consorzio a r t i g i a n i c a v a t o r i valmalenco



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consorzio

CONSORZIO CAVATORI ARTIGIANI VALMALENCO Località Valrosera, Sondrio, Italia www.serpentinodella.com info@serpentinodella.com Testi e foto tratti da Il Serpentinoscisto della Valmalenco Progetto grafico: Marina Ugolini www.yako.it Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altri senza il consenso dell Editore

c o n s o r z i o...dalla natura un materiale di qualità lavorato manualmente duraturo e rivalutabile nel tempo Le pietre verdi della Valmalenco, da secoli estratte e lavorate nell omonima area geografica, erano e sono tuttora parte integrante di una realtà sociale, culturale ed economica che affonda le sue radici nella immemorabile tradizione di un artigianato ricco di esperienze, accumulate e trasmesse di padre in figlio. Grazie alle sue caratteristiche fisico meccaniche uniche, alla secolare durata ed al pregevole aspetto estetico, il Sepentinoscisto trova un massiccio impiego nelle coperture dei tetti e nelle pavimentazioni. Le fasi della produzione manuale della Pioda Malenca sono rimaste immutate nel corso dei secoli, la gestualità precisa e costante dell azione meccanica ed il suono sprigionato durante la lavorazione serbano in sè un antica tradizione, dove naturalezza ed originalità creano opere qualitativamente uniche ed esclusive. c o n s o r z i o

c o n s o r z i o

c o n s o r z i o la storia le caratteristiche i giacimenti i prodotti il tetto in piode

la storia

Anticamente la Valmalenco era percorsa da una antica strada "cavallera" che, partendo da Sondrio, proseguiva poi per morene e ghiacciai fino al Passo del Muretto da dove scendeva oltr'alpe a raggiungere Coira (CH), l'antica "curia" dei Romani e, più oltre, altri paesi tedeschi. Un muro naturale separava la fertile conca di Chiesa dalla zona superiore degli alpeggi e su di esso si inerpicava la cavallera. Quel muro, fatto a mò di giogo ed ora quasi del tutto demolito, si chiamò in seguito Giovello. Gli uomini di Chiesa, già esperti nello scavo delle locali miniere di ferro, osservando gli strati di roccia serpentinosa che vi affioravano, si resero ben presto conto che le lastre in cui quegli strati si scindevano con facilità sarebbero potute servire per qualche buon uso, come la pavimentazione delle baite o, meglio ancora, la loro copertura. Quelle lastre infatti, oltre ad avere una notevole superficie ed un aspetto caratteristico, erano piane, leggere, sottili, facilmente trasportabili, impermeabili e di notevole resistenza. L'esperienza acquisita nell'estrazione del materiale ferroso attraverso l'uso di attrezzi quali mazze, martelli, cunei e leve favorì la nascita e l'evoluzione delle tecniche di estrazione e lavorazione del Serpentino nella sua qualità scista. Inizialmente l'attività dei cavatori non incontrò particolari difficoltà, ma con la progressiva escavazione della roccia verso l'interno il lavoro dei "giovellai" divenne sempre più duro e pericoloso; essi dovettero infatti lavorare in profondità, all'interno di gallerie scarsamente illuminate dove il pericolo per la caduta di pietre era costante; così come pericoloso e faticoso era il trasporto dei sassi verso l'esterno dove, in una modesta tettoia che fungeva da laboratorio, i lotti venivano scissi con affilati scalpelli e precisi colpi di martello in lastre a cui si dava poi una forma rettangolare con una paletta di ferro (il "fulcett"). Queste lastre erano "i ciòdi", le nostre preziose piode, la cui diffusione risale addirittura ai primi secoli dopo il Mille; a Sondrio vennero abbondantemente impiegate nel 1300 mentre prove documentali trattano del loro trasporto nei Grigioni e nella zona di Coira già nei secoli precedenti il 1700. La lavorazione delle piode si è ripetuta per secoli, senza varianti, fino alla fine del 1600, quando al Giovello è stata introdotta la "polvere nera", un esplosivo il cui impiego ha enormemente facilitato il lavoro in cava. Verso la fine del 1800 il fuoco e l'olio per l'illuminazione interna vennero sostituiti da attrezzi più moderni e più facili da utilizzare come le lampade a petrolio prima e quelle ad acetilene poi.

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13 c o n s o r z i o Un enorme vantaggio per i giovellai si ebbe nei primi decenni del 1900, quando nacque un modo rivoluzionario di estrarre la roccia: anzichè "rincorrere" solamente le bancate buone, ovvero gli strati scistosi di migliore qualità, come si usava da sempre, si pensò di forare la roccia in orizzontale, coinvolgendo anche le stratificazioni di qualità non lavorabile consentendo così di estrarre quelle migliori nella loro massima estensione possibile. Con il passare del tempo si utilizzarono tuttavia esplosivi sempre più potenti che resero precaria la stabilità della roccia e del materiale di scarto accumulatosi all'interno delle numerose cave coltivate nel corso dei secoli. Le compagnie dei cavatori si assottigliarono sempre di più fino a dissolversi ed il lavoro nel Giovello venne del tutto abbandonato; era l'anno 1987. Non è però cessata la produzione delle piode; essa si è sviluppata e continua, con l'ausilio di mezzi e tecnologie moderne, in giacimenti a cielo aperto posti nella sponda opposta sul lato sinistro del torrente, ed in quelli situati a quote assai più elevate. Di tutto il ciclo dell'antica lavorazione manuale, sono rimaste invariate nei secoli, tramandatesi da innumerevoli generazioni di cavatori, sia la scissione manuale dei lotti in lastre che la loro rifinitura con l'ausilio del "fulcett". Dall'ultimo dopoguerra è inoltre nata una folta schiera di artigiani locali, i copritetti, specializzati nella posa in opera del materiale lapideo.

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le caratteristiche

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19 c o n s o r z i o Le serpentiniti della Valmalenco sono rocce metamorfiche composte in gran parte da antigorite, un minerale lamellare del "gruppo del serpentino". Altri minerali comunemente presenti nella serpentinite sono la clorite, la magnetite, il diopside, l'olivina, la titanolivina, la cromite, la pirite ed altri solfuri di ferro e rame. Nelle serpentiniti la tessitura prevalente è quella scistosa, che il componente principale, l'antigorite, manifesta disponendo le sue lamelle su piani paralleli. Nei serpentinoscisti "da spacco" la scistosità piana della roccia è continua su grandi superfici, da ciò deriva il requisito da cui dipende la loro "fissilità" o facilità di essere divisi in lastre piane molto sottili. Il colore delle serpentiniti è il verde in molte tonalità, i cui effetti cromatici dipendono anche dal tipo di lavorazione e dalla diversa orientazione secondo la quale viene eseguito il taglio delle lastre rispetto alla scistosità. Relativamente alle normative che introducono limitazioni nell'utilizzo delle "pietre verdi" in funzione del loro potenziale contenuto in amianto le certificazioni fatte eseguire dal Consorzio Artigiani Cavatori Valmalenco, su campioni di prodotto in serpentinoscisto della Valmalenco, mostrano, all'esame in sezione sottile, l'assenza di minerali fibrosi. Le fibre classificate dalla normativa (D.Lgs. 277/91) come amianto (crisotilo, amosite, crocidolite e varietà fibrose di tremolite, actinolite, antofillite) sono assenti. L'analisi della polvere ottenuta per macinazione di frammenti degli stessi campioni indica che il materiale è costituito quasi totalmente da antigorite (serpentino lamellare). Sul materiale macinato l'antigorite si presenta per lo più in lamelle; subordinatamente in grani scheggiosi e in prismi più o meno allungati.

c o n s o r z i o assorbimento d acqua valore medio (%) resistenza a flessione valore medio (MPa) resistenza a flessione dopo gelività valore medio (MPa) resistenza all alterazione causata dagli agenti atmosferici valore medio (mm) 0,08 96,7 93,4 <0,01 valore massimo ammesso 0,25 % valore minimo ammesso 15 MPa valore minimo ammesso <= 80% del corrispondente valore di resistenza a flessione valore massimo ammesso 0,05 mm DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA A COMPRESSIONE provini cubici di circa 70 mm di spigolo allo stato asciutto direzione del carico parallela al piano del verso valore medio MPa 136 direzione del carico perpendicolare al piano del verso valore medio MPa 301

i giacimenti

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25 c o n s o r z i o Le "Serpentiniti della Valmalenco" costituiscono una formazione geologica quasi interamente circoscritta nei confini della valle omonima; esse derivano dall' "esumazione", ad opera dell'orogenesi Alpina, di lembi di peridotiti appartenenti all'antico Mantello terrestre che giaceva sotto la Crosta continentale. Le serpentiniti della Valmalenco costituiscono un corpo roccioso tabulare con uno spessore da uno a due chilometri che affiora su una superficie di circa 170 Km2; nell'ambito di tale corpo si rinvengono localmente le masse rocciose che presentano i caratteri propri del giacimento di serpentinoscisto. Il serpentinoscisto, in Valmalenco, è attualmente coltivato in cave di monte a mezza costa facendo ricorso a moderne tecnologie al fine di un continuo miglioramento della resa e della qualità del prodotto cavato. In relazione alle sue applicazioni il serpentinoscisto cavato in Valmalenco costituisce una pietra da spacco naturale le cui caratteristiche fisico meccaniche di qualificazione tecnica presentano valori pienamente conformi ai limiti di accettazione fissati dalle normative di riferimento. L'elevata resistenza all'alterazione, la scarsa gelività e, in particolare, gli elevati valori di resistenza a flessione rendono questa roccia unica nel suo genere.

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i prodotti

30 c o n s o r z i o Il materiale estratto in cava viene sostanzialmente ricondotto a due classificazioni. Blocco di prima categoria Il blocco con elevate qualità dei piani di foliazione, compatto e di colorazione omogenea. Blocco di seconda categoria Il blocco con caratteristiche di foliazione meno definite, con lievi difetti di colorazione e tessitura, ma comunque adatto ad essere lavorato. La classificazione del materiale non influsce sulla qualità del prodotto finito ma piuttosto sul tempo impiegato nella lavorazione che risulta essere più difficoltosa per il blocco di seconda categoria. Lavorazione dei blocchi Tutti i blocchi di serpentinoscisto che giungono dalla cava al laboratorio subiscono due differenti tipi di lavorazione: la prima, di tipo meccanico, avviene per abrasione e serve a tagliare il masso secondo la perpendicolare ai piani di scistosità e alla lunghezza desiderata; la seconda, di tipo manuale, è volta all'ottenimento del prodotto finito; il "giovellaro" apre dapprima i pezzi più pesanti con la mazza ed il cuneo e successivamente divide la roccia in più lastre con l'ausilio di un martello e di diversi cunei piatti. La tecnica di spacco dell'azione manuale è rimasta invariata nel corso dei secoli ed ha, nel tempo, caratterizzato per qualsiasi prodotto la lavorazione del serpentinoscisto. Il prodotto finito di maggior utilizzo così ottenuto è la "pioda malenca", un materiale unico nel suo genere particolarmente adatto ad essere impiegato per la copertura dei tetti grazie alle proprietà intrinseche di elevata resistenza alla flessione e alla rottura e per la sua scarsa gelività. Tale manufatto viene prodotto in due differenti pezzature, la pioda ed il ciatùm, i quali si differenziano tra loro per forma e spessore.

31 2 Pioda Ricavata dal blocco di prima categoria ed utilizzata per la copertura dei tetti ha una lunghezza che va da circa 65 cm per le più grandi, scalando di 5 cm fino ad ottenere quelle più piccole di 35 cm. Il tetto in piode (figure 1-2) è infatti caratterizzato da lastre più grandi in gronda e, salendo verso il colmo, da piode sempre più piccole. Lo spessore delle piode è mediamente di circa 1,2 cm. La regolarità della forma, quadrata o rettangolare, abbinata alla posa a corsi (figura 2) rendono questo prodotto adatto a fabbricati moderni e lineari. 1 4 Ciatùm Il "ciatùm" (figura 3-4) ricavato dal blocco di seconda categoria ha uno spessore maggiore rispetto alla pioda. L irregolarità della forma abbinata alla posa a semicorso o mosaico lo rende adatto a i fabbricati rustici e/o di alta montagna dove, gli agenti atmosferici, le escursioni termiche ed il carico della neve consigliano una copertura più resistente rispetto al normale tetto in piode. Sia la produzione che la posa di tale prodotto comportano un notevole dispendio di tempo e di energie, maggiori di quelli necessari alla lavorazione della pioda. Piod e e Ciatùm sono c o munque disponibili su richiesta c on dim ensione e sp essore diversi d a quelli indic ati. 3

Spacco Lo "spacco" (figura 2) consiste in piccole pezzature irregolari di serpentinoscisto dello spessore di circa 2-3 centimetri utilizzate per rivestimenti e pavimentazioni interni ed esterni. La posa ad opus incertum può essere eseguita con fuga (riempita successivamente di boiacca cementizia), o con accostamenti ravvicinati degli elementi. Le pezzature più consistenti e quadrilatere, trovano buona applicazione per alzate o pedate di scale (figura 3), ma anche per realizzare camminamenti in giardini. Le pezzature più sottili (0,5-1 cm) vengono dette a scaglie (figura 1) e sono ideali per il rivestimento di canne fumarie e muri esterni in genere. 1 2 4 Spaccatello Lo "spaccatello" (figura 4-5-6) è uno spaccato di serpentinoscisto dalle forme regolari e di dimensioni contenute, utilizzato generalmente in edilizia per rivestimenti sia interni che esterni. Le misure più richieste sono 15x31 e 6x20 cm, anche se vengono prodotti spaccatelli di diverse dimensioni, quali 10x31, 12x24, 25x31, 20x40, 30x30 cm. Lo spessore varia generalmente da 0,5 cm a 1 cm a seconda che venga posato verticalmente o a pavimento. 3 6 5

posa ad archi contrastati posa in file parallele Massello Il "massello" è utilizzato per la pavimentazione di marciapiedi, strade e camminamenti in genere grazie alle caratteristiche tonalità di colore che ne garantiscono un armonioso inserimento nell ambiente. I cubetti, simili per geometria a quelli di porfido, presentano quattro facciate a taglio, e due, contrapposte, a spacco. La resistenza elevata alla compressione e all aggressione degli agenti atmosferici conferisce una durata pressoché illimitata al materiale che viene commercializzato in numerose dimensioni. posa a doppio ventaglio posa a cerchi concentrici

34 c o n s o r z i o 1 Altri tipi di pavimentazioni carrabili e pedonali Diffrenti prodotti trovano applicazioni simili a quelle del massello nella pavimentazione di superfici carrabili o pedonali (figura 1-2-3). Il materiale lavorato con frese a disco in diversi spessori e misure usufruisce sia della superficie a spacco naturale sia di quelle ottenute con il taglio lineare del disco. 2 3 4 Blocchi Grazie alle ottime caratteristiche blocchi ciclopici possono essere utilizzati per la costruzione di argini e scogliere o muri di notevole dimensione. Blocchetti Blocchetti (figura 5) lavorati a spacco di diverse dimensioni vengono utilizzati nella costruzione di camini ed opere murarie in genere. 5 6 Pioda da cottura Le "piode da cottura" (figura 6), garantiscono l'esaltazione delle qualità organolettiche del cibo, conferendogli particolare fragranza e sapore. La loro resistenza è omogenea su tutta la superficie, sia per le piode prodotte a spacco che per quelle ricavate dalle lastre attaverso il taglio con lama di fresa. Hanno due superfici piane e sono prodotte in diverse forme e dimensioni. rettangolari cm: 20x30/30x40/30x50/40x50/40x60 spessore 2/3 circolari del diametro di cm: 20/25/30 Arte funeraria Il Serpentinoscisto viene inoltre impiegato nell'arte funeraria sottoforma di lapidi ricavate da blocchi naturali (figura 4), lapidi grezze lavorate e scolpite manualmente, cordoli a spacco naturale o a taglio fresa. Complementi d arredo Da blocchi di Serpentinoscisto particolarmente lavorabili è possibile ottenere tavoli a spacco di diverse dimensioni.

il tetto in piode

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38 c o n s o r z i o La riuscita di un tetto è strettamente connessa a determinati fattori. In primo luogo una buona azione di coibentazione del fabbricato garantisce un considerevole risparmio energetico durante il periodo invernale e una migliore vivibilità nei mesi più caldi. Molto importanti sono inoltre: l'assito, su cui le piode poggeranno, che deve rispondere a semplici ma basilari requisiti come la giusta stagionatura del legname ed il corretto spessore, che non deve mai essere inferiore a 2,5 cm per non compromettere la tenuta del chiodo; gli eventuali fermaneve, chiodati all'assito, che dovranno impedire al manto nevoso di scivolare verso il basso e di esercitare così una eccessiva pressione di strappo sulla pioda; le scossaline e le camicie per i comignoli, che dovranno essere realizzate e posate in modo da evitare che l'acqua possa penetrare nella struttura, ed infine gli ancoraggi per i canali di gronda, la cui messa a dimora completa la prima fase delle operazioni prima della posa delle piode. Questa avviene partendo dai lati di gronda del tetto, sui quali viene posata una serie di piode affiancate tra di loro in senso orizzontale e poste in stretta successione. Le piode vengono poi sovrapposte, l'una sull'altra, in modo che lo sgocciolamento dell'acqua piovana verso i canali di gronda vada a percorrere la parte in luce della pioda sottostante. La sovrapposizione tra le piode deve garantire che tutte le parti sottostanti siano coperte da un "franco", in modo che le strutture lignee, sia quelle facenti parte dell'orditura del tetto (assito e rigoni), che quelle volte ad abbellire l'architettura del manufatto (mantovane o decorazioni particolari), siano preservate dalla pioggia battente.

39 c o n s o r z i o Le dimensioni delle piode impiegate si riducono progressivamente man mano che si raggiunge il colmo; questa scelta è dettata da una duplice motivo: -di tipo pratico, in quanto l'acqua di sgocciolamento in un tetto aumenta gradualmente dal colmo verso la falda e quindi occorre assicurare una superficie di contatto sempre adeguata al flusso d'acqua; -di tipo architetttonico, poichè questo sistema conferisce al manufatto un migliore aspetto estetico. Le piode vengono assicurate all'assito con una chiodatura (figura a fianco) eseguita su entrambi i fianchi, 3-4 cm sotto la testata; in alcuni casi, come ad esempio in presenza di una accentuata pendenza dell'ala del tetto, la pioda viene assicurata anche da una chiodatura in testa attraverso un piccolo foro praticato con una punta di trapano. La chiodatura ottimale delle piode si ottiene con un fondo costituito da tavole di abete (rosso o bianco), mentre non è consigliabile effettuare la chiodatura direttamente su soletta in calcestruzzo, dal momento che si provocherebbe una manomissione della superficie della stessa ed inoltre il chiodo non garantirebbe una tenuta soddisfacente.

40 c o n s o r z i o 1 LA POSA Il sistema di posa delle piode si riconduce sostanzialmente a tre schemi principali: - a corsi figura1 - a semicorsi figura 2 - a mosaico figura 3 2 3 Nel sistema a corsi le piode sono ben allineate tra loro sovrapposte fino al raggiungimento del colmo. Il tipo di posa crea un effetto visivo pregevole: la parte in luce dei corsi infatti diminuisce progressivamente fino al colmo. In questo sistema si mantiene la medesima distanza tra i vari corsi delle piode, le quali verranno misurate e suddivise prima della loro posa. Nel sistema a semicorsi, invece, il posatore procede "ad occhio", non servendosi di alcun riferimento di misura. I corsi delle piode o dei ciatùm assumono una disposizione asimmetrica originale, gradevole esteticamente. Nel sistema a mosaico, il più antico dei tre, vengono infine utilizzate piode o ciatùm, di differenti dimensioni, posandole in modo totalmente irregolare. E in questi ultimi due sistemi che emerge la bravura del posatore che si trasforma in un vero artigiano-artista. La disposizione delle piode o dei ciatùm a semisorso e a mosaico si differenzia da tutti i sistemi di posa, anche di altri materiali, che solitamente evidenziano linee architettoniche regolari, essa infatti conferisce unicità e originalità al manufatto esaltando la naturalezza della pietra. La sbarbatura Prima di procedere alla posa l'artigiano esegue la cosiddetta "sbarbatura" (figura in alto pag. 39), un'operazione effettuata con la "martellina" per smussare gli spigoli di tutta la parte inferiore a vista della pioda malenca, sulla quale rimarrebbero altrimenti evidenti i segni del taglio eseguito con il disco diamantato; tale azione deve essere molto contenuta sia per evitare un eccessivo indebolimento della pietra sia perchè forme troppo tondeggianti non

1 2 si addicono alle caratteristiche del materiale. Il colmo L'ultimo corso delle piode malenche posate sulla falda si congiunge, nella linea di colmo, con quello appartenente alla falda opposta. In questo punto, non potendo chiudere perfettamente la linea di displuvio, si crea uno spazio di circa 1-2 cm. Da un lato questa apertura permette una buona circolazione d'aria sotto l'assito, importante per la tenuta termica del tetto; dall'altro, tuttavia, favorisce dannose infiltrazioni che dal colmo giungono fino alle parti inferiori del tetto. Per porre rimedio a questo inconveniente è quindi necessario l'intervento del lattoniere, il quale posa una "colma" (che può essere in rame (figura 2), in acciaio, in lamiera zincata o in lamiera preverniciata) che permette la chiusura della linea di colmo, garantendo nel contempo la circolazione dell'aria. La linea di displuvio può essere altresì rifinita con la posa di alcune piode rettangolari su uno strato di malta cementizia ad alta concentrazione (figura 1). Un'altra metodologia, consiste nella posa sul colmo di una serie di piode di piccole dimensioni che sporgono dal lato opposto della falda e che sono fissate mediante appositi ganci e malta cementizia. L'impiego del Serpentinoscisto per la realizzazione del colmo garantisce un pregevole effetto estetico grazie alla uniformità di colore che deriva dall'utilizzo di un unico materiale. I sistemi di fermaneve hanno lo scopo di impedire al manto nevoso di scivolare verso il basso e conseguentemente di esercitare una pressione costante di strappo della pioda sulla chiodatura; se ne possono distinguere due tipi diversi: - a "tondo" (figura 6) - a "palette" (figura 3-4-5) Il primo è realizzato in acciaio e viene ancorato alla copertura lignea con 2 o 3 chiodi della lunghezza di 10 cm. All'interno della parte tonda viene inserito un legno a sezione circolare il cui scorrimento è consentito dalla sezione inferiore del legno rispetto al fermaneve. Il secondo, invece, è attualmente il più diffuso ed è costituito da palette (in ferro zincato, rame o acciaio inox) di forma quadrata o rettangolare, e dal paramento verticale, che si oppongono allo scivolamento verso il basso del manto nevoso. La funzione rimane ovviamente la medesima del sistema a "tondo"; cambia invece il numero delle linee di fermaneve, che in questo caso sono più numerose e che vengono sfalsate in modo da ottenere un disegno a scacchiera. 3-4 5 6

c o n s o r z i o Gli elementi architettonici di completamento sono costituiti: dai lucernari, che hanno lo scopo di dare illuminazione dall'alto al sottotetto e che bene si inseriscono nell'insieme della struttura; dai comignoli, che rappresentano un vero e proprio abbellimento, in particolare se rivestito con muratura di pietrame. LAVORAZIONI PARTICOLARI Le piode della Valmalenco si adattano molto bene alla copertura di particolari strutture architettoniche, come ad esempio le cupole. In questi casi le piode utilizzate sono generalmente di dimensioni ridotte in modo da favorire una ottimale sovrapposizione che garantisce una continuità delle linee architettoniche ed un gradevole aspetto estetico. Queste operazioni, così come quelle eseguite sugli abbaini, su falde verticali e su strutture particolari in genere, non rappresentano una particolare difficoltà per il posatore ma piuttosto comportano un maggior dispendio di tempo per la loro esecuzione. MISURARE IL TETTO IN OPERA Nelle operazioni di misurazione di un tetto in opera in piode della Valmalenco vengono conteggiati "vuoto per pieno" i camini, i lucernari, se di superficie non superiore a 2 mq, gli sfiatatoi e gli elementi architettonici di completamento in generale per il grande dispendio di tempo richiesto. La g ara nzia d ella p erfetta ese cuzione d ell o p era si avrà alla prim a pioggia. RECUPERO DELLE PIODE NEL RIFACIMENTO DEL TETTO Ulteriore pregio della pioda malenca è la possibilità di poter essere riutilizzata nel caso in cui si dovessero rendere necessari inetrventi di ristrutturazione o di innalzamento dei fabbricati. Il numero delle piode recuperabili dipende naturalmente dal loro stato di conservazione; quelle di età secolare possono essere soggette a rotture sia da invecchiamento che dovute all'imperizia dell'uomo, anche se, in verità, tale quantità è sempre molto ridotta grazie alla caratteristica durata delle pietra. Le piode così recuperate verranno prevalentemente posate con la tecnica a "semicorsi",

anche se non si esclude a priori una posa a "corsi", sempre che prima si proceda alla loro misurazione; le piode mancanti saran- o novviamente s o r z i o sostituite con piode integre. cno avantaggi r t i g i a n i ECONOMICI cun a vaspetto a t o r i non certamente secondario nell'operazione di recupero delle piode (figura 1-2-3-4-5-6) è quello economico; la ristrutturazione della falda comporta infatti costi non indifferenti e la longevità del prodotto offre il notevole vantaggio di affrontarli una sola volta; inoltre la pioda malenca si rivaluta nel tempo, acquisendo ulteriore valore con il passare degli anni. Uno dei punti di forza che inorgoglisce i produttori sta proprio nella durata del prodotto che non teme confronto di longevità con nessun altro tipo di materiale. Infatti, piode che ricoprivano in Lombardia tetti di chiese e palazzi dei secoli XVIII e XIX, recentemente ristrutturati, sono state in parte riutilizzate per la nuova copertura capovolgendo semplicemente le medesime rispetto al loro piano di appoggio originario. MANUTENZIONE La manutenzione ordinaria di un tetto in piode della Valmalenco non richede un particolare impegno, dal momento che riguarda essenzialmente i canali di gronda ed i pluviali, più che le piode stesse. Una certa attenzione dovrà tuttavia essere osservata per quelle abitazioni situate nelle vicinanze di boschi di conifere o latifoglie per evitare che depositi di aghi o foglie possano dare origine a fenomeni di marcescenza; per questo tipo di pulizia sarà sufficiente utilizzare delle scope con setole molto dure oppure dei getti di aria compressa. Dato l'elevato numero di piode utilizzate per la copertura di un tetto, non è da escludere che nel corso degli anni si debba ricorrere alla sostituzione di una o più di esse perchè rotte. Questa è una possibilità remota ma non impossibile poichè l'eventuale rottura potrebbe essere causata da un difetto originario del pezzo oppure da cause accidentali verificatesi durante il trasporto o da un sovraccarico accumulato o determinato dal camminamento dell uomo sul tetto. Come detto, è tuttavia difficile che si proceda alla posa di piode difettate poiché il posatore, quando esegue la "sbarbatura" prima, e pratica le tacche per la chiodatura poi, avverte chiaramente dal suono prodotto dalla pioda eventuali difetti della medesima. Per quanto riguarda invece le rotture provocate dall'invecchiamento, si tratta di un vero e proprio procedimento corrosivo di cui la rottura è l'effetto fisico ultimo ed in cui i decenni e non gli anni rappresentano l'unità di misura. In ogni caso, comunque, la sostituzione del pezzo viene effettuata dal posatore senza la minima difficoltà, utilizzando un'altra pioda di pari dimensioni ma ovviamente perfetta. 1 2-3 4-5 6

44 c o n s o r z i o In conclusione, il tetto è un elemento fondamentale per la buona riuscita delle linee architettoniche di un edificio, ne corona la costruzione, ne connota le linee di visione e quelle prospettiche e contribuisce in maniera determinante all'armonia e alla bellezza della composizione. La copertura svolge una funzione di vitale importanza connessa alla lunga durata che deve avere la costruzione e al comfort ambientale di chi la vive. La pioda della Valmalenco rappresenta certamente una soluzione che risponde a tutti questi requisiti, conferendo al fabbricato prestigio e valore.