DIVORZIO E VANGELO. In margine al discorso del Papa per l inaugurazione dell anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana (28 gennaio, 2002)



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DIVORZIO E VANGELO In margine al discorso del Papa per l inaugurazione dell anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana (28 gennaio, 2002) Vorrei sapere che cosa ne pensa dell intervento del Papa sul problema dei divorzi considerati come una catastrofe tale da invitare gli addetti ai lavori (avvocati, giudici, etc.) a boicottare le procedure di divorzio. Eppure a me sembra d aver letto che di divorzio parla anche Gesù. Mi può, per cortesia, fornire qualche delucida- zione sull'argomento e un suo parere della liceità dell'intervento papale alla luce delle Scritture? Grazie. (Domenico D. - Roma) La domanda richiama aspetti che analizzerò qui sinteticamente: il divorzio, su cui in Italia il Legislatore è intervenuto; l intervento del Papa; alcuni aspetti di ciò che il Vangelo dice sull argomento. Il divorzio in Italia A me pare che il Legislatore abbia il diritto/dovere di intervenire in una situazione di caos dilagante che interessa migliaia di famiglie per cercare, per quanto sia possibile alla legge, al- meno di tenere sotto controllo i problemi. Forse pochi ricordano oggi quale fosse la situazione di molte famiglie quando in Italia non vi era l istituto del divorzio e molte coppie erano accompagnate o, come si diceva, concubine. Direi anticipando qualche aspetto su cui tornerò più avanti che il Legislatore moderno si è trovato in condizioni analoghe a quelle in cui si trovò Mosè quando, per volere di Dio, in- trodusse la norma del ripudio. Questo atto legale non va confuso col divorzio moderno, inesi- stente nella legislazione mosaica la quale prevedeva che soltanto il marito avesse diritto di «mandare via» la moglie quando avesse trovato in lei qualcosa di vergognoso (Deuteronomio 24; cfr. R. De Vaux, Le istituzioni dell Antico Testamento, Casale Monferrato, Marietti, 1991, p. 44). La legge di Mosè, religiosa e civile insieme, fu data al popolo ebraico che visse sotto una teocrazia. Nell Italia moderna, in cui è presente o dovrebbe esserlo una distinzione netta tra norme religiose e leggi dello Stato, il Legislatore ha formulato una legge sul divorzio che, tenendo conto delle condizioni di fatto, contribuisse a regolare situazioni che erano causa di mutua sofferenza più che di reciproco bene. Il discepolo e la discepola del Signore agiscono per fede fiduciosa nella loro vita quotidiana: imitano il loro Maestro, perciò rispettano e osservano le leggi civili del Paese in cui vivono dando a Cesare ciò che è di Cesare, dando a Dio ciò che è di Dio. Il fatto che in Italia vi sia una normativa sul divorzio non obbliga nessuno, tantomeno i credenti, a divorziare o ad essere di- vorzisti. I discepoli di Cristo, semmai, mostreranno anche nella loro vita famigliare d essere

mossi da intenti positivi e valori davvero alti nel costruire famiglie in cui ci si ama davvero, pur vivendo in una società in cui la durezza del cuore sembra prevalere. Recente intervento del papa All inaugurazione dell attività giudiziaria del Tribunale della Rota Romana il papa ha parla- to sul matrimonio (28.01.2002). Già tre anni or sono (21.01.1999) egli era intervenuto contro le «deviazioni dalla legge naturale», rivolgendosi, in particolare anche «a coloro che fanno parte della Chiesa di Cristo Signore». In qualche modo ciò rende anche noi non cattolici romani, ma membri della Chiesa di Cristo Signore oggetto delle sollecitudini pastorali del papa, e perciò attenti a quanto egli dice, desiderosi di valutare ogni suggerimento alla luce del Vange- lo che unisce nella Verità che è soltanto in Cristo Gesù. I discorsi del papa si sono tenuti in àmbiti e contesti prettamente giudiziari. Parlando a nome della «Chiesa e, conseguentemente, della legge canonica», egli si rivolge infatti al «Tribunale della Rota Romana Prelati Uditori, ai Promotori di Giustizia, ai Difensori del Vincolo, Officiali e Avvocati». Per la misericordia che Cristo Signore ha avuto per la Chiesa, domando se non sia poco coe- rente che la Chiesa si sia data un proprio tribunale, una propria legge canonica. Il popolo di Dio che si fonda sulla genuina Tradizione Apostolica espressa nel Nuovo Testamento non co- nosce altra «legge» che quella di Cristo Signore, non osserva altri princìpi che quelli del Van- gelo. Non sta forse proprio qui la «fede tramandata una volta per sempre» ai credenti?» (1 Co- rinzi 9, 21; Giuda v. 3). Perché e a quali scopi la Chiesa dovrebbe darsi tribunali, normative interne, un diritto canonico? Se, come scrisse Teresa d Avila, «solo Dio basta», alla Chiesa di Cristo Signore non dotrebbe bastare «solo il Vangelo Parola di Dio»? Non è la prima volta che il papa interviene su questioni che presentano aspetti civili e reli- giosi. Tali interventi sembrano, purtroppo, destinati a far emergere un conflitto d interessi tra l insegnamento di un capo religioso riconosciuto da molti, e i problemi che quegli interventi possono determinare in campo civile, laddove egli non può dirsi riconosciuto né da tutti né da molti. Mi sembra che il papa parli e possa pretendere ascolto dai cattolici romani, e non da tut- ti, credenti, non- credenti, cristiani, non- cristiani. Occorre poi considerare che molti di coloro che hanno divorziato e divorziano sono proprio cattolici romani, ivi compresi parlamentari e uomini di governo, nel nostro Paese e all estero. Mi domando che cosa accadrebbe se il papa, incontrando un ministro divorziato e risposato, facesse pacatamente notare al politico che gli s inchina: «Non Le è lecito avere la donna con cui oggi Lei è sposato». Come è noto, il rimprovero venne mosso da Giovanni Battista al re Erode Antipa, che si era preso Erodiade, moglie di suo fratello Filippo (Matteo 14). L evangelica frase ammonitrice, certo politicamente scorretta, sarebbe biblicamente molto corretta. Però non la si è mai udita sul labbro del papa, purtroppo. Forse anche per questo può sorgere negli animi onesti e moralmente avveduti la perplessi- tà che il comportamento del capo della Chiesa Cattolica sia talvolta dettato da preoccupazioni inerenti più la diplomazia che l aderenza alla norma di Cristo. Ci si chiede dunque: è proprio giusto che il papa si comporti da politico con i forti, e da forte solo con chi è finanziariamente, e quindi socialmente, debole? Va bene presentare il valore dell indissolubilità del matrimonio a chi vuole attenersi a questa regola, ma talvolta questa finisce per essere un valore solo per famiglie comuni, mentre è meno valore per chi (regnanti, prìncipi, gente facoltosa) può per- mettersi di pagare le procedure presso il Tribunale della Rota per ottenere annullamenti ma- trimoniali tanto famosi quanto costosi.

Bibbia e divorzio La Bibbia mostra uomo e donna nella loro realtà umana, talvolta bassamente umana. Gli er- rori attuati dagli uomini contro le donne vengono spesso rimproverati con asprezza, soprat- tutto nella predicazione dei profeti in epoca veterotestamentaria (p. es. Malachia 2). Al tempo di Gesù un marito poteva persino arrivare a ripudiare la moglie per un piatto cucinato male! Come accennato, il testo biblico considera l istituto del ripudio nella legge mosaica. Questa legge si applicava ai soli appartenenti al popolo ebraico, e non vincola oggi in alcun modo chi desidera imitare Cristo attenendosi al Vangelo. In una occasione Gesù viene interrogato da alcuni Farisei (ottimi conoscitori della normati- va di Mosè) che domandano se sia lecito a un uomo ripudiare la moglie «per qualsiasi ragione». Gesù, che intende richiamare cuore e mente della persona a princìpi alti di comportamen- to, risponde ricordando anzitutto che «da principio» un uomo era stato fatto per una sola don- na, e viceversa. La ragione per cui Mosè era dovuto intervenire a regolare la situazione all interno del popolo ebraico viene spiegata dal Signore con «la durezza del cuore» umano: egoismi, interessi, violenze, sopraffazioni (specialmente dell uomo sulla donna), sospetti e co- se simili avevano indotto Mosè a formulare la norma del ripudio (protettiva nei confronti del- la donna che, ricevuto l atto di ripudio, poteva sposarsi di nuovo). Gesù ribadisce che non era certo questo il disegno originario di Dio per la coppia umana, sintetizzato in queste parole: «Perciò l uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne». Tuttavia l insegnamento di Gesù non sembra affatto mostrare una chiusura totale verso il divorzio, lecito (anche se non obbligatorio) almeno in un caso. Egli dice infatti: «Chiunque ripudia sua moglie, a meno che non si tratti di fornicazione, e ne sposa un altra, commette adulterio, e chi sposa una donna ripudiata commette adulterio» (Matteo 19, 9). Non pochi studiosi concordano nel ritenere che qui la fornicazione sia da intendersi nel senso di adulterio, specie se continuato. Al coniuge che col suo comportamento ha rotto il patto coniugale non resta che ottenere il perdono dell altro, ed eventualmente tornare a vivere assieme, o restare da solo. «L uomo non separi ciò che Dio ha unito», ribadisce Gesù nello stesso contesto. I suoi disce- poli accolgono anche oggi il suo Consiglio. Ma Gesù stesso riconosce che «ciò che Dio ha unito» può essere spezzato dal male della fornicazione, purtroppo. Nel discorso del papa, che pure cita ben quattro volte il brano di Matteo 19, questo aspetto dell insegnamento di Gesù è assen- te, purtroppo. Un altro elemento, importante ma assente nell intervento papale, è il riferimento ad un fa- moso brano sul matrimonio. Nel contesto sociale della città di Corinto caratterizzato da grande immoralità, proprio come la società attuale Paolo apostolo interviene presso la chie- sa corinzia presentando il matrimonio come antidoto alla fornicazione: «Per evitare le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie, e ogni donna il proprio marito. Il marito renda alla moglie quel che le è dovuto; e lo stesso faccia la moglie verso il marito. La moglie non ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie. Non vi private l uno dell altro, se non di comune consenso, per un tempo, al fine di darvi alla preghiera; e poi ritornate assieme, affinché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza» (1 CORINZI 7). Perché il papa non dice che la sessualità tra moglie e marito è cosa buona, bella, godibile, graziosa, gradevole, positiva, meravigliosa, e casta? Molti matrimoni dopo aver navigato sul

mare dell insensibilità di coppia, del silenzio, del rancore, dell inimicizia, dell incomprensione per le reciproche esigenze (anche sessuali) s infrangono sugli scogli del divorzio. Ciò accade, in genere, quando è troppo tardi e la fornicazione dilagante anche nei media di chi mostra preoccupazioni morali verso la prostituzione ha già inserito il suo cuneo velenoso. Forse non s arriverebbe al naufragio se si sapesse che la sessualità tra moglie e marito è di per se stessa un valore ottimo, cosa bellissima, castissima, che va imparata dai due, coltivata, arricchita as- sieme, che cementa l unione, allontana il male. È bene dire chiaramente che lo scopo primario del matrimonio non sono i figli, ma è la mu- tua compagnia, anche sul piano sessuale. Non solo l indissolubilità (non assoluta) del matri- monio, ma anche questa compagnia rientra nel disegno originario di Dio: «Non è bene che l uomo sia solo; io gli farò un aiuto che gli sia convenevole». La donna viene creata per l uomo, e l uomo per la donna (Genesi 2, 18; cfr. 1 Corinzi 11, 11). Forse, se ci si attenesse alla prospettiva biblica, tralasciando il diritto canonico, sarebbe più facile riconoscere la validità del Consiglio divino, e comprensibile l affermazione, perfetta- mente biblica, dell arcivescovo di Milano: «L etica cristiana sui vari problemi della sessualità è incentrata e articolata sulla responsabilità» (C. M. Martini, Sul corpo, Milano, Centro Ambro- siano, 2000, p. 60). Più che intervenire con la forza dell autorità ecclesiastica autorevole se si attiene al Van- gelo di Cristo Signore, non altrimenti occorrerebbe intraprendere la strada stretta. La ragio- ne dei divorzi non può stare nel fatto stesso che in Italia vi è una legge sul divorzio. In sua as- senza di questa, bisogna riconoscere che ci si troverebbe oggi in condizioni ancor più caotiche di quelle registrate quando la legge non c era. La questione è più complessa. Occorre domandarsi serenamente quali siano le ragioni pro- fonde delle crisi famigliari; quali i modelli seguìti da chi si sposa e da chi sceglie la relazione compagnocompagna; per quali ragioni molti giovani sentono il matrimonio come un peso preoccupante più che come un passo da fare con gioia e aspettative; quando due si sposano, quali siano le fondamenta del loro amore e della loro decisione; quale il senso profondo e con- creto dell essere «una sola carne», e che cosa ciò implichi in termini di affetto, rispetto, re- sponsabilità, stima reciproca sul piano umano, sessuale, psicologico, morale, spirituale: fem- minile e maschile. Bisogna ascoltare, per comprendere bene quali problemi agitano corpi e coscienze dell uomo e della donna oggi. Ma questa è la strada più stretta, anche se mi sembra la più vicina al Vangelo. Ci si ripete che le coppie divorziate costituiscono una ferita nella Chiesa Cattolica. Ben maggiori sono le ferite per mariti, mogli, figli, figlie coinvolti in naufragi famigliari. E bisogna domandarsi ancora se la cura più saggia sia quella, dettata dal papa: dire agli avvocati che «devono sempre declinare l uso della loro professione per una finalità contraria alla giustizia com è il divorzio». È vero che «per la durezza dei cuori» si determinano rotture insanabili. Ma i cuori possono intenerirsi non sotto i colpi del maglio del diritto ecclesiastico (biblicamente inconsistente), bensì con la conversione a Cristo: così dice il Vangelo senza artifici, la strada stretta. Può darsi che questi discorsi possano essere compresi più facilmente dai credenti. Spesso, tuttavia, il non- credente che impara a vedere i prolemi in prospettiva biblica, assume quan- tomeno un atteggiamento di stima verso il Vangelo. E questo è il primo passo per valutare o- gni parola detta dalle guide morali del nostro tempo.

Dal discorso di Giovanni Paolo II al Tribunale della Rota Romana (28.1.2002) D'altra parte, gli operatori del diritto in campo civile devono evitare di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio. Per i giudici ciò può risultare difficile, poiché gli ordinamenti non riconoscono un'obiezione di coscienza per esimerli dal sentenziare. Per gravi e proporzionati motivi essi possono pertanto agire secondo i principi tradizionali della cooperazione materiale al male. Ma anch'essi devono trovare mezzi efficaci per favorire le unioni matrimoniali, soprattutto mediante un'opera di conciliazione saggiamente condotta. Gli avvocati, come liberi professionisti, devono sempre declinare l'uso della loro professione per una finalità contraria alla giustizia com'è il divorzio; soltanto possono collaborare ad un'azione in tal senso quando essa, nell'intenzione del cliente, non sia indirizzata alla rottura del matrimonio, bensì ad altri effetti legittimi che solo mediante tale via giudiziaria si possono ottenere in un determinato ordinamento ( ). In questo modo, con la loro opera di aiuto e pacificazione delle persone che attraversano crisi matrimoniali, gli avvocati servono davvero i diritti delle persone, ed evitano di diventare dei meri tecnici al servizio di qualunque interesse. Roberto Tondelli