La sperimentazione piemontese del secondo ciclo della riforma Moratti



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di Gabriella Ansaldi Fresia ispettore tecnico La sperimentazione piemontese del secondo ciclo della riforma Moratti 10 1. Premessa All indomani dell approvazione della legge delega n. 53 del 28 marzo 2003 si è aperto il dibattito sull interpretazione di alcuni passi dell articolato di legge, che hanno un importanza strategica per capire dove va la scuola italiana. In particolare, fra i numerosi nodi da sciogliere c è quello riguardante l interpretazione dell art. 2 della riforma Moratti, che prevede il secondo ciclo articolato in due filiere: il sistema dei licei e quello dell istruzione e formazione professionale. Il nodo controverso riguarda la sorte degli istituti tecnici e degli istituti professionali alla luce di quanto sancito dalla legge costituzionale 3/2001 che assegna alle regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale, mentre lascia la filiera dei licei alla competenza legislativa di Stato e regioni, in concorrenza fra loro. Il tema è ulteriormente complicato dal fatto che su questa materia il disegno di legge La Loggia che detta disposizioni per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 3/2001 è stato ampliato, comprendendovi la proposta di devolution (Berlusconi-Bossi, del 26 febbraio 2003). Il problema è squisitamente politico e probabilmente il decreto di attuazione di questo articolo della riforma Moratti relativo al secondo ciclo sarà l ultimo a essere emanato, per la complessità dei problemi connessi alla sua attuazione, alla luce della normativa intrecciata del federalismo solidale (legge costituzionale del centrosinistra) e della devolution federalista dell attuale governo. A livello parlamentare si registrano due pronunciamenti politici, che aiutano a capire come si potrà realizzare la separazione tra le due filiere. a) L ordine del giorno, accolto dall esecutivo, che impegna il governo a prevedere, tra gli indirizzi in cui si articolerà l istituendo Liceo economico, un indirizzo turisticoalberghiero. Questo pronunciamento parlamentare ha una rilevanza giuridica non ben definita, tuttavia, si ritiene che in sede di decretazione attuativa sarà considerato vincolante, visto che i numerosi ordini del giorno, presentati in occasione della discussione parlamentare, sono stati accompagnati dal ritiro di proposte di emendamento. b) L interrogazione presentata al senato che, in relazione alla discussione sulla legge costituzionale Berlusconi-Bossi, chiede se gli istituti tecnici e professionali faranno parte del sistema di istruzione, oppure no. Il sottosegretario di Stato V. Aprea, dopo avere ricordato gli obblighi derivanti dal nuovo titolo V della Costituzione (legge 3/2001), ha specificato che la riforma delineata dalla legge delega prevede una complessiva ristrutturazione dell istruzione secondaria superiore e, quindi, anche per gli attuali percorsi dell istruzione tecnica e professionale e per la formazione professionale. Solo dopo questa ridefinizione ha concluso il sottosegretario gli istituti tecnici e professionali verranno ricollocati nel nuovo contesto anche attraverso il confronto con le Regioni. In attesa dell emanazione dei citati decreti applicativi, a partire dall anno scolastico-formativo 2002-2003, in alcune regioni si è sperimentato un modello del secondo canale del sistema educativo delineato dalla legge delega 53/2003. Questa sperimentazione è stata realizzata facendo riferimento, da un lato, all impianto vigente della scuola secondaria superiore (comprese le disposizioni della legge 9/1999 sull obbligo scolastico) e, dall altro, proiettando questa innovazione nel presumibile scenario normativo, ora divenuto reale con l approvazione della riforma Moratti.

Al centro delle critiche di alcune parti politiche e sindacali relativamente a questo aspetto della riforma c è il passaggio dei giovani quattordicenni direttamente al canale della formazione professionale, senza transitare per la scuola che assicurerebbe quella formazione di base necessaria per non precludere a un utenza socialmente deprivata la possibilità di uno sviluppo verticale del percorso formativo, consentendole di raggiungere i livelli più alti della formazione. Nel modello piemontese questo problema è stato superato perché, con l intervento della direzione regionale MIUR e dell Assessorato alla formazione professionale della Regione Piemonte, è stato raggiunto un compromesso con le agenzie formative, in base al quale le competenze di base e trasversali sono oggetto di intervento da parte dei docenti della scuola. Vediamo ora in dettaglio come si è arrivati a concordare e applicare questo modello. 2. La sperimentazione piemontese di nuovi modelli nel sistema di istruzione e formazione professionale Il 24 luglio 2002 il presidente della Regione Piemonte ha sottoscritto con il ministro dell Istruzione, dell Università e della Ricerca (MIUR) e con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali (MLPS) un protocollo di intesa che prevede: la sperimentazione di percorsi triennali di qualifica e degli eventuali successivi percorsi, collocati in un organico processo di sviluppo della formazione professionale superiore; l articolazione dei percorsi sperimentali in piani di studio e modelli organizzativi tesi a consolidare le competenze di base, anche nell ottica di passaggio fra sistemi, ad agevolare la costruzione di un progetto di vita e alla conoscenza del mondo del lavoro. La sperimentazione verterà altresì sui possibili passaggi e rientri tra i due sistemi (Istruzione, Istruzione e formazione professionale). I riferimenti normativi utilizzati per abilitare gli enti di formazione professionale all assolvimento/proscioglimento dell obbligo scolastico considerato che nel 2002 era ancora in vigore la legge 9/1999 che attribuiva alla scuola questa competenza sono la nuova legge costituzionale 3/2002 e la conseguente modifica dell art. 117 della Costituzione, che attribuisce alla regione la competenza esclusiva relativamente al canale dell istruzione e formazione professionale, nel quale si articola il secondo ciclo di studi. Per assicurare, quindi, alla sperimentazione un quadro di certezza del diritto, si è fatto ricorso all art. 11 del d.p.r. 275/1999 (Regolamento sull autonomia scolastica) che prevede progetti di innovazione riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l integrazione tra sistemi formativi, che possono essere presentati al MIUR da una o più regioni. Il 27 settembre 2002 l Assessorato alla formazione professionale della Regione Piemonte ha emanato una direttiva regionale per dare attuazione alla citata intesa. Dal canto loro le agenzie formative, per partecipare al bando regionale, hanno costituito un Associazione temporanea di scopo (ATS) tra alcuni enti di formazione organizzati in consorzio (Forma), che è risultata aggiudicataria del bando regionale. Nel generale disorientamento delle istituzioni scolastiche piemontesi, che hanno manifestato forti riserve verso la sperimentazione, si è aperto uno spiraglio di mediazione grazie alla soluzione adottata fin dal mese di luglio 2002 dalla dirigente scolastica dell ITC Borromeo di Arona insieme all agenzia formativa ENAIP. Questo modello, che venne in seguito adottato su scala regionale grazie a una convenzione quadro concordata tra la Regione Piemonte e la direzione regionale del MIUR, si caratterizza per i seguenti aspetti: a) l istituzione di una Commissione tecnico scientifica (CTS) interistituzionale, composta di cinque membri: il direttore dell agenzia formativa, il dirigente scolastico dell istituzione scolastica, due docenti designati dall ente di formazione e dall istituzione scolastica e un funzionario della Regione Piemonte, in qualità di presidente. Si supera così grazie alla figura del funzionario regionale il rischio di una paralisi della Commissione, causata da un possibile dualismo tra dirigente scolastico e direttore dell agenzia formativa; b) la sede di svolgimento delle attività di formazione è definita in sede di CTS secondo modalità ispirate a criteri di metodologia didattica attiva finalizzata al successo formativo. In altri termini, la scelta cadrà su quella delle due strutture che, volta per volta, viene considerata meglio attrezzata (per esempio, in funzione della disponibilità dei necessari laboratori); 11

c) le attività comprese nelle competenze di base e nelle competenze trasversali sono svolte dai docenti dell istituzione scolastica, utilizzando un contratto d opera con l ente di formazione professionale aggiudicatario del finanziamento regionale. Le attività comprese nelle competenze professionali e di personalizzazione sono svolte dai docenti dell agenzia formativa. Sono tuttavia consentite forme di compensazione entro limiti stabiliti dal CTS; d) la sperimentazione è governata da un comitato paritetico di coordinamento, previsto dall intesa, composto di otto membri: due nominati dalla Regione, due dal MIUR, due dall Unione delle province piemontesi, due dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La presenza dell ente locale è coerente con il processo di passaggio di competenze dalla Regione Piemonte alle province, in attuazione della legge regionale 44/2000, anche se la stessa legge regionale prevede per le attività di sperimentazione una riserva di competenze in capo all ente regione. Il coinvolgimento delle province si può quindi considerare come una precisa scelta, che deriva dalla convinzione del valore aggiunto rappresentato dalla sinergia di una pluralità di enti. La proposta progettuale si caratterizza per un percorso formativo articolato in tre annualità; ognuna di queste è organizzata per moduli che comprendono le competenze di base, trasversali e professionali, nonché le misure di personalizzazione particolarmente importanti per il recupero motivazionale, riguardo alle quali le agenzie formative hanno maturato esperienze e prassi didattiche eccellenti. In Piemonte nell anno scolastico-formativo 2002-2003 sono stati sperimentati otto percorsi formativi, che si concludono con l acquisizione di una qualifica professionale. I moduli relativi alle competenze di base, alle competenze trasversali e alle competenze professionali comuni sono uguali per tutti gli otto corsi previsti, mentre i moduli relativi alle competenze professionali specifiche si differenziano, in quanto forniscono abilità inerenti alle qualifiche standard previste dalla Regione Piemonte. I profili professionali di riferimento degli otto percorsi rientrano in tre tipologie (operatore elettrico montatore manutentore sistemi comando e controllo; operatore servizi ristorativi-sala bar; operatore meccanico-costruttore al banco con ausilio di macchine utensili). La sperimentazione adottata in Piemonte ha anticipato quindi la legge 53/2003, offrendo un possibile modello agli estensori dei decreti applicativi. Infatti, durante tutti i tre anni del percorso, a partire dal primo, è possibile agli alunni rientrare nell istruzione per conseguire il diploma, garantendo così la pari dignità tra le due filiere educative. Questo passaggio è reso possibile, nell attuale quadro normativo, dall arricchimento culturale nel percorso della formazione professionale assicurato dalle istituzioni scolastiche statali o paritarie. Con l entrata in vigore della riforma Moratti, l art. 2 lettera i) prevede che venga assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo. Conseguentemente, grazie a questi percorsi integrati, si potrà passare dalla futura filiera dell istruzione e formazione professionale a quella dei licei. Questo sistema dei passaggi ha una valenza fondamentale per garantire fino alla fine del percorso la reversibilità delle scelte dei giovani che, strada facendo, scoprono le proprie potenzialità e attitudini, le quali non devono essere bloccate da un sistema d istruzione e formazione rigido, a canne d organo non comunicanti fra loro. Inoltre il passaggio nei due sensi capitalizzando i relativi crediti formativi è uno strumento per il recupero del successo formativo e pone i due sistemi (Istruzione, Istruzione e formazione professionale) su un piano di effettiva parità. 12 3. Conclusioni Questo modello di sperimentazione piemontese potrà costituire una buona pratica che influenzerà i futuri decreti applicativi della riforma? È presto per dare una risposta a questa domanda. Tutti coloro che hanno lavorato a questa sperimentazione in un clima spesso difficile continueranno a impegnarsi, nella convinzione che dai risultati che dovranno essere attentamente raccolti e valutati dipenderà il modello di riforma che sarà adottato con i decreti attuativi della legge 53/2003. A questo proposito G. Bertagna scrive che le differenze talvolta rilevanti tra i protocolli d intesa potrebbero rivelarsi un opportunità, invece che un handicap. Credo che questa affermazione possa essere interpretata nel senso che la sperimentazione di modelli diversi possa offrire agli estensori dei decreti applicativi della riforma l opportunità di scegliere tra modelli d attuazione alternativi, sulla base dei risultati ottenuti.

È stato un segnale positivo il fatto che il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), che a norma del citato art. 11 del d.p.r. 275/1999 doveva esprimersi sull innovazione, fosse orientato in maggioranza a dare parere favorevole alla sperimentazione del Piemonte; tuttavia non c è stato il pronunciamento ufficiale, perché il MIUR non lo ha più ritenuto necessario, essendo stata approvata nel frattempo la legge 53/2003. A livello di dibattito politico e pedagogico-culturale si discute sui possibili modelli. L area che fa capo alla casa editrice La Scuola di Brescia manifesta la sua contrarietà al modello integrato tra istruzione e formazione professionale e in prospettiva tra la filiera dei licei e quella dell istruzione e formazione professionale. Tutti coloro che hanno seguito le vicende della riforma della scuola secondaria superiore in questi ultimi trenta anni ricordano che il nodo controverso della spendibilità dell obbligo scolastico nella formazione professionale a partire dai quattordici anni di età ha condizionato fortemente le strategie di riforma della scuola secondaria superiore di tutti i governi di questi anni. Il precedente governo aveva affrontato questo problema con la legge 9/1999 che elevava a sedici anni l obbligo scolastico, adeguando così il nostro paese ai livelli di scolarità obbligatoria prevalenti nell Unione europea. Tuttavia, in sede di applicazione di questa legge, fu adottata una norma transitoria, che limitava a quindici anni l obbligo di istruzione. Si dovette così costruire un percorso formativo che in un solo anno raggiungesse due finalità contrastanti: quella della propedeuticità per gli studenti che intendevano frequentare tutti i cinque anni dell istruzione e quella della terminalità per coloro che, con l obbligo assolto, passavano alla formazione professionale o all apprendistato. Conseguentemente i risultati in termini di riduzione dei tassi di dispersione furono negativi, come ampiamente dimostrato dai monitoraggi del MIUR. L attuale governo, con la legge delega del ministro Moratti, ha abrogato la legge 9/1999 e contestualmente ha introdotto il concetto di diritto-dovere all istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. Su questo tema è stato raggiunto un accordo quadro tra il MIUR, il MLPS, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane per la Realizzazione nell anno scolastico 2003-2004 di un offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale nelle more dell emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 53/2003. L accordo stabilisce di individuare modelli di innovazione didattica, metodologica e organizzativa che coinvolgano i sistemi dell istruzione e della formazione professionale, realizzando forme di interazione e/o di integrazione volte ad attivare percorsi di istruzione e formazione professionale, che agevolino i passaggi e i rientri tra i due sistemi. Tali percorsi devono avere durata almeno triennale e devono contenere, con equivalente valenza formativa, discipline e attività attinenti sia alla formazione culturale generale sia alle aree professionali interessate, consentendo il conseguimento di una qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondente almeno al secondo livello europeo. Dal canto suo, la Regione Piemonte per l anno scolastico-formativo 2003-2004 ha emanato un nuovo bando regionale che riprende quello dell anno precedente, introducendo alcuni miglioramenti. In particolare, è previsto che il percorso sia coprogettato tra operatori della scuola e della formazione professionale. A questo scopo è stata realizzata un iniziativa comune di formazione dei formatori, che ha prodotto materiali di lavoro condivisi dagli operatori dei due sistemi. Questi materiali saranno utilizzati per rimodellare i corsi che riguarderanno la sperimentazione del 2003-2004. I contenuti dei corsi con riferimento alle discipline e alle attività attinenti alla formazione culturale generale e ad alcune aree professionali sono stati declinati in termini di competenze, utilizzando una matrice a doppia entrata che permette di incrociare i contenuti con le competenze. Sono state inoltre individuate alcune buone pratiche di libretto formativo, che hanno contribuito a delineare un possibile modello che tenga conto delle esperienze maturate nei due sistemi, esaminando il rapporto tra questo strumento e il Portfolio delle competenze, cui si fa riferimento nei documenti della commissione Bertagna. La sperimentazione dell anno scolastico 2002-2003, come pure quella del 2003-2004, saranno oggetto di un attenta azione di monitoraggio e di valutazione finale, con una particolare attenzione agli esiti, in termini di livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti. L ISFOL ha già realizzato un ampio e articolato monitoraggio della sperimen- 13

tazione. Come emerge dalla tabella riportata sotto che riproduce solo alcuni dei dati raccolti e tabulati dell ISFOL le regioni interessate alla sperimentazione hanno adottato modelli organizzativi e didattico-pedagogici diversi; in particolare risulta che alcune, tra cui il Piemonte, hanno adottato modelli di percorsi formativi integrati. Sperimentazioni triennali COMPARAZIONI n. corsi n. allievi I anno II anno II anno Monteorario complessivo Competenze di base e trasversali Competenze tecnico-professionali e comuni Stage Docenti delle competenze di base Docenti delle competenze professionali Piemonte 8 576 Lombardia 34 168 MONTEORARIO 3.600 3.150 COMPETENZE E ARTICOLAZIONE ORARIA 1.270 35% 1.435 40% 400 11% 920 29% 1.220 39% 560 18% MODALITÀ DI COLLABORAZIONE SCUOLA- scuola Veneto 20 3.300 1.350 42% 1.850 58% 150 5% Puglia 15 270 1.000 1.200 1.200 3.400 1.000 30% 1.580 46% 820 24% scuola Fonte: ISFOL 14