Come funziona in concreto il Comitato?



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M. ROCCA In questo intervento illustrerò lo sviluppo promosso dalla Chiesa attraverso la Conferenza Episcopale Italiana. Nel corso degli anni Novanta e nel primo decennio del 20mo secolo, il fossato che divide il Nord dal Sud si è sempre più allargato. All espandersi del divario tra Nord e Sud del mondo non ha corrisposto un aumentata sensibilità e una concreta e generosa solidarietà dei Paesi ricchi. Al contrario, nell ultimo ventennio, le risorse impegnate per la cooperazione dai Paesi che compongono il gruppo del G8, i cosiddetti otto grandi, si sono progressivamente ridotte. Proprio negli stessi anni di crisi della cooperazione internazionale dello stato italiano, ha preso vita senza tanto rumore questo nuovo soggetto di cooperazione, la Chiesa italiana appunto. Per comprendere il significato e il lavoro della CEI in favore della cooperazione allo sviluppo, dobbiamo rifarci alla revisione del Concordato, l occasione con cui la vocazione alla carità universale della Chiesa ha trovato una possibilità istituzionale nel 1984. Il Concordato è lo strumento che fin dal 1929 aveva regolato i rapporti tra Stato e Chiesa nel nostro paese. Tra le molte materie esaminate dall Accordo di revisione vi era quella relativa ai rapporti economici tra lo Stato e la Chiesa italiana. Con la firma del Protocollo del 15 novembre 1984, recepito dall ordinamento italiano con la legge 222 dell 1985, il nuovo sistema introdusse una duplice forma di finanziamento: -consentì ai cittadini italiani di elargire offerte deducibili al nuovo Istituto centrale per il sostentamento del clero e - fornì ai contribuenti la possibilità di indicare la Chiesa cattolica italiana quale destinataria di una percentuale - attualmente l otto per mille - del gettito complessivo IRPEF. A partire dal 1990 il nuovo sistema è entrato in vigore e da allora in media l 80% degli italiani che esprimono la loro scelta destina l otto per mille alla Chiesa cattolica. Da parte sua la Chiesa, a norma dell art. 48 della legge 222, è obbligata a usare le risorse così ottenute per tre distinte finalità: esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero e interventi caritativi indirizzati sia alla collettività italiana che ai Paesi del Terzo Mondo. Implicitamente si tratta di un riconoscimento dell importanza dell azione della Chiesa in Italia e del lavoro sociale che essa svolge in tutto il mondo, importanza che la legge 222 accoglie e riconosce come essenziale per promuovere lo sviluppo di ogni uomo e di ogni Paese. Per gestire e valutare i fondi destinati agli interventi caritativi in favore dei Paesi Poveri la Conferenza Episcopale Italiana ha costituito - esattamente il 5 giugno 1990 - il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo con l approvazione anche di un Regolamento che ne stabilisca i criteri di funzionamento. Le scelte che i Vescovi italiani potevano operare, alla luce delle esperienze pregresse e esistenti in questo campo, erano molte. Si poteva dar vita a un agenzia per lo sviluppo, che concepisse piani economici e strutturali di avanzamento a favore delle istituzioni dei Paesi del Sud del mondo; oppure optare per una specializzazione settoriale, in ambiti

come quello della creazione di infrastrutture, della sanità, dell educazione. Si sarebbero potute istituire commissioni incaricate di analizzare le priorità di intervento in un dato Paese. Si sarebbe, infine, potuto scegliere di devolvere a istituzioni missionarie o a enti specializzati le risorse disponibili senza assumersi gli oneri e le responsabilità di una gestione diretta degli interventi. La scelta operata dai Vescovi si è indirizzata su un sentiero completamente nuovo: dar vita a uno strumento di cooperazione ecclesiale. La Chiesa italiana, partecipe della sollecitudine della Chiesa universale, si è sempre sentita pienamente coinvolta nella missione e nell esercizio della carità in ogni parte del mondo. Il Comitato, in questo senso, ha rappresentato lo strumento attraverso cui dare una ulteriore e più organica attuazione a questa impostazione. Il Comitato è stato pensato per essere uno strumento agile e snello, non burocratizzato e con costi di gestione il più limitati possibili. E senz altro motivo di orgoglio il fatto che le spese di funzionamento pesino annualmente sul budget finanziario solo per il 1%, come dichiarato dal Comitato stesso. Come funziona in concreto il Comitato? Esso è presieduto attualmente da mons. Giovanni Battista Gandolfo (nominato dal Consiglio Episcopale Permanente. Egli è coadiuvato nell Ufficio da cinque laici che seguono tutto l iter di realizzazione e gestione, dalla selezione dei progetti ricevuti all erogazione dei fondi, alla rendicontazione. Membri d ufficio del Comitato sono il direttore dell Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e il direttore della Caritas Italiana. A fianco di questi ci sono otto esterni, i cosiddetti esperti, ai quali spetta il compito di esaminare concretamente i progetti che pervengono alla CEI e che l ufficio tecnico ha trovato idonei, secondo il Regolamento, di sottoporre all esame del Comitato. A questi esperti vengono inviati i progetti a seconda delle loro aree di competenza, sia professionale, sia di conoscenza dei paesi da cui provengono i progetti. Essi compilano una scheda di valutazione che viene poi esaminata in sessione plenaria, una volta ogni due mesi, dal Comitato, l organo consultivo che esamina e discute i progetti. Questi sono perciò sottoposti ad una doppia lettura, da parte dell Ufficio e da parte degli esperti del Comitato e possono essere approvati, in tutto o in parte, respinti, o messi in istruttoria, il che significa che il progetto è considerato buono e positivo, ma richiede o un complemento di documentazione, o maggiori spiegazioni e dettagli. Il lavoro degli esperti del Comitato è di vero volontariato, tranne il rimborso delle spese vive come per esempio viaggi. Sono molti i soggetti che possono, introdurre proposte: le Conferenze Episcopali, le Diocesi, gli Istituti Missionari, i Movimenti e le Associazioni ecclesiali purché in accordo con la Chiesa locale. Fra i documenti da allegare alla richiesta, infatti in base al Regolamento applicativo del Comitato, è essenziale il placet della Conferenza Episcopale locale, che si fa garante della autenticità e necessità del progetto e del Vescovo locale. In questo modo si cerca anche di perseguire una cooperazione che sia comunione e arricchimento reciproco: il Comitato non si pone

come mero ente finanziatore, ma come partner cosciente della doverosa collaborazione tra le Chiese dei Paesi ricchi e quelle dei Paesi poveri. Che tipo di progetti vengono privilegiati? Dice l articolo primo del Regolamento: La prima preoccupazione del Comitato nel valutare un progetto è che sia un servizio a favore dei poveri. La richiesta presentata deve pertanto avere una obiettiva finalità sociale e di promozione umana, escludendo quindi progetti di ordine pastorale. Partendo dalla descrizione delle realtà e dal contesto di riferimento, occorre che siano ben evidenziati gli obiettivi e le finalità del progetto che si propone, descrivendo in modo dettagliato il percorso formativo e di sviluppo che si intende perseguire. Nel 1990 è stato pubblicato il libro bianco Dalla Parole alle Opere 15 anni di testimonianze del Vangelo della Carità nel Terzo Mondo, ampia e documentata illustrazione dei progetti e delle iniziative finanziate dal 1990 al giugno 2004 dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo. L intento è stato di informare dettagliatamente e con trasparenza sulla utilizzazione dei fondi provenienti dall otto per mille destinati dalla Chiesa cattolica a sostegno della promozione umana, dello sviluppo e di aiuti caritativi nelle emergenze dei Paesi del Sud del mondo. Il libro documenta in modo esauriente le linee prioritarie degli interventi: A. L alfabetizzazione, la formazione e l istruzione tecnica e professionale, la cooperazione universitaria, il sostegno allo studio. Trascrivo dalla presentazione del volume: Tra gli interventi sostenuti sono da ricordare quelli dell alfabetizzazione di base fino a giungere alla formazione dei quadri dirigenti del Paese. Sono stati realizzati interventi per la formazione dei formatori e leaders di comunità, la qualificazione e l aggiornamento degli insegnanti, il sostegno alle associazioni locali e alle attività cooperative per l acquisizione di competenze gestionali. Il Comitato si è inoltre particolarmente impegnato nell ambito della cooperazione universitaria. La formazione professionale ha abbracciato ambiti diversi: sanitario, rurale, agricolo, economico, artigianato locale, comunicazioni sociali e sistemi di risparmio e credito. Nelle regioni attraversate da conflitti internazionali o guerre civili sono stati promossi - come peraltro largamente richiesto dalle popolazioni interessate - corsi di rieducazione alla pace e ai valori morali e civili. Il Comitato si è impegnato altresì nel sostegno del diritto allo studio attraverso il finanziamento di numerose borse di studio che hanno consentito di raggiungere livelli di formazione anche altamente specializzata. B. La tutela dei diritti dei minori, la rimozione degli svantaggi legati alla disabilità, la lotta alla tossicodipendenza, l attenzione verso i giovani. C. La promozione della donna, il sostegno alle minoranze etniche, la protezione degli indigeni e dei tribali, l umanizzazione delle carceri. D. Il diritto alla salute, la lotta all AIDS, la difesa dell ambiente.

E. Il microcredito, il sostegno all occupazione, la promozione della cultura del lavoro, il reinserimento degli emigrati, il sostegno alle attività agricole. F. Emergenze o calamità naturali (terremoti, alluvioni, carestie) ed eventi bellici con conseguenti fenomeni migratori e scarsezza di cibo e medicinali. Possiamo dire che al centro della cooperazione della Chiesa italiana c è la formazione in tutti i suoi aspetti e come abbiamo visto gli interventi in questo settore sono ad ampio raggio. La formazione è la chiave dello sviluppo, si legge in un Libro Bianco sugli interventi caritativi di qualche anno fa. Le missioni di valutazione. In gran parte il rapporto tra il Comitato e i richiedenti è su base fiduciaria, ma ciò non impedisce che di tanto in tanto vengano effettuate Missioni sia di tipo esplorativo, per vedere sul posto la necessità e l urgenza di un progetto e le capacità di realizzarlo; sia di controllo quando si tratta di progetti di notevole entità distribuiti su più anni (al massimo tre, difficilmente estensibili), sia quando i rendiconti non sono pienamente soddisfacenti e richiedono quindi un esame in loco oppure si notano delle difficoltà nel cammino di realizzazione del progetto. Le missioni di valutazione hanno quindi anche una funzione di accompagnamento. Vediamo una sintesi degli interventi del Comitato per gli Interventi Caritativi a favore del Terzo Mondo, in particolare una semplificazione dei numeri: in questi 20 anni di attività, a partire dal 1990, la CEI ha avuto a disposizione e distribuito circa 1250 milioni di euro per un totale di 11.500 progetti approvati sui 32.000 ricevuti. - Progetti Approvati ad oggi circa 11.500 progetti di cui: 1. 4150 progetti in Africa per un totale di 460milioni; 2. 3700 in America Latina per un totale di 410milioni; 3. 2800 in Asia per un totale di 225 milioni; 4. 500 in Medio Oriente per un totale di 65 milioni; 5. 100 in Oceania (intesa come i paesi del sud-sud-est come Papua, Samoa, Isole della Tonga, Isole Salomone, ecc) per un totale di 10 milioni; 6. 200 progetti su più continenti per un totale di 60 milioni. - In riferimento agli organismi proponenti gli 11.500 progetti si possono così suddividere: 1. 1000 per le Conferenze Episcopali per un totale di 325 milioni; 2. 4000 per le Diocesi per un totale di 275 milioni; 3. 3500 per gli organismi religiosi e missionari per un totale di 305 milioni; 4. 2800 per gli organismi laici per un totale di 315 milioni; 5. 200 per le Caritas nazionali o diocesane per un totale di 30 milioni. - In riferimento alle aree d intervento si potrebbero così suddividere:

1. 7750 progetti nell ambito della formazione (scolastica, universitaria e pre/post, professionale, agricola, microcredito, produzione e commercializzazione) per un totale di 570 milioni; 2. 1750 in costruzioni per un totale di 195 milioni; 3. 680 in ambito sanitario per un totale di 105 milioni; 4. 550 per le emergenze per un totale di 290 milioni; 5. 420 nell ambito della comunicazione (TV, radio, giornali) per un totale di 56 milioni; 6. 230 per lo sviluppo e l emancipazione della donna per un totale di 22 milioni; 7. 120 a difesa e tutela delle minoranze per un totale di 12 milioni. Concludendo mi sembra di poter dire che quello che ha tentato di realizzare la CEI attraverso il Comitato nel corso dei suoi 20 anni di attività è un modello nuovo di cooperazione,di sostegno all auto sviluppo che supera il puro assistenzialismo per avviare un processo di formazione e di educazione allo sviluppo, tenuto conto del fatto che non è possibile la promozione umana senza la formazione. E un cammino non facile che vuole istaurare una relazione di corresponsabilità e scambio reciproco tra i due partner. Non si è voluto cioè imporre o trasferire al Sud ciò che esiste al Nord, ma rafforzare e consolidare la capacità operativa delle diverse istituzioni ecclesiali locali nel progettare, eseguire e sostenere progetti di sviluppo umano contribuendo al loro sostegno finanziario.