IL VILLAGGIO DEL SORRISO. Intervista



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Transcript:

IL VILLAGGIO DEL SORRISO MARIA SERENA PORCARI Maria Serena Porcari, laurea con lode in Economia aziendale in Bocconi, è consigliere delegato di Fondazione Dynamo, vicepresidente dell associazione Dynamo Camp onlus e presidente di Dynamo Academy Impresa sociale. Ha iniziato il suo percorso professionale nel 1994 occupandosi di ricerche di mercato e di analisi finanziaria presso Innovest, Bayrische Vereinsbank AG di Monaco e Iss Darenas A/S di Copenhagen. Successivamente ha lavorato per Ibm Italia raggiungendo la dirigenza a soli 28 anni. È dottore commercialista, ha tre figli ed è associata Manageritalia Milano. Sì è buttata, lasciando una brillante carriera in Ibm. E hanno vinto in tanti: lei, Maria Serena Porcari, ha vinto la sua sfida professionale e passionale e loro, le centinaia di bambini che frequentano il Dynamo Camp, hanno vinto la gioia di vivere e di ritrovare un sorriso. Perché quando è arrivata nel 2004 come consigliere delegato di Fondazione Dynamo (ora è anche vicepresidente dell associazione Dynamo Camp onlus e presidente di Dynamo Academy) non c era ancora nulla di quella struttura meravigliosa situata in un oasi Wwf in Toscana che accoglie bimbi gravemente malati per regalargli settimane di vacanza all insegna della terapia ricreativa. «I ragazzi che superano la malattia vogliono venire a lavorare qui oppure fare il medico» racconta nella sede milanese della Fondazione, un ufficio efficiente e organizzato. E chi ha detto che una onlus non possa essere anche un azienda perfettamente strutturata che dia possibilità di crescita professionale? In Italia, purtroppo, ce ne sono ancora poche, ma il settore sta cambiando e le prospettive di sviluppo ci sono. Eliana Sambrotta Cos è Dynamo Camp? «È il primo camp di terapia ricreativa in Italia che accoglie per periodi di vacanza bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni, affetti da patologie gravi e croniche, principalmente oncoematologiche, neurologiche e diabetiche. Unire varie patologie è un dono enorme perché chi si ammala all improvviso ma può guarire ha un punto di vista sulla vita molto più violento, chi invece combatterà tutta la vita gli può offrire un punto di vista completamente diverso. I bambini provengono da tutta Italia e da 34

«Sono felice di essere stata qui, ho trovato delle amiche che capiscono il mio problema e non hanno da ridire su niente» (Una bambina) svariati paesi esteri. Dynamo Camp offre anche programmi concepiti ad hoc per l intera famiglia. È situato in un luogo meraviglioso a Limestre in provincia di Pistoia, in una tenuta di caccia trasformata in un oasi del Wwf e fa parte del SeriousFun Children s Network di camp fondati nel 1988 da Paul Newman e attivi in tutto il mondo». Come è nato? «Abbiamo scoperto questi camp grazie a una mamma che aveva curato il proprio figlio tra Italia e Stati Uniti. Nel 2003 è nata Fondazione Dynamo da un idea di Vincenzo Manes (imprenditore fortemente impegnato in numerose attività filantropiche, ndr) e nel 2007 è stata costituita l associazione Dynamo Camp onlus, inaugurando il camp. Io sono arrivata nel 2004 e in quegli anni abbiamo lavorato sulle tre domande che chiunque deve porsi prima di iniziare un attività non profit: ci sono già strutture simili? Qual è il bisogno di ragazzi di questa fascia d età, quanti bambini si ammalano di quelle patologie? Chi sono i partner ospedalieri? Abbiamo scoperto che in Italia circa 1.000-1.200 bambini all anno tra i 6 e i 17 anni si ammalano di tumore e leucemie e ci siamo posti quello come obiettivo per capire quanti posti letto avremmo dovuto prevedere. Avevamo fondi per coprire i primi tre anni di attività, dal 2010 Dynamo ha cominciato ad autosostenersi». Come si è evoluto il camp nel frattempo? «I bambini e la famiglie sono sempre in crescita: eravamo partiti con un campo estivo per 60 bambini a settimana, a fine 2008 è diventato annuale (una svolta perché l impatto dei costi fissi viene spalmato); poi è nata Dynamo Academy, un impresa sociale che utilizza spazi del camp per le imprese quando non ci sono i bambini (ve- di box, ndr). Si sono introdotti programmi per famiglie con fratelli e sorelle sani che prevedono attività separati e insieme». Qual è l obiettivo? «Che la famiglia si diverta insieme e i genitori siano senza pensieri per qualche giorno, perché nel quotidiano non passa minuto in cui non si debbano occupare del figlio malato. E che si crei un network tra loro, perché una delle grandi disperazioni per un genitore è sentirsi solo davanti alla realtà che ti emargina. La rete per i genitori è chiave perché si chiamano, si sfogano, sono le famose reti sociali che salvano la comunità. Questo è l obiettivo! Curiamo qualcuno? No! Diamo una soluzione definitiva? No! Creiamo una rete? Sì! Vale la pena spendere tutti questi soldi? Sì!». In cosa consiste la terapia ricreativa? Innanzitutto si chiama ricreativa 35

«Bella: ho pensato a questa parola da quando sono tornato dalla piscina. Era da molto tempo che non mi rifacevo un bagno, da quando mi sono ammalato» (Un bambino) I NUMERI DI DYNAMO CAMP 1.163 bambini accolti 1.157 famiglie accolte 1.117 programmi all anno 1.154 patologie accolte (in prevalenza oncoematologiche, neurologiche e diabetiche) 1.172 ospedali e 50 associazioni di patologia di riferimento in Italia e all estero 1.149 dipendenti 1.154 collaboratori stagionali 1.120 medici+ 25 infermieri presenti durante i programmi nell anno 1.620 volontari (al 2013, 7 anno di attività) perché è divertente! Se il ragazzo si annoia non abbiamo fatto bene il nostro lavoro. Coinvolgiamo i piccoli ospiti in attività emozionanti che siano da stimolo alle loro capacità e rinnovino la fiducia in loro stessi e nelle loro possibilità. Abbiamo attività sportive e outdoor, come arrampicata, equitazione, tiro con l arco, terapia in acqua, piccola attività di circo; laboratori, come teatro, disegno, lavorazione della ceramica, e i progetti Oasi Dynamo, Art Factory, Radio Dynamo e Dynamo Studios. Tutte le attività sono commisurate alla patologia del bambino, ma in comune c è la sfida: si lavora sulla paura, si supera la sfida, si riflette sul risultato e poi si è in grado di affrontare molto altro!». Il soggiorno è gratuito? «Sì, completamente». Come vi finanziate? «In modo quasi interamente privato. Nel 2012 la raccolta fondi ha portato 3 milioni e 600mila euro ed è stata sostenuta per il 28% da individui, 49% da aziende, 21% da fondazioni e associazioni e 2% dagli enti pubblici Regione Toscana e Provincia di Pistoia. Abbiamo inoltre circa 150 ambasciatori che creano eventi per diffondere la conoscenza di Dynamo Camp e raccogliere fondi: nel 2013 hanno organizzato 87 eventi coinvolgendo circa 7.000 persone». Lei era nel pieno di una brillante carriera in Ibm, cosa l ha spinta a questa scelta? «Il passaggio è stato principalmente motivazionale. Conoscevo Vincenzo Manes, sapevo che era in gamba e quindi ero fiduciosa che portasse a termine il progetto però un po ho rischiato! Era il momento giusto per buttarsi: avevo 32 anni, stavo da otto in Ibm, ero diventata dirigente a 28 e avevo voglia di continuare, ma questa opportunità mi interessava. Era una sfida professionale: creare qualcosa che non esisteva in Italia. Al di là che fosse non profit, era il progetto in sé che mi af- 36

fascinava. Il fatto che mi fosse proposta come un attività lavorativa vera, con la sua retribuzione, i suoi obiettivi e la sua possibilità di crescere è stato un punto fondamentale. Perché è chiaro che ero comunque davanti a una scelta tra una carriera che stava andando benissimo e un salto in una startup nel sociale». Quindi come ha deciso? «Io adoravo Ibm, sono filoanglosassone e mi piacciono le grandi corporation, quindi ci ho messo un po di tempo a decidere: mi sono presa un mese e mi sono anche chiusa per una settimana in un posto per capire se stavo buttando via tutto quanto o no». E ora consiglierebbe a un collega un esperienza nel non profit? «Assolutamente sì, ma l ideale sarebbe farsi prima un esperienza seria in un attività profit in modo da mettere a frutto le tue capacità e avere un bagaglio di conoscenze che non ti devi costruire dal basso, visto che non sono molte le onlus che lavorano come vere aziende o che hanno la possibilità di far crescere persone. Dynamo lo è. In questi anni si è dimostrato che chi lavora solo per passione e non in modo strutturato non va da nessuna parte; chi lo fa solo in modo strutturato e non ha cuore non va da nessuna parte! È una banalità, ma è un dato di fatto, motivo per cui anche alcune aziende profit stanno in piedi e altre no: la motivazione insieme alla capacità non possono fare a meno una dell altra se vuoi fare cose eccezionali, se no sopravvivi». Come si presenta il mondo del terzo settore in Italia? «Negli ultimi dieci anni è cambiato tanto, ora ci sono molti attori diversi, chi fa grantmaking, chi fa intermediazione di servizi sociali, chi fa consulenza, comincia a diventare un settore a sé. Tra le complessità dell Italia direi che il non profit, poiché parte dal basso, spesso paga questa caratteristica di non avere una visione, una strategia. Inoltre l iper-frammentazione dell associazionismo non è positiva né per le onlus né per i donatori». «5 giorni al Dynamo Camp... entrato titubante ho vissuto un esperienza di famiglia emozionante: qui ho capito che tutti abbiamo le stesse possibilità nella vita! Vado via in lacrime lascio le persone ma non gli affetti, che porterò sempre con me, sapendo inoltre che da oggi saremo un po meno soli!» (Un papà)

Anche la cultura del donatore sta cambiando? «Certo, se qualche anno fa si decideva a chi donare a seconda di quanto avevi bisogno, oggi vincono le emergenze oppure chi è più strutturato e dimostra di essere più sostenibile». Altre complessità del settore? «Negli ultimi dieci anni si è passati dal non profit per passione a una professione, un industria strutturata, ma non esistono ancora forme giuridiche che ci aiutano, né benefici in termini di costo del lavoro. Ed è un vero peccato perché hai un grande bisogno di assumere ma non hai nessun vantaggio, quindi paradossalmente il non profit è uno dei mondi che applica i contratti in modo peggiore mentre dovrebbe essere il miglior posto dove lavorare anche in termini di worklife balance. Le istituzioni ci dovrebbero aiutare un po, perché hai gente motivatissima e non gli puoi garantire un contratto dignitoso». Io mi voglio portare a casa tutto di Dynamo perché per me è il tesoro più bello e grande ma leggero (Un bambino) Progetti per il futuro? «Oggi l esperienza Dynamo è molto ampia: abbiamo la Fondazione, l associazione Dynamo Camp onlus, Dynamo Academy LAVORARE AIUTANDO DYNAMO Grazie a Dynamo Academy social education è possibile affittare gli spazi per eventi privati o pubblici come seminari, congressi, corsi di formazione, executive meeting, turismo responsabile, eventi culturali, ritrovi di associazioni non profit e attività di team building. La struttura si presta a ogni attività indoor e outdoor, oltre a vantare una posizione suggestiva all interno di un oasi Wwf in Toscana. Dynamo Academy contribuisce alla sostenibilità economica di associazione Dynamo Camp onlus utilizzando le strutture del villaggio nei periodi dell anno in cui non vengono ospitati i bambini. www.dinamocamp.org, www.dinamoacademy.org e stiamo costituendo un impresa agricola di conservazione e una alimentare: abbiamo dei prodotti a marchio Dynamo già sugli scaffali di alcuni punti della gdo e il 100% degli introiti è pro Dynamo. Ci sono molte prospettive di sviluppo e di conseguenza molti posti di lavoro. Bisogna cominciare a prendere in considerazione il settore anche come datore di lavoro e fornitore di servizi. Se è ben strutturato funziona come un azienda e il vantaggio è che se domani io cambio idea Dynamo sopravvive, ma quanti enti non profit sono in crisi alla morte del fondatore?». 38