio Associazione Casa Famiglia, Onlus Caltanissetta 6