LA STORIA DI UNA GRANDE PASSIONE



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LA STORIA DI UNA GRANDE PASSIONE NELLE PRIME PAGINE DE a cura di Pier Bergonzi ed Elio Trifari

COORDINAMENTO EDITORIALE Giulia Dadà COORDINAMENTO TECNICO Sergio Daniotti REDAZIONE TESTI Mattia Bazzoni, Mario Pagliara REVISIONE TESTI Chiara Ratti RICERCA ICONOGRAFICA E D ARCHIVIO Centro Documentazione RCS Mediagroup ART DIRECTION Massimo Pitis GRAPHIC DESIGN Federica Marziale IMPAGINAZIONE Grande ForEdit - Monza 2014 RCS Libri Spa, Milano Tutti i diritti riservati www.rizzoli.eu ISBN 978-88-17-06610-5 Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma, con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell editore.

Sommario Pag. 7 Come nasce questo libro Nota dei curatori 9 11 L epica e la vergogna di Pier Bergonzi Prima della Gazzetta di Elio Trifari 1896 1917 1965 1976 PIONIERI MERCKX 15 Origini del ciclismo e nascita delle classiche 179 Ecco lo squalo Merckx Solo Gimondi ci prova a cura di Claudio Gregori a cura di Claudio Gregori 1918 1935 1977 1985 43 GIRA E BINDA Il primo Campionissimo, il Trombettiere e la Locomotiva 211 MOSER E SARONNI Francesco contro Giuseppe L Italia torna a dividersi a cura di Marco Pastonesi a cura di Marco Pastonesi 1936 1948 1986 1993 77 BARTALI Bàrtali, si pronuncia così L epopea di Ginettaccio 241 INDURAIN Spunta il talento di Bugno Ma Indurain detta legge a cura di Claudio Gregori a cura di Pier Bergonzi 1949 1955 1994 1999 111 COPPI L Airone prende a volare Un uomo solo al comando 269 PANTANI Ascesa e caduta di Pantani E l Epo sconvolge il ciclismo a cura di Marco Pastonesi a cura di Pier Bergonzi 1956 1964 2000 2013 147 ANQUETIL E GAUL Dall eroe dei monti al mago della crono 297 SHOCK! Quindici anni di emozioni sprofondate nella vergogna a cura di Giuseppe Castelnovi a cura di Luca Gialanella

Nota dei curatori Come nasce questo libro Non esiste oggi al mondo un quotidiano sportivo di più antica data di fondazione della Gazzetta dello Sport, nata il 3 aprile 1896, tre giorni prima dell Olimpiade inaugurale dell era moderna, con frequenza allora bisettimanale (uscita lunedì e venerdì), che si stabilizzò in uscite giornaliere a partire dal 1919. Nell arco di 118 anni, dunque, la Gazzetta ha rappresentato un osservatorio privilegiato dello sport italiano, e in larga parte anche del movimento sportivo internazionale, pubblicando all incirca 40.000 prime pagine nella sua storia, svariate delle quali rinnovate e rinfrescate nel corso delle diverse edizioni della stessa serata, per un totale di quasi 50.000 vetrine che raccontano le emozioni, le passioni e i gusti di una nazione. Da 8 anni la Gazzetta ha intrapreso l opera di rileggersi, dalle origini ai giorni nostri, per portare o riportare alla luce uno straordinario osservatorio dello sport mondiale che è stato costruito in un secolo abbondante di storia. Il primo effetto di questo paziente e intenso lavoro di ricerca si è sostanziato, nel 2005-2006, in 31 volumi che hanno raccontato l evoluzione del mondo sportivo internazionale e italiano, attraverso la riproduzione e la trascrizione di quasi 1200 pagine di giornale, selezionate grazie a un lungo lavoro di ricerca e recupero, e arricchite di biografie, storie, immagini, curiosità. I 110 anni di gloria sono stati, ovviamente a prescindere dal quotidiano, l opera editoriale più complessa della storia della rosea, per un totale di circa 6000 pagine e 1800 immagini. Opera da collezione, di faticosa raccolta settimanale: ma si avvertiva già allora l esigenza di un volume unico che raccogliesse in una volta sola il meglio del quotidiano, e di volumi monotematici per soddisfare i gusti più specifici, o le passioni più conclamate, degli appassionati. Tutto si è quindi sostanziato in quel Le prime pagine de La Gazzetta dello Sport, uscito alla fine del 2012, 540 pagine di grande formato, di cui 450 pure vetrine del giornale, accompagnate da excursus storici e di costume, immagini d epoca e contemporanee, per riconsegnare un giornale, nella sua interezza, alla cura e alla passione dei suoi lettori e dei loro eredi. A quelle prime pagine sono seguiti, alla fine dello scorso anno, i primi due volumi monotematici di una serie che si allunga e si protrae nel tempo, La leggenda rispettivamente del grande Milan e della grande Inter, dedicati alle due squadre protagoniste della vita, calcistica e non, della città di Milano. L iniziativa, voluta congiuntamente dalla Rizzoli Libri nella persona del Direttore della Divisione Illustrati di Rizzoli International Marco Ausenda, e del Direttore della Gazzetta Andrea Monti, e immediatamente sorretta dalle Divisioni Marketing di Gazzetta e di RCS Libri, ha avuto quali curatori Franco Arturi, vicedirettore della rosea, ed Elio Trifari, che lo stesso ruolo ha occupato prima di passare alla guida della Fondazione Candido Cannavò per lo sport. Adesso, ed era inevitabile per chi conosce genesi, evoluzione e ruolo che la Gazzetta ha avuto nell editoria sportiva, tocca al ciclismo. La Gazzetta, come vi raccontiamo all interno, nasce come un periodico orientato essenzialmente al ciclismo, di cui

è stata anima e testimone al tempo stesso, e lo è ancor oggi, dopo oltre un secolo in cui i gusti degli italiani si sono indirizzati verso discipline diverse, senza mai abbandonare la passione per le due ruote. I criteri di scelta sono stati, sostanzialmente, quelli del primo volume: soltanto prime pagine, di per sé già ricchissime di riferimenti alla bicicletta e al suo mondo, quando non addirittura, soprattutto nella prima fase della storia del giornale, monografiche, cioè prime di ciclismo in un giornale che si apriva progressivamente al resto dello sport. Un dichiarato obiettivo, nell ambito di una scelta che ha portato alla luce circa mezzo migliaio di pagine candidate, per poi limitare la selezione a 255, è stato quello di raccontare, con almeno una pagina per edizione ma assai spesso più di una la storia del Giro d Italia e delle sue 97 edizioni dal 1909 a oggi, da Ganna a Nibali: all interno troverete sempre, almeno, la prima che saluta il vincitore dell edizione. Se avessimo fatto altrettanto per il Tour (100 edizioni già svolte), la Milano-Sanremo (105) e il Giro di Lombardia (108), se ne sarebbero già andate 400 pagine; e aggiungendo il Mondiale su strada e altre grandi corse, avremmo più che raddoppiato le dimensioni. Abbiamo dunque operato alcune, necessarie quanto dolorose, scelte: rispettando un ordine cronologico per rendere agevole la consultazione e la ricerca, abbiamo selezionato momenti che a noi sono apparsi fondamentali. Altri sono necessariamente rimasti nel cassetto, a riprova della passione con cui la Gazzetta ha seguito e segue il ciclismo. E questo anche dopo la scoperta, mai nascosta né sottovalutata nel presente volume, delle contraffazioni, delle violazioni dello spirito sportivo, dei compromessi con il doping che hanno macchiato soprattutto il ciclismo più recente. Nelle pagine che troverete, c è l epopea e il fervore popolare, lo sforzo e l impresa, ma anche quel che un appassionato di sport da un lato non vorrebbe mai raccontare, dall altro non deve mai trascurare. Gli approfondimenti, epoca per epoca, corredati di immagini dall archivio della Gazzetta e da grandi agenzie fotografiche, si concludono per ogni sezione con una descrizione delle singole pagine del periodo, raccolte poi in un indice finale per un immediato reperimento. Impossibile, anche stavolta, render conto di quanti hanno contribuito alla realizzazione di quest opera. Partiamo, come di consueto, da chi ha seguito passo dopo passo il lavoro alla Rizzoli Libri, da Cristina Sartori che ne ha sviluppato le linee guida su input dei curatori, a Giulia Dadà che ne ha seguito l evoluzione redazionale, fino a Chiara Ratti che si è assunta il compito della revisione e della congruenza dei testi. Per passare poi al cuore del tesoro Gazzetta: quel Centro Documentazione RCS guidato da Gianpiero Mattachini che si è messo ancora una volta a disposizione, da Cristina Bariani che ha seguito le ricerche, a Luca Condini e agli altri che hanno ripescato pagine, immagini, riferimenti. Ricerche complesse, che hanno coinvolto prima Mario Pagliara, poi Mattia Bazzoni, e i molti altri che lo spazio ci impedisce di ricordare e che hanno offerto il consueto, entusiastico contributo. E quando le pagine sono tornate alla luce, Sergio Daniotti le ha trasformate, in molti casi, da reperti archeologici in emozioni rinnovate, vivide, come fossero fresche di stampa. All inizio di questo volume, ben consci che non con la rosea (allora verdina) nasce il ciclismo, documentiamo il quarto di secolo di pubblicazioni ciclistiche che ci hanno preceduto nella storia del Paese. Tutti quei periodici sono scomparsi: uno solo è diventato, ed è poi rimasto fino a oggi, quotidiano. Vi invitiamo a sfogliarlo con noi: troverete pagine che non avevamo mai ripescato finora, alcune addirittura ignote a chi fra noi ha studiato il ciclismo o la storia dello sport. Sono qui, tutte assieme, con tante prime volte. E allora, in sella!

L EPICA E LA VERGOGNA di Pier Bergonzi Tutto nasce da un matrimonio... ll Ciclista, diretto dall avvocato Eliso Rivera, e La Tripletta, firmata dallo studente in lettere Eugenio Camillo Costamagna, si uniscono per dar vita alla Gazzetta dello Sport venerdì 3 aprile 1896, tre giorni prima dell apertura dell Olimpiade di Atene, riedizione moderna degli Antichi Giochi. Il Ciclista e La Tripletta erano periodici di ciclismo, come praticamente il resto della stampa sportiva italiana di fine Ottocento. Nel Paese che cercava la sua via di industrializzazione, prima dell era automobilistica, la bicicletta occupava tutta la scena. Le prove su pista e le prime gare in linea (la Milano- Torino è del 1876...) offrono risultati e personaggi che chiedono informazione fresca e rapida. Magno ed Eliso delle Roncaglie, come si firmavano Costamagna e Rivera, hanno in mente proprio questo quando uniscono le forze e si mettono alla guida della redazione nella sede milanese dell Editore Sonzogno in via Pasquirolo. La prima Gazzetta esce di color verde chiaro, costa 5 centesimi e vende 20.000 copie, ma il secondo numero (era un bisettimanale con uscite il lunedì e il venerdì) viene subito rinviato al martedì per dar riposo agli operai nelle feste pasquali. Sono le prime pedalate di un giornale che ha ormai 118 anni di storia e continua ad andare in fuga. Se c è uno sport che più di ogni altro identifica il dna della Gazzetta è certamente il ciclismo. Dopo essere uscito su carta verdolina, gialla e bianca, il giornale diventa rosa nel 1899, come è ancora oggi. E rosa è anche la maglia del Giro d Italia (dal 1931), la corsa della Gazzetta! Le prime pagine che troverete in questo volume raccontano il romanzo del ciclismo e sono lo specchio dello sport più bello del mondo. Ci troverete l anima pionieristica di Luigi Ganna, di Costante Girardengo e Alfredo Binda, l età dell oro di Fausto Coppi e Gino Bartali, i duelli di Felice Gimondi ed Eddy Merckx, ma anche le pagine nere di doping e dintorni che ancora non ci consentono di storicizzare l epoca recente. Se ci pensate, grazie alla bici, al ciclismo e al Giro d Italia in particolare ci è dato di ripercorrere la storia del nostro Paese. Ci sono pochi ambiti che sono cambiati così poco in oltre un secolo. Certo, le biciclette sono diventate più leggere e sono fatte oggi di materiali spaziali (carbonio, titanio, magnesio ), ma il concetto è rimasto più o meno lo stesso: un triangolo di metallo, una catena di trasmissione che muove le due ruote e tre punti di appoggio per spingerla a velocità impensabili. La Gazzetta è nata per sostenere lo sviluppo del ciclismo e dell industria ciclistica ma è diventata rapidamente il giornale dello sport inteso come parte fondamentale dell evoluzione civile. Il giornale che racconta, interpreta e commenta gli avvenimenti. Il giornale che fa scoprire l antropologia degli atleti e di chi li segue. Il giornale che fa da sentinella perché tutto abbia un senso etico. Lo si capisce fin dal primo articolo siglato E.d.R. (Eliso delle Roncaglie, alias Eliso Rivera), che nell editoriale di presentazione della stagione ciclistica 1896 non è per nulla tenero: I nostri corridori si preparano con serietà e incominciano a comprendere il motivo precipuo della loro inferiorità in confronto ai corridori esteri: questo motivo, che noi non ci stancheremo di indicare, sta tutto nel metodo. Mentre i grandi corridori esteri si preparano con uno studio continuo e con una diligenza che ha tutte le caratteristiche del sacrificio compensato dalla gloria remuneratrice, i nostri sprinters hanno sempre fatto allegramente il loro allenamento e più allegramente ancora hanno continuato la carriera, specialmente dopo i primi biglietti da mille guadagnati Del resto consoliamoci: la nostra razza è così fatta né si può mutarla in un sol giorno.

10 Nel 1900 spariscono i riferimenti a Il Ciclista e La Tripletta e la testata del giornale rosa diventa semplicemente La Gazzetta dello Sport. In prima pagina compaiono prima i disegni delle volate su pista e poi le foto dei protagonisti di Giro di Lombardia (1905), Milano-Sanremo (1907) e Giro d Italia (1909), le corse organizzate direttamente dalla Gazzetta. Sono facce con baffoni, cappelli e bretelle. Le prime foto in azione, di arrivi di tappa o di passaggi in montagna, compaiono assai più tardi. Le prime pagine rispecchiano, oltre allo spirito dei tempi, anche la personalità dei vari direttori che si sono susseguiti dopo i fondatori. Emilio Colombo, figlio di un ferroviere, diventa il più popolare giornalista sportivo degli anni Venti, alimentando la prima grande rivalità: quella tra Costante Girardengo e Alfredo Binda. Bruno Roghi (direttore dal 1936 al 1943) è un raffinato uomo di cultura, diplomato in pianoforte al Conservatorio di Milano, e racconta il ciclismo con penna alta. I suoi pezzi sugli albori dell era Bartali- Coppi sono un riferimento di prosa viva e incisiva. Giuseppe Ambrosini (dal 1950 al 1961) è così esperto e appassionato di ciclismo da scrivere un libro didattico Prendi la bici e vai, che è un manifesto. Gianni Brera, che per tre anni ha condiviso la direzione della Gazzetta con Ambrosini, porta sulla prima pagina il suo Diario di Bordo con la personalissima prosa e quei neologismi che ne hanno fatto un gigante del giornalismo sportivo. Gino Palumbo, l uomo della svolta di fine anni Settanta, prende per mano il giornale tecnico per farlo diventare un grande quotidiano popolare. Le prime hanno titoli strillati a tutta pagina e fin dalla titolazione si va a cercare l uomo che sta dietro al campione. Lo stesso senso di semplicità e chiarezza, ma anche di emozione, che caratterizza le prime pagine di Candido Cannavò in piena continuità con Palumbo. Candido Cannavò è la prima firma del suo giornale (dal 1983 al 2002) e sulle prime pagine della Gazzetta combatte anche una coraggiosa campagna contro il peggio dello sport (scandali, doping ). E il ciclismo, soprattutto negli ultimi 20 anni, è stato falsato dal ricorso a scorciatoie che ne hanno ferito l anima. Nella selezione della pagine che vi proponiamo troverete esaltazioni di successi (caso Lance Armstrong per tutti) che sono stati poi ridimensionati e vanno riletti alla luce delle inchieste e delle confessioni. Noi crediamo che valgano comunque come documento storico. I titoli, le foto e l impostazione della pagine sono figli dell emozione di quel momento. E quindi della storia della Gazzetta. Una storia di cui siamo orgogliosi: da ben 118 anni

PRIMA DELLA GAZZETTA di Elio Trifari Estate 1867: per le strade di Alessandria, desta stupore e curiosità il figlio di un industriale della birra cittadino, Carlo Michiel, in sella a uno strano strumento a due ruote, acquistato all Expo di Parigi di quell anno alla quale si era recato con il padre. Si chiama michaudine o velocipede, ed è prodotto da Pierre Michaux e dal figlio Ernest. Questa è la prima apparizione documentata di un bicicletto, come fu definito poco dopo, nel nostro Paese. Nel 1869, la Scapigliatura piemontese battezza con il titolo Il Velocipede una pubblicazione letteraria aperta a un mondo nuovo. Ma è in realtà l anno dopo che nasce la prima di 5 pubblicazioni periodiche intitolate Il Velocipede che siano realmente dedicate al ciclismo, dando il via a un quarto di secolo di giornali che raccontano imprese in bicicletta. Quel primo Il Velocipede ciclistico, uscito il 26 ottobre 1870 a Roma per i tipi di Mugnoz, editore di letteratura, scienze e arti, appare all indomani della presa di Porta Pia, ha frequenza bisettimanale, ma avrà vita assai breve: ne è documentata la sopravvivenza per 11 numeri, fino al 10 dicembre dello stesso anno, a quanto riferisce Gianfranco Colasante, autore dello splendido Miti e storie del giornalismo sportivo, uscito nel settembre del 2013 per Garage Group Editore, dal quale desumiamo molte delle notizie di questo breve excursus e i dati relativi nella tabella che lo accompagna. Le prime gare di velocipedismo consistono, nel 1869, in alcune competizioni organizzate negli intervalli delle gare ippiche e delle corse dei biroccini negli ippodromi italiani, e la prima corsa in linea degna di tal nome è la Firenze-Pistoia del 1870, vinta dal figlio di un funzionario, probabilmente belga, del consolato britannico a Firenze. Ma la mania del bicicletto si diffonde rapidamente a macchia d olio, fin dal primo club di ciclismo, il Veloce Club Milano, fondato il 17 marzo 1870, e con essa il desiderio di documentare una passione che subito coinvolge gli italiani. Allo scoppio della Grande Guerra, le biciclette registrate in Italia saranno 1.225.338, come a dire una ogni 25 italiani. Per una cronologia dettagliata vi rimandiamo alla tabella, che cita anche le pubblicazioni generalistiche che precederanno la Gazzetta occupandosi, anche, di ciclismo. Questa è la storia di alcuni pionieri del ciclismo scritto, che meriterebbe ben altra, e autonoma, dimensione. Il primo, per unanime riconoscimento, è AGB, al secolo Augusto Guido Bianchi (Torino 1868 Milano 1951), di famiglia lombarda, studioso di sociologia, seguace di Lombroso (che nel 1901 avrebbe teorizzato in un curioso libretto, Il delitto con biciclo, la diffusione del nuovo mezzo come strumento del crimine). Bianchi ha sposato la bicicletta fin da subito, e continua a praticarla da giovane cronista giudiziario del Corriere della Sera, dove è approdato nel 1887. Cinque anni dopo dà vita al notiziario sportivo del quotidiano di via Solferino, e nel 1893 fonda la prima vera rivista di ciclismo italiana, Il Ciclo, sull onda del successo della Torino-Milano, organizzata proprio dal Corriere. Era un più moderno erede di quella Rivista Velocipedistica apparsa a Torino nel 1883, fondata dal barone Vincenzo Fenoglio d Enrici e curiosamente abbinata a un settimanale mondano diretto dallo stesso barone, Il Venerdì della Contessa. La rivista sarebbe uscita fino al 1898 per ben 433 numeri, senza mai saltare una pubblicazione, poi affiancata dal marzo del 1892 dall autorevole La Illustrazione Velocipedistica Italiana, creata a Milano da uno dei futuri fondatori della Gazzetta, Eliso Rivera. Il Ciclo, in cui il direttore Bianchi si firmava Io Ciclo (dopo aver usato all inizio lo pseudonimo Biagio Adagio), sarà seguito l anno dopo da La Bicicletta, apparsa il 23 aprile 1894, e divenuta in pochi mesi una vera e propria pubblicazione polisportiva, tiratura 25.000 copie, sede a Milano in via Pasquirolo al numero 2 (al 14 si sarebbe poi collocata la prima redazione della Gazzetta di Costamagna e Rivera). E sarà proprio

12 La Bicicletta a sponsorizzare nel 1896 il celebre viaggio di Carlo Airoldi da Milano ad Atene, tutto a piedi tranne il traghetto da Patrasso alla capitale greca, 1338 km in 28 giorni, vanificato poi dal rifiuto degli organizzatori del Comitato Olimpico Internazionale a iscrivere il professionista Airoldi alla prima maratona della storia, vinta poi dal pastore greco Spiridon Louis, che l esperto Airoldi avrebbe di certo battuto. Ma lasciamo Bianchi per concentrarci sui due fondatori della Gazzetta, Eugenio Camillo Costamagna ed Eliso Rivera, anch essi pionieri della pubblicistica su due ruote. Del primo sappiamo quasi tutto; poco, invece, del secondo. Eliso Francesco Rivera nasce in provincia di Alessandria (la prima città italiana a due ruote), nel castello di Monvicino a Oviglio, il 6 marzo 1865. Avvocato penalista e giornalista, collaboratore a Milano del Secolo, fonda il 31 marzo 1892 con Luigi Bianchi presso l editore Ricordi la già ricordata Illustrazione Velocipedistica Italiana, settimanale del giovedì, 16 pagine di grande formato. Poco dopo, Rivera avrebbe trasformato la testata in Il Ciclista, la prima delle due madri della Gazzetta. Dall incontro con Costamagna sarebbe nato quel foglio in carta verdina, apparso per la prima volta il 3 aprile 1896, divenuto rosa nel 1899, che Rivera avrebbe diretto assieme a Costamagna. Battagliero e rivoluzionario socialista, Rivera dopo aver promosso la poi perduta battaglia della Gazzetta contro la tassa sul ciclo nel 1898 si ritrova con i dimostranti sulle barricate di porta Venezia cannoneggiate dal generale Bava Beccaris durante la rivolta popolare contro l aumento del costo del grano, che insanguinano Milano (82 morti, ufficialmente, ma probabilmente tre centinaia), e, arrestato, trascorre 22 giorni in prigione prima di uscirne avvilito, al punto da trasferirsi in Argentina dove fonderà un periodico per gli italiani, prima di tornare in tarda età nel nostro Paese, dove morirà il 28 agosto 1936 nelle sue terre d origine, a Masio delle Roncaglie (AL), da cui aveva tratto il suo nome de plume Eliso delle Roncaglie. Quando lascia l Italia, Rivera abbandona Eugenio Camillo Costamagna al timone della Gazzetta, sostituito da Roderigo Rizzotti, ex schermidore. Costamagna meriterebbe un libro magari partendo dall approfondita monografia uscita nel 2006 a opera di Gian Luigi Bruzzone nella rivista Studi monregalesi per descriverne la multiforme attività di giornalista, scrittore, commediografo e amante di lirica e pittura. Nato a San Michele Mondovì, in provincia di Cuneo, nel 1864, ma cresciuto al mare in Liguria, a Oneglia, imbarcato come mozzo da ragazzo su una nave a vela diretta in Asia Minore, trasferitosi poi a Torino con la famiglia il padre lavorava in prefettura era un gigante da un metro e novanta, appassionato di ciclismo fin da ragazzo, e buon praticante. Editore di un Giornalino, dopo l esordio alla Stampa fonda, trentunenne, La Tripletta, il 1 ottobre 1895, seconda madre della Gazzetta. Dall incontro con Rivera, Magno, come si firma, trae l idea di fondare La Gazzetta dello Sport appoggiandosi all editore del Secolo, Sonzogno. I due decidono, in principio, che la sottotestata rimossa l anno seguente richiami Il Ciclista e La Tripletta, da cui discende. Rivale dichiarato La Bicicletta di Bianchi, uscita lunedì e venerdì, carta verdina, sono 15.000 le copie tirate per il primo numero, che precede di tre giorni l apertura della prima Olimpiade dell era moderna. Appassionato di tutti gli sport, amante oltre che del ciclismo anche dell auto, di cui segue di persona i raid più importanti (ne percorre nel 1902 uno in giro per l Italia, il Milano-Palermo-Milano di circa 6000 km come dice, esagerando, la Gazzetta), è Costamagna a dare impulso polisportivo a un giornale che Rivera avrebbe probabilmente voluto essenzialmente ciclistico. Lo fa senza disdegnare i suoi multiformi amori ( Il direttore è troppo occupato dalle prove della sua nuova commedia recita un corsivo della rosea all inizio del Novecento riferendosi a una sfortunata pièce, Fra Agostino): dipinge e scrive, suona e fa persino l allenatore di calcio. Chiama in Gazzetta a occuparsi di ciclismo Enrico Tarlarini, campione italiano di biciclo nel 1885 e più tardi di triciclo a motore con Bugatti, successivamente Edgardo Longoni autore in precedenza di un generoso tentativo di giornale polisportivo spazzato via dalla Gazzetta e soprattutto Armando Cougnet, ideatore poi con Tullo Morgagni del Giro d Italia di cui sarà direttore fino alla Seconda guerra mondiale, divenuto ben presto amministratore del giornale. Costamagna matura progressivamente un distacco dallo sport, divenuto a suo dire troppo industriale e ricco, e decide di lasciare Milano e di rifugiarsi dalle sue parti, per poi promuovere a Torino ultimo guizzo sportivo la nascita di Lo Sport del Popolo, che avrebbe dovuto contrastare la rosea, uscendo negli stessi giorni, finché la guerra non se lo porta via. E il 27 settembre 1918 una polmonite fulminante ne causa la prematura morte, a Mondovì, poco dopo che Magno ha scritto, su invito pacificatore di Morgagni, il suo ultimo articolo per Lo Sport Illustrato, il settimanale della Gazzetta: meno di un anno dopo, la sua antica creatura sarebbe divenuta, stabilmente, il primo quotidiano sportivo italiano.