Il migliore amico della macchina



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Il migliore amico della macchina La corretta scelta del lubrorefrigerante può incrementare sostanzialmente la redditività delle lavorazioni meccaniche e al tempo stesso salvaguardare la salute degli operatori e il rispetto dell ambiente La redditività di un fusto d olio dipende da quanto può essere considerato efficace nel ridurre il tempo di lavoro delle macchine. Questo parametro di qualità, infatti, incide nei costi finali molto di più del puro prezzo del fusto perché determina la produttività delle macchine e, quindi, la redditività e la conservazione degli impianti, due voci di costo decisamente più importanti nei bilanci delle industrie. Inoltre, non vanno mai trascurate le caratteristiche chimiche e fisiche dei lubrorefrigeranti che riguardano la sicurezza degli operatori e il rispetto ambientale. Di questi temi si è parlato durante il 5 convegno Lubrorefrigeranti e macchina utensile, tenutosi recentemente a Castenedolo (BS) e organizzato da Ridix e Blaser Swisslube. Gli esperti svizzeri di Blaser (rappresentata in Italia da Ridix) affermano che è il lubrorefrigerante che consente all utensile di lavorare più velocemente e più a lungo: riducendo i tempi morti, permettendo tagli più profondi, migliorando la finitura superficiale, rallentando l usura dell utensile e aumentando la vita delle macchine. Questi vantaggi consentono alle industrie di diminuire i costi globali, incrementare il rendimento degli impianti e lavorare senza inquinare. Classificare i lubrorefrigeranti I requisiti che contraddistinguono un lubrorefrigerante sono relativamente complessi e non possono prescindere dalle funzioni prioritarie di: lubrificare, ossia ridurre l attrito per la forza di taglio; raffreddare, ovvero asportare calore; sciacquare, cioè lavare i trucioli. I lubrorefrigeranti si classificano in non miscibili e miscibili. I primi sono gli oli puri, o interi, senza acqua per definizione e a loro volta classificabili nelle seguenti categorie: oli minerali, oli minerali raffinati, oli bianchi, oli sintetici PAO (polialfaolefine), esteri naturali, esteri sintetici a base vegetale, esteri sintetici. L olio minerale è formato da molecole di idrocarburi legate in catene, la cui lunghezza determina la viscosità. Il processo di raffinazione permette di ottenere diverse lunghezze e, quindi, determinate viscosità, anche se le molecole non hanno mai esattamente la stessa lunghezza, ma una lunghezza media distribuita secondo una curva di Gauss, la quale descrive anche l intervallo dei valori di viscosità. Inoltre, sono molecole apolari con gli elettroni ripartiti su tutta la struttura e, quindi, hanno bassa adesività alle superfici metalliche. Fra le molecole più note ricordiamo la n-paraffina, la isoparaffina, il naftene, la olefina, l acetilene e gli aromatici. Anche gli oli bianchi sono a base di oli minerali, ma sono raffinati fino a minimizzare il tenore di tossicità a un livello tale da poter essere considerato trascurabile se viene a contatto con alimenti, medicinali e cosmetici. Gli oli sintetici, come le PAO, sono sintetizzati a partire dall etilene ricavato da oli minerali. Formati da una singola molecola di idrocarburo, hanno una bassa tendenza all evaporazione, ridotta nebulizzazione e ottima resistenza all ossidazione. L unico svantaggio delle PAO è il costo relativamente alto, ma c è il vantaggio che molte caratteristiche possono essere definite a piacere direttamente in laboratorio. L estere naturale e/o vegetale è costituito da un componente alcolico e da acidi grassi esterizzati naturalmente, detti anche trigliceridi e disposti in catene, la cui lunghezza e grado di saturazione

determinano le caratteristiche chimiche e fisiche. In pratica, un estere naturale è formato da glicerina e da acidi grassi saturi (acido palmitico od oleico) o insaturi (acido oleico, linoleico o linolenico), ricavati da colza, girasole o grassi animali. Gli esteri sintetici possono essere monoesteri, se derivano da acidi grassi esterificati con alcoli, diesteri, se derivano dalla reazione di acidi con alcoli, poliesteri, se sono diesteri stabilizzati per l uso in un ampio intervallo di temperatura, esteri complessi, se derivano da polioli esterificati con miscele di acidi carbonici e caratterizzati da un eccezionale stabilità. I lubrorefrigeranti miscibili si formano mescolando in acqua una certa percentuale di concentrato, il quale può a sua volta essere costituito dalle emulsioni oppure dalle soluzioni. Le emulsioni sono formate per metà da olio puro e per l altra metà da particelle finissime di emulgatori disperse in fase acquosa, le quali continuano a essere particelle solide anche quando sono frantumate in acqua. Le soluzioni sono essenzialmente liquide e non contengono olio puro, ma sono formate mescolando acqua e glicoli. A metà fra le emulsioni e le soluzioni ci sono gli oli semisintetici formati d acqua e da una miscela di emulgatori e olio. Fare la scelta giusta La classificazione mette in evidenza l efficacia di un lubrorefrigerante nello svolgere una determinata funzione e, quindi, in base alla sua composizione può privilegiare l azione lubrificante o le azioni di raffreddamento e lavaggio. Tuttavia, è noto che molte lavorazioni meccaniche si svolgono fra 400 e 700 C e a queste temperature evaporano sia l acqua (100 C) sia l olio (200~250 C). Pertanto, nei buoni lubrorefrigeranti è necessario aggiungere un po di additivi, che sono i soli a resistere sul punto di lavorazione alle alte temperature. Gli additivi più diffusi sono le paraffine a base di cloro, per lavorazioni fino a circa 600 C, e a base di zolfo per temperature fino a 900 C. Inoltre, ci sono svariati additivi che vengono scelti in base alla tipologia del lubrorefrigerante e servono come antischiuma, antiossidanti, stabilizzanti, coloranti e profumanti. Purtroppo, il lubrorefrigerante perfetto non esiste perché nessuna miscela può risolvere la totalità dei problemi insiti nelle lavorazioni meccaniche. D altra parte, non si può pensare di fare ricorso a una sostanza diversa per ciascuna delle innumerevoli condizioni d impiego riscontrabili in una linea di lavorazione. Di conseguenza, è inevitabile dover cercare un compromesso che consenta di far funzionare bene il maggior numero di macchine e penalizzare il minor numero di prestazioni. Una buona norma, consigliata dagli esperti Blaser, è di non lesinare troppo sulla concentrazione d olio perché economizzarlo significa rallentare la produttività della macchina, mentre invece un abbondante quantità d olio nel concentrato migliora il rendimento delle lavorazioni. Tuttavia, non si può pensare solo a lubrificare, ma è sempre necessario anche raffreddare per prevenire la dilatazione termica dei metalli che può falsare la precisione di lavoro. Lo smaltimento del calore, inoltre, serve anche a prevenire il rischio d incendio, sempre presente dato che gli oli sono essenzialmente idrocarburi combustibili. In termini pratici, la differenza fra un emulsione e una soluzione si riscontra anche nell attrezzatura di supporto che nel primo caso prevede un buon miscelatore, mentre nel secondo basta un semplice dosatore. Un evoluzione delle emulsioni è rappresentata dalle cosiddette microemulsioni, formate da miliardi di goccioline d olio con diametro medio compreso fra 0,1 e 0,2 µm finemente disperse in fase acquosa. Le microemulsioni sono efficaci sia nell azione lubrificante, sia nelle funzioni di raffreddamento e lavaggio e, inoltre, consentono di evitare i rischi tipici delle soluzioni sintetiche a base di glicoli che, non avendo olio nel

concentrato, necessitano di una maggior quantità di additivi antiossidanti e obbligano a usare acque trattate (ad esempio con impianti a osmosi) per minimizzare la concentrazione dei sali responsabili di generare sgradevoli residui solidi che danneggiano utensili e macchine. Gli esperti Blaser confermano che sta crescendo la domanda di microemulsioni con una buona quantità d olio nel concentrato e, in particolare, con almeno il 50% di olio, una composizione che permette già al 7~8% di garantire un alto potere lubrificante alle macchine e una prestazione ottimale degli utensili. Le lavorazioni Le quattro grandi famiglie di lavorazioni meccaniche per la trasformazione dei materiali sono l alesatura, l asportazione (per fresatura, tornitura, foratura, maschiatura, brocciatura, dentatura), la rettifica e la deformazione (tranciatura, imbutitura, rullatura, punzonatura). La regola fondamentale è che tutto il calore generato nella lavorazione dev essere smaltito dal lubrorefrigerante. La capacità di un olio a smaltire il calore è direttamente proporzionale alla sua fluidità, che è il contrario della viscosità. Minore è la viscosità e maggiore è la fluidità, ovvero il calore asportabile dall olio al suo passaggio e, viceversa, un olio molto viscoso è anche molto denso e poco adatto a smaltire calore. Generalmente, tuttavia, all aumentare della temperatura la viscosità diminuisce e, finché non raggiunge il punto d ebollizione, l olio è più fluido e adeguato a smaltire il calore. Però, aumentando ancora la temperatura c è il rischio che l olio inizi a nebulizzare, producendo vapori che possono mescolarsi con l ossigeno dell aria e, al comparire di una qualsiasi scintilla, innescare un incendio. Questo pericolo è tanto maggiore quanto minore è la temperatura d infiammabilità dell olio e, inoltre, cresce in presenza di materiali particolarmente pericolosi (ad es. lavorando il mercurio si libera idrogeno). Di conseguenza, è indispensabile essere certi che il lubrorefrigerante sia realmente capace di smaltire tutto il calore generato nelle lavorazioni e, se occorre, prevedere un adeguato impianto di spegnimento incendi. Una volta scelto il lubrorefrigerante, bisogna dimensionarne correttamente la quantità e il flusso medio in funzione della potenza al mandrino e delle perdite cinematiche della macchina (ossia il rendimento). Stabilito il flusso medio occorrente si può dimensionare la vasca che, oltre a contenere il lubrorefrigerante, deve anche ospitare quanto necessario al filtraggio e rigenerazione dello stesso. È importante che il volume della vasca sia adeguato perché le vasche sottodimensionate finiscono inevitabilmente per causare il surriscaldamento del lubrorefrigerante, riducendone il potere raffreddante e, inoltre, fanno più fatica a mantenerlo pulito. Se non c è spazio per una vasca grande, sarà bene installare uno scambiatore di calore per raffreddare il lubrorefrigerante e qualche filtro in più per migliorare l azione di pulizia. Una diffusa tendenza è nota come lubrorefrigerazione minimale e consiste nella calibrazione di piccoli getti di lubrorefrigerante nebulizzati e spruzzati da uno o più ugelli localizzati vicino ai punti critici delle lavorazioni. Questa tecnica non è però universale e va valutata volta per volta in funzione delle caratteristiche termiche e meccaniche di ogni lavorazione, soprattutto perché manca l effetto lavante che trascina il truciolo nella vasca, ragion per cui spesso vengono aggiunti anche opportuni getti di aria compressa che servono ad allontanare i trucioli. Gli esperti Blaser consigliano la tecnica minimale nelle lavorazioni dei piccoli particolari e degli stampi, nella deformazione a freddo della lamiera, nella finitura superficiale e nella lavorazione del magnesio. Per contro, la sconsigliano nei centri di lavoro e nei torni con cambio utensili, per la difficoltà di posizionamento e controllo degli ugelli, nelle lavorazioni con grandi asportazioni che generano molto calore e richiedono volumi importanti di lubrorefrigerante, nonché nelle lavorazioni interne profonde o quelle che

richiedono utensili con lubrificazione interna. Per quanto riguarda i lubrorefrigeranti, vanno bene i miscibili con un buon tenore d olio nel concentrato (almeno 50~60%), oppure gli oli interi. Il rispetto dell ambiente Per durare a lungo, il lubrorefrigerante deve vivere in un ambiente pulito, altrimenti diventa veicolo di sporcizia e particelle fini di metallo che, oltre a impedire alla macchina di funzionare correttamente, mettono in pericolo la salute degli operatori e inquinano l ambiente. La legge 626 obbliga i produttori a informare gli utilizzatori, attraverso apposita documentazione (STMS, etichettatura) sulla presenza nei prodotti di sostanze tossiche, irritanti, nocive o cancerogene, indicandone il nome e la quantità. La legge, tuttavia, non vieta l uso dei prodotti etichettati, ma si limita a obbligare il costruttore a utilizzare se tecnicamente possibile i prodotti migliori per l aspetto ambiente e sicurezza. Peraltro, a livello comunitario le legislazioni sulla classificazione delle sostanze sono in continua evoluzione e periodicamente vengono emessi nuovi adeguamenti. Molti battericidi tipicamente usati nei lubrorefrigeranti miscibili hanno l obbligo di etichettatura come, ad esempio: boro, triazina, formaldeide, nitrosammina, cloroparaffina a catena corta, fenolo. Per contro, la stabilità microbiologica della maggior parte dei prodotti miscibili Blaser è ottenuta grazie alla biodinamica, quindi senza l uso di battericidi e senza etichettatura Xi (irritante) e Xn (nocivo). Al posto dei battericidi, Blaser sfrutta l azione naturale di una flora aerobica non patogena capace d impedire la nascita della flora anaerobica senza danneggiare l ambiente. Dato che l etichetta è imposta solo quando nel concentrato le quantità di prodotti tossici superano i limiti massimi dettati dalla legge, ne segue che un prodotto etichettato presenta sicuramente un livello di rischio ecologico maggiore di un prodotto non etichettato. Inoltre, la direttiva 94/69/CEE recante il 21 adeguamento alla direttiva 67/548/CEE stabilisce che non è necessaria la classificazione di cancerogena per una sostanza derivata dal carbone e dal petrolio se si può dimostrare che contiene meno dello 0,1% di benzene e butadine, meno dello 0,005% di benzopirene e meno dello 0,3% di estratto DMSO e, comunque, se si può dimostrare che la sostanza non è cancerogena. Per i valori limite di esposizione agli inquinanti negli ambienti di lavoro si può fare riferimento all Associazione degli igienisti americani (ACGIH) che si occupa di fissare e pubblicare i TLV indicanti le concentrazioni delle sostanze disperse nell aria alle quali la maggior parte dei lavoratori può rimanere esposta ripetutamente senza alcun effetto negativo per la salute. In pratica, più il TLV è basso e più una sostanza è pericolosa, in quanto basta una piccola quantità presente nell ambiente di lavoro per creare una situazione di rischio. Un discorso a parte merita la lavorazione dei metalli duri composti da micrograni di carburo di tungsteno e cobalto. In tal caso, infatti, c è il rischio di una parziale soluzione del cobalto in acqua con conseguente generazione di alcune problematiche tossicologiche fra cui l insorgenza di tumori, dermatiti e patologie dell apparato respiratorio (come asma e fibrosi polmonare). L Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) inserisce il cobalto nel gruppo 2B delle sostanze cancerogene per l uomo, mentre il limite di esposizione TLV-TWA fissato dalla ACGIH nell anno 2000 è di 0,02 mg/mc. Il consiglio Blaser per le lavorazioni particolarmente critiche come questa è di usare solo oli interi composti da basi (minerali o vegetali) severamente raffinate e idrogenate. Per tutte le altre lavorazioni è, comunque, consigliabile utilizzare sempre lubrorefrigeranti non etichettati e senza battericidi. I lubrorefrigeranti

caratterizzati da un ricco contenuto tecnologico, come sono le sostanze biodinamiche prodotte da Blaser Swisslube, sono la miglior soluzione per garantire il buon funzionamento delle macchine, il rispetto dell ambiente e la sicurezza degli operatori. readerservice.it n.46