Incontri con Gesù Cristo secondo l evangelista Giovanni



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Transcript:

Diocesi di Tortona Anno pastorale 2010-2011 Incontri con Gesù Cristo secondo l evangelista Giovanni Temi di Teologia Biblica trattati da don Claudio Doglio 5. Dare la vita a Lazzaro costa la vita a Gesù Marta, Maria e Lazzaro (Gv 11) 11, 1 Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Il lungo capitolo 11 è quasi interamente dedicato a questo episodio: il settimo segno narrato dall evangelista Giovanni. In genere lo chiamiamo la risurrezione di Lazzaro, però il termine risurrezione si applica più correttamente a Gesù e quindi dal momento che quello che succede a Lazzaro è diverso da quello che succederà a Gesù è più utile non utilizzare lo stesso termine per indicare due cose diverse. Pertanto, riservando a Gesù il termine di risurrezione, è meglio adoperare per Lazzaro un altro termine, come rianimazione. La situazione che viene prodotta in Lazzaro è infatti un ritorno alla vita precedente, mentre la risurrezione di Gesù sarà l inizio di una vita nuova; è il superamento definitivo della morte, è il raggiungimento della gloria eterna. Ciò che succede a Lazzaro è però un segno molto vicino alla realtà significata dal ritorno in vita. Gesù richiama dal sepolcro l amico Lazzaro, compie il 7 segno, il vertice dei suoi gesti miracolosi che significano l intervento di Dio a favore dell uomo. Ha cominciato con il segno del cambiamento dell alleanza, poi ha continuato mostrando il segno del figlio che vive, ha quindi fatto camminare il paralitico, ha nutrito nel deserto il popolo, ha dominato l elemento caotico del mare, ha creato l organo della vista al cieco nato e adesso richiama dal sepolcro l amico morto. Un legame di profonda amicizia Questi segni lasciano intendere ciò che Gesù intende fare per l umanità; è quello che avviene oggi nei sacramenti. Il racconto, dunque, vuole mettere in scena l amicizia; con insistenza lungo tutto il racconto si sottolineano questi rapporti di amicizia, di benevolenza, di affetto, che legano questi tre fratelli tra di loro e con Gesù e i suoi discepoli. 2 Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Questa osservazione è interessante perché nel racconto del vangelo non abbiamo ancora incontrato Maria di Betania e non è ancora stato raccontato l episodio. Il lettore 1

che legge per la prima volta il testo si trova quindi una spiegazione che non conosce. Questo significa che il racconto dell episodio, anche se in forma di tradizione orale, esisteva prima di essere inserito nella stesura definitiva del libro; vuol dire che questo testo è stato predicato a gente che sapeva già la storia e ha assunto una forma finita prima di essere messo per iscritto nella serie del vangelo. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». Propriamente in greco non c è il tuo amico, ma colui che tu ami è ammalato; si adopera però il verbo dell amicizia. Il greco è una lingua molto ricca sfumature e ha parecchi termini per indicare diversi aspetti della stessa realtà; così il concetto di amore si può esprimere con diversi vocaboli in modo tale da richiamare significati differenti. Due verbi fondamentali sono filéo (file,w) che è il verbo dell amicizia e agapào (avgapa,w), che è il verbo della carità. Da filéo deriva filia (fili,a), amicizia; da agapào deriva agàpe (avga,ph), che in latino è stato tradotto con charitas e in italiano è divenuto carità, per esprimere il concetto tipicamente cristiano dell amore generoso e gratuito. «Colui che tu ami è ammalato»: un messaggio molto sintetico, ricco però di sfumature personali. Le due sorelle mandano un messaggio a Gesù, sicure del suo affetto. Non si fa il nome del malato, non dicono nostro fratello, non dicono Lazzaro, dicono «Colui che tu ami». Prima ricordano ciò che fai tu; parlando a Gesù lo mettono al primo posto: «Colui che tu ami». In secondo ordine «È malato». Prima ci sei tu che gli vuoi bere da amico, poi c è la sua situazione attuale di debolezza. I termini greci che vengano tradotti con essere ammalato e malattia sono propriamente termini che indicano la debolezza, quindi è una malattia di sfinimento, è una condizione tipicamente umana di debolezza. Non è precisata come una patologia speciale, ma è la condizione dell uomo che non può, che non riesce, che non ce la fa. Questa espressione possiamo estrarla dal contesto e utilizzarla in modo assoluto per parlare anche di noi stessi. All inizio di un corso di esercizi, ad esempio, possiamo dire al Signore: Colui che tu ami è ammalato. Sto parlando di me, sto dicendo: Signore, guarda che sono qui in una certa situazione di debolezza, di stanchezza, di dispiaceri, di fatiche, di malattie fisiche, ma soprattutto morali. Quello che conta di più è però il fatto che tu mi sei amico e io ti ricordo che sono in questa situazione, vedi tu. Le due sorelle si rapportano a Gesù sulla forza dell amore e dell amicizia; non gli dicono che cosa deve fare. Importantissimo come stile di orazione; non spiegano a Gesù che cosa deve fare. In seguito si lasceranno scappare che un idea l avevano: «Se fossi stato qui»; te lo avevamo fatto sapere apposta. Non gli mandano però a dire vieni subito, gli mandano a dire: «Colui che tu ami è malato»; come dire, sappilo, poi agisci di conseguenza, vedi tu quello che è bene fare. Noi ci rivolgiamo a te non perché ti vogliamo bene, ma perché tu ci vuoi bene; ti facciamo sapere che Lazzaro non sta bene, perché tu gli vuoi bene. Provate a riflettere su questa sfumatura, è molto importante, indica una finezza di relazione, una grande dolcezza e una maturità di stile. Il vero senso della gloria 4 All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». 2

Cogliamo l occasione per chiarire il concetto di gloria che sembra una parola facile, ma non lo è assolutamente. Nel nostro linguaggio potrebbe sembrare come l indizio dell onore, della maestà, dell importanza, del potere. «Questa malattia è per la gloria di Dio»: ma che cos è la gloria di Dio? Usando un altra parola possiamo sostituire gloria con presenza, una presenza significativa, forte, che si fa sentire, determinante. In ebraico il concetto di gloria (kabod) corrisponde al concetto di peso. Noi diciamo che una persona è pesante quando si fa troppo sentire, quando è sempre presente, dice sempre le stesse cose, ne sentiamo la presenza oppressiva e allora la qualifichiamo con una sfumatura negativa dicendo che è pesante. Gli ebrei adoperavano invece l immagine del pesante per una sfumatura positiva, cioè per indicare la presenza costante di Dio, ce l hai sempre addosso. Quando però diciamo che una persona ha un peso sociale, intendiamo dire che la sua parola ha un influsso, è determinante. Ci sono delle persone che nelle varie comunità umane hanno un peso, il loro giudizio è pesante, è significativo, determina le decisioni. Questa è la gloria e allora questa malattia non è finalizzata alla morte, ma a dimostrare la potenza e la presenza di Dio. La gloria è una dimostrazione di potenza, perché attraverso quella morte il Figlio di Dio venga glorificato, cioè possa mostrare il proprio peso, possa mostrare la natura divina e la sua capacità di dare la vita. 5 Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Questa volta il greco adopera l altro verbo: agapào. Gesù non era solo amico, era veramente legato da un affetto profondo, generoso e gratuito nei confronti di tutti e tre i fratelli. L evangelista lo sottolinea con enfasi all inizio, perché deve spiegare come mai Gesù non si sia mosso. Pur sapendo della malattia dell amico e della richiesta delle due sorelle, alle quali voleva molto bene, Gesù rimase lì dove era, al di là del Giordano. Non lo fa per indifferenza, non lo fa perché non sa che cosa succede; ha perfettamente coscienza della gravità della malattia, vuole bene all amico e tuttavia si ferma dov è. È evidente che anche in questo caso c è un comportamento simbolico, cioè l intenzione di comunicare un significato preciso, ma non immediatamente evidente. 6 Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. 7 Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8 I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Durante la festa delle Capanne era successo quel tumulto con il tentativo di lapidazione; Gesù aveva dovuto abbandonare Gerusalemme e il tempio e ritirarsi al di là del Giordano, proprio nel punto dove il Battista predicava la conversione, dove tutto era iniziato e in quel luogo «molti credettero in lui». Adesso Gesù decide di ritornare a Gerusalemme. I discepoli gli dicono: Ma guarda che se torni Gerusalemme ti ammazzano; siamo scappati proprio per metterci in salvo e adesso torniamo là?. Gesù corre un grave pericolo Dobbiamo tenere conto di questo aspetto, perché è molto importante per capire il senso di tutto l episodio. Tornando in Giudea Gesù rischia la pelle; ritorna perché vuole bene, ritorna per dare la vita all amico, ma dare la vita all amico gli costa la vita. In questo senso è il 7 segno, perché è proprio quello che raggiunge il culmine. Proprio in reazione a questo segno le autorità di Gerusalemme decideranno di uccidere Gesù. Adesso è troppo, con questo gesto ha esagerato; la folla che crede il lui è sempre in aumento, bisogna bloccarlo. Subito dopo l episodio si racconta infatti la decisione del sinedrio di uccidere Gesù. 47 Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. 48 Se lo lasciamo fare così, tutti 3

crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione». È importante questo, i discepoli avevano capito che era un grosso rischio e allora tutto l episodio deve essere letto sotto questa luce del pericolo. Gesù vuole così bene da dare la sua vita per l amico. Gesù disse: 11 «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». I discepoli non capiscono e Giovanni sottolinea volentieri questo fraintendimento. Nicodemo non capiva, la samaritana non capiva, i discepoli a proposito del pane non capivano, adesso non capiscono, però credono di capire. Succede a molti ed è un guaio illudersi di capire, pretendere di capire; è meglio riconoscere di non capire che pretendere di aver capito. 12 Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». Non hanno capito, ma parlano, giudicano, spiegano, commentano. 13 Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Ecco quale è il fine: la gloria di Dio, cioè che voi crediate. Non sono contento per Lazzaro o per Marta e Maria di non essere stato là, sono contento per voi, voi discepoli, perché avete la possibilità di credere. Orsù, andiamo da lui!». 16 Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Andare in Giudea vuol dire rischiare seriamente la vita. Non vogliamo mica lasciarlo andare da solo, andiamo anche noi a morire con lui; ecco come ragiona un discepolo. 17 Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro. Fino al terzo giorno, si diceva, non c è corruzione, ma dopo il terzo giorno inizia la corruzione. Gesù è risorto il terzo giorno, non è rimasto tre giorni completi nel sepolcro. Lazzaro invece ormai è morto da quattro giorni; la sottolineatura è proprio il funzione di un accertamento più che evidente della morte, anzi, comincia il processo di putrefazione, di decomposizione. L obiezione di Marta sarà: «Già manda cattivo odore». 18 Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia [3 chilometri circa] 19 e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Evidentemente erano persone conosciute; se sono in molti che da Gerusalemme sono venuti a Betania, per consolare le sorelle, significa che hanno molti conoscenti e amici, sono persone di buone relazioni. Molto probabilmente sono tre giovani, più o meno coetanei di Gesù, e quindi è una morte prematura, inattesa, e Lazzaro ha creato uno scalpore a Gerusalemme; è stato un morto un giovane, una morte inattesa che ha creato tanta partecipazione, come sappiamo che succede in questi casi. Marta progredisce nella fede 20 Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Due atteggiamenti differenti, due stili diversi: Maria più raccolta, Marta, spontanea, corre incontro a Gesù. Prende lei l iniziativa e subito gli dice: 21 «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 4

È un atto di fede. Non c eri, ma se ci fossi stato sono sicura che avresti impedito la sua morte; peccato che tu non ci sia stato. È una mancanza; la tua assenza ha prodotto questo effetto negativo. 22 Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». La prima frase ha un tono di rimprovero: «Se fossi stato qui non sarebbe morto»; è come dire: Ma perché non sei venuto prima, perché l hai lasciato morire? Ti avevamo mandato a dire che stava male, proprio perché venissi subito, non l hai capito? Adesso è tardi!. La seconda frase corregge: No che non è tardi, perché qualunque cosa dici va bene. C è una fede che sta maturando, c è una fiducia profonda in Gesù e tuttavia c è ancora un cammino da percorrere. Come in tanti altri casi, anche adesso noi osserviamo un maturare della fede nella relazione con Gesù. 23 Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24 Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Marta condivide la fede nella risurrezione dei morti, alla fine dei tempi. 25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; La formula è molto importante. Gesù non dice Io faccio risorgere, ma «Io sono la risurrezione». La risurrezione non è un idea, è una persona; Gesù in persona è la risurrezione, proprio per il fatto che egli è la vita. Non semplicemente fa vivere, ma è la vita. La risurrezione quindi dipende strettamente dall essere con Gesù; chi condivide l essere di Gesù partecipa della sua vita e della sua risurrezione. Chi crede in me, Cioè chi è profondamente unito a me, chi diventa una persona sola con me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Queste parole di Gesù affermano quindi uno stretto legame fra vita e fede: chi crede in Gesù partecipa alla vita di Gesù e quindi alla risurrezione. Credi tu questo?». 27 Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Ecco un altra figura della fede: Marta è una solenne figura di donna credente. Più di ogni altro personaggio incontrato fino adesso nel vangelo secondo Giovanni, questa donna ha fatto una professione di fede altissima; sulla bocca di Pietro non abbiamo trovato una professione così profonda e certa; il discepolo aveva detto. «Tu sei il santo di Dio». «Il Maestro è qui e ti chiama!» La professione della messianicità e della divinità di Gesù Giovanni la riserva a Marta: «Io credo». Anche il cieco nato, incontrando Gesù, ha concluso il suo itinerario dicendo: «Credo, Signore». Guardate che la professione di fede non è relativa a delle verità, a delle idee o a delle teorie, ma è relativa ad una persona. «Io credo». In greco si adopera un verbo al perfetto per indicare proprio qualche cosa che è avvenuto nel passato e perdura nel presente: Io ho creduto, io ho aderito alla tua persona fidandomi di te. Io ti ho aperto la porta e questa porta è sempre rimasta aperta e succeda qualsiasi cosa continua e continuerà a rimanere sempre aperta. A questo punto Marta ha detto tutto quello che doveva dire. Notate che c è una evoluzione dal Se tu fossi stato qui ; adesso dice: Io mi fido di te. Basta, non chiede, si abbandona. 28 Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». 5

Anche questa è una splendida frase che può essere estratta e magari anche scritta sulla porta di una cappella: «Il Maestro è qui e chiama te». È una parola che santa Marta continua a rivolgere alle sue sorelle: Il Maestro è qui e vuole parlarti, ti chiama per incontrarti. Lei, la Marta del nostro episodio, è stata pronta ad andargli incontro e, nello stesso tempo, si fa mediatrice nei confronti della sorella. Di per sé Gesù non le ha detto: Vai a chiamare Maria, è una iniziativa sua, immagina proprio che Gesù voglia parlarle, voglia incontrarla. Se lo immagina lei che il Maestro chiami la sorella; in questo modo interpreta il desiderio di Gesù e stimola la sorella ad andargli incontro 29 Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. 30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». 32 Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: Dice la stessa cosa che aveva detto la sorella, se la erano sicuramente già detta fra di loro; era la riflessione che avevano fatto insieme: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Non aggiunge altro, ma forse ha aggiunto qualcosa nel gesto; a differenza di Marta si è gettata ai suoi piedi; è un atteggiamento di adorazione, di prostrazione, di abbandono fiducioso. È un gesto che, per tradizione antica, è riservato soltanto a Dio; è implicitamente una profonda professione di fede, non a parole, ma con il gesto, con tutta la sua persona. 33 Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: 34 «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35 Gesù scoppiò in pianto. Perché? Siamo abituati a spiegare questo pianto di Gesù come un segno di affetto, ma attenzione, questa è la spiegazione che danno i giudei che non hanno capito. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Viene a piangere adesso? Qualcuno dice: se piange è segno che gli voleva bene; qualcun altro dice: è tardi piangere, doveva darsi da fare prima, visto che aveva le capacità di evitare questa morte. Perché Gesù piange? Non posso pensare che pianga semplicemente perché Lazzaro è morto. Lo sapeva, non si è mosso, ha detto ai discepoli che era contento di non esserci stato, sa che dopo qualche minuto lo chiamerà di nuovo in vita e allora non ditemi che piange perché è triste per aver perso l amico. Non funziona, piange per qualche altro motivo. Vedendo Maria piangere e piangere tutti gli altri, Gesù piange sulla loro incomprensione, Gesù piange sulla durezza di cuore, sulla incapacità di capire. Forse piange anche per un altro motivo, perché gli dispiace riportare in vita Lazzaro, perché gli fa violenza. È un segno che sta compiendo, ma riportando indietro Lazzaro lo tira fuori da una condizione già di pace. Forse c è ancora un terzo motivo che fa piangere Gesù: si rende conto che si sta giocando la vita, è il momento decisivo. Dare la vita all amico gli costa la vita e quel pianto è un segno d amore, grande, grandissimo; ma non piange perché Lazzaro è morto, piange per altre sfumature di motivi, ma piange d amore: è il pianto del sacrificio di Gesù. 38 Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è 6

di quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Crede fino a un certo punto, c è ancora un cammino da fare. Si fida di Gesù, ma nel momento in cui lui dice: «Togliete la pietra», lei obietta: Non sta bene. Vuole solo vederlo? No!, ormai non è più da vedere. 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: Gesù prega, è uno dei rari esempi in cui ci viene proposta una orazione di Gesù, in pubblico, che sentano tutti: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Tutto è finalizzato al credere. Evidentemente Gesù prima ha pregato il Padre perché gli concedesse il dono di dare la vita all amico, adesso lo ringrazia pubblicamente perché gli altri capiscano che, tutto quello che dice il Figlio, il Padre lo compie. 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti [legati] in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Gesù, quando risorgerà, lascerà nel sepolcro tutte le tele, afflosciate, ma intatte. Lazzaro invece esce portando fuori tutti i segni della morte, esce legato; ha bisogno di essere sciolto, perché Lazzaro non è risuscitato, non è entrato nella gloria eterna, è tornato indietro nella stessa condizione umana, è stato rianimato. È un grande miracolo, enorme, ma è solo un segno di quello che sarà il vero e incomparabile evento della risurrezione: quella di Gesù. 45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46 Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. Dare la vita all amico gli costa la vita Allora il sinedrio si riunì e decise di eliminare Gesù. Ecco che cosa costa a Gesù aver dato la vita all amico. Voi direste che risuscitare un morto dovrebbe essere un segno sufficiente per convincere e invece no. Vi ricordate la parabola raccontata da Luca, quella del povero Lazzaro: il ricco mangione all inferno dice: Manda Lazzaro a casa dei miei fratelli. No! risponde Abramo hanno Mosè e i profeti, hanno la Bibbia, leggano e ascoltino quella. Se non credono alla Sacra Scrittura non crederanno neanche se un morto risuscitasse. Un morto di nome Lazzaro risuscitò, ma non servì perché i testimoni credettero! Se uno non è disponibile a credere prima dei segni, non c è nessun segno che costringa a credere. I segni aiutano, ma non costringono. Se c è disponibilità, la fede precede il segno; solo se c è disponibilità e apertura, i segni vengono capiti e formano. In questo senso noi leggiamo e meditiamo questi racconti, riconoscendo la grande importanza che hanno i segni nel vangelo secondo Giovanni, e nella nostra vita! Questo è il segno vertice di tutto il ministero di Gesù e significa proprio dare la vita. 7