Indiani d Occidente. Istanbul, il bazar degli organi



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Indiani d Occidente Istanbul, il bazar degli organi La valigia russa Ad Aksaray, accanto a spezie e tappeti, venditori provenienti dall'ex Urss offrono sigarette, falsi Vuitton, ed esseri umani Trattative Turchi e moldavi, poveri e disperati, mettono in vendita parti del loro corpo. Un rene per 10 mila dollari. Marina Jiménez giornalista del quotidian canadese National Post candidata quest'anno al National Newspaper Award per i suoi reportage sul commercio di organi umani nelle Filippine recentemente si è recata a Istanbul per indagare sul commercio di organi in questa città insieme a Nancy Scheper-Hughes co-fondatrice del gruppo per i diritti umani Organs Watch e docente presso l'università della la California a Berkeley. Questa è la prima puntata di una serie di quattro articoli. MARINA JIMENEZ NANCY SCHEPER-HUGHES ISTANBUL In una città famosa per le gallerie labirintiche e i bazar esotici, un mercato nuovo e più sinistro prospera nel parcheggio di una strada secondaria. Mentre il Bazar Coperto di Istanbul - dove si vende di tutto, dagli arazzi di seta alle spezie dall'aroma acre - non è cambiato molto dai tempi dell'impero ottomano, questo nuovo mercato gestito dai russi e da altri cittadini dell'ex Unione

Sovietica si trova in un vecchio quartiere di filande vicino al cuore della città. Le merci in vendita a Aksaray sono prodotti contraffatti - ed esseri umani, e parti del loro corpo. Il «commercio della valigia russa» [forma di traffico semi-clandestino, ndt] è sorto una decina di anni fa dopo il crollo dell'unione Sovietica. Da allora i venditori ambulanti sono arrivati qui da tutta l'europa orientale per vendere di contrabbando le loro merci introdotte in Turchia in ordinati pacchi marroni. In offerta ci sono barrette di cioccolata dei Pokémon prodotte in Giappone a un dollaro a confezione, sigarette importate e false valige Louis Vuitton, bottiglie di vino rosso della Moldavia piene di sedimenti, kit di attrezzi da lavoro fabbricati in Germania e imitazioni dei profumi Chanel. Insieme alle valige sono in vendita anche delle persone. Poco tempo fa, una domenica mattina, più di 300 immigrati si sono riversati nella strada ghiacciata. Molti provenivano dalla Romania e dalla confinante Moldavia, piccola ex repubblica sovietica priva di accesso al mare con il triste primato di avere l'economia più povera d'europa. Donne matronali in pesanti cappotti e scialli «babushka» dai colori vivaci, le caviglie gonfie costrette in scarpe di basso prezzo, formano piccoli capannelli sperando di trovare lavoro come domestiche o bambinaie a 300 dollari al mese. Per la stessa paga gli uomini cercano lavoro come giardinieri o muratori. Con i capelli tinti e il mascara applicato con cura, moldave più giovani e graziose vendono il loro corpo per 100 dollari a notte. Gli sfruttatori le offrono come schiave del sesso anche per 100.000 dollari «per farci quello che ti pare». Infine, in piedi ai bordi della strada, ci sono mercanti che non troverete in nessun altro bazar: i venditori di reni. Questa gente impoverita - turchi, moldavi e di altri paesi dell'europa dell'est - è così disperata da essere pronta a rinunciare a un organo pur di fare soldi. Contrattano furiosamente sul prezzo: partono da 50.000 dollari ma, come i venditori di tappeti e i mercanti d'oro del Bazar coperto, sono sempre disposti ad accordarsi per una cifra più bassa.

Le trattative sono un tormento lento, condotte davanti a una tazza di tè turco lontano dagli sguardi imbronciati delle prostitute, delle domestiche e delle bambinaie moldave che disapprovano il commercio illegale di organi per cui Istanbul è ora rinomata. Satilmis Korucu viene da un villaggio sulle coste del Mar Nero in Turchia. Ha saputo del commercio di reni da un amico moldavo. È stato messo in contatto con un tizio che pensava fosse un trafficante di reni sotto copertura, ma che in realtà era un giornalista turco. A sua volta, «l'agente» ci ha presentate come sue clienti nordamericane. Korucu vuole 50.000 dollari per un rene - ma è pronto a venderlo per 20.000. «Non avevo mai pensato di arrivare a questo punto, ma ho cominciato a pensare di vendere un rene nell'ultimo anno» racconta il quarantenne fornaio, dita contratte e sudicie, fronte grinzosa, una giacca sciupata e inzaccherata di pioggia. «Ho perso il lavoro. Ho appena divorziato. Ho un bisogno disperato dei soldi. Voglio mettere su un'attività, magari una sala da tè». Korucu, con i suoi affanni, non è che una rotella nell'ingranaggio del commercio di organi umani, che si rivela un traffico globale da molti milioni di dollari, altamente sofisticato e ben organizzato. Istanbul è diventata una delle molte nuove mete del commercio di reni che sono emerse nel mondo, mentre il traffico illegale si sta estendendo all'asia, al Medio Oriente e al Sud America. La città ha tutti gli ingredienti perché il commercio abbia successo: un hinterland di gente povera, rotte commerciali tra Oriente e Occidente e un sistema sanitario relativamente sofisticato. Gli acquirenti, molti dei quali arrivano da Israele, vengono portati qui in «tour dei trapianti» organizzati da un chirurgo israeliano fuorilegge. In Turchia i mediatori fanno incontrare le parti, mentre compiacenti medici locali officiano la cerimonia eseguendo nel cuore della notte interventi chirurgici illegali in sale operatorie affittate da cliniche private. Preoccupato per la sua immagine - specialmente alla luce di un possibile ingresso nell'unione Europea - il governo turco ha cercato di ridurre al minimo le dimensioni del traffico di reni. A Istanbul le autorità hanno compiuto quattro irruzioni in ospedali compiacenti dando la caccia ai medici ritenuti responsabili.

Ma a favore della sua persistente vitalità depongono tutti coloro che prendono parte al mercato: dottori, venditori e acquirenti. Secondo fonti israeliane, negli ultimi cinque anni si sono recati all'estero centinaia di israeliani, molti dei quali in Turchia, per ricevere organi espiantati da migranti dell'europa dell'est. I compratori pagano da 100.000 a 180.000 dollari per intervento chirurgico, assistenza postoperatoria e medicazioni. Michael Friedlaender, primario di nefrologia all'hadassah University Hospital di Gerusalemme, spiega che nella sua clinica circa il 25% dei pazienti ha acquistato all'estero i reni trapiantati. Secondo prove raccolte da svariate fonti, tra cui Interpol, polizia turca e moldava, il commercio di organi è controllato da una mafia transnazionale - anche se nessun esponente della criminalità organizzata è stato mai arrestato per questo tipo di traffico. In Moldavia i trafficanti di organi lavorano con le controparti turche andando a caccia di venditori. Dal 1998 hanno fatto arrivare a Istanbul, in autobus o in aereo, circa 300 moldavi che vengono ospitati in alberghi nel quartiere di Aksaray finché non si trova l'acquirente. Poi subiscono l'intervento e firmano una liberatoria in cui dichiarano di non essere stati costretti né pagati per donare i loro organi. I moldavi sono pagati circa 2.700 dollari, una piccola parte della somma chiesta dai venditori turchi. (Ci sono anche prove che questo particolare mercato clandestino ha raggiunto il Nord America; l'anno scorso il Dipartimento di Stato Usa ha aperto un'indagine su dozzine di casi di «turisti» moldavi che sono entrati o hanno cercato di entrare nel paese. Le autorità sospettano che il motivo non sia cercare lavoro o fare del turismo, ma vendere un rene.) Poi ci sono i giocatori più disperati: i venditori freelance al «mercato russo della valigia» di Istanbul. «Ragazze, organi, pacchi, tutto è mescolato. Potrebbero essere controllati dagli stessi gruppi criminali» spiega il turco Eugun Ozsunay, professore di diritto che si occupa di bioetica e che ha collaborato ad alcuni procedimenti sulle merci contraffatte. «Una città portuale avrà sempre fenomeni simili, ma non in proporzioni così vaste. Il mercato nero qui è stupefacente». Poco tempo fa - è domenica - le strade di Aksaray si riempiono di minivan provenienti dalla Moldavia e di immigrati in jeans e giacche nere di pelle a buon mercato. Si disperdono quando la polizia si avvicina; ma le autorità li lasciano stare e presto si raggruppano di nuovo, pronti a vendere oggetti di tutti i tipi o ad accettare qualunque lavoro. Alcuni moldavi sono turbati dall'idea

di vendere una parte del corpo. «Non faremmo mai una cosa simile. Al giorno d'oggi è in vendita proprio tutto?» dice una donna di 42 anni che cerca lavoro come cameriera. «Non si può vendere la propria vita». Altri non hanno simili scrupoli. Satilmis Korucu, il turco che si è trovato in ristrettezze, si offre di cercare i suoi due amici moldavi, che fanno parte di un giro di venditori di reni. Di recente, quattro moldavi e una coppia rumena hanno incontrato un giornalista che fingeva di essere un trafficante di organi in incognito e hanno avviato una trattativa. Il rumeno, che ha detto di chiamarsi Ahmet, voleva 50.000 dollari e progettava di mandare i soldi a casa per mantenere i suoi due figli. Si è offerto di reclutare altri venditori. Korucu, che ritiene di essere un donatore perfetto per un paziente con sangue di tipo AB, dice di essere in buona salute e che le due ferite infette e piene di pus che ha sulla mano sono solo ferite superficiali. «Ho fatto un'antitetanica ma non mi posso permettere di comprare gli antibiotici che mi sono stati prescritti. Ma sono pulito» dice, rimuovendo la fasciatura a brandelli sulla mano destra. «Non ho mai avuto niente a parte l'influenza». Lui divide una stanza con un amico e guadagna 2 dollari al giorno come robivecchi, spingendo il suo carretto vicino agli hotel e ai discount di articoli in pelle a Aksaray, raccogliendo pezzi di metallo e vecchie lattine. Preferisce vendere un rene piuttosto che tornare a lavorare come fornaio. Dice di non temere l'intervento chirurgico.«non va contro la mia religione. Mio fratello ha un rene solo e questo secondo è marcio [per insufficienza renale], ma vive bene perciò non credo che avrò alcun danno se ne vendo uno. La sola cosa che chiedo è di essere operato in un buon ospedale». Un funzionario del ministero della sanità turco, Yasar Naci Uz, sottolinea che la Turchia non è il solo paese in cui si fa compravendita di organi: «La nostra è solo una fetta molto piccola del mercato» insiste. E inoltre, il governo ha «preso a cuore il problema». «Perché veniamo rimproverati noi per ogni moldavo che vende un rene?» chiede: «Abbiamo una legge che vieta il traffico di organi e che protegge le persone dal traffico». Ma nonostante le severe leggi anti-contraffazione, le autorità turche non riescono a controllare il mercato dei reni, proprio come sono impotenti a reprimere il commercio di falsi rossetti Estée Lauder e di detergenti Tide. «Nel mondo c'è una grande richiesta di reni ma il tasso delle donazioni è basso, e non solo in Turchia» dice Nedim Sendag, presidente dell'ordine dei medici

turco: «La Turchia è il ponte tra l'est e l'ovest. È possibile che molti medici che sono in grado di eseguire un trapianto eseguano operazioni illegali. In questo business girano tanti soldi». Mentre sorseggia le ultime tazze di tè in un albergo vicino al mercato, Satilmis Korucu abbassa il prezzo per l'ultima volta: «Per il rene accetto 10.000 dollari» dichiara in tono deciso. «Ed è la mia ultima offerta». Traduzione di Marina Impallomeni Featurewell e il manifesto