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Mozzon Francesco Data di nascita: 1939 Intervista rilasciata in italiano nel mese di giugno 2004 Intervistatore: Mauro Mazzocut 36 anni e mezzo di tessitura sempre a turni giorno e notte. Come operaio? Ho fatto di tutto. Ho cominciato da garzone, poi aiuto-assistente, assistente e capo sala A che età? Sono del 1939, sono entrato nel 1957 e quindi a 18 anni. C erano anche di più giovani? Andavano anche più giovani. In quegli anni, io ho avuto la fortuna di avere fatto le medie e un po di superiori e ho deciso dalla sera alla mattina di cercare lavoro in fabbrica. Alla mattina sono entrato in fabbrica a chiedere un posto di lavoro e non mi hanno neanche mandato a casa; mi hanno tenuto subito a lavorare. Poi ero vestito da festa. Quella è un esperienza che mi è rimasta un po Ho fatto il colloquio con il direttore generale che era il signor Scaramelli e lì ho bruciato le tappe rispetto a tutti gli altri. In che senso? Nel senso di fare un po di carriera. Arrivare al posto d assistente che era un po di prestigio in quegli anni in fabbrica. Per arrivare assistente uno ci metteva dalla quindicina a vent anni; io in tre anni ce l ho fatta! Sono entrato nel 57 e nel 60 ero assistente. E dopo capo sala. In che cosa consisteva il ruolo di assistente? Il ruolo di assistente era un ruolo molto importante in quegli anni. Praticamente c era il direttore generale, il capo sala e l assistente. L assistente era responsabile proprio della produzione e della gestione del personale. Sul suo turno, sulla sua sezione aveva un dato numero di telai ed era responsabile di tutto. La responsabilità era anche a livello finanziario. La paga d assistente in quegli anni là era come quella di un impiegato di banca. Era praticamente un operaio tecnico con tutti i benefici di un impiegato, cioè pagato a mese, le ferie, tutto quello che comportava. Gli altri non erano pagati a mese? Si. Appunto un assistente non era un impiegato di scrivania, era un tecnico. Quella volta mi ricordo che i primi tempi, gli anziani erano anziani. Quello che mi è rimasto più impresso era il rispetto degli anziani, che quando sono andato in pensione io non c era più. Quando è andato in pensione?

Nel 1995. Non c era più lo stabilimento, l hanno spostato. Quando sono entrato io eravamo mille e rotti, quando sono andato in pensione c erano cento persone. Nonostante la produzione sia stata superiore a quella di quegli anni. I macchinari facevano produzione. Però mi ricordo il rispetto per gli anziani. L anziano era una persona che sapeva tutto di tutto. Non nel senso burbero, ma di rispetto. Gente che aveva lavorato dentro per quaranta, cinquant anni. A questi ragazzi giovani che arrivano, incutevano un po di rispetto; difatti rari anziani insegnavano a lavorare. Erano gelosi del lavoro. Se chiedevi, la risposta che ti davano se c era un problema sulla macchina e tu da piccolo garzone che eri chiedevi: Come hai fatto? La risposta era in dialetto: A me non ha mai insegnato nessuno (A mi no me ga mai insegnà nissun). Quindi dovevi imparare rubando con l occhio. Qualcuno invece quando vedeva la persona anziana che lavorava, se poteva sgattaiolava, andava via per non lavorare, o per non fare; così non s impara il mestiere. Ecco perché tornando al discorso della carriera veloce Facevate fatica ad interagire con questi anziani? No, tutto dipendeva dalla volontà del giovane. Se il giovane dimostrava volontà era considerato un pupillo; quando quelli più anziani andavano in pensione andavo a fare il carica telaio, l aiuto assistente sotto un altro anziano. Se ci sapevi fare, se ti davi da fare eri benvoluto dopo; gli anziani si prendevano certe libertà sul turno di lavoro, dove i ragazzi non potevano fare. Del tipo: al mattino alle sette e mezza andavano a fare merenda, che non si poteva; l assistente veniva da noi e diceva: Non ti muovere di qui finché non torno. Poi anche fumare non si poteva in sala; però negli spogliatoi o nei gabinetti tutti andavano a fumare. Comunque anche il direttore o il capo sala, o il capo principale aveva un rispetto anche degli anziani, li chiamava, domandava come andavano le cose; prima di andare in pensione, io ho fatto gli ultimi due anni peggiori della mia vita in fabbrica. Quando avevo raggiunto tutto che non avevo più bisogno di niente, ho passato gli anni peggiori. Arrivava il direttore generale, non chiamava te che eri il più anziano, anche per rispetto, chiamava il ragazzino, l ultimo arrivato. Quelle cose lì non mi sono mai piaciute, almeno per rispetto, per i quarant anni di fabbrica! Ho trovato assistenti che sono andati in pensione e mi hanno detto: quarant anni che son qua dentro e oggi mi è successa una cosa Con la tessitura non puoi dire di aver imparato. C è ogni giorno sempre qualcosa di nuovo, filati nuovi, problemi nuovi, tecnologie nuove. La tecnologia è cambiata velocemente nel giro di poco tempo. Molto velocemente. Noi qui a Pordenone abbiamo avuto la fortuna di aver avuto un grosso direttore che ha mantenuto la fabbrica parecchi anni avanti, appunto perché ha saputo cambiare. Lui ce l ha detto chiaro e tondo che non dovevamo più fare il prodotto principale, lenzuola, tovaglie, tovaglioli

e tutte quelle cose lì. Ci diceva che non dovevamo più farle perché le fa il terzo mondo a costi minori, dobbiamo evolverci. Negli ultimi anni si faceva solo abbigliamento, gabardine per la Benetton, per i jeans. Gli altri prodotti li faceva il terzo mondo che aveva il cotone e tutte le materie prime, e noi non potevamo concorrere con quella gente là, sottosviluppati stipendi minimi. Appena entrato si è subito adattato? Subito. Vai a colloquio col direttore e ci vai vestito in un certo modo; e le dico che mi ha mandato subito in sala telai (?? 9,53 dss) lì c era un assistente che stava lavorando a degli incendi con del grasso dell unto, ed io vestito com ero ho iniziato subito, subito immediatamente. Come si è trovato con i suoi coetanei? Sempre il solito screzio come dappertutto, comunque diciamo che non si vedeva l ora di uscire fuori dalla fabbrica, di andarci a bere una birra tutti insieme, cose che negli ultimi anni non ci sono state. Gli screzi erano per questioni di lavoro? Anche. In un ambiente di lavoro dove c è l 80% donne e i 20% uomini, è normale. Quelle cose lì a livello basso, fra le operaie, meno, ma più l uomo raggiunge carriera, deve stare molto attento; devi trattare le donne tutte uguali e non è semplice, per una questione normale. Una mi è più simpatica o meno, a prescindere da tutto; se l altra ha osservato qualcosa, subito nasce il pettegolezzo. Può immaginarsi ne ho viste di tutti i colori. 80% donne, 20% uomini! L uomo che fa carriera, che man mano diventa carica telai aiuto assistente, tutti uguali gli operai; ma quando diventa assistente, la donna vede subito il buon partito, quando diventa capo poi! Avere tutte le donne ai piedi non è male! Appunto, ma ce ne sono state parecchie (ndr: vicende); gente cambiata di turno per screzi, perché è andata a raccontare al capo che li hanno trovati di qua, di là, Quindi la gestione del personale era una tra le cose più difficili. Ci dice di qualche episodio? Episodi particolari non saprei dire, ma c era sempre quello che diceva: ho visto l assistente in infermeria (perché in quegli anni là c era l infermeria fissa, dentro; poi negli ultimi anni se uno si sentiva male andava al pronto soccorso), ho visto il capo sala là con l infermiera. Le simpatie per una persona erano una cosa, però dopo ti dovevi comportare bene; perché le donne sono sempre donne e gli uomini sono sempre uomini. Si andava più di qualche volta tra giovani e poi ci si trovava fuori, una sera si accompagnava a casa una, una sera si accompagnava un altra. Anche a titolo di amicizia ci si trovava. Si facevano i famosi tornei di calcio: filatura contro tessitura. Chi li organizzava? C erano sempre quelle due o tre persone che si davano da fare, sia operai che impiegati; anzi le partite più dure erano impiegati contro operai. Come erano i rapporti con l amministrativo?

Io ho sempre avuto buoni rapporti. Anzi direi che se avevo bisogno di qualcosa Un po di screzio devo dire che c era tra il reparto produzione dove c erano gli operai e l officina. L officina era il posto dove si stava meglio. Vi si riparavano i pezzi che si rompevano. Si saldava, si facevano pezzi particolari. Il telaio per il 90% era composto da ghisa; dei pezzi che si rompevano, c erano gli originali ma per la maggior parte conveniva farli saldare. E c era l officina dove c era il saldatore, l elettricista, il falegname. Questi sono sempre stati posti privilegiati, dove si stava meglio. Nel reparto produzione c era da sudare, per il carico di lavoro! In officina non avevi controlli, si stava bene. Se uno sapeva fare un po il saldatore faceva subito domanda per andare in officina. Oltre all orario di lavoro, si faceva la giornata dalle otto a mezzogiorno, dall una e mezza alle cinque e mezza, in sala invece solo turno. Il turno era dalle sei alle due, dalle due alle dieci, dalle dieci di sera alle sei del mattino. Ho sempre fatto turno. Per un po di tempo si faceva giornata, ma il telaio deve correre sempre, 24 ore su 24. Negli anni 60-80 si lavorava anche il giorno di Natale fino alla mattina alle sei. Quello che aveva il turno tornava a casa alla mattina alle sei! Anche la domenica? Si fermava alle sei della mattina di domenica e si riprendeva col turno al pomeriggio. Il turno era: mattina, pomeriggio, notte. E quando era di notte finiva alle sei di domenica (mattina) e riprendeva alle due del pomeriggio del lunedì. Il miglior tempo era quando si finiva alle due del pomeriggio di sabato e si andava al lunedì alle dieci della sera. Poi c è stato che per un po di tempo abbiamo fatto le sei per sei. Cioè sei giorni per settimana per sei ore. Si lavorava sempre anche la domenica. Per quattro turni di sei ore. Dalle sei a mezzogiorno, da mezzogiorno alle sei, dalle sei a mezzanotte, da mezzanotte alle sei di mattina. Si faceva il giorno di riposo. Poteva però succedere che il giorno di riposo era il lunedì e che lavoravi il sabato e la domenica. Quella questione era a mio avviso, giusta; è stata fatta questa scelta per eccesso di personale. In che periodo? Tra gli anni 80 e 90. Quindi quando era già chiuso lo stabilimento storico. No, era ancora in funzione. Con l acquisto di macchine nuove, c era esubero di personale. Con le macchine bastava minor personale, e poi c erano i costi di lavoro che cominciavano ad aumentare (?19,01 dss) e la scelta è stata o mettere fuori cento e tante persone o fare il quarto turno. Qualcuno ha criticato questa scelta, io onestamente sono stato del parere di lavorare poco, e tutti. È inutile che uno mi faccia otto ore e gli straordinari e l altro lo mando a casa. Purtroppo alle aziende questo non

conviene. Conviene piuttosto tenere uno e pagargli gli straordinari, piuttosto che tenere una persona in più. Sul fatto della specializzazione sulle macchine ultimamente non eravamo tanto d accordo. Per fare un buon capo della tessitura, non un dirigente, ma un buon capo della tessitura che capisca i problemi tecnici, ci vogliono anni. Quando sono entrato io c era quella cultura lì, di allevare un giovane, di insegnare, portarlo ad un certo livello; gli assistenti si parlavano coi carica telai se quell aiuto assistente era bravo o meno. Negli ultimi anni se c era bisogno di un assistente prendevi pinco pallino e ti faceva da assistente anche se non sapeva il suo lavoro. Nel 1970, sono stato operato di ernia al disco e sono stato a casa quattro, cinque mesi perché in quegli anni erano lunghe le degenze. Ad un certo punto, ero a casa ancora in convalescenza, mi manda a chiamare il direttore: Qui ci sarebbe un posto da impiegato, visto che lei ha avuto questo problema. Può rientrare subito al lavoro. Va bene signor direttore. Sono andato in ufficio, facevo delle prove tecniche sulle resistenze dei filati, l inventario dei filati; praticamente il lavoro era in camicia bianca. Dalle otto a mezzogiorno, dalle due alle sei e il sabato a casa. Dopo un po di tempo mi torna a chiamare il direttore per dirmi che c era un capo sala che andava in pensione. Per me ti tengo qui, ma se vuoi, ha detto proprio se vuoi, perché qualsiasi avrebbe detto di no; è fatica passare da un bel posto e andare in sala, fare turni, lavorare, andare con la tuta. Si, subito ho detto. Le piaceva di più stare Stare sulla produzione. Mi è sempre piaciuto. Così sono diventato capo. È uscita quest opportunità e non me la sono lasciata sfuggire. A parte il fatto che per questioni di stipendio andavo bene sia da un lato che dall altro. Come capo sala di nuovo a gestire personale, a fare da mediatore Esatto. Quando sono entrato io negli anni 60-70 il capo sala faceva più una bella vita che negli anni 80-90, perché il capo sala aveva a disposizione degli assistenti, degli operai molto bravi, ben preparati. Negli anni 90 toccava mettere le mani, non ne venivi fuori; tutti i capi sala, non solo io. Ma lavorare! Perché c era gente messa lì, poco qualificata, con poca esperienza, pochi anni di tessitura. Poi cominciavano a venire gli extra comunitari, i neri come tessitrici. Le tessitrici lavoro principe di una tessitura, dagli anni 60-80 c erano tessitrici che sapevano fare tutto: non avevano bisogno né dell assistente, né del capo né di nessuno. Se la sbrigavano in tutto; era gente con 30 anni d esperienza, venute su dalla gavetta. Erano formate passo per passo, poi per il bisogno di lavoro lo facevano con passione, ed erano chiamate maestre, Erano sopra un po agli operai non avevano compiti particolari ed aiutavano quelle che avevano bisogno. Erano dei fenomeni, nel vero senso della parola.

Quanti erano i dipendenti? Quando sono entrato io eravamo mille. Per uscire dalla fabbrica sa dov è l entrata? Lì dove ora ci sono i vigili urbani- c era il guardiano. Negli anni 60-70, quando si usciva si veniva palpati! So che ci sono state delle tensioni, con i sindacati. L autunno caldo? Di quelle lotte in portineria! Io le ho sempre viste corrette. C è sempre il solito discorso: quando uno è operaio sta da una parte; poi l assistente è una via di mezzo tra l operaio e la direzione. Quando sei capo sala sei fregato, devi dire Si, hai ragione all operaio e stare dalla parte della direzione, nel senso che se gli operai facevano sciopero noi non lo facevamo, non perché non condividevamo, perché venivano i soliti ruffiani, paraculi. Tutte quelle cose lì succedevano, é normale. Negli anni 60 lei era già assistente? Il primo ottobre 1960 io ero già assistente. Vi facevano pressione? Qualche volta si, ma mai esasperate. Si pressione, perché andare a lavorare dove gli operai non andavano e tu che eri assistente dicevi che magari ci andavi lo stesso e magari passavi in mezzo ad un cordone che t insultavano per modo di dire, e poi magari ti aspettavano fuori. Non eravamo in tanti: 200, 300 impiegati (ndr: operai?), sei sette assistenti, due tre impiegati. Da una parte c erano i sindacati e gli operai che le facevano pressione, dall altra Dalla fabbrica dovevi stare attento a metterti contro la direzione perché quella volta c era come un po di dittatura dalla direzione: o sei con me o contro di me. Perché alla prima occasione se c era un esubero di personale, andavano a vedere se quello lì ha scioperato. È mai successo? Senz altro che è successo. Quando c erano le ristrutturazioni che cosa faceva un azienda? I rompiballe li mandano via. C è poco da dire, la realtà è quella lì. Diciamo che quando sono entrato io, il sindacato era molto forte, ma veramente forte. Quando sono entrato io un capo sala che doveva spostare un operaio, doveva prima concordare; poi siamo passati da un estremo all altro. Prima forte, poi troppo poco. È sempre così in Italia. Adesso il sindacato sta riprendendo un po, ma ultimamente sulle fabbriche il sindacato non contava più niente. Non va bene neanche quello e non va bene neanche il contrario. Una volta c erano parecchi delegati di fabbrica, saranno stati una quindicina di persone. Erano anche molto giovani? Esatto. Molto giovani. Certi reparti erano considerati un po Come su tutte le aziende, c era il reparto buono, c era il reparto cattivo. Per esempio c era il reparto annodatura e incossatura (? 30,39

dss) dove c era un detto ed era un po la verità, che diceva che c erano le migliori donne che facevano quel lavoro lì in poche parole. Erano i reparti in cui quando finiva un cilindro di filato, che era consumato tutto e diventato tutto tessuto, bisognava prenderne un altro e riannodarlo, sballare. Ecco, queste persone facevano quel lavoro lì. Era un lavoro difficile che non poteva fare chiunque. Qualcuno era negato proprio per fare quel lavoro lì. Ci voleva abilità manuale; era un lavoretto un po difficile e non tutte le donne ci riuscivano. Bisognava star lì, avere la pazienza di farlo e poi tante cose. Tanti si sono sposati tra colleghi. Mia moglie l ho conosciuta là dentro. Ci conoscevamo già prima, lei ha lavorato poco là dentro perché si è licenziata. I miei testimoni di nozze tutt e due hanno sposato due donne che lavoravano al Cotonificio; si sono conosciuti là dentro. Dove c era l occasione per conoscerci? Sul posto di lavoro. Quando eri un ragazzo di 18 anni ed eri sul posto di lavoro con ragazzine di 16 17 anni, voglia o no, ti vedevi, ti parlavi. Eravamo tutti giovani; c è stato un boom proprio negli anni 60. Facevano sei mesi di corso e poi diventavano tessitrici. Il corso era dentro in azienda ed era mi sembra, gratis. Per la maggior parte le donne hanno fatto la scuola elementare, mentre gli uomini specie quando sono entrato io, hanno fatto come me, le medie, le serali. Però le donne per la maggior parte, non avevano fatto niente, solo le elementari. Per l uomo non c era tanto il problema di studio; l assistente, il capo, l operaio doveva, aveva bisogno di capire, se c era un disegno, un qualcosa, per le donne era più una questione di abilità, di velocità nel fare il nodo. Avevate tanti permessi nei turni di lavoro? Negli anni 70, 80 uno non poteva neanche andare a fare i suoi bisogni. Dopo, questo è diventato meno frenetico. Si cambiava sempre in base al direttore che c era. Di direttori io ne ho cambiati un infinità. Saltavano facilmente. Perché? Perché in quegli anni là un direttore era messo per conoscenza, per tradizione. Ho avuto un direttore che il giorno prima di divenire direttore della tessitura vendeva piastrelle. L unica fortuna che abbiamo avuto noi è che abbiamo avuto un direttore che adesso è morto poverino, che era un tecnico. Dalla gavetta della tessitura In che periodo? Prima del 70, fino all 80. È lui che prima di tutto ha cambiato le macchine che erano andate in corto.

Era il periodo delle alluvioni? Esatto. Abbiamo subito due alluvioni. Se le ricorda? Che lavorate! Un mese nell acqua, fango, odore di marcio. Dovevi passare tutte le macchine; per quello è stato un lavoraccio veramente. Quanto tempo sono durati i lavori per rimettere in sesto la fabbrica? Un paio di mesi. Diciamo che dopo un mese, man mano che veniva pronto il telaio, si andava avanti, si cominciava subito, non si aspettava che tutte le macchine fossero pulite. Via, avanti, produzione! Non è stato facile. Io sono del parere che se un azienda va male, non va male perché l operaio non lavora. Come il direttore che ha detto che non possiamo più fare lenzuola, perché chiudiamo la fabbrica, non ci stiamo più dentro coi costi. Noi facevamo un metro di tessuto che veniva a costare dieci volte di più di quello fatto in Egitto, Pakistan, Sud Africa. Noi dovevamo comprare il cotone, dovevamo importarlo. Da dove? La maggior parte dall Egitto ed era il migliore; dal Sud Africa. Ultimamente, quando c ero io, acquistavamo i filati direttamente dalla Turchia, dalla Grecia. Quella famosa faccenda che stiamo pagando ancora: trent anni di lavoro, cinque te li pago io basta che te ne vai; stiamo pagando ancora quelle cose lì. Il deficit dell INPS è dovuto a quello. Sa cosa vuol dire andare in pensione a trenta anni come se avesse pagato contributi per trentacinque anni? Là tu andavi in pensione con 28, 30 anni di lavoro e i contributi fino ai 35 anni te li pagava l INPS. E chi non ci andava? C era gente che andava in pensione a cinquant anni, quarantasette, quarantotto. Facevano così per ridurre il personale della fabbrica senza licenziare. Non si poteva lavorare un po meno tutti? Ma all azienda non conviene mai fare quei calcoli lì. Un operaio in più è sempre un costo per l azienda. I numeri non perdonano. I numeri sono numeri. Così fanno questo tipo di ristrutturazioni. Sono cose che non mi sono mai piaciute. Quando ero capo, la direzione ci chiamava Portatemi una lista di trenta persone perché ce ne sono 30 in esubero. Tu che sei il tecnico, il responsabile della fabbrica che cosa fai? Cosa guardi? La simpatia, l amicizia, le sue capacità, la sua famiglia, il bisogno? Cosa devi guardare?

Lei cosa faceva? D accordo un po tutti, si cercava di parlare con le persone. Qualcuno si metteva anche volontario, magari per andare in pensione. Certe donne preferivano andare in cassa integrazione, prendevano l 80% della paga, anzi te lo dicevano subito di essere messe in lista se c era la cassa integrazione. Grossi problemi non ne abbiamo mai creati all azienda, perché si faceva le cose con coscienza. Poi c era la classica persona che era una spina nell occhio per l azienda, e se anche noi non la mettevamo in nota, la direzione ce la faceva mettere. Di queste situazioni, ne parlavate fra colleghi? Ci si trovava a bere il caffè. C era una sala all interno della fabbrica. E all esterno? Negli ultimi anni non ci incontravamo mai; all inizio sì, ci si trovava anche con gli anziani. Si ricorda un posto particolare? C era il bar Amman, dove adesso c è il tribunale. Ora si chiama caffè Amman ed era il caffè degli operai. Al mattino andavi là alle sei e quando si faceva il turno di notte, il bar teneva aperto per noi. Si stava lì a giocare a carte, o si aspettava che arrivasse il pane fresco per mangiare un panino. Per la maggior parte eravamo tutti non sposati, non dovevamo andare a casa subito per dare il cambio alla moglie. Quando abbiamo acquistato le macchine nuove, c era tutto un altro procedimento, un meccanismo tutto diverso dal telaio tradizionale. Siamo stati in Svizzera cinque settimane a fare il corso, perché la maggior parte delle macchine veniva dalla Svizzera. I telai venivano anche dall Italia, da Bergamo. Mi sembra di ricordare che cinque telai costavano un miliardo. Erano macchine all avanguardia, che anche dopo vent anni erano ancora uguali. È stato un bell investimento, sempre con quel direttore lì. Erano macchine più avanzate tecnologicamente? Di più avanti di quelle non ce n erano. Il lavoro di chi era sulle macchine era migliorato? Era diventato più qualificato. Non c era più manovalanza. Erano lavori di precisione. Erano decimi di tolleranza, per certe regolazioni, non di cm più cm meno come per le macchine tradizionali. Si parlava di decimi, altrimenti la macchina non funzionava. Con le macchine tradizionali, c era un po da arrangiarsi; anche con un pezzo di fil di ferro si riusciva a farle andare, quelle nuove no, avevano delle sicurezze. Il lavoro era più frenetico e se una macchina tradizionale faceva cinque metri di tessuto all ora, queste ne facevano quindici. Di telai tradizionali, fra una parte e l altra ne avevamo mille, e poi quando hanno cominciato a funzionare, degli altri telai ne avevamo quattrocento. È aumentata la produzione. Come era l ambiente di lavoro?

Novanta per cento d umidità e dai 25 ai 30 gradi tutto l anno. Se non c era quella temperatura, non si riusciva a tessere. Poi ultimamente avevano messo dei condizionatori e l umidità veniva irradiata in modo particolare ma negli anni 60-70 tra i telai c erano delle tubazioni d acqua con degli spruzzatori che spruzzavano, proprio spruzzavano. E poi la pressione! Quando si aprivano le porte sembrava di aver imboccato un tornado. C era questa pressione sulle spalle. L ambiente non era dei più salutari. La sala telai, la sala produzione era la peggiore. Quando si veniva fuori dal lavoro si era stanchi e non si aveva voglia di fare tante cose. Mi ricordo che venivo a casa e andavo a dormire. (frammentazione della registrazione) il capo reparto mi dice: Tu vai con quell assistente là. E l assistente mi prende, il capo va via e mi dice: Tu sei con me, questa è la nostra sessione, i nostri telai sono qua. E adesso - proprio in dialetto - ragazzino, vieni con me. (Ades bocia, vien con mi). Cammina cammina, mi porta nei cessi. questo è il posto dove si viene a fumare. Stop e chiuso. Faccio per dire, questo è una cosa che mi è rimasta impressa. Una volta tutti fumavamo.