15 Asher lasciò Falder e andò a Londra dal suo gioielliere il giorno dopo, pur consapevole delle chiacchiere e dei pettegolezzi che ci sarebbero stati. Per tutta la sua vita era stato conscio di essere al centro dell'attenzione della gente e ancora di più dopo essere tornato dalla Giamaica ed essere rimasto vedovo. A volte, nei saloni di Londra, aveva quasi l'impressione che la gente lo temesse per le sue cicatrici e l'aura maledetta che aveva portato a casa dai Carabi, come se fosse diventato lui stesso un pirata. Era l'uomo che aveva ucciso il famoso Beau Sandford, era entrato nella leggenda a un'età giovanissima. Si diceva che l'avesse trapassato decine di volte con la spada per essere sicuro che fosse morto e si raccontava che gli avesse tagliato le mani e le o- recchie per darle in pasto agli squali, ridendo mentre lo faceva. 215
Jack Henshaw glielo aveva raccontato dopo qualche settimana dal suo rientro dalla Giamaica e, dopo quella volta, Asher aveva preferito limitarsi a frequentare le case degli amici. Uccidere un uomo implicava sempre uccidere una parte di se stessi, Asher lo aveva imparato a proprie spese. Dopo avere infilzato Beau Sandford e averlo visto cadere in mare, la sua rabbia si era trasformata in vergogna. Vergogna per quello che aveva fatto, lui, il Duca di Carisbrook. Non era stato capace di proteggere suo fratello e sua moglie, di comportarsi come un vero inglese e di salvaguardare il suo senso dell'onore. Aveva tradito anche lo stemma dei Carisbrook, l'alce con la rosa d'inghilterra fra le corna e la dicitura: Sempre più in alto. Un motto così inglese nel suo senso di rettitudine, seguito da decine di duchi nei secoli passati e infranto solo da lui. Per fortuna c'era Falder con le sue torrette e i suoi boschi, i torrenti e il mare. Falder rappresentava la tradizione, la famiglia e, forse, un nuovo inizio per tutti loro. Anche per Emerald e per il fantasma di Melanie, si disse suonando alla porta di Peter Solbourne, il suo gioielliere. «Stavo per inviarvi un messaggio, Vostra Grazia» gli disse Solbourne con un inchino. «L'ultima volta che ci siamo visti mi avevate detto che 216
stavate cercando un regalo per il compleanno di vostra sorella. Penso di averlo trovato.» Fece entrare Asher, poi andò a prendere una scatola di legno scolpito, rosso borgogna, e gliela mostrò. Sulla scatola era inciso: E. S. 1801. Il gioielliere aprì il coperchio, abbellito da pietre dure, e gli mostrò che cosa conteneva. Erano perle bellissime, rosate, dalla più piccola alla più grande unite in una collana perfetta. Asher trattenne il fiato. «Mio Dio, dove l'avete trovata?» chiese sollevando la collana con la punta di un dito. «Un uomo, un tipo molto particolare, me l'ha portata circa due settimane fa. Le perle provengono dai Caraibi.» «Vi ha lasciato il nome?» «No, ma mi ha dato un biglietto da visita. Eccolo qui, è quello della Contessa di Haversham. Non so per quale ragione, ma quel tipo voleva che comunicassi alla contessa chi aveva comperato le perle.» Asher aveva il cuore in tumulto. E. S. Emerald Sandford. Potevano essere sue quelle perle? «Quanto costano?» Quando sentì il prezzo, Asher dubitò che Emerald avesse ricevuto anche solo un decimo di quella cifra esorbitante. «Le prendo.» 217
Solbourne aprì lo scrigno, vi adagiò con cura la collana e lo richiuse prima di consegnarlo ad A- sher con un secondo inchino. «Vostra Grazia ha bisogno d'altro?» domandò il gioielliere. «Sì, credo di sì» rispose Asher, e un lampo d'interesse attraversò lo sguardo dell'anziano orefice. «Ero venuto per un anello.» «Che tipo di anello?» «Un anello con smeraldo. Vorrei vedere i vostri migliori anelli con smeraldo.» Per Asher fu un sollievo che l'uomo non facesse domande. Venti minuti più tardi aveva compiuto la sua scelta, un magnifico anello con un grosso smeraldo incorniciato da alcuni piccoli diamanti. «Un dono perfetto, Vostra Grazia, se posso dirlo. La signora che riceverà l'anello ne sarà certamente compiaciuta.» «Vorrei un altro piacere da voi, se permettete. Non dite a nessuno dei miei acquisti, si tratta di una sorpresa e tale deve restare.» «Le mie labbra sono sigillate, Vostra Grazia.» «Bene.» Asher infilò lo scrigno con le perle e l'astuccio dell'anello nelle tasche interne della giacca, poi uscì. Una volta fuori chiese al suo cocchiere di portarlo subito da Madame Berenger. Si augurò che la famosa sarta avesse qualcosa di pronto da mostrargli, perché non aveva il tem- 218
po necessario per far confezionare appositamente degli abiti. Avrebbe scelto fra i vestiti e le gonne già pronti, sperando di poterli far sistemare velocemente in modo che diventassero della misura giusta per Emerald. Per fortuna conosceva perfettamente il suo corpo e avrebbe potuto descriverlo alla sarta fin nei particolari. 219