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1 Per amore del mondo Introduzione a Gaudium et Spes A cura di Maria Cristina Bartolomei e Marco Ronconi Supplemento a Jesus Milano 2009 * La recezione La Chiesa: testimone dell amore di Dio per il mondo, annunciatrice del Regno [ivi, pp. 55-71] Maria Cristina Bartolomei 1. Gaudium et spes: il sigillo di un Concilio pastorale Come è stata recepita Gaudium et Spes (GS)? A che punto siamo nel cammino di recezione? Che cosa di GS è stato recepito? Rispondere a tale questione comporta il mettere il luce non solo i temi salienti della Costituzione, ma anche la sua peculiarità tra i documenti conciliari. GS, l ultima delle quattro Costituzioni conciliari, promulgata il 7 dicembre 1965, vigilia della chiusura del Concilio, è in assoluto il testo conciliare di maggiore estensione e quello presentato, esaminato e approvato per ultimo. Le complesse e lunghe vicende della sua genesi (illustrate nel saggio di G. Turbanti presente in questo volume) ben spiegano tale collocazione temporale. E, tuttavia, nessun altra sarebbe stata più opportuna e conveniente. La Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, infatti, innanzitutto esprimeva l altro aspetto della riflessione della Chiesa su se stessa, completando lo sguardo, più rivolto all interno, proprio della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa (Lumen Gentium) promulgata l anno precedente, con quello più rivolto all esterno all «intima unione della Chiesa con l intera famiglia umana» (GS, Proemio, n. 1, Titolo). Più largamente, GS si era potuta nutrire di tutti i precedenti documenti conciliari, in particolare: del Decreto sull ecumenismo Unitatis Redintegratio; della stessa Costituzione Dei Verbum, nella quale il tema della rivelazione viene fortemente declinato nella prospettiva di una storia della salvezza, prospettato in una economia di intima connessione tra eventi e parole; del Decreto sull apostolato dei laici Apostolicam Actuositatem; della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate; infine, del Decreto sull attività missionaria della Chiesa Ad Gentes e della Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, promulgati nella stessa data della GS. In questo senso, si può pensare a GS come a un crogiolo in cui molte attenzioni e temi conciliari vengono raccolti intorno al nucleo di maggiore interesse del Concilio stesso, intorno alla sua motivazione iniziale e principale, ossia il suo intento di «dare alla Chiesa la possibilità di contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell età moderna» (Giovanni XXIII, Discorso di indizione del Concilio, 25 dicembre 1961). Un Concilio non volto a discutere «questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa», ma di «carattere preminentemente pastorale» (Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio, 11 ottobre 1962), ossia teso ad approfondire la comprensione del deposito della fede così da poterlo

comunicare in modo da rispondere alle esigenze del tempo, tenendo conto delle circostanze storiche e dei destinatari, corrispondendo al generale orientamento alla cura pastorale, proprio del magistero. Tutto il Concilio, tutti i documenti conciliari rispondono a tale ispirazione e concorrono a tale finalità; ma GS fa di queste il suo proprio precipuo tema, venendo a costituire una sorta di sigillo del Concilio stesso, il documento che più simbolicamente lo esprime. Il fatto che all inizio del Concilio un tale documento non fosse neppure previsto e la stessa tortuosità e aleatorietà del suo cammino, invece di diminuirne la significatività, la accrescono. Essi ci illuminano sulla portata dell evento del Concilio secondo la formula di Giuseppe Alberigo, il più insigne storico del Concilio stesso dal quale è scaturita la concezione di un documento quale GS. 2. Carattere pastorale e coscienza storica Il carattere pastorale del Concilio si rispecchia nella uguale connotazione della Costituzione, che non va interpretata come se denotasse un suo carattere «minore», solo parallelo e aggiuntivo rispetto a quello dogmatico. Tutt altro. Se qualcuno ha ritenuto che, proprio per il suo autodefinirsi «pastorale», il Concilio Vaticano II potesse essere come «declassato» e considerato meno dottrinalmente obbligante, viene smentito dalla genialità del Concilio stesso, che ha prodotto una Costituzione (il documento conciliare di più alto «rango» dottrinale) esplicitamente e inscindibilmente insieme pastorale e dogmatica. Al titolo stesso di GS è apposta una Nota esplicativa, che ribadisce il carattere unitario del documento, precisando come ognuna delle due parti che lo compongono una di natura più dogmatica, l altra di natura più pastorale abbia in sé tanto l ispirazione dottrinale quanto quella pastorale. La pastorale, dunque, non è da riguardarsi come il momento applicativo di una teoria: aspetto dottrinale e aspetto pastorale si richiamano sempre l un l altro, sono due momenti inscindibili, distinguibili solo in teoria, ma sempre connessi nella prassi di fede della Chiesa. Il fatto che in GS essi siano fusi in modo più evidente ed esplicito, che anzi GS sia la tematizzazione di tale reciproco rinvio, offre la conferma della «obbligatorietà» del Concilio, proprio nella e per la sua pastoralità, e non nonostante essa; insieme a questo e come sua conseguenza, GS offre un esemplare criterio di lettura anche degli altri documenti del concilio. A ciò si connette anche una ben definita prospettiva per la teologia postconciliare; essa, in particolare, dovrà attuarsi e misurarsi secondo un nuovo paradigma, ossia la storicità della salvezza, espresso dal concilio col rinnovato uso dell antico termine patristico economia. A tale luce si riconosce che il deposito della fede si traduce in una dottrina in cui l elemento immutabile è sempre segnato da contingenze storiche e culturali, che ne connotano l espressione e ne rendono provvisorie alcune prospettive. La Chiesa deve annunciare l Evangelo della salvezza all umanità concreta nelle sue effettive circostanze di vita; deve quindi preoccuparsi di conoscere le condizioni reali, storicamente determinate, in cui in una certa epoca l umanità si trova, cogliendo e analizzando i contesti culturali, sociali, politici e le loro mutazioni in atto. Sul piano del metodo, tale analisi deve sempre precedere le enunciazioni teologiche e le riflessioni pastorali, riconoscendo come il giudizio sulle situazioni non si possa dedurre da verità atemporali e astratte, ma vada mediato da un discernimento che ne consideri e vagli le peculiarità. 2

È quanto fa esemplarmente GS, non solo e principalmente nella seconda parte, dedicata all analisi di alcuni problemi più urgenti, ma anche nella prima: sia nel Proemio, sia attraverso l esposizione introduttiva sulla condizione dell uomo contemporaneo (nn. 4-9), sia, infine ma non da ultimo, intrecciando spesso, anche nel corpo di tale parte, riferimenti generali e universali a uno sguardo più rivolto alla specificità delle circostanze. La fede della Chiesa riconosce che la verità della salvezza è eternamente attuale, che Dio ha detto e dato in Gesù Cristo la sua Parola definitiva, che tutto è creato in Cristo e orientato a essere in Cristo ricapitolato; per questo e proprio per questo, essa riconosce che «la storia è a suo modo un luogo teologico» (Bernhard Häring), in cui Dio continua a farci conoscere la sua volontà; è il luogo e il modo in cui Dio sempre di nuovo incontra l umanità per vivere in comunione con essa, il luogo in cui il mistero dell Incarnazione continua ad attuarsi. Così, la Chiesa si occupa della storia per scoprirvi l orma di Dio, l agire dello Spirito, dunque per riscoprire se stessa, non solo per conoscere genericamente i «destinatari» della sua missione. Di qui la tematica della attenzione ai «segni dei tempi» (GS 4 e 11), già proposta dalla enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris (1963). Alla luce della Parola di Dio e della sua incarnazione (temi illustrati dalla Dei Verbum), la storia viene letta come anticipazione e attesa del compimento finale. 3. Un mutata prospettiva circa il rapporto tra Chiesa e mondo L intima interdipendenza tra dimensione dottrinale e pastorale emerge in modo particolare significativamente e giustamente in riferimento al tema della Chiesa. In base a criteri di successione sia teologici sia temporali, certamente Lumen Gentium precede e fonda GS. Ma non nel senso di una costruzione che si eleva sull altra; piuttosto, come un versante del monte che sostiene l altro, vi si appoggia, in un rimando vicendevole. La reciproca complementarità di GS e di LG dice come, per essere colto nella sua pienezza e profondità, il tema della Chiesa richieda uno sguardo binoculare, una considerazione da due prospettive speculari, convergenti nel punto focale della incarnazione del Verbo di Dio, della «umanità» di Dio e della «divinizzazione» dell umano. Nell uno e nell altro caso, infatti, la Chiesa trova il suo baricentro sbilanciandosi, trova se stessa fuori di sé: riscoprendosi come mistero e opera di Dio nella «Luce delle genti» che è Gesù Cristo, come si legge all inizio appunto di LG; e nelle «Gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini d oggi, dei poveri soprattutto», come recita l incipit da cui GS trae il suo appellativo. Il Concilio ha evidenziato tale necessaria binocularità dello sguardo sulla e della Chiesa, questo essenziale esser riferita della Chiesa «ad altro», a Dio e al mondo, esprimendosi con due documenti che si guardano e si implicano a vicenda. In generale, come ha osservato Luigi Sartori, Lumen Gentium sta, sì, al centro del Concilio, ma nella misura in cui attinge dalla Dei Verbum e dalla Sacrosantum Concilium e convoglia verso la Ad gentes e la Gaudium et spes. Quest ultima esplicita come il riferimento a Dio comporti il riferimento al mondo. La modalità e la concezione di tale riferimento, lo sguardo sul mondo si presentano come profondamente innovativi rispetto alla tradizione precedente. La parola Gaudium, con la quale si apre l ultimo documento del Concilio, chiude simbolicamente il cerchio con il Gaudet Mater Ecclesia con cui inizia il Discorso di Giovanni XXIII per l apertura del Concilio, ribadendo la doppia, inscindibile attitudine di 3

rendimento di grazie a Dio e di solidarietà benevola, rispettosa e amichevole verso l umano che la Chiesa nel Concilio riconosce come sua propria e nella quale si identifica. A distanza di un secolo dall Enciclica di Pio IX Quanta cura e dal «Sillabo» degli errori del mondo moderno, ciò manifesta un capovolgimento nell atteggiamento della Chiesa verso il mondo. Il rapporto col mondo sta sotto il segno della mutualità (GS 40) e reciprocità: accanto all aiuto che la Chiesa può dare al mondo (GS 41-43), viene menzionato quello che essa può ricevere dal mondo contemporaneo, persino da chi la avversa (GS 44). È superato ogni esteriorismo. La Chiesa non si pensa estranea e opposta al mondo, preoccupata di condannarlo, quasi essa fosse una entità a sé stante, costituitasi in un «altrove», per poi entrare in rapporto col mondo. La Chiesa trova, invece, il mondo in se stessa, e comprende se stessa come quella parte del mondo cui è giunto l Evangelo della salvezza e che ha la missione di portare tale buona notizia. Prima ancora che amare il mondo, la Chiesa è nel mondo l attestazione del fatto che Dio ama il mondo, che il mondo appartiene al Signore, di cui la Chiesa è sposa, e che essa è insieme serva di Cristo e dell umanità intera, in una tensione a un ecumenismo che si fonda e confonda con l universale fraternità umana (R. Schutz e M. Thurian), nella consapevolezza che la salvezza è per il mondo e si compie nell avvento del Regno di Dio (GS 45). La Chiesa non è tesa a inglobare il mondo, né a difendersi, attaccandolo, dal mondo che non le si sottomette. GS può dirlo sul fondamento delle tre precedenti Costituzioni, ma in base ad esse deve anche dirlo. Conseguenza di tale impostazione è il principio del dialogo, ispirato a solidarietà, collaborazione, cooperazione (GS 1 e 3), vale a dire alla precedenza dal punto di vista del valore e della successione temporale - della ricerca di ciò che unisce rispetto alla considerazione di quanto divide, secondo l impostazione di Giovanni XXIII. Un principio già profondamente sviluppato da Paolo VI nell enciclica Ecclesiam suam (1964). Il dialogo non esclude nessuno, «né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano la sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere. Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a questa stessa vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace» (GS 92). Per entrare in rispettoso, aperto e leale dialogo col mondo, la Chiesa non può che procedere ponendo tutto alla luce dell Evangelo, unico suo principio e riferimento fondante, offrendo quindi il suo volto autentico e l unica luce che la guida. Tale è la esemplare scelta di GS che non senza perplessità di alcuni Padri nella fase della discussione evitò di fondare il proprio discorso sul piano di ragione e morale naturale, pur dialogando alla pari con tutti, in modo comprensibile alla comune ragione umana. 4. Un documento già superato? Se il respiro del documento ha la stessa ampiezza della «filantropia di Dio» (Tt 3, 4), l arco tematico è non meno esteso e variegato. All apertura, in cui i discepoli di Cristo riconoscono come proprie le gioie e angosce dell umanità, corrisponde la conclusione che, nel quadro di un dialogo da cui nessuno è escluso, ricorda la chiamata di tutti ad essere fratelli e collaborare alla costruzione del mondo nella pace. Nei novanta paragrafi che costituiscono il corpo della Costituzione vengono toccate tutte le dimensioni 4

dell umano, non in astratto, bensì cogliendole e collocandole nella peculiare circostanza storica dell epoca presente (GS 4-10), e in una prospettiva che, superando uno sguardo individualistico, le inquadra come vicenda comune dell umanità (GS 26). Scorre come linfa in tutta la GS la coscienza della inseparabilità tra la vicenda corale umana e l evento di salvezza. Da questo discende innanzitutto il superamento sia di una prospettiva individualistica dell etica (GS 30) sia di una concezione individualistica della salvezza (GS 24). A tale impostazione si connettono l attenzione alla libertà, fraternità e giustizia sociale (GS 17, 29 e 39); il riconoscimento che alla edificazione della città dell uomo debbono concorrere, dialogando, credenti e non credenti (GS 21); il richiamo alla autonomia delle realtà terrene (GS 36), che viene declinata anche come grande rispetto per la cultura, la scienza, il sapere umani, sottolineando come la Chiesa non si leghi in modo indissolubile ed esclusivo ad alcuna cultura e intenda invece entrare in comunione con tutte (GS 58). Particolarmente intenso e aperto è il confronto con la sfida dell ateismo (GS 19-21), in specie con quello moderno. Nel ribadire che la Chiesa riprova con dolore e fermezza l ateismo, GS aggiunge però che essa «si sforza di scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente degli atei e, consapevole della gravità delle questioni suscitate dall ateismo e mossa da carità verso tutti gli uomini, ritiene che esse debbano meritare un esame più serio e più profondo» (GS 21). Non manca l ammissione esplicita che «nella genesi dell ateismo possono contribuire non poco i credenti»: per le loro manchevolezze e difetti, su vari piani, infatti «si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio» (GS 19); quasi un seme della confessione di responsabilità e richiesta di perdono che, per queste e altre colpe dei cristiani, Giovanni Paolo II avrebbe solennemente espressa in occasione del Giubileo, nella Liturgia penitenziale del 12 marzo 2000. D altro lato, viene riconosciuto come «tutti gli uomini, credenti e non credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire senza un sincero e prudente dialogo» (GS 19). Accanto a questi temi di fondo, GS onora la propria finalità di entrare in dialogo col mondo contemporaneo, in risposta alla motivazione e percezione conciliare di una sbalorditiva novità del mondo moderno, attraverso una lunga parte dedicata ai problemi rilevati come più urgenti: matrimonio e famiglia; progresso della cultura; vita economicosociale contemporanea; vita della comunità politica; promozione della pace e della comunità dei popoli (con una insistita attenzione alla condanna assoluta della guerra e all azione della comunità internazionale per evitarla); costruzione della comunità e cooperazione internazionale. Proprio tutto questo suscitò anche in seguito perplessità analoghe a quelle che avevano accompagnato la sua elaborazione e diede luogo, allora e successivamente, alla duplice obiezione mossa da alcuni: che si tratti, cioè, di un documento non del tutto ben riuscito, non bello, che raccoglie, più che sintetizzare, elementi di diversa natura e portata, e, in secondo luogo, ben presto datato nei suoi contenuti. In GS si presenterebbero in modo peculiare e più acuto i problemi riscontrabili in molti, se non tutti, i documenti del Concilio, dovuti agli accostamenti e compromessi tra diverse sensibilità e linee. Si tratterebbe, inoltre, proprio in forza della sua determinatezza storica, di un documento destinato ad essere ben presto superato, di un documento, per questo, in fondo, non recepibile? 5

A tale seria questione vennero date risposte diverse. Le osservazioni critiche vennero e sono in parte accolte anche da quanti e sono la grande maggioranza valorizzano, invece, GS, ribaltandone però la conseguenza, e sottolineando come, tanto per GS quanto per tutto il Concilio, la recezione sia essenziale. Più importante ancora della edizione, la recezione deve inverare il Vaticano II «con preoccupazione sintetica: radicalizzandone il senso e la portata, sia a livello del metodo sia a livello del contenuto» (L. Sartori). Anche se le analisi di GS spesso anticipano con lungimiranza sviluppi futuri per esempio riguardo alla globalizzazione rispetto alla rappresentazione datane dal documento, il mondo d oggi si presenta indubbiamente profondamente mutato da molti fattori: la caduta del comunismo e la fine della divisione in due blocchi; le conseguenze di un capitalismo sempre più spregiudicato con esiti (la crisi attuale ne è prova) potenzialmente devastanti; la precarizzazione del lavoro; la globalizzazione; la stessa informatizzazione. Quello attuale è un mondo in cui lo squilibrio tra ricchi e poveri si è fortemente accentuato; in cui di fatto la guerra è stata in parte rilegittimata; in cui si dà l inedito, massiccio fenomeno della migrazione dei popoli della fame e della sete; in cui le società tendono a diventare multiculturali, multietniche e multireligiose; nel quale si è fatta acuta la questione ecologica e ambientalista della salvaguardia del creato; in cui sono emerse nuove forme di schiavitù, di sfruttamento e abuso anche e in particolare dei minori; un mondo drammaticamente confrontato con il terrorismo internazionale; un mondo in cui la tecnologia offre chances allora inimmaginabili, accompagnate da non pochi rischi, sollevando nuovi problemi etici relativi alla vita, alla morte, alla identità individuale (clonazioni, progetti di trapianto del cervello). Le analisi storico-sociali di GS chiedono certamente di essere riattualizzate, chiedono di essere incarnate nella specificità delle diverse chiese locali: ma ciò significa tutt altro che disattendere, quanto piuttosto accogliere e inverare la lezione di GS. 5. La recezione avvenuta A distanza di decenni possiamo innanzitutto constatare come di fatto tale documento continui a nutrire la prassi di fede, a guidare la riflessione ecclesiale e la incessante e sempre nuova ricerca teologica. Gli aspetti di disomogeneità e di ineleganza non possono esser fatti valere come sufficienti criteri di valutazione; lo stesso s. Agostino narra (Confessioni, libro III) la sua iniziale insoddisfazione nell incontro con la Scrittura: per il giovane e raffinato retore la prosa biblica non reggeva il confronto con l eleganza ciceroniana. Ma poi il criterio di Agostino passò dalla ricerca del bello a quella del vero. GS, coi suoi difetti formali e i segni delle cuciture nel suo impianto, resta un documento di straordinaria e permanente efficacia e validità, come attestano anche i periodici convegni ad esso dedicati nelle scadenze degli anniversari. Un documento che ha aperto la strada a profondi mutamenti nella teologia e nel sentire dei credenti e nella prassi ecclesiale. Si pensi, nella Chiesa italiana, al programma «Evangelizzazione Sacramenti Promozione umana» e alla riscrittura dei Catechismi per gli adulti, i ragazzi, i bambini. Analogamente a come la quadruplicità dei Vangeli attesta che l unicità del Vangelo non significa uniformità nel modo di esprimerlo e comprenderlo, si può poi dire che lo stesso «essere datata» di GS diventi felicemente normativa fondando la legittimità del 6

pluralismo teologico. Innanzitutto normativa per il taglio della teologia: molte aree e correnti della teologia postconciliare ne hanno infatti assorbito a fondo la lezione; ciò è riscontrabile nel profondo accoglimento, in teologia e scienze bibliche, del paradigma della coscienza storica, e ha inoltre favorito lo sviluppo delle teologie «in situazione». La Parola di Dio, in Gesù, nella Bibbia si dà sempre umanamente incarnata, storicizzata, inculturata: questo comporta riconoscere la natura provvisoria di ogni attuazione, da cui va tratto un seme, che chiede di essere riseminato in nuovi terreni, dando luogo a nuovi frutti. Più largamente, GS ha un effetto svelativo dello statuto della teologia: anche le teologie che si autocompresero o si autocomprendono come perenni sono invece datate, storicamente determinate. In tale modo, l orizzonte metodologico teologico inaugurato da GS apre virtualmente anche lo spazio a quello sguardo femminile sulla teologia, che come di fatto è ben presto accaduto nella Chiesa cattolica postconciliare ne coglie la limitatezza derivante dal suo essere millenaria elaborazione solo di uomini. Più esteso e profondo, anche se meno passibile di riscontri oggettivi, è il cambiamento nel sentire dei credenti. GS ha di nuovo e sotto un preciso profilo «abbattuto il muro di separazione tra i due» (Ef 2, 14): tra Chiesa e mondo; tra verità e storia; tra religione e vita, consentendo a tutti di riunire in sé l umanità, la fede, la cittadinanza. Un muro che per la Chiesa italiana era anche stato quello della storica opposizione tra Santa Sede e Stato. Insieme a LG, e in forza quindi della preminenza dell unità del popolo di Dio sulla distinzione, al suo interno, delle funzioni e dei ministeri, ciò ha aperto spazio in particolare ai fedeli laici, uomini e donne, e liberato le loro energie, facendo «nascere grandi figure di credenti testimoni» (Dionigi Tettamanzi). Al centro dello sguardo su tutta la realtà mondana e teologica, GS ha posto le categorie della relazione e del riconoscimento: fondamentali e di estrema rilevanza e attualità nella riflessione antropologica, filosofica, morale e politica. 6. La recezione incompiuta e aperta Invece di attardarsi sulle manchevolezze della edizione di GS, oggi è più urgente e fruttuoso rivolgere uno sguardo critico agli aspetti carenti della sua recezione, ai punti in cui essa non è avvenuta e a quelli per cui si deve registrare una regressione. La forte tensione escatologica dell attesa di cieli nuovi e terra nuova (GS 39), sottesa a tutto il documento, non ha ancora permeato a fondo la diffusa coscienza cristiana ed ecclesiale. Sul versante dell incentramento della Chiesa «fuori di sé», cioè in Cristo come suo fondamento e a servizio del mondo, si possono rilevare segni di qualche regressione in favore di un movimento centripeto e identitario, di maggiore concentrazione su di sé, con tentazioni di ripensarsi come cittadella assediata, e insieme recinto e baluardo in cui rinchiudersi. Il cambiamento della società in multietnica e multireligiosa ha trovato la Chiesa molto pronta a rispondere sul piano della solidarietà e della accoglienza, ribadite come obbligo morale; meno all altezza, invece, sul piano teologico e culturale, del pluralismo culturale ed etico, e in generale del pensiero contemporaneo. La Chiesa non è ancora riuscita ad adeguare pienamente la sfida a un pensiero che includa in sé il paradigma della relazione e della storicità. Per reazione, si registrano ritorni di aspirazioni a rassicuranti modelli di dottrine immutabili. Non 7

mancano cedimenti a idee e pratiche di supplenza nei confronti delle istituzioni mondane o di concorrenza nei confronti di queste. Il nodo oggi più problematico è la questione della laicità, del rapporto tra Chiesa e Stato, della modalità della presenza ecclesiale nello spazio pubblico. Lo stile di GS ha al riguardo ancora molto da insegnare. «Ogni uomo e tutta l umanità dovrebbero venire convocati per la costruzione della chiesa, o meglio per l evangelizzazione. Universalità del soggetto chiesa; questo il punto più decisivo dell impegno del Vaticano II. Si potrebbe qui parlare di ecumenismo in senso largo, che diventa poi laicalità della chiesa nella forma più radicale possibile. Qui c entrano bene le affermazioni conciliari che si riferiscono all ampiezza del mistero: Cristo è più grande del cristianesimo, inteso come fenomeno storico già realizzato, lo Spirito Santo è più grande di tutte le chiese messe insieme. Chiamare in causa la storia e la cultura significa chiamare in causa ogni uomo, tutti gli uomini. Anche i non credenti (dice espressamente la Gaudium et spes) possono contribuire, anzi devono contribuire. Per lo meno l agenda dei lavori, nell azione pastorale, la predispone l umanità in quanto tale»: queste parole tratte da un saggio del 1982 di Luigi Sartori (a lungo presidente dell Associazione Teologica Italiana), segnano bene l orizzonte non ancora raggiunto nella recezione di GS. Ma, in accoglienza dell insegnamento conciliare e di GS, il cui sguardo apre al futuro, in accoglienza dell invito di Giovanni XXIII a non ascoltare i «profeti di sventura», neppure per quanto si riferisce alle carenze nella recezione del Concilio, quest ultima va inquadrata in una prospettiva molto più estesa nella storia, e non rinchiusa nel bilancio di pochi decenni. 7. Cercare insieme Richiamando una lettera in cui Paolo VI scriveva a mons. Marcel Lefebvre (anni prima dello scisma che avrebbe visto protagonista il vescovo francese) che «per certi aspetti, il Concilio Vaticano II è stato persino più importante del Concilio di Nicea», il teologo benedettino Ghislain Lafont ha recentemente argomentato che il cristianesimo si trova al punto di arrivo della tradizione iniziata a Nicea e al punto di partenza della nuova tradizione aperta dal Concilio Vaticano II (cfr. «Jesus», dicembre 2009). La Chiesa è solidale col mondo nel trovarsi a un tornante culturale di enorme portata. I cinquant anni che separano dall apertura del Concilio diventano in questa prospettiva una distanza piccolissima, segnalano che la tradizione Vaticana deve ancora cominciare. La sua attuazione è aperta in molte direzioni. Perché avvenga al meglio, per l umanità e per la Chiesa, è necessario, come conclude lo stesso Lafont, farsi guidare dal principio del «cercare insieme»: il principio ispiratore di Gaudium et spes. * Docente di Filosofia morale e Filosofia della religione all Università di Milano. Laureata e specializzata in Filosofia presso l Università di Padova, ha conseguito la licenza in teologia dogmatico-sacramentaria presso il Pontificio ateneo Sant Anselmo. Fa parte della Direzione della rivista Filosofia e teologia. Autrice di saggi su temi sia filosofici sia teologici sia, in particolare, vertenti su vari aspetti del rapporto tra filosofia e teologia. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Il male in questione, Milano 2008; La dimensione simbolica: percorsi e saggi, Napoli 2009. 8

Breve Bibliografia ragionata [ivi, pp. 238-239] Su Gaudium et Spes e sui temi trattati in questo volume Citiamo qui solo opere apparse in lingua italiana. Tra i commenti al documento, rimangono preziosi molti contributi di due opere collettive: G. BARAUNA (a cura di), La Chiesa nel mondo d oggi. Studi e commenti intorno alla costituzione pastorale «Gaudium et spes», Vallecchi, Firenze 1966; E. GIAMMACCHERI (a cura di), La Chiesa nel mondo contemporaneo. Commento alla costituzione pastorale «Gaudium et spes», Queriniana, Brescia 1966. Tra i commenti ad opera di periti del concilio, oltre agli studi di H. DE LUBAC e PH. DELHAYE, segnaliamo: B. HÄRING, Dinamismo della Chiesa in un mondo nuovo. Riflessioni sulla costituzione «La Chiesa nel mondo contemporaneo», Cittadella, Assisi 1969. La voce di un vescovo risuona invece in M. PELLEGRINO, I grandi temi della «Gaudium et Spes», Ed. Esperienze, Fossano (CN) 1967. Un ottima prima introduzione si ha in: L. SARTORI, La Chiesa nel mondo contemporaneo. Introduzione alla «Gaudium et spes», il Messaggero, Padova 1995. La storia del dibattito è ricostruita con precisione da G. TURBANTI, Un concilio per il mondo moderno. La redazione della Costituzione pastorale «Gaudium et Spes» del Vaticano II, Il Mulino, Bologna 2000. Per seguire la storia della recezione nella scansione degli anniversari, sono utili: P. DONI (e altri), La costituzione conciliare «Gaudium et Spes» vent anni dopo, Gregoriana libreria editrice, Padova 1988; AA. VV., «Gaudium et Spes»: bilancio di un trentennio, Pontificio Consiglio per i Laici, Città del Vaticano 1996; G. CAMPANINI, La compagnia della storia: il messaggio sociale della «Gaudium et spes» trent anni dopo, Agrilavoro, Roma 1996; P. DONI, La costituzione pastorale «Gaudium et spes» e la maturazione della riflessione sul rapporto Chiesa-mondo nel magistero successivo, Istituto di scienze religiose A. Marvelli, Rimini 1997; V. DE CICCO A. SCARANO, La Chiesa nel mondo contemporaneo. La ricezione della «Gaudium et spes», prefazione di S. CIPRIANI, Chirico, Napoli 2002; M. VERGOTTINI G. TURBANTI F. SCANZIANI D. TETTAMANZI, 40 anni dalla «Gaudium et spes». Un eredità da onorare, ed. In dialogo, Milano 2005. Tra gli studi più recenti, ci permettiamo di segnalare: F. BRANCACCIO, Antropologia di comunione: l attualità della «Gaudium et Spes», Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2007; Per approfondire la figura di Dom Helder Camara: N. PILETTI W. PRAXEDES, Dom Hélder Câmara. Tra potere e profezia, Queriniana, Brescia 1999. Sulla sua partecipazione al Vaticano II e alla conferenza di Medellín nel 1968: S. SCATENA, In populo pauperum. La Chiesa Latinoamericana dal Concilio a Medellín (1962-1968), Il Mulino, Bologna 2007. Essenziale risulta l edizione in corso delle sue 2.122 lettere circolari, scritte con cadenza più o meno regolare ai suoi collaboratori di Rio e di Recife dal 1962 al 1982. Una affascinante selezione è stata tradotta a cura di S. BIONDO, Roma, due del mattino: lettere dal Concilio Vaticano II, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008. Tra le molte e fondamentali opere di M.D. CHENU, citiamo: Le Saulchoir. Una scuola di teologia, Marietti, Casale Monferrato 1982; Il Vangelo nel tempo, Ave, Roma, 1968. Prezioso è ovviamente il suo Diario del Vaticano II. Note quotidiane al Concilio (1962-1963), (a cura di A. MELLONI), Il Mulino, Bologna 1996. Gustoso è il testo-intervista: «Marie- Dominique Chenu. Un domenicano sulla locomotiva», in P. PISARRA, Chiesa del futuro. Futuro della Chiesa, AVE, Roma, 1986, 29-38. 9

Dalla sconfinata bibliografia di e su K. RAHNER, ci limitiamo qui a segnalare il suo Uditori della parola, soprattutto a partire dall introduzione di J.B. METZ presente nelle edizioni successive al 1963 presso l ed. Queriniana di Brescia. Due splendidi testi richiamati anche in questo volume sono poi K. RAHNER, La fatica di credere, Paoline, Roma 1986, e l intervista: La Grazia come centro dell esistenza umana, Paoline, Roma 1974. [Testi espunti dalla stampa per motivi di spazio] 10