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anno 1 n 1 aprile 2o1o PERIODICO DEGLI ISTITUTI RIUNITI AIROLDI E MUZZI onlus il proverbio del mese Fin al quaranta de masc bisogna minga mùla i strasc 1

Periodico degli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi onlus anno 1 n 1 - aprile 2010 Ideato e realizzato da 23900 Lecco (Lc) via Airoldi e Muzzi, 2 tel. 0341 497172 fax 0341 250354 info@airoldiemuzzi.it www.airoldiemuzzi.it con la collaborazione di 23900 Lecco (Lc) via Airoldi e Muzzi, 2 Testi di: Lorenzo Bonini La rubrica Il sabato del Villaggio è curata da Vittorio Vecchi e da Otello Gilardi. Progetto grafico e impaginazione di Mariangela Tentori - Lecco www.mariangelatentori.it Finito di stampare nel mese di aprile 2010 da Editoria Grafica Colombo snc di Alfredo Colombo & C. Valmadrera (Lc) www.edgcolombo.it Indice Editoriale pag. 1 Sulla stessa strada di sempre Il personaggio» 2 Mariuccia Eventi» 4 Il giorno della memoria Ti presento...» 6 Alessandro Manzoni, illustre volontario Eventi» 7 Un giorno da non dimenticare Racconto» 9 Il vecchio e la farfalla Storia/parte prima» 10 Tantissimi anni fa, ad Acquate sopra Lecco, viveva una famiglia... Dentro la questione» 13 Intervista a Monsignor Cecchin: Un adesso carico di eternità L arte: il mito» 18 Le responsabilità dell età di mezzo In biblioteca» 20 El pan de seira l è bon adman Il pane di sera è buono domani Il sabato del villaggio» 21 Giochi La ricetta della nonna I capelli bianchi editoriale i pagina 1 Sulla stessa strada di sempre Cari amici, l nostro cammino riparte dagli stessi passi sui quali ci eravamo lasciati qualche tempo fa. Vale a dire dalle fondamenta degli Istituti: gli ospiti, innanzitutto, come pure i loro familiari e tutti coloro, volontari o personale, che ad essi dedicano tempo ed energie. I reciproci rapporti che legano queste realtà umane non sono immobili. Al contrario, si inseriscono nella logica di un percorso, di una strada da compiere assieme, in nome della dignità della propria vita, del valore della vita stessa e della cura che ogni essere umano, primi tra tutti gli anziani, ha il diritto di rivendicare per sé. La tensione tra queste necessità e le risposte che vi giungono è il nucleo centrale del nostro periodico. Articolandosi in due parti, cercherà di ritrarre, da un lato, il complesso confronto dell anziano con il mondo presente, avvalendosi tanto di testimonianze artistiche, quanto di un efficace repertorio saggistico. Troverete, inoltre, in ogni numero, al fine di guidare tali riflessioni, un intervista realizzata con una persona di particolare rilevanza sociale della nostra città; nel caso di questo numero, il prevosto di Lecco, Monsignor Franco Cecchin. D altro lato, la prima parte del periodico renderà conto delle iniziative susseguitesi negli Istituti durante le settimane precedenti all uscita di ogni numero. Infine, due rubriche centrali scandiranno il passaggio tra le due parti del giornalino. La prima, raccontando la vita di un ospite dell Istituto, cercherà di trarne l importanza che solo una conoscenza così diretta di un passato per noi lontano può portare con sé. Allo stesso ospite, diverso per ogni numero, sarà inoltre dedicata la copertina del periodico, testimonianza grafica di una centralità della persona non solo simbolica. La seconda rubrica, invece, vi condurrà lungo tutti i 416 anni di storia degli Istituti, avvalendosi anche, per ciò che concerne l ultimo secolo, di un affascinante repertorio fotografico. Queste sono le motivazioni e la direzione del cammino che vogliamo percorrere insieme a voi, ospiti, familiari, volontari, membri del personale e amici e sostenitori degli Istituti, con la tacita speranza che il nostro lavoro contribuisca anche ad rinforzare le fila di quanti si adoperano, di quanti conoscono e sostengono gli Istituti Airoldi e Muzzi.

pagina 2 il personaggio il personaggio pagina 3 Mariuccia Conosciamo, ora, la signora Mariuccia, a cui abbiamo dedicato la copertina, tramite la sua voce, le parole con le quali lei stessa ricorda la sua vita, i suoi luoghi, i volti e gli scenari di un tempo lontano. S e mai al Manzoni fosse venuto in animo di scrivere un romanzo ambientato nei dintorni di Varenna, certo avrebbe cominciato parlando di quel piccolo, rapido fiume, reso candido dalla sua stessa spuma, e per questo chiamato Fiumelatte. E proprio da Fiumelatte arriva Mariuccia. Da quella lingua di terra stretta tra il lago e il monte. Ed ogni cosa che le piaccia ricordare è capitata li, è scivolata, come il tempo, lungo quel fiume bianco e scrosciante, quasi fosse un piccolo Po di una Bassa ben più aspra di quella di Guareschi. Ricorda, Mariuccia, quei due frati finiti nel fiume d estate, quando le acque si ingrossavano e lambivano le strade. Con gli stessi brividi ricorda anche quella mattina, durante la guerra, che le ragazze della filanda passarono dalla Montagnetta ed esclamarono I spùnta i gamb!. Attaccate a quelle gambe c erano corpi, e i corpi, dice Mariuccia, erano di quelli che combattevano su in montagna, i partigiani. Già, la guerra. La guerra, quando si andava tutti in cantina a nascondersi dagli aeroplani che passavano. E poi c era la filanda. Venivano da Lierna per lavorarci, racconta Mariuccia, e da Perledo con le zoccole in mano, a tagliare in fretta attraverso i prati. Perché se arrivavi in ritardo, erano guai, e guai seri. Arrivavano pure da Mantova e dintorni, e dormivano nei camerott, sopra la filanda. Dalle prime luci dell alba fino alla sera si stava lì dentro a filare e Mariuccia ricorda quei due fili di seta da legare assieme per tutto il giorno e le scale che salivano. E le torna alla memoria anche quella lunga passeggiata per i prati, un estate di tanto tempo fa, insieme alle ragazze della filanda ed ai padroni, e il fuoco acceso la sera e il cibo portato da casa. Poi Mariuccia si è sposata e ha lasciato la filanda, che non è durata poi La signora Mariuccia al Centro Diurno Integrato degli Istituti. Villa Monastero a Varenna. Mariuccia aiutava il fratello accompagnando i turisti in visita. molto ancora. Lei invece ricorda le mucche al pascolo del padre di suo marito, e i suoi conigli, e le galline, una bianca e una nera. Racconta di quando prendeva il battello per andare a Menaggio, e di quando saliva fino al Baluardo e guardava tutta quella distesa d acqua li sotto, dinanzi alla quale, tra i monti, s incastra Varenna. Varenna, con le sue ville. Ad esempio, Villa Monastero con i suoi giardini, dove lavorava suo fratello. Mariuccia spesso andava ad aiutarlo e a far da guida a tutti quei turisti. Ne venivano a fiotti, e da ogni parte. Oppure Villa Cipressi e le sue terrazze, che degradano lente ed eleganti fino al lago. Non si pesca più come una volta in questo lago, sentenzia Mariuccia. E nemmeno Fiumelatte è piu il borgo che era un tempo. Le botteghe sono sparite una per una, lentamente ma in modo inesorabile, col passare del tempo. Non c è nemmeno quel povero bottaio, lasciato senza più un soldo da quei giovani che gli avevano fatto firmare delle carte. Mariuccia però ritorna a sorridere quando racconta della doppia festa che le hanno fatto, per i suoi 87 anni. A casa con i suoi, con quella grande torta di compleanno, e agli Istituti, con le infermiere e gli altri anziani. Insomma, cose che succedono, così concluderebbe un Guareschi, e sono successe, sulle rive di quel vorticoso fiumiciattolo bianco, schiumante come il latte, che dopo qualche centinaio di metri dalla sua sorgente va a buttarsi nel lago.

pagina 4 eventi eventi pagina 5 Il giorno della memoria M ercoledi 27 gennaio l animazione degli Istituti ha realizzato, con il contributo significativo degli ospiti, un intensa celebrazione della Giornata della Memoria, la commemorazione mondiale che ogni anno ricorre in concomitanza con l anniversario della Liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Si tratta di una raccolta di storie di vita degli ospiti, recitate dalle animatrici degli Istituti e dalle ragazze dell Istituto Clerici, e accompagnate da diapositive, musica di sottofondo e canzoni dell epoca. Il lavoro iniziale è stato quello, sempre umano e poetico, di raccogliere storie. Storie dei tempi di guerra, storie di quegli anni così tristi e così lontani. Quei ricordi sono stati raccolti con l intento di celebrare la Memoria nel suo senso più profondo, vale a dire mediante il patrimonio di realtà vitale che ogni esistenza porta con sé. Ovviamente, la memoria ha delle leggi fisiche cui sottostare. Talvolta i ricordi, in particolar modo per alcuni ospiti, permangono al di sotto della superficie della mente, incapaci di venire a galla, ma non per questo dimenticati. È sufficiente una melodia, un immagine, persino il racconto di un altra persona, per rievocare dei momenti di vita. Quel giorno, il 27 gennaio, nella sala animazione degli Istituti, quel lento rinascere di immagini era percepibile in modo quasi commovente. Le malinconiche note di Lili Marlene, cantate dalle ragazze dell Istituto Clerici, sembravano possedere proprio quella forza rievocativa. Molti ospiti si univano al canto, altri ancora ricordavano, lì per lì, come per associazione improvvisa, volti e situazioni di quei tempi lontani. Intanto, dal buio della saletta, comparivano immagini di quegli anni di guerra, e scandivano, nel loro rincorrersi, le parole dei racconti. Si passava dal motocarro scomparso a Caprino Bergamasco e dal timore della rappresaglia tedesca, alla mula di Parenzo, ossia la drogheria, come la chiamavano in Istria, la storia di un unione Marlene Dietrich, attrice e cantante tedesca, icona del cinema del primo Novecento, fu una delle prime dive. Le interpretazioni sensuali e la voce ammaliante la fecero diventare ben presto il mito di un intera generazione. Auschwitz: immagini del campo. Sotto: sopravvissuti presenti al 64 anniversario della liberazione. familiare scampata alla guerra ed ai campi profughi. Si ascoltava sorridendo il racconto dell allegra parodia, bravata da ragazzi, delle canzoni di regime, quello del salame scampato alle ingorde razzie nazifasciste, e poi ancora quello dei due agnelli, uno notificato al regime, ed uno tenuto nascosto, e mangiato nel giorno di festa, e infine il ricordo delle bombe gettate nei pressi del ponte di Pescarenico, che facevano la felicità dei pescatori e un po meno dei pesci. E ancora, il coraggio di mamma Elisa, e la strana amicizia, là tra le montagne, verso Domodossola, di un partigiano e di un soldato tedesco, e quella cartolina, unico pegno e ricordo di quell incontro. Perché là dove infuriava la guerra, nascevano con più spontaneità gli affetti ed anche l amore, come nel racconto della signora che fu ragazza in Kosovo e conobbe un ragazzo italiano nel dicembre del 44. Si sposarono dopo una settimana, e si rin corsero, come due promessi sposi (già sposati) attraverso quel mondo in guerra. Lei lo raggiungeva in un campo di concentramento, e lui veniva spostato in un altro e poi ancora in una miniera, finchè fu rimpatriato e si ricongiunse a lei. Sono tutte storie piccole, storie di gente semplice, e il pregiudizio ricorrente, in questi casi, è che in tali contingenze storiche i grandi fatti del mondo finiscano con l imporsi sulla vita di ogni giorno. Ma la realtà è che è spesso vero il contrario, e cioè che la vita di ogni giorno s impone su quelle gravi circostanze, cercando cunicoli e anfratti attraverso i quali riemergere liberamente alla luce, e donarsi poi a chi deve e dovrà vivere, sotto forma di ricordo e di Memoria.

pagina 6 ti presento... eventi pagina 7 Alessandro Manzoni illustre volontario Un giorno da non dimenticare Presso gli Istituti opera un folto gruppo di volontari che, singolarmente o in gruppo, dedicano tempo, energie e passione T ra i numerosi volontari che dedicano il loro tempo agli ospiti degli Istituti, merita una menzione Alessandro Manzoni, e non solo per la discendenza dall omonimo, venerato autore de I Promessi Sposi. Alessandro, 74 anni, da un anno volontario agli Istituti, ci racconta del suo impegno presso il Centro Diurno Integrato e la Residenza Bettini, delle difficoltà incontrate inizialmente a suscitare l interesse degli ospiti, e della scoperta di un mondo artistico, quello del balletto, che risulta essere di particolare impatto su di loro. Le immagini colorate, ritmate, vivide, le musiche, se pure non ascoltate, comunque già orecchiate in precedenza, provocavano e provocano tuttora il generale apprezzamento degli ospiti. Altre occasioni in cui Alessandro ha potuto incontrare il favore dei suoi spettatori sono state la proiezione di diapositive a tema «Varenna» e di fotografie della luna e delle costellazioni. Di quest ultima circostanza, Alessandro ricorda la propria stupita gratificazione, nel vedere un ospite del Centro Diurno, un ex professore di matematica, riconoscere le Pleiadi, davanti a un immagine della volta stellata. E tutte queste diapositive, non si pensi che siano riciclate. Provengono tutte dai moltissimi viaggi di Alessandro, una passione nata come occasione di studio, a Parigi, continuata per via del lavoro, in Francia, Nordafrica e Sudamerica, e resa tale, infine, dalla voglia di conoscere luoghi e popoli, al di là di ogni rappresentazione lontana, a stretto contatto con la realtà tangibile di paesaggi e genti diverse, ognuna delle quali ha qualcosa da consegnare al viaggiatore, al contrario di ciò che accade con il semplice turista. L ultimo viaggio ha portato Alessandro in Uruguay, il più lungo invece l ha condotto in un giro del mondo in quaranta giorni, attraverso Singapore, Bali, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda, Polinesia, Hawaii, Nordamerica ed Europa, i più incantevoli a Bora Bora e nel Grand Canyon. E il viaggio ancora da realizzare? Alessandro non ha dubbi: in Perù, a Machu Picchu. Il non ti scordar di me è il fiore simbolo dell Associazione Alzheimer Lecco. Nel suo nome il riconoscimento della dignità che va dovuta alle persone che soffrono di questa malattia. Un nuovo sguardo sull Alzheimer. Guardare e pensare alla malattia dalla parte del malato. I l 23 dicembre scorso, presso il Nucleo Alzheimer, il tradizionale scambio di auguri natalizi tra i familiari degli ospiti e il personale degli Istituti, è stato l occasione per un bilancio e una riflessione sulle tematiche del morbo di Alzheimer. In particolare, sono state affidate alla proiezione di un video dal titolo «Un giorno da non dimenticare» alcune considerazioni riguardo la malattia allo stato attuale: come è percepita dall esterno, quali preconcetti esistano sui suoi caratteri negativi e quali riscontri positivi possa invece avere una persona chiamata ad operare in quel campo. L obiettivo del video, presentato dalla dr.ssa Di Maggio e realizzato dal personale del Nucleo, era quello di affiancare ad alcuni pregiudizi circa i malati di Alzheimer, altrettanti rovesci della medaglia. Così, ad esempio, a una slide che diceva dicono che non mi so più prendere cura di me stesso seguiva un ma adesso ho la parrucchiera personale, e dicono che sono diventato pigro diventava ma io mi alleno tutti i giorni. Parte integrante del video erano le immagini, foto e filmati realizzati da ottobre a dicembre durante alcuni momenti della vita nel Nucleo: l assistenza del personale e dei volontari, la quotidianità, quale può essere un pasto o un momento di relax, le attività della ginnastica, del canto, delle terapie, e le ritualità come la Messa o l albero di Natale.

pagina 8 eventi racconto pagina 9 Il vecchio e la farfalla La reazione dei familiari che sono intervenuti è stata decisamente positiva, e a detta di chi ha partecipato, si è creato un clima di forte coinvolgimento emotivo. Il senso del video, però, non è solamente in relazione agli ospiti. La consapevolezza che si vuol trasmettere è anche quella di coloro i quali si trovano ogni giorno a dover esercitare la loro professione, a spendere il loro impegno in un ambito come quello del Nucleo Alzheimer, e più in generale, del morbo di Alzheimer, di fronte al quale spesso nasce l impressione che molte cure e molte attenzioni, se non andate perse, siano comunque difficilmente percepibili da coloro che le ricevono. Tuttavia esiste, e il video ne fa il proprio messaggio, una valorizzazione dell esistenza umana, della dignità delle persone, che non può passare solamente attraverso la consapevolezza che l ospite ha delle attenzioni che gli vengono rivolte, ma che risulta decisiva per chi si impegna in tal senso. Non importa quanta coscienza un anziano, un malato abbia delle cure che riceve. Importa, invece, quale senso di dignità e di valore della vita difenda il volontario, l infermiera, la dottoressa, nell atto quotidiano del suo operare. I pregiudizi verso il morbo di Alzheimer nascono spesso da problematiche reali (la memoria, il fisico debilitato, la difficoltà a relazionarsi) ma alle quali non si sa dare una risposta a partire da se stessi. Nascono dalla volontà di girare la testa altrove, e spesso anche dal compiere sforzi per i quali non sembra esserci reazione o gratitudine. Operare senza tali aspettative richiede una convinzione ancora maggiore nei confronti delle persone e dei valori che si vogliono difendere ed affermare. È spesso più faticoso, può sembrare meno realistico e gratificante, ma quando il miracolo di un sorriso, di uno sguardo si intreccia a quell impegno quotidiano,allora si riesce a cogliere quelle manifestazioni in tutta la loro straordinarietà. Alcuni momenti della serata del 23 dicembre. Liberamente ispirato a Il vecchio e la farfalla di A. Branduardi I mmaginate una quercia maestosa, sola, al limitare di un prato. Anni a guardare il vento passare. A lasciar scorrere il tempo, come la pioggia tra le montagne, come la nebbia tra i campi. E un giorno - cercate di guardarlo - compare lui. Lui - vedete - è un gentile signore minuto, i capelli candidi e il passo lento. Il suo volto è solcato da mille rughe sottili, quasi fosse una mela renetta che, quando è matura, lascia così presagire tutta la fragranza della polpa. Immaginàtelo avanzare piano sulla stradicciola ghiaiosa che aggira i profumi densi del boschetto - è pur sempre primavera - e percorrere in silenzio il limitare del prato, fermandosi - solo ogni tanto - per osservare il vento comporre geometrie misteriose tra i lunghi fili d erba. Passo dopo passo, finisce con l avvicinarsi alla vecchia quercia solitaria, proprio nell istante in cui un impetuosa folata di vento scuote le sue fronde verdeggianti. E lui la fissa, incantato, il lieve tremore delle mani si fa meno incerto, il sorriso più disteso, la fronte vede spianare alcune delle sue sottili rughe. Certo, se qualcuno, passando, avesse visto la scena - magari da dietro lo steccato che cinge il campo di papaveri alle spalle della quercia - avrebbe creduto che quel bianco, gentile signore minuto, si fosse ammattito d un colpo. O che avesse visto un fantasma, o che lo avesse colto una qualche improvvisa folgorazione. Ma la realtà è che quel fascio di vento e di luce che trafigge silenzioso le fronde della quercia sembra scandire, piano, all aria tersa d aprile, poche, flebili parole. Lo invita a sedersi, a ripararsi, a raggomitolarsi contro il tronco nodoso, tracciato da gemme di legno, all ombra dei suoi rami. E sembra sussurrare agli occhi estasiati dell uomo, di fermarsi, di lasciarsi cullare dai suoi mormorii senza tempo, dall ombra dei rami quietamente ondeggianti. E promette - così pare - che non lo lascerà indifeso alle taglienti piogge d aprile, né al primo calore dei soli di maggio. Promette - certo, anche voi lo sentireste - promette di cullarne il capo tra le fronde, di accogliere la sua stanchezza in un dolce abbraccio. Se solo lo vedeste, quel minuto, bianco signore, lasciarsi andare sonnecchiando all ombra della grande quercia, col capo appoggiato alla mano. Vi strapperebbe un sorriso, ne sono sicuro. E mentre gli occhi iniziano a chiudersi, si aprono ad un sogno. Niente mani, niente braccia. Ora sogna d essere una farfalla. E vola qua e là, tra i lunghi fili d erba del prato, attorno una vecchia quercia e lungo una stradetta di ghiaia che aggira un boschetto odoroso, di là del quale c è un campo di papaveri screziati. Ora lo vedreste sorridere tra sé, all ombra della grande quercia. Frattanto una farfalla, scura come la notte, macchiata di un acceso blu oltremarino, volava di fiore in fiore, lungo una vecchia stradetta di ghiaia, attraverso un campo di papaveri. Si posava sopra uno di essi, e il dolce tepore primaverile, lo stelo ondeggiante, la facevano sopire. Certo, non ci credereste. Sognava d essere un gentile signore minuto, con i capelli candidi e la fronte solcata da cento rughe sottili, accoccolato all ombra di una quercia, con lo scintillio di un sorriso sul volto.

pagina 10 la storia / parte I la storia / parte I pagina 11 Tantissimi anni fa, ad Acquate sopra Lecco, viveva una famiglia... L a trama di avvenimenti di cui si vuole rendere conto, vale a dire la vita degli Istituti Airoldi e Muzzi, trae la sua origine in tempi remoti, nei quali spesso la storia diventa leggenda, e la diceria prende valore di realtà. Talvolta, però, il passato ci consegna testimonianze di indubbio valore, qua - si volesse esso stesso narrarci la sua storia. E in fondo non è fondamenta le, ai fini della nostra ricostruzione, co - noscere chi fu Stefano Airoldi, che fu impiccato nel 1471 sul sagrato del la Chiesa di San Giorgio, ad Acquate, per ordine del duca Sforza, con l accusa di aver tentato per quattro volte di vendere Lecco alla Serenissima Repubblica di Venezia. E poco importa, forse, anche di quell Antonio Airoldi che, lo stesso anno dovette pagare una multa di 50 ducati d oro, per una falsa testimonianza resa durante il processo del giovane Marchesini, in quella torbida vicenda della ragazza trovata morta dinanzi alla porta del cimitero. Nè può dirsi essenziale ricordare le sante figure di Francesco Airol di, sacerdote in Acquate, e di fra Do menico, Generale dell Ordine dei Monaci di Monte Oliveto dal 1484 fin oltre al 1511. Ma tutto questo rappresenta, come ricorda Angelo Sala, «un campionario significativo di accadimenti uma - ni, utili a ricomporre il mosaico degli even ti storici, tessera dopo tessera, ma anche a cogliere quel contesto in cui nasce l Ospedale di Acquate: un o pera concreta di quegli uomini nel tempo che dà spessore ed incarna le virtù di una cultura sustanziata di senso comunitario, fiducia nelle proprie capacità, identità di intenti, amore alla propria terra, accettazione della realtà pur dolorosa e amara.» E così, scivioliamo di anno in anno, lun go le vite della casata acquatese degli Airoldi, e giungiamo sul finire del XVI secolo, presso la figura dominan - te di Giovanni Antonio Airoldi, che le cronache del tempo ricordano anche per un difficile caso giudiziario, in merito all infondata accusa di omicidio del nipote Cristoforo Airoldi. È il 4 maggio 1590, quando Giovanni Antonio, notaio, in età avanzata e sen - za eredi, si reca alla S. Messa, duran - te la quale viene letta la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte. «Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, Il manoscritto originale del testamento di Giovanni Antonio Airoldi, custodito nella segreteria parrocchiale di Acquate. ma non presero con sé olio; le sag - ge invece, insieme alle lampade, presero anche dell olio in piccoli vasi. ( ) A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Ora, mentre quelle (le stolte ndr) andavano per comprare l olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, Signore, aprici! Ma egli ri spo se: In verità vi dico: non vi co no sco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l ora.» Profondamente colpito dalla parabola, meditando sul senso delle parole udite e su quanti testamenti avesse visto in vita sua, che pure non avevano mutato i morti in vivi, Giovanni decide di redigere il suo definitivo testamento. Premetteva l ispirazione evangelica che permeava i suoi lasciti, elencava una lunga serie di suffragi e di rimedi, definiva l eredità della moglie Lucrezia Vitalba (che ritroveremo in seguito integrata al patrimonio dell Ospedale) e infine disponeva: «Di tutti gli altri beni miei mobili e immobili che ora posseggo e che la scerò il giorno della mia morte istituisco e stabilisco mia erede generale e universale la Beata Vergine Maria, in modo, cioè, che si eriga una casa ossia ospedale, e in essa casa si raccolgano tutti i poveri del territorio di Lecco, i quali possano avere ivi vitto di pane, vino e pietanza, e vestito secondo la loro condizione». Commovente in questo senso, e Angelo Sala lo sottolinea citando mons. Carlo Marcora, è l idea di «far piacere alla Madre celeste benefican do i figli di Lei, i più poveri, i più ab - bandonati con l istituzione del - l Ospizio, invece di erigere un san - tuario prezioso per opere d arte e arredi.»

pagina 12 la storia / parte I dentro la questione pagina 13 La Pietà. Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Lugano. Intervista di Lorenzo Bonini a Monsignor Cecchin Un adesso carico di eternità Il testamento, inoltre, delineava limpidamente la struttura amministrativa dell Ospedale. Custodi e Governatori erano il Guardiano dei frati di Castello e il parroco di Acquate, e, in aggiunta, due dei sindaci della Vicinanza di Acquate, che Airoldi incaricava di tenere un registro delle spese, mediante il quale rendere conto dell amministrazione ai Custodi, al di sopra dei quali non esisteva alcuna giurisdizione. Il 5 marzo 1594, quattro anni dopo quella famosa Messa, Giovanni Antonio Airoldi lasciava questo mondo, rendendo a tutti gli effetti esecutivo il suo testamento. Il 3 luglio, i sindaci Ambrogio Tartari, Rocco Gattinoni e Giovanni Antonio Invernizzi raccoglievano in strada tutti gli abitanti della Vicinanza di Acquate, prendendo formalmente l impegno di rispettare le volontà di Airoldi, realizzare un inventario di tutti i beni lasciati, e impegnandosi a richiedere all Arcivescovo di Milano l autorizzazione per l Ospedale. Poco più di un mese dopo, l 8 agosto, in presenza dell Arcivescovo, veniva redatto dal notaio Teoldi un instromento, un accordo siglato dai tre sindaci, rappresentanti dei vicini di Acquate, dal parroco e dal frate Guardiano di Castello. Era, a tutti gli effetti, l atto di nascita dell Ospedale di Acquate, di una delle opere di carità più importanti e rappresentative della città di Lecco e dell intera regione. Durante i primi anni di vita, l Ospedale si manterrà fedele alla linea dettata da Airoldi. Non si parla né di malati né di anziani, ma di poveri da nutrire, accogliere e vestire. Del resto, spiega Sala, la figura del medico non era ancora penetrata in queste realtà sociali comunitarie di inizio 600. Comparirà più tardi, nel 700, e formalmente solo durante il XIX secolo. Ciononostante, gli incubi della fame, delle carestie, dei raccolti magri e degli inverni erano ben evidenti, ai tempi del lascito, più di ogni altra problematica. Erano queste, inizialmente, le persone che Airoldi rac comandava, mettendo a disposizione i suoi beni, alla Vergine consolatrix afflictorum: poveri, indigenti e affamati. Ma erano solo i primi anni della secolare storia dell opera di carità dell Ospedale di Acquate. Monsignor Franco Cecchin, Prevosto e Decano di Lecco, intervistato sul tema della vecchiaia. Partiamo dal senso della vecchiaia. Esiste una tradizione decadente di pensiero, di arte che ci parla della vecchiaia come di qualcosa che consuma l uomo. Penso a Wilde, all apologia della bellezza e della giovinezza ne Il ritratto di Dorian Gray. Se Ungaretti diceva che la morte si sconta vivendo, noi dobbiamo arrenderci all idea che la giovinezza si sconti invecchiando? Innanzitutto bisogna dire che la vecchiaia è un termine negativo, per il suo senso spregiativo. Inoltre, se in passato essa costituiva un valore, un punto di riferimento per la famiglia cosiddetta patriarcale, nella quale toccava alla vecchia generazione passare alla nuova i segreti della vita, oggi è accaduta una sorta di rivoluzione copernicana. Il cam- mino della conoscenza umana ha portato a rompere questo modello ed oggi l anziano è meno punto di riferimento rispetto al passato. C è un ulteriore aspetto: a mio parere, non siamo ancora educati a vivere questo momento particolare della vita. Lo sviluppo della società occidentale, nonostante la crisi, ha allungato l esistenza, ma non è sufficiente. Occorre viverla con una certa qualità e risulta quindi necessario educare fin dalla giovinezza le persone a percepire la vita come un evoluzione, costituita di tappe diverse. Spesso ci si prepara ad essere adolescenti molto presto, e molto presto ci si prepara all età adulta, ma la società, e a volte anche la Chiesa, non aiutano a vivere a pieno il momento non solo della terza, ma della quarta età. Credo quin - di che sia estremamente importante educarci a saper cogliere di ogni età l aspetto positivo e a vivere il limite non come elemento negativo ma come possibilità di un equilibrio diverso, ben sapendo che ogni età della vita ha i suoi aspetti positivi e negativi. In questo senso la Chiesa come dovrebbe agire? La novità cristiana mette in grandissima luce la vita, che sembra consumarsi, e in realtà si proietta verso

pagina 14 dentro la questione dentro la questione pagina 15 l eterno. Purtroppo oggi, in un contesto in cui sono venuti a mancare molti punti di riferimento, sono richiesti alla Chiesa soprattutto dei criteri etici. Senz altro. Uno dei compiti della Chie - sa è anche questo. Ma il suo vero ruolo è quello di dare luce laddove non esiste luce. La società moderna e post-moderna ha ridotto l orizzonte umano a una dimensione immanentistica, qui ed ora, nella quale la vita inizia e finisce in un preciso momento della storia uma na. Io uso quest immagine: se, secondo questa visione, noi siamo una candela che si accende e che al momento culminante si consuma, secondo la visione cristiana invece non ci si spegne, dal momento che esiste un traguardo oltre l orizzonte storico della nostra vita, pur percependo il fatto che le energie fisiche e psicofisiche vengano meno. Allora io dico: è un conto vivere l esistenza sapendo di morire,ed è un conto viverla con la percezione che il tempo che passa prende una direzione. Non si tratta di vivere per morire, ma di vivere per vivere, e in questa prospettiva l anziano oggi ha una vocazione grandissima. È chiamato a trasmettere i veri valori: la sapienza del cuore, il senso della vita. A ciascuno, dunque, tocca il compito di porre gli anziani non solo ad oggetto delle cure di una società, ma soggetti e protagonisti, con la loro capacità, in quel preciso momento. A questo proposito, ho recentemente letto un saggio che si esprime criticamente sul termine patto sociale : esiste un patto nel momento in cui esistono distinti interessi per entrambi i soggetti in causa. Il che, nell ambito degli anziani, si tradurrebbe con l essere o meno produttivi. D altra parte sarebbe invece necessario che tutte le attenzioni e le cure che essi necessitano non siano uno scambio di interessi, ma un diritto inalienabile. Esattamente. Aggiungerei anche che molto spesso noi abbiamo un concetto di cristianesimo proibitivo: Devi fare questo!. Al contrario, il cristianesimo dà quel di più che dona senso al vivere. Più che patto parlerei di alleanza. Il primo è un do ut des, l alleanza, invece, ammette una reciprocità, ma nei limiti delle forze e delle attitudini di ciascun soggetto. L alleanza, non dimentichiamolo, è un concetto tipicamente cristiano, è Dio che prende l iniziativa con l umanità, sceglie un popolo, presso questo popolo fa nascere il Salvatore. È lui che opera l Alleanza e che rilancia continuamente questo suo piano di amore. Quindi, da un punto di vista sociale, quale posto, quale rilevanza può ave - re oggi un anziano, oggi che molti canali, lei ricordava la società pa triarcale, non esistono più? (Forse anche a causa di una cultura che non crede più di arricchirsi col passare del tempo, ma, come dicevamo prima, di consumarsi col suo trascorrere). Guarda, a me non piace quando parli con una persona che ha più anni di te e parli di vecchiaia, di vecchio. Non è un bel dire, si può dire anziano. È molto più delicato. Mi piace invece, se ben ricordo, il modo in cui la cultura spagnola parla dei propri anziani, come dei grandi della comunità. Viene messa in evidenza una grandezza che è legata al vissuto di una persona. Vedi, l appello che io faccio, mentre rifletto sull essere anziano, riguarda soprattutto le persone delle età di mezzo, i genitori, i coniugi, perché portano la responsabilità di far crescere i figli e nello stesso tempo hanno l impegno di custodire, di accompagnare i propri genitori, anche e soprattutto nel momento in cui perdono la loro autosufficienza. E allora occorre sostenerli, questi adulti, sia a livello di società sia a livello di comunità, affinchè vivano quest impegno, questo carico, come un momento di raccordo tra la vita che cresce e la vita che si porta a compimento. Parlando del mio stesso vissuto, ecco, io devo gioire perché per ogni figlio, ma soprattutto per il figlio prete avere i genitori in casa è qualcosa di straordinario. Ho avuto i miei genitori con me per trent anni, prima che andassero in paradiso, e mi ricordo che il mio papà, verso il traguardo della vita eterna, aveva delle disfunzioni, mancava la collaboratrice domestica e quindi c ero io ad accudirlo. Facevo determinate cose ed un giorno mio papà è sbottato Ma no! Tu sei sacerdote!. Ricordo che gli ho detto Papà, sì, sono un sacerdote ma se io ci sono è perché il Signore si è servito di te e della mamma. Quello che sto facendo è sempre meno di quello che tu mi hai dato. Ecco, non perché io sia un esempio, ma è importante avere questa capacità di educarci a ravvivare le radici, le relazioni. Vedere, sentire, questi collegamenti significa vivere l avventura non della solitudine, ma della famiglia che si allarga e abbraccia tutte le stagioni dell esistenza. Devo dire che, in relazione a questo discorso, assumono importanza dei pun - ti di riferimento, quali sono gli Istituti Airoldi e Muzzi e le parrocchie, grazie ai quali anche le persone anziane non sono sole. Sono realtà nelle quali si esplicitano e vengono vissuti certi rap-

pagina 16 dentro la questione dentro la questione pagina 17 Due domande personali. Alla prima, peraltro, ha in parte già risposto dal momento che volevo chiederle quali erano le figure di anziani che hanno avuto più importanza nella sua vita. Innanzitutto i miei nonni. Mio nonno mi impressionava soprattutto perché aveva due occhi penetranti e una grande capacità di leggere le cose. La nonna invece possedeva quella delicatezza, quella cura, quell affetto, quel calore. Un altro aspetto che ha coinvolto la mia vita è quando da prete giovane, pur essendo chiamato a una missione soprattutto verso i giovani, mi ero preso l impegno di andare a portare la Comunione agli ammalati una volta al mese. E devo ammettere che adesso mi manca un po. Per me era una ricchezza, perché mi portava ad andare dai nonni. Dicevo loro: «Voi siete i miei parafulmini, perché pregate per me.» E quando per contratporti in cui sembra che tu stia dando, ma in realtà, rompendo la solitudine dell altro, ti accorgi di essere te stesso e di riconoscere l altro. Oltretutto, ciò che si percepisce guardando i gesti dei volontari e delle infermiere degli Istituti è una stra or - dinaria attenzione alla vita. Per certi versi sembra che venga data la stessa importanza al fatto che l anziano senta di essere curato, quanto all azione stessa del prendersi cura, e alla dignità che ad essa è sottesa. In un mondo come il nostro per il quale talvolta è stato difficile riconoscere la vita al di là di un respiro, oppure oltre uno stimolo nervoso, o di un apertura d occhi, trovo meravigliosa l idea che si dia dignità, che si difenda la vita, an - che contro la logica, anche oltre la coscienza che una vita ha di se stessa. Purtroppo la nostra società, senza assolutizzare questa affermazione, è votata all efficienza, al profitto, al risultato. E così facendo, si impoverisce, perché viene esclusa una fascia di gratuità che è fonte importantissima di comunicazione interpersonale. L appello che sen - to di dover fare è quello di avere maggiore collegamento con queste realtà di accoglienza degli anziani. Ad esempio, e soprattutto, da parte dei ragazzi, perché significa educarli a non essere egocentrici, a non essere autoreferenziali. In passato l elemento sociale dominante era il collettivismo. Ora siamo in balia di un individualismo crescente. Stabilire, invece, dei ponti con questi fratelli e queste sorelle significa crescere. Questi sono luoghi di crescita. tempi saltavo l appuntamento mensile mi telefonavano e mi chiedevano «Sei malato? Non stai bene?». Era un bel rapporto di collegamento. Quando pensa a quella che sarà la sua vecchiaia, avverte dentro di sé anche un minimo accenno di timore? Innanzitutto prego molto perchè il Signore mi dia la capacità di vivere gli anni che passano e soprattutto la morte, non come un venir meno, ma come il canto del cigno. Se è vero quello che predico e che sento profondamente, che la morte non è la fine, ma il traguardo, il compimento, prego di darmi la capacità di vivere nella coscienza di questa verità. Poi, ora come ora non so se sarò efficiente o meno, ma mi metto nelle mani del Signore e vivo l istante nella sua unicità. Mi piace ricordare un affermazione di una persona che ho incontrato in questi giorni. Mi diceva: «Io vivo l oggi come se durasse sempre, quindi do il massimo, ma nello stesso tempo sono con la valigetta pronta per partire alla chiamata del Signore.» Ecco, di questo si tratta. Vivere l oggi con l età che ho, dando il massimo, con la consapevolezza di durare per sempre. Eppure, allo stesso tempo, avere accanto la valigetta per la partenza verso l eterno. Riassumendo quello che mi è sembrato essere il filo conduttore dell intero discorso, l idea del carpe diem, il cogliere l attimo, vivere la vita nell istante, nella storia è sempre stato appannaggio di una certa cultura edonistica. Esatto. E per certi versi anche positivista. Non è tempo che il cristianesimo senta più fortemente questa concezione di valorizzazione dell oggi? Ecco, il termine carpe diem, però, esprime l idea del tutto ora, perché l adesso è tutto ciò che abbiamo. La visione cristiana, invece, è del kairos, vale a dire che il tempo che passa, in carico della grazia di Dio, è già denso di eternità, in ogni gesto che vivo con amore. Ogni gesto, ogni impegno di adesso, per il cristiano, è già proiettato all eterno. Quindi la vecchiaia ha un suo senso esattamente come la giovinezza. Capisci, non è carpe diem, non è la visione del carpisco ciò che l oggi mi può dare perché domani non so cosa ci sarà. No. Io vivo l oggi con la consapevolezza che è già carico di eternità. È una prospettiva completamente diversa. E rasserenante.

pagina 18 l arte: il mito Le responsabilità dell età di mezzo D possibile da tradurre mediante un unico sostantivo, meno che mai con un nome generico quale è "pietà". La pietas classica è costituita dalla compenetrazione di una forte devozione agli dei, che s impone su qualsiasi scelta di carattere personale, con un acceso valore patriottico, i quali non sarebbero tuttavia completi, se non si coniugassero con un forte sentimento del dovere paterno e filiale, in pieno accordo con il sistema gerarchico della familia romana. Enea è tutto questo e l immagine che lo consacra a figura d elezione della pietas è quella della sua fuga da Troia in fiamme. «Detto cosí, su larghi omeri e al collo stendo una fulva pelle di leone e mi fo sotto al carico: mi prese stretto il piccolo Giulo per la destra, e vien col padre a passi diseguali: dietro segue la moglie. Andiam per l ombra: ed io ( ) ad ogni alito d aura or trasalisco, balzo ad ogni rumor, ansio e pensoso per il compagno e per il peso insieme.» (Eneide, Libro II) Enea carica su di sè l anziano padre Anchise e, prendendo per la mano destra il figlioletto Ascanio (o Iulo), si incammina attraverso le fiamme, senza voltarsi, lasciandosi alle spalle le rovine della sua città, le spoglie dei suoi amici l arte: il mito Enea, Anchise e Ascanio in fuga da Troia, Gian Lorenzo Bernini (Roma, Galleria Borghese, 1618-12) e dei suoi fratelli, persino la moglie Creusa. Ma non è la fine. Troia risorgerà un giorno, secondo il fato e il volere degli dèi, in una lontana terra della penisola italica. Il suo nome sarà Roma. Il suo re sarà Romolo, discendente di quell impaurito fanciullino, Ascanio, che guardava con crescente timore le fiamme inghiottire la città dov era nato, mano nella mano del padre. Non esiste figura più drammatica di Enea, mentre è nell atto di farsi carico dei lamenti angosciati del vecchio Anchise, degli sguardi frementi del piccolo Ascanio. Si tratta di una drammaticità dalla quale molti artisti sono stati irretiti e che molti di essi hanno tentato di rappresentare. Uno dei risultati migliori, in questo senso, lo raggiunge Gian Lorenzo Bernini, uno dei più importanti artisti della Roma e dell Italia seicentesca. A differenza di molti suoi predecessori, Bernini non dipinge la scena della fuga da Troia (del resto non è un pittore), ma tenta di imprigionarne la forza drammatica nel marmo. Il gruppo scultoreo ritrae Enea nell atto di sollevare sulle sue spalle il vecchio Anchise, voltandosi però, nello stesso istante, per accertarsi della presenza del piccolo Ascanio. I tre protagonisti sono colti all apogeo del loro dramma. Si percepisce intuiti- pagina 19 on Franco Cecchin, nell intervista, ci ricordava : «Vedi, l appello che io faccio, mentre rifletto sull essere anziano, riguarda soprattutto le persone delle età di mezzo, i genitori, i coniugi, perché portano la responsabilità di far crescere i figli e nello stesso tempo hanno l impegno di custodire, di accompagnare i propri genitori, anche e soprattutto nel momento in cui perdono la loro autosufficienza. E allora occorre sostenerli, questi adulti, sia a livello di società sia a livello di comunità, affinchè vivano questo impegno, questo carico, come un momento di raccordo tra la vita che cresce e la vita che si porta a compimento.» L età di mezzo vive con grande coinvolgimento emotivo il carico di responsabilità che sostiene nei confronti di due generazioni. Condivide le incertezze degli uni e le speranze degli altri, vive memore del passato degli anziani, e protesa al futuro dei giovani. La letteratura ha da sempre attinto personaggi straordinari da questo complesso incastro di orizzonti. Tuttavia, una delle figure in questo senso più rappresentative è quella di Enea, così come è ritratto nell Eneide virgiliana. L eroe troiano è il pio, e la pietas in latino è un sentimento complesso, imvamente il timore del vecchio padre, la rassegnazione dell eroe, e la flebile speranza del riccioluto bambino che mostra, nella fiamma accesa, i presagi di una nuova civiltà. Lo sviluppo del gruppo scultoreo è verticale, certo, ma al tempo stesso vorticoso, i personaggi ruotano su se stessi, l uno rispetto all altro. Il passato diviene parte del presente, compartecipe a sua volta di un futuro non dimentico delle proprie radici. Anchise, nel suo fragile timore, stringe in mano i simboli della patria abbandonata, portatore fedele di una tradizione che non si estingue tra le fiamme. Il piccolo Ascanio, pur nel senso di incoscienza che esprime, regge la fiamma di una nuova civiltà, speranza stessa della sua progenie. L età di mezzo dunque, diventa non solo sostegno della vecchiaia e della giovinezza, dei timori e delle speranze ad esse connaturati, ma adempie ad un compito ben più profondo. Diviene essa stessa viatico della terza età verso la prima. Svolge il ruolo, umanamente fondamentale, di mediatore tra una cultura radicata e secolare, e la gioventù, pronta a raccogliere quest eredità e a farne il nucleo di un esperienza nuova, personale eppure non isolata nel contesto della storia umana di cui si trova a far parte.

in biblioteca pagina 20 il sabato del Villaggio pagina 21 El pan de seira l è bon adman Il pane di sera è buono domani I l pane di ieri è un libro profondamente evocativo. Evoca innanzitutto situazioni lontane nel tempo: le realtà contadine del dopoguerra nel Monferrato, i rituali della veglia, del lavoro nei campi, i linguaggi universali del canto del gallo, foriero dell alba, e delle campane al mattino. E ancora le nascite, i battesimi, e così pure le Sacre Unzioni, ed il commiato ai moribondi. Ma la lontananza che Enzo Bianchi, autore del libro e priore del Monastero di Bose, intende evocare non si esaurisce nell ambito temporale. Racconta anche di culture e di autenticità d animo lontane dalla fredda consapevolezza dell uomo di oggi. È una distanza del tutto intellettuale e, per certi versi, spirituale. Si narra degli umili maestri di vita: Enrico il sediaio, Pinot, l orfano Muretìn. Si narra dell importanza e della comunione dell esperienza della morte, in una società che pure di comunitario aveva ben poco, legata com era a una solitudine salda ed intima. Si narra del frattempo, del tramite che la cucina - nella sua alchimia civilizzante - costituiva tra la fame dell uomo e il mondo donatogli per sfamarsi, e ancora della tavola, immagine di un convivio nel quale hanno luogo non solo la nutrizione, ma la comunicazione e la condivisione. Tutto questo e molto altro - i ricordi del narratore si serrano l uno accanto all altro, senza cedere all obliò, né ad un retorico compianto - costituisce, per Enzo Bianchi Il pane di ieri, la pietanza umana, consumata e condivisa nell esistenza, che è buona anche domani. Come a dire che non si vive di un eterno presente, ma si cresce e ci si ramifica sulla scorta di ciò di cui si è fatto esperienza, come pure delle esperienze serbate da coloro che ci hanno preceduto. Giochi Il vecchio non sa nemmeno cosa rispondere a chi gli chiede «come va?» Non può certo dire «bene», ma non vuole neanche lagnarsi, come a volte ha sentito fare ad altri più vecchi di lui. E allora, A suma que!, «Siamo qua!» : non stupore in quest affermazione ma piuttosto tanta sapienza. Non significa tanto «sopravviviamo», ma piuttosto «stiamo ancora al mondo»: «siamo qui!» è l affermare il presente proprio mentre tutto ciò a cui si guarda e si può guardare è il passato, il passato che vive nella memoria, il passato che è il grande patrimonio del vecchio. Persone ed eventi popolano questo passato e da esso emergono nitidi e forti i ricordi della fanciullezza, gli anni più lontani, quasi che il vecchio cerchi il bambino che è in lui: il vecchio ha bisogno del bambino, quello nascosto in lui e i bambini che gli stanno attorno, segno della generazione che viene. Tratto da Il pane di ieri di Enzo Bianchi, 2008, Einaudi editore.

pagina 22 il sabato del Villaggio il sabato del Villaggio pagina 23 La ricetta della nonna Cari amici vi racconto I capelli bianchi Facile in 20 minuti Ingredienti: 1 anguilla da 1 chilo 40 gr di burro 40 gr di olio carota cipolla sedano 2 pomodori maturi funghi secchi erbe aromatiche (timo, alloro, salvia, rametto di prezzemolo), farina bianca 1/2 litro di vino rosso sale e pepe Anguilla alla lariana Spellare e pulire l anguilla, lavarla, asciugarla, e ridurla in piccoli toccheti da cospargere con sale e pepe e da infarinare. A questo punto si fa rosolare carota, cipolla e sedano finemente tritati in una teglia con olio e burro. Aggiungere l anguilla e far dorare per bene. Buttare una manciata di funghi secchi rammollati e tritati, le erbe aromatiche e i pomodori. Dopo una breve cottura di circa cinque minuti, si innaffia con il vino rosso e si lascia cuocere per altri 15 minuti. Servire calda con polenta abbrustolita. Curiosità: alimenti e bellezza Il rosmarino è indicato in presenza di difficoltà digestive, di reflusso gastroesofageo e di disturbi del fegato (colecistite, ittero, congestione epatica, fegato ingrossato, epatite cronica, calcoli biliari). Per le sue proprietà emmenagoghe, inoltre, può essere utilizzato nelle mestruazioni insufficienti, come coadiuvante per gotta e reumatismi. In cosmetica viene utilizzato su pelli impure e capelli grassi come dermo-purificante, stimolante e tonificante, oltre che per massaggi stimolanti ed antireumatici. O gni epoca ha la sua principessa, ma quale popolo può intendersene più degli inglesi, fedeli a una monarchia che dura da secoli? E se fino a poco tempo fa l immagine di principessa si incarnava in Diana Spencer, altrettanto notevole era l amore dell Inghilterra del X secolo per la bella Eadgyth, nobile d animo, caritatevole e dai modi gentili. Le spoglie della principessa sono state ritrovate dagli archeologi nella cattedrale di Magdeburg, avvolte in un drappo di seta, all interno di una bara con il nome della fanciulla. Si tratterebbe dei resti più antichi di un reale inglese. E a cura di Otello Gilardi È evidente che tra la vecchiaia e la malattia esiste un legame decisamente stretto. L usura del corpo diminuisce la resistenza fisica, rallenta il ritorno alla salute, predispone sovente alle ricadute. Cambia pure l apparire - la cui importanza è notevole - tanto che si tratti del volto o dell aspetto della persona in generale. Un personaggio di Plauto, parlando degli anni non più verdi, si esprimeva così Sono merce cattiva gli anni che incurvano le spalle. Quanto alla salute, la sua alterazione è particolarmente avvertita da coloro che, non avendo mai, o raramente avuto problemi di salute,erano abituati a considerare il proprio corpo come un compagno docile. Ma ecco che poi questo inizia a far sentire segni di affaticamento, disturbi di diverso genere ed entità, rallentamento degli impegni quotidiani. Scriveva ad un amica la scrittrice francese Marie Noël I miei occhi si rifiutano di servirmi dopo qualche riga. Notava la signora l approssimarsi di una cecità che tuttavia non le avrebbe impedito di comporre buone opere. Nella terza età occorre principalmente saper accettare, con serenità, il declino. Solo così tutto ci apparirà meno drammatico! E più naturale. ssere una star già a 3 giorni dalla nascita. Si gode il suo momento di gloria, l elefantina asiatica dell Hellabrunn Zoo di Monaco. La baby ospite dello zoo pesa solo 112 kg, gioca come una bimba e si fa coccolare teneramente dai guardiani. Il suo nome, Jamuna, deriva dal ramo principale del fiume Brahmaputra ed è un nome molto popolare tra le ragazze indiane. C uriosa disavventura per una famosa tela di Picasso, The actor, esposta al Metropolitan Museum of Art di New York. Una visitatrice ha infatti perso l equilibrio cadendo sul dipinto, e provocando una lacerazione verticale di circa 15 centimetri nella parte inferiore del lato destro del quadro raffigura un acrobata, che l artista spagnolo dipinse nell inverno tra il 1905 e il 1905. La direzione del museo ha riferito che il taglio non ha danneggiato il punto focale dell opera e che la tela è già in fase di restauro. Il difficile sarà convincerla a farsi riesporre, dopo quanto accaduto. CURIOSITA 1 CURIOSITA 3 CURIOSITA 2

AssistenzaDomiciliareIntegrata ADI. Al servizio della persona non autosufficiente In stretta collaborazione con il medico curante di medicina generale cure mediche specialistiche cure infermieristiche cure riabilitative cure assistenziali LECCO via Airoldi e Muzzi, 2 tel. 0341 497172 fax 0341 250354 info@airoldiemuzzi.it Gli Istituti svolgono la propria attività anche grazie all opera di volontariato e alle donazioni di chi con generosità ne sostiene il passo. Aiutare le persone anziane è un dovere civile che, fatto con amore e professionalità, diventa un bene sociale.