LE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI VISTO DI CONTROLLO SULLA CORRISPONDENZA DEI DETENUTI. Dott. Carlo Brunetti



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LE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI VISTO DI CONTROLLO SULLA CORRISPONDENZA DEI DETENUTI Dott. Carlo Brunetti La detenzione rappresenta un evento fortemente traumatico per gli individui che la subiscono. Al detenuto, infatti, non è dato di decidere con chi coltivare rapporti e gli affetti rimangono drammaticamente fuori da ogni possibilità di scelta. La solitudine, la lontananza e, quindi, l'impossibilità di avere continui e regolari contatti con i propri cari sono spesso la causa di un crollo psicofisico di cui risente tutta la famiglia, con la conseguenza di una inevitabile frantumazione del rapporto emotivo-sentimentale. L'individuo è costretto ad abbandonare tutti quegli elementi che erano alla base del suo progetto di vita. Il carcere, pertanto, rappresenta per il soggetto detenuto una seria "minaccia per il suo sistema difensivo, per la sua autostima ed il suo senso di sicurezza" 1, una minaccia che, nel tempo, si concretizza in una progressiva disorganizzazione della sua personalità. La perdita di identità è, poi, pesantemente condizionata dalla subcultura carceraria che porta, a poco a poco, ogni individuo a divenire un "membro caratteristico della comunità penale" distruggendo "la sua personalità in modo da rendere impossibile un successivo adattamento ad ogni altra comunità" (CLEMMER). La riforma penitenziaria del 1975 ha apportato una vera e propria svolta nel modo di considerare il detenuto all'interno del mondo carcerario e nel modo di concepire la sanzione penale. Per la prima volta nella tradizione giuridica del nostro Paese il detenuto viene considerato come persona, portatrice di bisogni e di esigenze specifiche 2. La pena perde la sua caratterizzazione repressiva e social-preventiva, tipica dei sistemi penali incentrati sulla neutralizzazione e sull annullamento del soggetto recluso, ed acquista, invece, una seria valenza rieducativa. Con la legge n. 354/75 (di seguito O.P.) ha inizio una nuova fase in materia di trattamento penitenziario, perché con la stessa, introducendo il concetto di 1 A.H. MASLOW, Deprivation, Threat, and Frustration, in T.M. NEWCOMBLE - L. HARTLEY, Reading in Social Psychology, New York, Henry Holt & Co., 1947; tr. it. E. SANTORO, Carcere e società liberale, Giappichelli, Torino, 1997, 32. 2 La nuova concezione della pena, non più afflittiva, ma tesa al recupero del reo comincia ad affermarsi nel nostro ordinamento a partire dal dibattito sorto durante i lavori dell'assemblea Costituente relativi al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione. 1

individualizzazione del trattamento, si abbandona l'antica logica della depersonalizzazione e si punta alla valorizzazione degli elementi della personalità del detenuto ai fini del suo recupero sociale 3. Tale recupero si attua attraverso il trattamento penitenziario e la rieducazione. In tal senso, una delle novità più significative introdotte dalla legge n. 354/75 è la considerazione dei rapporti con la famiglia come elemento del trattamento, menzionati dall'art. 15 O.P., insieme ai "contatti con il mondo esterno" in relazione anche con quanto espresso nell'art. 1, ultimo comma, O.P.. L'innovazione ha una portata sia sul piano concettuale sia su quello operativo. Sul piano concettuale esprime il convincimento che le relazioni affettive del detenuto con la famiglia rappresentino un aspetto importante della vita del detenuto, nonché bene, di alto valore umano, che deve essere salvaguardato dagli effetti della carcerazione, tanto che si fa gravare sull'amministrazione penitenziaria l obbligo di intervenire adeguatamente al riguardo. Sul piano operativo la normativa afferma il principio che il recupero del condannato non può prescindere dalla permanenza o dal ristabilimento di condizioni interiori di vita affettiva 4 capaci di sostenerlo nella difficile situazione in cui si trova, tenendo viva in lui la speranza della liberazione. Il legislatore del 1975 ha rinunciato a dettare una disposizione di portata generale in tema di "rapporti con la famiglia e con il mondo esterno" ed ha preferito prevedere una serie di norme in grado di dare precisione e concretezza al principio. In ambito penitenziario i contatti con la famiglia non interessano tanto in una prospettiva di tutela dell'istituzione familiare e del ruolo genitoriale, o in quella di cercare di limitare il più possibile le ripercussioni della detenzione sui familiari del detenuto; interessano, piuttosto, quali strumenti del trattamento rieducativo, nella misura in cui sono capaci di accrescere le aspettative di vita futura dei soggetti detenuti. A questo riguardo la normativa penitenziaria ignora la previsione costituzionale di tutela della famiglia (artt. 29 31 Cost.) 5, non considerando nel caso in questione il nucleo familiare come un soggetto meritevole di tutela, ma piuttosto come strumento, sfruttando la potenzialità che il 3 C. BRUNETTI M. ZICCONE, Manuale di Diritto Penitenziario, Casa editrice La Tribuna, 2004. 4 Tale principio trova esplicita menzione nell'art. 28 della legge penitenziaria che riconosce che nella sua dimensione più ampia riconducibile alla sfera affettiva del detenuto... la famiglia costituisce per l'ordinamento un sicuro punto di riferimento al quale dedicare particolare cura. Cfr. G. SPANGHER, Commento all'art. 28 Ord. Penit., in V. GREVI, G. GIOSTRA, G. DELLA CASA, L'ordinamento penitenziario: commento articolo per articolo, CEDAM, Padova, 2000, 167. 5 Sul sito intitolato L'altro diritto, Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità all indirizzo: http://dex1.tsd.unifi.it/altrodir/index.htm vedasi la ricerca di C. BARGIACCHI, Esecuzione della pena e relazioni familiari. Aspetti giuridici e sociologici. 2

mantenimento dei rapporti affettivi esercita sul comportamento del detenuto all'interno dell'istituto e sulle concrete possibilità di successo del suo percorso di reinserimento sociale. In questo senso i rapporti con la famiglia costituiscono un elemento centrale del trattamento rieducativo, in quanto la famiglia è ritenuta dall'ordinamento un'importante risorsa sia nell'immediato, con l'assistenza affettiva e materiale al soggetto recluso, sia nel prosieguo della detenzione, durante la quale finisce col rappresentare il punto di contatto con la società esterna. Nel mantenimento dei rapporti familiari grande importanza riveste la corrispondenza epistolare, perché rende possibili quei contatti che, per ragioni geografiche o economiche, potrebbero, con difficoltà, avvenire di persona 6. L'art. 18 O.P. ammette la corrispondenza epistolare senza limiti quantitativi e qualitativi, sia per la posta in arrivo sia per quella in partenza, e per incentivare questo tipo di rapporto verso l'esterno prevede, al quarto comma, che l'amministrazione penitenziaria ponga a disposizione dei detenuti e degli internati che ne sono sprovvisti, " gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza". La disposizione è confermata dal vigente regolamento di esecuzione che dispone a favore dei detenuti, che non possono provvedervi a proprie spese, la fornitura settimanale dell'occorrente per scrivere una lettera, compresa l'affrancatura ordinaria (art. 38, comma 2, reg. esec.). Peraltro, in tema di corrispondenza epistolare la disciplina dell abrogato regolamento di esecuzione, il D.P.R. n. 431/76, è stata quasi interamente confermata dal nuovo regolamento di esecuzione, il D.P.R. n. 230/00, salvo che per la previsione della possibilità di ricezione di fax da parte dei detenuti ed il divieto di sottoporre a visto di controllo la corrispondenza epistolare dei detenuti e degli internati indirizzata ad organismi internazionali amministrativi o giudiziari di cui al comma 11 dell art. 38. La corrispondenza, sia in arrivo sia in partenza, è sottoposta ad ispezione, per rilevare " l'eventuale presenza di valori o altri oggetti non consentiti", ma deve in ogni caso essere eseguita con modalità che garantiscano l'assenza di controlli sullo scritto (art. 38, comma 5, reg. esec.). La legge penitenziaria ha, infatti, abolito la cosiddetta "censura preventiva generalizzata" prevista dal Regolamento carcerario del 1931 7. 6 P. CORSO, I rapporti con la famiglia e con l'ambiente esterno: colloqui e corrispondenza, in V. GREVI, I diritti del detenuto e il trattamento penitenziario, Zanichelli, Bologna, 1981, 184. 7 La disciplina prevista dal Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e Pena del 1931 non appariva conforme al disposto dell'art. 15, comma 2, Cost.. L'art. 103 del Regolamento del 1931 prevedeva, infatti, che i detenuti non potessero inviare o ricevere missive senza che prima fossero state "lette e vistate dall'autorità dirigente", la quale aveva anche un autonomo potere di sequestro e di censura della 3

La disciplina della corrispondenza dei detenuti è stata, però, recentemente in parte novellata dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, che detta Nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti (Gazzetta Ufficiale Serie Gen. n. 87 del 14 aprile 2004). La recente legge ha, in particolare, da un lato, aggiunto l articolo 18 ter alla legge 26 luglio 1975, n. 354, dall altro, sostituito il comma 2 dell'articolo 14 quater O.P. (che richiama l art. 18 ter per quanto concerne la corrispondenza dei detenuti) ed ha, infine, abrogato i commi 7 e 9 dell art. 18 O.P.. Per quanto riguarda l introduzione del nuovo articolo, l art.18 ter O.P., molti sono gli spunti di riflessione. In primo luogo la legge è intervenuta sia prevedendo i casi che giustificano una restrizione della libertà di corrispondenza dei detenuti e degli internati, sia fissando dei precisi limiti temporali in mancanza di una regolamentazione specifica nella precedente disciplina dell ordinamento penitenziario. In particolare, il primo comma dell art. 18 ter O.P. dispone ora che per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi: a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa; b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo; c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima. Il legislatore, nella nuova disciplina, ha, quindi, inteso dare piena attuazione al principio costituzionale sancito dall art. 15 della Costituzione, secondo il quale la libertà e la segretezza della corrispondenza sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. In tal senso, il terzo comma dell articolo introdotto dispone chiaramente che i provvedimenti previsti al primo comma debbono essere adottati con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell istituto nei confronti: corrispondenza, a prescindere dall'atto motivato dell'autorità giudiziaria. L'art. 104 stabiliva, inoltre, la frequenza con cui la corrispondenza era ammessa, e l'art. 163 n. 4 addirittura sanzionava il "tentativo di abusi nella corrispondenza". 4

a) dei condannati e degli internati, nonché nei confronti degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; b) nei confronti degli imputati, fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dal giudice indicato nell'articolo 279 del codice di procedura penale; se, invece, procede un giudice collegiale, il provvedimento è adottato dal presidente del tribunale o della corte d assise. Per quanto riguarda le modalità del controllo, il quarto comma dell art. 18 ter O.P., che riproduce sostanzialmente la disposizione dell abrogato comma 9 dell art. 18 O.P., prevede, altresì, che la competente autorità giudiziaria, (indicata nel terzo comma dell art. 18 ter O.P.) nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritiene di provvedere direttamente, può delegare il controllo della corrispondenza al direttore o ad un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso. Il quinto comma dell art. 18 ter O.P., infine, precisa che qualora, in seguito al visto di controllo, l'autorità giudiziaria indicata nel comma 3 ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, dispone che la stessa sia trattenuta. Il detenuto e l'internato vengono immediatamente informati. Tra le novità introdotte dalla legge n. 95/2004 vi è, altresì, la previsione della possibilità di impugnare i provvedimenti di cui al primo comma dell articolo 18 ter O.P.. Nella disciplina precedente, infatti, non era assolutamente ammesso alcun mezzo di impugnazione nei confronti dei provvedimenti con i quali il Magistrato di Sorveglianza disponeva la sottoposizione al visto di controllo della corrispondenza dei singoli detenuti o internati, avendo la giurisprudenza di legittimità chiarito la natura amministrativa del provvedimento 8. Tale impostazione era, peraltro, estesa anche ai provvedimenti riguardanti i colloqui, anch essi inoppugnabili 9. 8 Il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'art. 18, comma 7, dell'ordinamento penitenziario, dispone la sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza di un condannato o internato non è annoverabile fra quelli sulla libertà personale e, pertanto, non prevedendo la legge alcuno specifico mezzo di impugnazione, deve essere considerato non impugnabile, in ossequio al principio di tassatività enunciato nell'art. 568 comma 1 c.p.p. Cassazione penale, sez. I, 20 dicembre 1994; Il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza dispone che la corrispondenza relativa ai singoli detenuti o internati sia sottoposta al visto di controllo non è soggetto a gravame. Cassazione penale, sez. I, 8 febbraio 1994. 9 I provvedimenti in materia di permessi di colloquio ai detenuti, anche quando (trattandosi di detenuti ancora in attesa di giudizio), debbano essere adottati dall'autorità giudiziaria, ai sensi del tuttora vigente art. 18, comma 8 dell'ordinamento penitenziario, conservano natura amministrativa e non sono comunque assimilabili a provvedimenti inerenti alla libertà personale. Avverso di essi non è pertanto esperibile alcuno dei mezzi di impugnazione previsti dal codice di procedura penale, ivi compreso il ricorso per cassazione. Cassazione penale, sez. I, 21 aprile 1993. 5

Secondo la Corte di Cassazione il provvedimento che disponeva il visto di controllo della corrispondenza non era, infatti, annoverabile fra quelli sulla libertà personale e, pertanto, non poteva essere considerato impugnabile, in ossequio al principio di tassatività enunciato nell art. 568, comma primo, c.p.p. (Cass. I, sent. n. 6102 del 24.03.95) né con ricorso per Cassazione né dinanzi al Tribunale di Sorveglianza 10, secondo la normativa introdotta dalla legge Gozzini (Cass. I, sent. n. 2182 del 3.7.87). Questa soluzione, che era stata accolta unanimemente dalla dottrina e confermata dalla giurisprudenza, presentava, però, chiare discrepanze con i principi sanciti nella Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo ed in primo luogo con l art. 13 della stessa, secondo il quale ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella presente Convenzione risultino violati, ha diritto di presentare ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell esercizio di funzioni ufficiali 11. La legge n. 95/04 ha, quindi, definitivamente eliminato il difetto di impugnabilità in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti, stabilendo nel nuovo art.18 ter, comma 6, O.P. che contro i provvedimenti previsti dal comma 1 e dal comma 5 può essere proposto reclamo, secondo la procedura prevista dall'articolo 14 ter (in tema di sorveglianza particolare) 12, al Tribunale di Sorveglianza, se il provvedimento è emesso dal Magistrato di Sorveglianza, ovvero, negli altri casi, al Tribunale nel cui circondario ha sede il Giudice che ha emesso il provvedimento. Del Collegio non può fare parte il Giudice che ha emesso il provvedimento. Inoltre, la stessa norma stabilisce che per quanto non 10 È inoppugnabile il provvedimento del magistrato di sorveglianza che dispone la sottoposizione della corrispondenza dei detenuti a visto di controllo, perché ha la natura di atto amministrativo attinente alla modalità del trattamento penitenziario e non può quindi essere fatto rientrare nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, suscettibili di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.. Cassazione penale, sez. I, 5 dicembre 1991. 11 La Corte Europea di Giustizia aveva già condannato, in passato, il nostro Paese proprio in ragione della mancata previsione nella Legge 354/75 di un ricorso effettivo avverso le decisioni dell autorità competente in materia di controllo della corrispondenza (v. sent. 21.10.1996). 12 Il procedimento giurisdizionale per reclamo è un procedimento semplificato rispetto al procedimento di sorveglianza. Tale procedimento può svolgersi davanti al tribunale di sorveglianza oppure davanti al magistrato di sorveglianza. L Art.14-ter O.P. recita: 1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento. 2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo. 3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie. 4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del Capo secondo-bis del Titolo secondo. 6

diversamente disposto si rinvia alle disposizioni sul procedimento di esecuzione ex art. 666 c.p.p.. Resta da aggiungere che, con le decisioni del 15.9.1996 e del 29.10.1998, la Corte Europea ha considerato violazione dell art. 25 della Convenzione Europea dei diritti dell uomo qualsiasi controllo o censura sulla corrispondenza dei detenuti indirizzata al Segretario Generale, alla Commissione ed alla Corte dei Diritti Umani. A tal riguardo, sia la Direzione Generale Affari penali sia il Dipartimento dell Amministrazione Penitenziaria, rispettivamente con circolare del 26.4.1999 n. 131-68- 404/99 e con lettera circolare del 31.3.1999 n. 549447, hanno cercato di adeguarsi alle predette indicazioni sottolineando come i provvedimenti autorizzativi del visto di controllo, oltre a dover essere adeguatamente motivati, devono escludere espressamente la corrispondenza inviata o indirizzata al Consiglio d Europa, al Segretario Generale, alla Commissione dei diritti umani, alla Corte dei diritti umani. Il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 ha, infine, recepito tale indicazione nell art. 38, comma 11, in base al quale non può essere sottoposta a visto di controllo la corrispondenza epistolare dei detenuti e degli internati indirizzata ad organismi amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell uomo, di cui l Italia fa parte. In tal senso la legge n. 95/04 non solo ha espressamente inserito nell art. 18 ter, comma 2, tale principio, ma ne ha ampliato notevolmente la portata, poiché le limitazioni previste dal comma 1 dell articolo18 ter, compresa la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, non si applicano qualora la corrispondenza epistolare o telegrafica sia indirizzata a: a) soggetti indicati nel comma 5 dell'articolo 103 del codice di procedura penale (ossia ai difensori, agli investigatori privati autorizzati, ai consulenti tecnici e ai loro ausiliari); b) all'autorità giudiziaria; c) alle autorità indicate nell'articolo 35 della legge n. 354/75 (al direttore dell istituto, agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro di Grazia e Giustizia, al magistrato di sorveglianza, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all istituto, al presidente della giunta regionale, al Capo dello Stato); d) ai membri del Parlamento, alle Rappresentanze diplomatiche o consolari dello Stato di cui gli interessati sono cittadini 7

e) agli organismi internazionali amministrativi o giudiziari preposti alla tutela dei diritti dell uomo di cui l Italia fa parte. 8