Pari opportunità, contrasto alle discriminazioni e tutela della dignità e del benessere nei luoghi di lavoro



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Evento Formativo: Il codice di condotta per la prevenzione ed il contrasto dei comportamenti molesti e lesivi della dignità delle lavoratrici e lavoratori dell'ulss 17 11/17 marzo, 08 aprile, 29 maggio, 26 giugno, 25 settembre, 7/14 ottobre 2014 Pari opportunità, contrasto alle discriminazioni e tutela della dignità e del benessere nei luoghi di lavoro A cura di Lucia Basso Esperta in politiche e contrattazione per le pari opportunità, prevenzione e contrasto delle discriminazioni di genere e multiple. Consigliera di Fiducia in aziende pubbliche e private. Presidente di Ri.Genera.Azione Associazione di promozione sociale di Padova. Già Consigliera di parità provinciale di Padova e regionale del Veneto. Marzo 2014

INDICE 3 PREMESSA Pari opportunità e tutela della dignità e del benessere nel lavoro per motivi di genere: il contesto normativo Parte prima PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ PER MOTIVI DI GENERE 5 LA NORMATIVA 8 EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE NAZIONALE 10 Il Codice delle pari opportunità 12 LE AZIONI POSITIVE 14 ORGANISMI PER LE PARI OPPORTUNITÀ E LA TUTELA Parte seconda TUTELA DELLA DIGNITÀ E DEL BENESSERE NEI LUOGHI DI LAVORO 17 LA NORMATIVA 18 LE MOLESTIE SESSUALI 21 IL MOBBING SUL POSTO DI LAVORO 25 TUTELA E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Organismi e norme disciplinari Codici di condotta (o di comportamento) 26 Consigliera di fiducia Parte terza PARI OPPORTUNITÀ PER MOTIVI DIVERSI DAL GENERE 28 LA NORMATIVA DOCUMENTAZIONE EUROPEA 31 Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione del 27 novembre 1991 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro ALLEGATO / Codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella lotta contro le molestie sessuali 38 Risoluzione A5-0283/2001 del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001. Il mobbing sul posto di lavoro 41 Molestie e violenza sul luogo di lavoro Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dell 8 novembre 2007 che presenta l'accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro NAZIONALE 44 Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica 47 Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro REGIONE VENETO 51 Legge Regionale 22 gennaio 2010, n.8 Prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing e tutela della salute psico-sociale della persona sul luogo del lavoro 2

PREMESSA Pari opportunità e tutela della dignità e del benessere nel lavoro per motivi di genere: il contesto normativo Comitato Unico di Garanzia, consigliera di fiducia, codici di condotta, azioni positive sono alcuni fra gli organismi e gli strumenti introdotti nell ordinamento nazionale in attuazione di norme della Costituzione articoli 3, 37 e 51 e della strategia dell Unione europea finalizzata a promuovere ed attuare, oltre ai principi di parità e pari opportunità, la tutela della dignità e del benessere nei luoghi di lavoro, strategia che si realizza, principalmente, con la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni e delle molestie: molestie sessuali, molestie morali o mobbing. Sono organismi e strumenti che mirano, pur con competenze ed obiettivi diversi, alla promozione ed attuazione di questi principi, a partire dalla prevenzione e dal contrasto dei vari tipi di molestie. Non è possibile introdurre ed approfondire argomenti specifici ad esempio cosa si intende per discriminazione, molestie/mobbing, azioni positive, conciliazione vita-lavoro se non si conosce il contesto generale rappresentato dalla normativa che disciplina la materia. E ciò è necessario, a maggior ragione, se si affrontano come avviene spesso questioni ed aspetti ancora più particolari e pratici, come la progettazione di un azione positiva, l individuazione di casi di molestie, delle procedure per contrastarle e farle cessare, degli interventi per bonificare l ambiente di lavoro. La strategia dell Unione Europea e la normativa nazionale In questa materia l Unione Europea si è mossa secondo due indirizzi. 1. Una disciplina generale per la parità, la promozione delle pari opportunità di genere nei vari ambiti ed il contrasto alle discriminazioni, all interno della quale hanno trovato collocazione, ad un certo momento, le tutele della dignità e del benessere nei luoghi di lavoro, partendo dal contrasto al fenomeno delle molestie, molestie sessuali, molestie morali o mobbing. GLI OBIETTIVI SONO STATI PERSEGUITI ATTRAVERSO LA LEGISLAZIONE DEGLI STATI MEMBRI, A PARTIRE DA QUELLA NAZIONALE. 2. Una disciplina specifica per la tutela della dignità e del benessere nei luoghi di lavoro, per la prevenzione del fenomeno delle molestie, la soluzione dei casi concreti e la bonifica dell ambiente di lavoro. GLI OBIETTIVI SONO STATI PERSEGUITI, PREVALENTEMENTE, MEDIANTE LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, PUBBLICA E PRIVATA. 3

Parte prima PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ PER MOTIVI DI GENERE La disciplina generale LA NORMATIVA Unione Europea Nazionale Decreto Legis. Luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 23 - Estensione alle donne del diritto di voto (GU n. 22 del 20 febbraio 1945). COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (GU n. 298 del 27 dicembre 1947). Legge 9 febbraio 1963, n. 66 - Ammissione della donna ai pubblici uffici e alle professioni (GU n. 48 del 19 febbraio 1963). Direttiva 75/117/CEE del Consiglio del 10 febbraio 1975 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GUCE n. L 45 del 19 febbraio 1975) Direttiva 76/207/CEE del Consiglio del 9 febbraio 1976 relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GUCE n. 39 del 14 febbraio 1976). Modificata dalla Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002. Raccomandazione 84/635/CEE del Consiglio del 13 dicembre 1984 sulla promozione di azioni positive a favore delle donne (GUCE n. L 331 del 19 dicembre 1984). Comunicazione della Commissione del 17 luglio 1996 - Codice di condotta per l'applicazione della parità retributiva tra uomini e donne per lavoro di pari valore (COM (96) 0336 - C 4-0460/96). Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (GU n. 131 del 27 maggio 1970). Legge 9 novembre 1977, n. 903 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (GU n. 343 del 17 dicembre 1977). Con le modifiche introdotte dai Decreti Legislativi n. 196/2000 e n. 145/2055 è stata ripresa dal Codice delle pari opportunità. Legge 10 aprile 1991, n. 125 Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro (GU n. 88 del 15 aprile 1991). Con le modifiche introdotte dai Decreti Legislativi n. 196/2000 e n. 145/2055 è stata ripresa dal Codice delle pari opportunità. Direttiva 97/80/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso (GUCE n. L 14 del 20 gennaio 1998). Modificata dalla Dir.98/52/CE del Consiglio del 13 luglio 1998 (GUCE n. L 205 del 22 luglio 1998). 4

Risoluzione A4-0283/96 del Parlamento europeo del 15 novembre 1996 sull'attuazione delle pari opportunità per gli uomini e le donne nella funzione pubblica Risoluzione 2000/C 218/02 del Consiglio e dei ministri incaricati dell'occupazione e della politica sociale, riuniti in sede di Consiglio, del 29 giugno 2000 concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all'attività professionale e alla vita familiare (GUCE n. C 218 del 31 luglio 2000). Risoluzione 2000/2312 del Parlamento europeo del 20 settembre 2001 sulla parità di retribuzione per lavoro di pari valore (GUCE n. C 77 E del 28 marzo 2002). Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002 che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GUCE n. L 269 del 5 ottobre 2002). Direttiva 2004/113/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004 che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GUCE n. L 373 del 21 dicembre 2004). Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (GUCE n. L 204 del 26 luglio 2006) Rifusione (e abrogazione) delle Direttive: 75/117/CEE del Consiglio, 76/207/CEE del Consiglio, 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 86/378/CEE del Consiglio, 96/97/CE del Consiglio, 97/80/CE del Consiglio, 98/52/CE del Consiglio. Legge 8 marzo 2000, n. 53 Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità Articolo 9-Misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro (GU n.60 del 16 marzo 2000).Testo in vigore a seguito delle modifiche di cui all articolo 38 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (GU n. 140 del 19 giugno 2009) Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196 Disciplina dell attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (GU n. 166 del 18 luglio 2000). Con le modifiche introdotte dai Decreti Legislativi n. 196/2000 e n. 145/2055 è stato ripreso dal Codice delle pari opportunità. Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 145 Attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro (GU n. 173 del 27 luglio 2005). Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell articolo 6 della Legge 28 novembre 2005, n. 246 ( GU n. 123 del 31 maggio 2006 SO n. 133). Modificato dal D. lgs n. 196/2007; dal D-L n. 59/2008, convertito dalla L. n. 101/2008; dal D. lgs n. 5/2010 Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 196 Attuazione della direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU n. 261 del 9 novembre 2007 SO n. 228). Decreto-Legge 8 aprile 2008, n. 59 Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (G.U. n. 84 del 9 aprile 2008). Testo coordinato con la legge di conversione 6 giugno 2008, n.101 (G.U. n. 132 del 7 giugno 2008). Decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (GU n. 29 del 5 febbraio 2010). Il decreto, in vigore dal 20 febbraio 2010, introduce numerose ed ampie modifiche al Codice delle pari opportunità. 5

Comunicazione della Commissione 5 marzo 2010 Maggiore impegno verso la parità tra donne e uomini - Carta per le donne - Dichiarazione della Commissione europea in occasione della giornata internazionale della donna 2010 - Commemorazione del 15 anniversario dell'adozione della dichiarazione e della piattaforma d'azione della Conferenza mondiale dell'onu sulle donne, svoltasi a Pechino, e del 30 anniversario della Convenzione dell'onu sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (COM(2010) 78 definitivo - Non pubblicata sulla GUCE). Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Bruxelles, 21 settembre 2010 Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 COM(2010) 491 definitivo Legge 4 novembre 2010, n. 183 ( Collegato lavoro ) (GU n. 262 del 9 novembre 2010 SO) Art. 21 - Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche. Modifica l art. 57 ( Pari opportunità) del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche. Direttiva del 4 marzo 2011 dei Dipartimenti della Funzione pubblica e per le Pari opportunità Linee guida sulle modalità di funzionamento dei "Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni" (GU n. 134 dell 11 giugno 2011). Legge 23 novembre 2012, n. 215 Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni (GU n. 288 dell 11 dicembre 2012) Risoluzione del Parlamento europeo 12 marzo 2013 sull'impatto della crisi economica sull'uguaglianza di genere e i diritti della donna (2012/2301(INI)) Risoluzione del Parlamento europeo 12 marzo 2013 sull'eliminazione degli stereotipi di genere nell'unione europea (2012/2116(INI)) 6

EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE NAZIONALE LA COSTITUZIONE La Costituzione della Repubblica Italiana afferma solennemente all articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese. I motivi di discriminazione sessuale compaiono in primo piano, ma non sono gli unici. Sul principio della parità di genere la Costituzione ritorna con l articolo 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione e con l articolo 51: Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra donne e uomini. Infine, secondo l articolo 117, punto VII: Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. LA LEGISLAZIONE ORDINARIA Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento. Agli atti commessi a fini di discriminazione sindacale, politica e religiosa, vietati e dichiarati nulli nel testo originario (1970), norme successive hanno aggiunto le discriminazioni per motivi razziali, di lingua e di sesso (1977) e quelle basate su handicap, età, orientamento sessuale e convinzioni personali (2003). Legge 9 novembre 1977, n. 903 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro Legge 10 aprile 1991, n. 125 Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro che si propone di favorire l'occupazione femminile e di realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità. Per la prima volta nella normativa nazionale è inserita la definizione di discriminazione diretta e indiretta (art. 4 - Azioni in giudizio, commi 1 e 2). 7

Le leggi 903/1977 e 125/1991 sono state modificate: - dal Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196 - Disciplina dell attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144; - dal Decreto legislativo 30 maggio 2005, n.145 - Attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. Il Decreto 145 modifica la definizione di discriminazione diretta e indiretta ed introduce per la prima volta, tra le discriminazioni, le molestie e le molestie sessuali. La maggior parte delle norme legislative che hanno dato attuazione alle direttive dell Unione Europea ed ai principi della Costituzione è confluita nel CODICE DELLE PARI OPPORTUNITÀ, entrato in vigore il 15 giugno 2006. Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell articolo 6 della Legge 28 novembre 2005, n. 246 MODIFICHE AL CODICE PER LE PARI OPPORTUNITÀ Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 196 Attuazione della direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l accesso a beni e servizi e la loro fornitura Decreto-Legge 8 aprile 2008, n. 59 Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee Il Decreto modifica: - la definizione di discriminazione diretta e indiretta; - il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità; - il Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 che attua la direttiva 2000/43/CE per la parità indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica; - il Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 che attua la direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) Il decreto, in vigore dal 20 febbraio 2010, modifica numerosi articoli del CODICE, compresi quelli del Titolo I (Pari opportunità nel lavoro), all interno del Libro III (Pari opportunità nei rapporti economici). Modifiche (integrazioni, abrogazioni) sono state apportate: - dai Decreti legislativi 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell ordinamento militare), 1 settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al Codice di procedura civile ), 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al Codice del processo amministrativo); - dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) 1. IL CODICE DELLE PARI OPPORTUNITÀ 1 Il testo vigente in tempo reale del Codice (come di ogni legge e decreto con valore di legge) è disponibile nel sito www.parlamento.it. Seguire il percorso In evidenza>normattiva, inserire gli estremi dell atto(n. 198, gg.11, mm.04, aaaa. 2006) e scegliere Versione stampabile. Scegliendo Aggiornamento dell atto si ottiene l elenco cronologico delle norme che hanno modificato il testo originario. 8

Il Codice raccoglie buona parte delle norme, precedentemente in vigore, in materia di parità e di pari opportunità per motivi di genere. È importante tenere presenti alcune considerazioni. 1. Il Codice è ben lontano dall aver realizzato gli obiettivi, i criteri e principi direttivi della legge di delega n. 246 del 2005: a) individuazione di strumenti di prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione, in particolare per cause direttamente o indirettamente fondate sul sesso, la razza o l origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l età e l orientamento sessuale, anche ai fini di realizzare uno strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di pari opportunità previsti in sede di Unione europea ; b) adeguamento e semplificazione del linguaggio normativo anche attraverso la rimozione di sovrapposizioni e duplicazioni. 2. Non tutti gli strumenti sono stati riportati all interno del Codice e non si è realizzata la semplificazione del linguaggio normativo, visto che è stato riproposto letteralmente il testo delle norme inserite. 3. Il Codice rappresenta la fonte giuridica nazionale vigente in materia di parità e pari opportunità fra uomo e donna, soprattutto nei rapporti economici e di lavoro, in quanto l art. 57 dello stesso decreto ha abrogato esplicitamente la maggio parte delle disposizioni precedenti. Pertanto non è possibile comportarsi come se fossero ancora in vigore, ad esempio, le leggi 903/1977, 125/1991, 215/1992, il decreto legislativo 196/2000. Questa raccomandazione vale anche per molti addetti ai lavori che continuano a richiamare, come se fossero ancora in vigore, le norme citate. SCHEMA DEL CODICE Libro I DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA Titolo I - DISPOSIZIONI GENERALI Titolo II - ORGANIZZAZIONE PER LA PROMOZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ Capo I - Politiche di pari opportunità Art. 2 Capo II - Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna Artt. 3 7 Abrogati Capo III - Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici Artt. 8 11 Capo IV - Consigliere e consiglieri di parità Artt. 12 20 Capo V - Comitato per l'imprenditoria femminile Artt. 21 22 Abrogati Libro II PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA NEI RAPPORTI ETICO-SOCIALI Titolo I - RAPPORTI TRA CONIUGI Art. 23 Titolo II - CONTRASTO ALLA VIOLENZA NELLE RELAZIONI FAMILIARI Art. 24 Libro III PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA NEI RAPPORTI ECONOMICI Titolo I - PARI OPPORTUNITÀ NEL LAVORO Capo I - Nozioni di discriminazione Artt. 25 e 26 Capo II - Divieti di discriminazione Artt. 27 35. [ Artt. 32-34: abrogati] Capo III - Tutela giudiziaria Artt. 36-41bis. Capo IV - Promozione delle pari opportunità Artt. 42-50bis Capo V - Tutela e sostegno della maternità e paternità Art. 51 Titolo II - PARI OPPORTUNITÀ NELL'ESERCIZIO DELL'ATTIVITÀ D'IMPRESA Capo I - Azioni positive per l'imprenditoria femminile Artt. 52-55 Titolo III - PARITÀ DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE NELL ACCESSO A BENI E SERVIZI E LORO FORNITURA Artt. 55bis- decies. [Art. 55-quinquies: abrogato in parte; 55-sexies: abrogato] Libro IV PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA NEI RAPPORTI CIVILI E POLITICI Titolo I - PARI OPPORTUNITÀ NELL'ACCESSO ALLE CARICHE ELETTIVE Capo I - Elezione dei membri del Parlamento europeo Artt. 56 58. Secondo l articolo 1: - oggetto del Codice sono le misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo ; 9

- la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione; - il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato; - l'obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività. Discriminazioni, molestie e molestie sessuali (Definizioni in vigore) Art. 25 - Discriminazione diretta e indiretta (L. 10 aprile 1991, n. 125, art. 4, commi 1 e 2) 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l'ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. 2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo. che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. 2-bis) Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti. Art. 26 - Molestie e molestie sessuali (L. 10 aprile 1991, n. 125, art. 4, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater) 1. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. 2. Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. 2-bis) Sono, altresì, considerati come discriminazione i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai comma 1 e 2 o di esservisi sottomessi. 3. Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne. 10

LE AZIONI POSITIVE: strumento per la promozione delle pari opportunità LA NORMATIVA EUROPEA Con la Raccomandazione 84/635/CEE del 13 dicembre 1984 sulla promozione di azioni positive a favore delle donne, il Consiglio delle Comunità Europee forniva il quadro di riferimento delle azioni positive (definizione, contenuti e modalità di attuazione) e sollecitava gli Stati membri e le parti sociali ad adottare una politica di azione positiva intesa ad eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella vita lavorativa ed a promuovere l'occupazione mista, la quale comporti misure generali e specifiche adeguate, nel quadro delle politiche e delle prassi nazionali e nel pieno rispetto delle competenze delle parti sociali. Una politica che aveva l'intento di: a) eliminare o compensare gli effetti negativi derivanti, per le donne che lavorano o ricercano un lavoro, da atteggiamenti, comportamenti e strutture basati su una divisione tradizionale dei ruoli, all'interno della società, tra uomini e donne; b) incoraggiare la partecipazione delle donne alle varie attività nei settori della vita lavorativa nei quali esse siano attualmente sottorappresentate, in particolare nei settori d'avvenire, e ai livelli superiori di responsabilità, per ottenere una migliore utilizzazione di tutte le risorse umane. Agli Stati membri ed alle Parti sociali si raccomandava, in particolare, di adottare, proseguire o incoraggiare misure d'azione positiva nei settori pubblico e privato che comprendessero, per quanto possibile, azioni riguardanti vari aspetti, compreso il rispetto della dignità delle donne sul luogo di lavoro. Si suggeriva, tra l altro: - che le informazioni sulle azioni positive fossero diffuse tra il pubblico e nel modo del lavoro, in particolare tra i potenziali beneficiari; - che le parti sociali promuovessero un'azione positiva nella propria organizzazione e sul luogo di lavoro, proponendo, ad esempio, orientamenti, principi, codici di buona condotta e di prassi corretta o qualsiasi altra formula adeguata per l'attuazione di tale azione; - che, per dare l esempio, il settore pubblico realizzasse un'azione per promuovere la parità delle possibilità, soprattutto nei settori delle nuove tecnologie dell'informazione. IN ITALIA I contenuti della Raccomandazione sono stati recepiti formalmente dalla Legge 125 del 1991 (Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro), ma i suoi effetti concreti si sono sviluppati pienamente a seguito del Decreto legislativo n. 196 del 2000 (Disciplina dell attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive ), dopo che una Commissione del Senato aveva rilevato e documentato gli scarsi risultati applicativi delle disposizioni del 1991. Questa normativa, come modificata dal Decreto legislativo n. 145 del 2005 (Attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro), è stata inserita nel Codice delle pari opportunità: Libro III (Pari opportunità nei rapporti economici) Titolo I-Pari opportunità nel lavoro Capo IV - Promozione delle pari opportunità: artt. 42-50. Titolo II - Pari opportunità nell'esercizio dell'attività d'impresa Capo I-Azioni positive per l'imprenditoria femminile: artt. 52-55. Definizione e scopi delle azioni positive Le azioni positive costituiscono lo strumento più importante per la promozione delle pari opportunità. Ai sensi dell art. 42 del Codice 11

- consistono in misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità e sono dirette a favorire l'occupazione femminile e realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro ; - hanno, in particolare, lo scopo di: a) eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità; b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; c) favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; d) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; e) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità; f) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi; f-bis) valorizzare il contenuto professionale delle mansioni a più forte presenza femminile. Le azioni positive possono essere promosse da vari soggetti, tra i quali le consigliere di parità, i centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali (art. 43). Questi soggetti possono richiedere al Ministero del Lavoro di essere ammessi al rimborso totale o parziale degli oneri sostenuti (artt. 44, 45 e 47), presentando la domanda, dal 1 ottobre al 30 novembre, in base al Programma-obiettivo disposto e pubblicato ogni anno dal Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici 2. Azioni positive specifiche riguardano le pubbliche amministrazioni (art. 48) e la promozione dell imprenditoria femminile (artt. 52-55). CONCILIAZIONE VITA-LAVORO Sono azioni positive anche i progetti che rientrano nelle Misure a sostegno della flessibilità di orario (art. 50): l art. 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53 che consente alle aziende, d accordo con le organizzazioni sindacali, di presentare progetti che prevedano particolari forme di flessibilità degli orari e della organizzazione del lavoro e di ottenere finanziamenti. La norma prevede misure distinte in favore di lavoratori dipendenti e di soggetti autonomi. Dalla prima attivazione (febbraio 2002) il sistema ha funzionato ininterrottamente sino a febbraio 2009. Dopo una sospensione per sei quadrimestri consecutivi, la pubblicazione dei bandi è stata ripristinata a giugno ed ottobre 2011, per poi cessare del tutto e, fino ad oggi, non ci sono notizie al riguardo. Alla materia della conciliazione sono finalizzate altre due iniziative: - l Intesa Conciliazione per il 2012 (INTESA 2), proposta dal Dipartimento per le Pari Opportunità e condivisa da tutte le Regioni italiane; l Accordo fra Ministro del Lavoro e Parti sociali, in materia di Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglie e lavoro (7 marzo 2011). ORGANISMI PER LE PARI OPPORTUNITÀ E LA TUTELA Organismi nazionali 2 Mentre i progetti già selezionati per il 2012 non sono stati finanziati per mancanza di fondi, per quelli presentati nel 2013 non si hanno ancora notizie. Per informazioni: www.lavoro.gov.it>area Lavoro>Parità e pari opportunità>comitato nazionale di parità. 12

Il Presidente del Consiglio promuove e h di Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, a consentire l'indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio della utilizzazione dei relativi fondi europei (Codice, art. 2) il quale, normalmente, delega queste funzioni al Ministro per le Pari opportunità 3. Il Ministro opera tramite il Dipartimento per le Pari opportunità, che si articola nei seguenti Uffici: Ufficio per gli Affari Generali, Internazionali e per gli Interventi in campo sociale; U. per gli Interventi in materia di parità e pari opportunità; U. per la Promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e sull origine etnica (UNAR). Nell ambito del Dipartimento agiscono vari organismi con compiti di consulenza, supporto tecnicoscientifico, indirizzo, coordinamento, programmazione, ricerca e informazione: Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento; Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile; Commissione per la prevenzione e il contrasto delle pratiche delle mutilazioni genitali femminili; Commissione di valutazione per la legittimazione ad agire per la tutela delle persone con disabilità; Commissione salute. Di particolare importanza, in materia di pari opportunità: Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna (Codice delle pari opportunità, artt.3-7, abrogati e sostituiti dal DPR 14 maggio 2007, n. 115) che fornisce consulenza e supporto tecnico-scientifico nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche di genere, sui provvedimenti di competenza dello Stato. Comitato per l'imprenditoria femminile (Codice delle pari opportunità, artt.21-22), con compiti di indirizzo, coordinamento, concertazione e programmazione generale in ordine agli interventi previsti in materia di azioni positive per l'imprenditoria femminile e di promozione dello studio, la ricerca e l'informazione su questo tema. Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici (Codice delle pari opportunità, artt. 8-11) che promuove, nell ambito delle competenze statali, la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l uguaglianza fra uomo e donna nell accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di carriera. Istituito presso il Ministero del Lavoro, ha il compito, tra gli altri, di gestire l attività relativa alle azioni positive ed alla formazione delle graduatorie delle aziende ammesse ai finanziamenti statali, a partire dalla approvazione e pubblicazione, ogni anno, del Progetto-Obiettivo. Di grande rilevo è anche il ruolo del/della Consigliere/a di parità, organismo statale autonomo, presente a livello nazionale, regionale e provinciale: un organismo dotato di completa autonomia e che non dipende, come in genere si è portati a ritenere, dalla Regione o dalla Provincia. Secondo il Codice delle pari opportunità (artt. 12-20): svolge funzioni di promozione e controllo dell attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione ed intraprende ogni utile iniziativa ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici. Tra i suoi compiti particolari: - la rilevazione delle situazioni di squilibrio di genere; - l intervento nelle politiche attive del lavoro per le materie di sua competenza; - la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni; - la diffusione della cultura e delle tematiche di genere, di esperienze e buone prassi. Nell esercizio delle sue funzioni è pubblico ufficiale ed ha l obbligo di segnalare all autorità giudiziaria i reati di cui venga a conoscenza nell ambito della sua competenza. L Ufficio fornisce a quanti ne facciano richiesta compresi enti pubblici, aziende e associazioni di categoria, sindacati informazioni, consulenze e, a lavoratori e lavoratrici, anche assistenza legale. Organismi territoriali ed aziendali Istituiti dagli enti locali (Regioni, Provincie e Comuni), hanno funzioni di studio e ricerca e, in qualche caso, di parere sugli atti amministrativi e di proposta di adozione di delibere e leggi regionali. Sono composti, in 3 Dal 1997, quando il Presidente del Consiglio Prodi nominò per la prima volta la Ministra per le Pari opportunità, la delega è stata rinnovata in tutti i governi che si sono succeduti sino al 2011. Nel Governo Monti la delega è stata affidata al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Nel 2013, il Presidente del Consiglio Letta ha delegato le pari opportunità alla Ministra Josefa Idem (insieme allo Sport ed alle Politiche giovanili), ma dopo le sue dimissioni l incarico è stato affidato al Vice Ministro del Ministero del Lavoro, Cecilia Guerra. Nel Governo in carica, al momento attuale, non risulta nessuna decisione al riguardo. 13

genere, da rappresentanti di datori di lavoro, sindacati, associazioni e movimenti femminili, da esperti e dal consigliere regionale di parità. Nel Veneto opera la Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna (Legge regionale 30 dicembre 1987, n. 62), organo consultivo per le iniziative riguardanti la condizione femminile, per l effettiva attuazione del principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione e dallo Statuto regionale. Anche in collegamento con altri organismi similari di livello regionale, provinciale e comunale e con gli Assessori competenti in materia, la Commissione regionale: a) promuove e svolge indagini e ricerche sulla situazione della donna e sui problemi relativi alla condizione femminile nella Regione, con particolare riferimento alle problematiche dell occupazione, del lavoro e formazione professionale; b) promuove l informazione relativa ai risultati di indagini e ricerche, e in genere, a situazioni di disparità ed iniziative poste in essere od opportune per superarla. Di propria iniziativa, o su richiesta della Giunta o del Consiglio, formula pareri sullo stato di attuazione delle leggi e su proposte di legge o regolamento che riguardano la condizione femminile, ed elabora proprie proposte in materie di sua competenza. Per prevenire e contrastare i fenomeni di mobbing e tutelare la salute psico-sociale della persona sul luogo del lavoro, la Legge regionale n. 8 del gennaio 2011 4 (Prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing e tutela della salute psico-sociale della persona sul luogo del lavoro) ha istituito l Osservatorio regionale sul mobbing, disagio lavorativo e stress psico-sociale con compiti di: - proposta alla Giunta e consulenza agli organi regionali; - raccordo con enti pubblici, associazioni, enti privati e aziende ULSS, e con i comitati paritetici sul mobbing; - monitoraggio/analisi del fenomeno, studi, ricerche, campagne di sensibilizzazione/informazione; - protocolli d intesa e collaborazioni con gli organismi di vigilanza. La legge prevede anche la creazione, presso le Aziende ULSS, di Sportelli di assistenza ed ascolto sul mobbing, sul disagio lavorativo e sullo stress psico-sociale e di Centri di riferimento per il benessere organizzativo nei luoghi di lavoro. Importante infine nell ambito degli interventi regionali oggetto della legge regionale 23 aprile 2013, n. 5 5 l istituzione, presso la Giunta regionale, del Tavolo di coordinamento per la prevenzione ed il contrasto alla violenza contro le al quale partecipano enti, istituzioni ed altri soggetti individuati in modo da assicurare la più ampia partecipazione. A livello territoriale, tanto nel settore privato che in quello pubblico, la contrattazione ha introdotto, a partire dai rinnovi stipulati a cavallo degli anni 1980-90, organismi paritetici per le pari opportunità (Commissioni, Comitati, Gruppi, Osservatori) formati da rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati. 4 Si veda in DOCUMENTAZIONE. 5 Si veda in DOCUMENTAZIONE. 14

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Parte seconda TUTELA DELLA DIGNITÀ E DEL BENESSERE NEI LUOGHI DI LAVORO La disciplina specifica LA NORMATIVA Unione europea Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990 sulla tutela della dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro (GUCE n. C 157 del 27 giugno 1990) Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione del 27 novembre 1991 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro (GUCE n. L 49 del 24 febbraio 1992). ALLEGATO / Codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella lotta contro le molestie sessuali Risoluzione A3-0043/94 del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1994 sulla designazione di un consigliere nelle imprese (GUCE n. C 61 del 28 febbraio 1994). Nazionale Legislazione comune Codice civile e penale Contrattazione collettiva(norme disciplinari, organismi, codici di condotta) Legislazione regionale sul mobbing Risoluzione A5-0283/2001 del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001. Il mobbing sul posto di lavoro (GUCE n. C 77E del 28 marzo 2002) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dell 8 novembre 2007 che presenta l'accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro Serie dei Trattati del Consiglio d Europa N 210 Convenzione del Consiglio d'europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul, 11 maggio 2011) Piano di Azione Nazionale contro la Violenza di genere e lo stalking 2011, approvato dal Ministero per le Pari Opportunità. Legge 27 giugno 2013, n. 77 Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011. (13G00122) (GU 1 luglio 2013, n. 152) Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93 Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere convertito con Legge 15 ottobre 2013, n. 119 (GU n. 242 del 15 ottobre 2013). 16

LE MOLESTIE SESSUALI SUL LAVORO LA NORMATIVA EUROPEA Sin dalla Risoluzione del 29 maggio 1990 sulla tutela degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro il Consiglio delle CE invitava gli Stati membri, tra l altro, a promuovere la consapevolezza che le molestie sessuali possono, in determinate circostanze, essere contrarie al principio della parità di trattamento nel lavoro. Invito che viene rinnovato e rafforzato da parte della Commissione europea nella Raccomandazione 92/131 del 27 novembre 1991 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro. In attesa ancora oggi di un quadro normativo ben definito, la materia della tutela della dignità degli uomini e delle donne contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro va inquadrata nella regolamentazione contenuta in due provvedimenti basilari: - la citata Raccomandazione 92/131 del 27 novembre 1991, con l allegato Codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella lotta contro le molestie sessuali 6 ; - la Risoluzione del Parlamento europeo A3-0043/94 dell 11 febbraio 1994 sulla designazione di un consigliere nelle imprese. Nell introduzione al Codice di condotta allegato alla Raccomandazione del 27 novembre 1991, la Commissione europea pone in evidenza che, secondo il Rapporto Rubenstain 7 le molestie sessuali rappresentano un problema grave per un gran numero di lavoratori nell'ambito della Comunità europea e una ricerca condotta negli Stati membri ha confermato, senza possibilità di dubbio, che i ricatti sessuali sul posto di lavoro non rappresentano un fenomeno isolato. E' risaputo invece che, per milioni di donne nella Comunità europea, le molestie sessuali rappresentano un lato sgradevole ed inevitabile della loro vita attiva" L'assenza di proteste e di denuncie non significa che le molestie non si verifichino, ma semplicemente che si è riluttanti a denunciarle per imbarazzo, timore di non essere credute, di essere derise o, peggio, di subire ulteriori ritorsioni o si pensa che non se ne farà nulla. Definizione e caratteristiche della molestia sessuale Secondo il Codice di condotta per molestia sessuale si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso che offende la dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro, ivi inclusi atteggiamenti malaccetti di tipo fisico, verbale o non verbale. Siamo in presenza di una molestia sessuale quando: 1. il comportamento sia sconveniente, offensivo e indesiderato per chi lo subisce; 2. il rifiuto o l'accettazione del comportamento sia assunto, esplicitamente o implicitamente, come motivo di decisioni che influenzino assunzione, mantenimento del posto, accesso alla formazione, promozione, retribuzione o qualsiasi altra decisione riguardante il lavoro (ricatto sessuale); 3. tali comportamenti creino un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante. Le molestie vengono classificate secondo vari tipi : - Comportamenti fisici a connotazione sessuale: contatti fisici non desiderati (dai "toccamenti" fino agli atti di libidine violenta); - comportamenti verbali a connotazione sessuale: quando la vittima è oggetto di mire sessuali (profferte, inviti, galanterie oscene, frasi a doppio senso, allusioni oscene); - comportamenti non verbali a connotazione sessuale: quelli che suscitano sensazioni di disagio o di minaccia (mostrare foto, figure, oggetti pornografici, compiere gesti di significato sessuale); - comportamenti basati sul sesso: quelli che rendono insopportabile l'ambiente di lavoro (umiliazioni e insulti con riferimento al sesso, osservazioni ingiuriose). 6 Si veda in DOCUMENTAZIONE. 7 La dignità della donna nel lavoro - Rapporto sul problema delle molestie sessuali negli Stati membri della Comunità europea, ottobre 1987, a cura di Michael Rubenstein. 17

Categorie particolarmente esposte Sulla base di uno studio condotto in diversi Stati, la Commissione documenta il nesso esistente tra il rischio di molestia a sfondo sessuale e la vulnerabilità di chi la subisce. Le categorie più esposte sono: donne separate e divorziate; donne più giovani e nuove assunte; lavoratrici non tutelate da un contratto regolare; lavoratrici che svolgono professioni non specificamente femminili; donne affette da menomazioni, lesbiche o appartenenti a minoranze razziali. Non solo le donne. Anche gli uomini possono essere vittime di molestie sessuali e dovrebbero poter beneficiare degli stessi diritti per quanto riguarda la tutela della dignità. Sono facilmente esposti a molestie di questo tipo omosessuali e lavoratori in giovane età. Autori delle molestie possono essere tanto i colleghi, quanto superiori, dirigenti, datori di lavoro e suoi familiari. La vittima Secondo la Commissione le molestie sessuali possono avere effetti devastanti sull'equilibrio emotivo e sull'efficienza lavorativa di chi le subisce (ansia, stress in primo luogo) e, in particolare, che le stesse: - causano conseguenze negative e danni, a breve e lungo termine (assenze per malattia; minore efficienza lavorativa; allontanamento dal posto di lavoro e ricerca di nuova occupazione, con evidente peggioramento delle prospettive professionali e di carriera); - compromettono, talora con effetti incalcolabili, salute, morale e fiducia in se stesse. L ambiente di lavoro e gli altri lavoratori Secondo il Codice le molestie sono comportamenti non consoni al luogo di lavoro, in quanto inquinano l'ambiente e coinvolgono negativamente chi vi assiste o ne viene a conoscenza o è chiamato a testimoniare. Anche nei confronti di questi ultimi va garantita la tutela da ricatti o altre conseguenze spiacevoli. Il datore di lavoro Anche il datore di lavoro risente degli effetti negativi delle molestie sessuali: "Vi è infatti un impatto diretto sulla redditività dell'impresa nel caso in cui il personale si assenti per malattia o si licenzi perché esposto a molestie sessuali. Ne risente inoltre anche l'efficienza economica dell'impresa in cui si registra un calo di produttività dei lavoratori costretti ad operare in un clima in cui non viene rispettata l'integrità personale". Soluzione dei casi concreti Il Codice europeo prevede: - una procedura informale: che consiste in un primo approccio in via pacifica (colloquio con l'autore: diretto, se è un collega, ed eventualmente con la presenza di una persona di fiducia; consegna di una lettera; opera di mediazione di una collega, di un superiore, di un consulente di fiducia); - una procedura formale: con la presentazione della denuncia (al dirigente incaricato a tal fine o al servizio del personale che si occupa del procedimento disciplinare) e articolato in diverse fasi: indagine preliminare e provvedimenti cautelativi; indagini vere e proprie destinate a concludersi, se i fatti sono provati, con l'applicazione delle sanzioni. Oltre al livello interno all'azienda e all'ente, e quando questo non sia sufficiente, la normativa prevede che la denuncia possa essere portata sia ad organismi istituzionali di conciliazione sia davanti al giudice penale e civile. Informazione, sensibilizzazione e prevenzione Interventi contro le molestie e per la diffusione della cultura della tutela della dignità nei luoghi di lavoro sono "raccomandati" tanto agli Stati membri (che, in qualità di datori di lavoro, dovrebbero dare l'esempio) quanto alle parti sociali. In particolare i datori di lavoro dovrebbero: - definire una dichiarazione di principio; - predisporre una guida pratica su come intende comportarsi rispetto al fenomeno, meglio se condivisa/contrattata con il sindacato (codice di condotta); - diffondere questi materiali e fare campagne di sensibilizzazione; - designare e formare personale da impiegare su questo versante e, soprattutto, istituire e far funzionare l'ufficio della consigliera di fiducia. LA NORMATIVA NAZIONALE 18

Utilizzando in vario modo la normativa europea si è venuto realizzando, anche nel nostro Paese, un complesso di esperienze sorretto da interventi contrattuali, iniziative legislative regionali ed anche passaggi giurisdizionali. Con il coinvolgimento di numerosi soggetti, pubblici e privati: istituzioni, autorità ed enti pubblici, parti sociali, datori di lavoro pubblici e privati, volontariato. La legislazione comune Anche il Codice di condotta europeo fa presente che "a seconda delle legislazioni nazionali la molestia sessuale può essere considerata anche un reato punibile dalla legge o contravvenzione ad altri obblighi da essa imposti, segnatamente nel campo della salute e della sicurezza, oppure a quelli che, a livello contrattuale o altro, incombono ad un datore di lavoro". In Italia numerose sono le norme della Costituzione poste a tutela della persona in quanto tale e del lavoratore inserito nella realtà lavorativa (artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36, 41). In particolare: art. 32, che riconosce la tutela della salute come diritto fondamentale dell uomo; art. 35, che prevede la tutela del lavoro in tutte le sue forme; art. 41, che vieta lo svolgimento della attività economica privata se esercitata in contrasto con l utilità sociale o qualora rechi danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. In mancanza di una legge specifica, per far cessare molestie ed abusi o per richiedere il risarcimento dei danni, è possibile ricorrere a norme dei Codici civile e penale. IL CODICE CIVILE Si consideri l'art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro), secondo il quale "l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessari a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a rispondere per inadempienza contrattuale ed a risarcire i danni qualora fosse stato a conoscenza della molestia e non avesse provveduto a rimuoverla. IL CODICE PENALE Non esiste un reato di "molestia sessuale" all interno del posto di lavoro. A seconda dello svolgimento dei fatti si ricorre, in caso di denunce, ad altre figure previste dal codice penale: atti di libidine violenti (art. 521), atti osceni (art. 527), comportamenti ingiuriosi, offensivi dell'onore e del decoro della persona (art. 594), molestie o disturbo alle persone (art. 660). In particolare l'art. 660 punisce, anche con l arresto, "chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo. Si tratta di rimedi e di soluzioni ai quali è sempre possibile ricorrere qualora non fossero applicabili, o non sufficienti, le norme previste dal Codice delle pari opportunità (o dagli altri decreti legislativi che disciplinano l attuazione delle pari opportunità ed il contrasto alle discriminazioni per motivi diversi dal genere), nonché dalla normativa contrattuale. L iniziativa legislativa nazionale Nessuna delle numerose proposte di legge in materia di molestie sessuali, presentate a partire dagli anni 90, è andata in porto. 19

IL MOBBING SUL POSTO DI LAVORO LA NORMATIVA EUROPEA 8 Introduzione Il mobbing sul lavoro rappresenta un problema rilevante per la manodopera europea. I costi sono considerevoli, sia per il lavoratore che per l'organizzazione. Il mobbing dovrebbe essere considerato inoltre un comportamento non etico, oppressivo e pertanto inaccettabile nell ambiente di lavoro. La prevenzione del mobbing sul posto di lavoro è uno degli obiettivi contenuti nella comunicazione della Commissione europea riguardante una nuova strategia per la salute e la sicurezza sul lavoro. Che cos'è il mobbing? Non c'è una definizione univoca di mobbing che sia internazionalmente riconosciuta. Un esempio di definizione è il seguente: Il mobbing sul posto di lavoro consiste in un comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza. In questa definizione: comportamento irragionevole" indica un comportamento che, secondo una persona ragionevole e tenuto conto di tutte le circostanze, perseguita, umilia, intimidisce o minaccia; comportamento" comprende le azioni di singoli individui o di un gruppo. Si può far uso di un certo sistema di lavoro per perseguitare, umiliare, intimidire o minacciare; "rischio per la salute e la sicurezza" comprende il rischio alla salute mentale o fisica del lavoratore dipendente. Il mobbing spesso implica uno sviamento o abuso di potere, nel qual caso la vittima del mobbing può incontrare difficoltà nel difendersi. Il mobbing può comportare aggressioni sia verbali che fisiche, così come atti più subdoli come la denigrazione del lavoro di un collega o l'isolamento sociale e può comprendere la violenza, sia fisica che psicologica. Chi ne è colpito? Perché si verifica il mobbing? Chiunque, in qualsiasi organizzazione, può essere vittima del mobbing. Si possono distinguere due tipi di mobbing: 1) quello che è conseguenza dell'escalation di un conflitto interpersonale; 2) quello nel quale la vittima non è coinvolta in un conflitto, ma si trova accidentalmente in una situazione in cui vengono compiuti atti di aggressione da parte di un "mobber". Fare della vittima un capro espiatorio" è un esempio di questo tipo di mobbing. Sono fattori suscettibili di aumentare la probabilità del mobbing: - una cultura organizzativa che lo tollera o non lo riconosce come un problema; - un cambiamento repentino nell'organizzazione; - l'insicurezza del posto di lavoro; - la scarsa qualità del rapporto tra il personale e la direzione, nonché un basso livello di soddisfazione nei confronti della leadership; - la scarsa qualità del rapporto tra i colleghi; - i livelli molto elevati delle richieste che vengono avanzate al lavoratore; - una politica del personale carente e valori comuni insufficienti; - un aumento generalizzato del livello di stress legato all'attività lavorativa ; - conflitti di ruolo. 8 Scheda informativa FACTS n. 23 pubblicata dall Agenzia europea per la Sicurezza e la salute sul lavoro, che fornisce informazioni e suggerimenti destinati a coloro che intendono agire concretamente per affrontare il mobbing sul posto di lavoro. 20