Le organizzazioni non profit in Italia: una realtà variegata 1 di Maria Teresa Nardo Le organizzazioni non profit sono aziende private senza scopo di lucro che originariamente nascono per sopperire alla crisi del Welfare State 2. Esse nel corso degli anni si sviluppano in molteplici settori dell economia assumendo sempre più un ruolo produttivo e una caratterizzazione imprenditoriale (Kaplan, Grossman, 2010). Tali organizzazioni, collocandosi tra Stato e mercato, sono anche definite aziende del terzo settore. Il posizionamento degli enti non profit nel terzo settore rispetto ai due tradizionali (Mercato e Stato) deriva da una interpretazione della sua stessa esistenza che sostiene, da un lato che il terzo settore nasca in risposta all impossibilità dello Stato di far fronte alla crescente e complessa domanda di beni e servizi espressa dai cittadini, dall altro che si origini in risposta all incapacità delle imprese di controllare i rapporti di scambio con l ambiente di riferimento attraverso i tradizionali meccanismi di mercato (Borzaga, 1991; AIDEA, 1996; Za- magni, 1998, Matacena, 1999). Secondo questo filone di pensiero, le aziende del terzo settore facendosi carico di attività a contenuto sociale rispetto alle quali lo Stato ha ridotto il suo intervento e in funzione delle loro finalità non lucrative sono in grado di esercitare contrariamente alle imprese profit oriented un controllo alternativo basato su rapporti di fiducia (Borzaga, Fiorentini, 1 Tratto da P. Ricci, B. Siboni, M.T. Nardo (2014), La rendicontazione di sostenibilità. Evoluzione, linee guida ed esperienze in imprese, amministrazioni pubbliche e aziende non profit, Roma, Rirea Editore, ISBN 978-88- 6659-069- 9. 2 È ormai indiscussa l appartenenza delle organizzazioni non profit al mondo delle aziende e l inclusione delle stesse nel perimetro di analisi degli Studi di Economia Aziendale. Si veda Tessitore (1997), Matacena (1999), Antonelli, D Alessio (2011). Pur non essendo tale questione oggetto della nostra trattazione è opportuno precisare che recenti Studi individuano un sottoinsieme di organizzazioni considerate aziende classificate in quattro categorie a seconda di come si rapportano con il mercato e di come possono determinare il valore creato: 1) associazioni e fondazioni; 2) pubbliche amministrazioni largamente intese; 3) imprese cooperative; 4) imprese che operano in un mercato concorrenziale per l acquisizione di risorse e per la vendita di beni e servizi. Secondo questa classificazione rientrano tra le organizzazioni non profit la prima e la terza tipologia di aziende (Sidrea, 2008). 1
Matacena, 1996; Ecchia, 2005; Bruni, Zamagni, 2009). Negli ultimi anni, accanto a questa posizione si è andato consolidando un nuovo paradigma di autonomia delle organizzazioni non profit, secondo cui il loro intervento non è più considerato come conseguenza dei fallimenti del mercato e delle amministrazioni pubbliche, ma come una terza forma organizzativa di risposta ai bisogni: in altri termini, un espressione della società civile (Borgonovi, Mussari, 2011, pag.103). Per Matacena (2002) il Terzo settore non è tale: non è settore in quanto non è un insieme di attività sufficientemente omogenee tra loro e non è terzo poiché la sua evidenza dipende da un rifocalizzarsi in termini coerentemente economici, di altri soggetti economici (Stato e Merca- to) (pag. 162) 3. Secondo Bruni (1997) considerare il ruolo delle non profit soltanto in chiave meramente surrettizia di compiti di natura sociale o, in parte, anche economica a cui non provvedono né lo Stato né le imprese, ovvero vi provvedono ma in modo insoddisfacente sarebbe riduttivo (pag. 235). L autore evidenzia come le aziende non profit siano espressione di elevata civiltà, infatti, nascono dal bisogno avvertito dalla società civile di soddisfare esigenze che non siano esclusivamente quelle legati all interesse collettivo o ad intenti meramente speculativi ma di altro tipo capaci di dare un senso alla vita e ai rapporti umani (pag. 235). Barbetta e Maggio (2008), su questa posizione, sottolineano che il termine non profit non deve identificare il settore in negativo differenziandolo dal resto dell economia semplicemente sulla base del mancato perseguimento dei profitti; al contrario deve essere interpretato come definizione in positivo, che riconosce un settore che si distingue dal resto dell economia per una pluralità di caratteri e che possiede caratteristiche peculiari e uniche, non condivise da altre organizzazioni (pag. 10). In questo contesto il settore non profit assume una 3 [...] proprio i fallimenti di mercato, di stato, di contratto, la crescente disoccupazione, la concertazione consociativa a numero chiuso, rendono palese e necessaria (la rifocalizzazione, in termini di precipua responsabilità, dei due attori stato e mercato crea lo spazio economico per l intervento di un terzo soggetto economico) l esistenza di un terzo attore o settore economico, oltre allo stato e al mercato stessi (Matacena, 2002, pag. 141). 2
propria autonomia, diviene economia civile 4 e fenomeno rilevante in termini oltre che sociali anche economici e produttivi (Borgonovi, 2001) 5. Un modello in cui viene ridato al sistema capitalistico la sana capacità sociale di redistribuzione degli utili (Zamagni, Bruni, 2009). Su quest ultimo aspetto Borzaga, Zandonai (2009) disapprovano le posizioni di chi ritiene che le imprese sociali siano organizzazioni destinate a perdere identità e ad assomigliare sempre più o alle amministrazioni pubbliche o alle imprese convenzionali che perseguono il solo interesse dei proprietari (pag. 37). Si è, infatti, in presenza del Welfare Society, un modello misto di Welfare ove soggetti pubblici e privati, lucrativi e non lucrativi, coesistono nella produzione e erogazione di prodotti e servizi di utilità sociale 6. La Costituzione, il codice civile e attualmente una moltitudine di norme speciali disciplinano un insieme ampio di aziende appartenenti al terzo settore, con caratteristiche giuridiche e organizzative estremamente diverse 7. Non è, infatti, esauriente una qualsivoglia definizione ed elencazione degli organismi che in esso vi operano (Fiorentini, 2000; Melandri, 2001; Barbetta, Maggio, 2008). A rendere più complicato il contesto di riferimento vi è, inoltre, il panorama normativo di natura fiscale che spesso presenta un riflesso, seppur indiretto, sul piano delle norme civili e sull aspetto 4 Economia perché si tratta di organizzazioni che producono beni, civile perché il principio di fondo di tali organizzazioni è la reciprocità, lo stesso che tiene assieme le diverse componenti di una società civile (Barbetta, Maggio, 2008, pag. 15). 5 Ulteriori e diversi appellativi sono stati attribuiti al settore non profit dalla letteratura: terzo sistema; terza dimensione, settore non economico, economia sociale, economia informale, economia della partecipazione, privato sociale, organizzazioni non tradizionali, collettivo (Fiorentini, 2000). 6 Il Walfare society, definito anche Welfare mix, identifica quel processo di riduzione dell intervento pubblico a favore di un maggiore ruolo di altre istituzioni (private o miste) che ha determinato una evoluzione verso una concezione funzionale dell interesse pubblico e il rafforzamento del principio di sussidiarietà (Fazzi, 1998; Borgonovi, 2002; Borgonovi, Fattore, Longo, 2009; Eisenberg, 2000). 7 In Italia le organizzazioni non profit hanno una origine secolare. Gli esempi più antichi sono gli ospedali e le Opere pie che nascono nell ambito degli ordini religiosi con il fine di aiutare malati e poveri. Con lo sviluppo del movimento dei lavoratori si costituiscono le prime forme cooperative e associative, in particolare le società di mutuo soccorso, le cooperative di consumo e di produzione, le associazioni politiche e sindacali. Tuttavia nonostante la tradizione secolare, in Italia la maggioranza degli enti non profit risalgono per effetto delle normative di settore a periodi recenti. Già dal primo censimento Istat che ha interessato gli enti non profit risulta che solo il 5% delle organizzazioni del settore è stato costituito prima del 1950 e l 80% dopo il 1980 (Barbetta, Maggio 2008, pag. 27). 3
definitorio delle organizzazioni non profit 8. Gli studi aziendali classificano le aziende appartenenti al terzo settore utilizzando differenti criteri (Airoldi, 1995; Propersi, 2001; Pozzoli, Manetti, 2011). In particolare, in ba- se al principio delle attività svolte, si individuano aziende di produzione, aziende di erogazione e aziende miste; nei primi due casi si tratta di aziende pure, nel terzo caso di aziende composte. In base alla categoria di soggetti cui l attività delle organizzazioni non profit è rivolta si individuano aziende member service e public service, suddivise da Capaldo (1996) (secondo il loro grado di orientamento al mercato) in aziende non profit autoproduttrici, aziende non profit filantropiche e imprese sociali. Le aziende non profit di erogazione operano al di fuori delle logiche di scambio sul mercato e sono sostenute prevalentemente da donazioni e contributi, le aziende non profit di produzione pongono in essere attività di produzione e si finanziano attraverso scambi a prezzi che si avvicinano a quelli di mercato, pur restando validi il ricorso a volontari e il divieto di distribuzione degli utili. Le aziende member service, dette anche mutual benefit, operano per soddisfare i bisogni dei propri associati, si tratta di enti di tipo associativo o di fondazioni di ordini professionali. Le aziende public service sono enti che rivolgono le proprie attività a beneficio della collettività. Si tratta di enti patrimonializzati quali le fondazioni o di associazioni che operano con raccolta fondi da destinare a scopi sociali. Sotto l aspetto giuridico, volendo individuare le principali tipologie di enti non profit, bisogna senz altro rifarsi alla Costituzione che all articolo 45 riconosce la funzione sociale delle cooperative a carattere di mutualità e 8 Si ricorda a tal proposito il D.lgs. 460/97 istitutivo delle Onlus e l art. 73 del Tuir (Dpr 917/1986) ove tratta di enti non commerciali ossia enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività economica. Ciò significa che l ente non commerciale può svolgere attività commerciale, ma quest ultima non de- ve essere l attività prevalente (circolare del Ministero delle Finanze n. 124/E del 1998). Di fatti l art.7 del D.lgs. 460/1997, stabilisce che la qualifica di ente non commerciale si perde (indipendentemente dalla previsione statutaria) se l attività commerciale diviene esclusiva o comunque prevalente. Per qualificare l ente, quindi, nel caso di svolgimento di più attività, di cui una o più di natura commerciale, occorre fare riferimento, all attività che per lo stesso risulta essere essenziale al raggiungimento della missione o scopo sociale (Sciumè, Zazzeron, 2011). 4
senza fini di speculazione privata, e soprattutto al Libro I, Titolo II, Capo II e III del Codice Civile, artt. 14 e ss. ove si dispone di associazioni (riconosciute e non), fondazioni e comitati 9. Categorie queste molto ampie che ricomprendono a loro volta entità eterogenee per attività svolta, per le modalità di acquisizione e di impiego delle risorse e per complessità gestionale. Basta pensare alle diverse forme di associazioni, quali i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni sportive e le pro-loco o alle varie tipologie di fondazioni quali quelle bancarie, universitarie, liricosinfoniche, ecclesiasti- che ecc.. A queste si devono aggiungere le forme atipiche di organizzazioni non profit, non previste dal legislatore ma sorte nella prassi come nel caso della fondazione di partecipazione 10. In più, la legislazione speciale, disponendo inizialmente delle società di mutuo soccorso (L. 3818/1886), nel corso degli anni ha individuato numerose e ulteriori entità appartenenti al terzo settore. Tra queste si ricordano: - le Organizzazioni Non Governative disciplinate dalla L. 49/1987 le cui attività tipiche di solidarietà sociale e di cooperazione allo sviluppo sono rette da legami transnazionali che trascendono l ambito di un solo Stato; - le Cooperative sociali introdotte dalla L. 381/1991, si tratta di società mutualistiche che nascono per soddisfare i bisogni dei soci proprietari e della comunità offrendo servizi e prodotti vantaggiosi rispetto a quelli offerti dal mercato. Le attività svolte sono di tipo socio-sanitario ed educative (cooperative di tipo A) oppure - agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate all inserimento nel mondo del lavoro di persone svantaggiate (cooperative di tipo B) 11 ; - le Organizzazione di volontariato, riconosciute dalla legge n. 266 del 1991, svolgono attività di volontariato avvalendosi in misura determinante dell impegno personale, volontario e gratuito dei propri 9 Il Codice Civile non fornisce una definizione di enti non profit, dispone comunque in materia di associazioni riconosciute agli artt. 12 e 14-24, di associazioni non riconosciute agli artt. 36-38, di Fondazioni agli artt. 13-35 e di Comitati agli artt. 36-42. 10 La fondazione di partecipazione è una forma atipica di ente privato che si inserisce nel più vasto genus delle fondazioni disciplinate dal libro I del Codice Civile. Essa coniuga l aspetto personale, proprio dell associazione, con quello patrimoniale tipico delle fondazioni. 11 Le cooperative sociali possono essere anche miste o consorzi sociali costituiti per il 70% almeno da cooperative sociali. 5
soci aderenti ossia dei volontari. Tali organismi hanno l obbligo di iscrizione in pubblici registri regionali e sono Onlus di diritto; - le Fondazioni Bancarie nate con la legge Amato (L. 218/1990) dallo scorporo delle aziende bancarie dalle Casse di Risparmio. Sono enti dotati di ingenti patrimoni destinati a finalità sociali e culturali ai quali il D.lgs. 153 del 1999 attribuisce piena autonomia statutaria e gestionale e natura giuridica di enti privati senza fini di lucro; - le Associazioni di promozione sociale (L. 383/2000), ossia associazioni riconosciute e non, movimenti, gruppi e loro coordinamenti o federazioni costituite al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati 12. Come per la generalità delle associazioni in tali organizzazioni l elemento personale prevale su quello patrimoniale; - le Imprese Sociali di recente introduzione nel nostro ordinamento dalla legge 118/2005 contenente la Delega al Governo concernente la disciplina dell impresa sociale, disciplinate dal disposto 155 del 2006 e dai decreti ministeriali ad esso collegati (Fici, 2007) 13. Si tratta di una entità senza fine di lucro con forti connotati imprenditoriali che può operare in materia di ambiente, beni culturali, formazione, ricerca, rifiuti, ecc. Può avere autonomia patrimoniale perfetta con un capitale minimo di 20.000 euro e deve essere iscritta alla Camera di Commercio. La grande novità di tale istituto è l obbligo annuale di deposito presso il registro delle imprese del bilancio sociale 14. 12 Art. 2 Legge n. 383 del 2000. 13 L Impresa Sociale è una qualifica alla quale possono accedere gli enti senza scopo di lucro disciplinati dal Libro I e gli enti commerciali del Libro V del Codice Civile (società e cooperative). Si tratta di una normativa che introduce un nuovo soggetto che può assumere diverse forme giuridiche e differenti modelli organizzativi per svolgere attività non solo socio assistenziali ma anche di ricerca, di salvaguardia dell ambiente e del patrimonio culturale e servizi legati al turismo sostenibile. 14 L 8 Censimento eseguito alla data del 22 ottobre 2001, in attuazione della Legge 144 del 1999, ha avuto per oggetto tutte le imprese (unità giuridico-economiche) operanti nel settore industriale e dei servizi i- scritte al Registro delle imprese delle Camere di Commercio, gli artigiani, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, le istituzioni pubbliche, le istituzioni non profit (associazioni di volontariato, partiti politici, cooperative sociali, fondazioni, enti ecclesiastici). Nel 2012 è stato effettuato il 9 Censimento generale dell industria e dei servizi e Censimento delle istituzioni non profit riferito al 31 dicembre 2011. 6
Il legislatore speciale, come si può notare, allarga gli ambiti di intervento e il numero di soggetti appartenenti al terzo settore. Questa copiosa produzione normativa, che indubbiamente ha trattenuto la razionale ed omogenea regolamentazione del settore, non ha comunque frenato l espandersi del fenomeno, che nel sistema economico ha mostrato negli ultimi decenni una particolare crescita (Borzaga, Zandonai, 2009). Dall ultima rilevazione ufficiale dell Istat emerge che da 51.606 organizzazioni non profit censite nel 1990 si è passati nel 2001 a 221.412 enti. Oggi sono in corso di pubblicazione i dati del 9 Censimento che fotografa la situazione al 31 dicembre 2011 15. Il censimento in corso vede interessate quasi 430.000 istituzioni non profit, il doppio delle organizzazioni coinvolte dalla precedente indagine 16. Tali numeri sono destinati a crescere con i dati ufficiali, basta pensare che l Unioncamere nel 2011 contava 11.808 solo di cooperative sociali attive 17. Iris Network (Istituti di Ricerca sull Impresa Sociale), con dati aggiornati all agosto 2009, stima in Italia la presenza di 15.000 imprese sociali, 350.000 lavoratori e 5.000.000 utenti per un giro di affari di 10.000 mld di euro (Borzaga, Zandonai, 2009, pag. 18) 18. In questo contesto c è da riconoscere che le aziende non profit, nonostante la complessità del settore in cui operano e la loro stessa numerosità, presentano in linea generale le seguenti caratteristiche comuni: 15 La normativa speciale, inoltre, dispone per le organizzazioni non profit sulle Ipab (istituzioni di pubblica assistenza e beneficienza privatizzate (L. 6972/1890); Associazioni sportive (L. 398/1991); Associazioni senza fine di lucro e pro-loco (L. 66/1992,); Enti Lirici (D.lgs. 367/1996); Enti ecclesiastici cattolici (L. 222/1985) e Enti religiosi di altre confessioni religione; Associazioni dei consumatori e degli utenti (L. 281/1998); Istituti di patronato (L. 152/2001); Centri di formazione professionale (L. 845/1978), le società di mutuo soccorso di cui alla legge 15 aprile 1886, n. 3818 e mod. D.M. del 6 marzo 2013 (G.U. n. 66 del 19.03.2013). 16 L elenco precensuario delle organizzazioni non profit è stato costruito tenendo conto degli archivi forniti dall Agenzia delle Entrate, tra cui quello Eas (Modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi) e il 5xmille nonché il registro delle Onlus e delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche del Coni. 17 Il dato scaturisce da Movimprese il sistema statistico trimestrale di rilevazione della nati-mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, per conto di Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di Commercio italiane. 18 Le stime di Iris si basano sull attualizzazione dei dati contenuti nelle due fonti principali: le statistiche dell Istat riferite alla cooperazione sociale e le informazioni contenute nei database camerali relativi alle cooperative sociali e ad altre tipologie di imprese non profit quali le imprese sociali ai sensi della legge 118/05. 7
- la natura privata da individuarsi nella libera iniziativa dei privati di associarsi per l erogazione di servizi di utilità sociale; - il divieto di distribuire il risultato d esercizio, anche indirettamente, agli associati, ai soci, ai dipendenti, agli amministratori 19 ; - l obbligo di reinvestire gli utili nello svolgimento dell attività istituzionale o ad incremento del patrimonio e di devoluzione del patrimonio residuo in caso di cessazione dell impresa ad altro ente non profit; - la presenza di volontari nello svolgimento delle attività aziendali; - il forte legame con il territorio essendo tali organismi espressione diretta della comunità locale in cui operano nonché fonte di sviluppo socio-economico 20. Tutte le tipologie, inoltre, pur non avendo scopo di lucro, devono comunque orientare le attività secondo i principi di una corretta gestione economica, essenziale per garantire la sopravvivenza nel tempo dell azienda 21. A ciò va aggiunta l occorrenza, propria delle organizzazioni non profit, di assicurare la massima trasparenza nella gestione, in quanto operano con risorse prevalentemente pubbliche o derivanti da donazioni e si trovano ad interloquire con una pluralità di soggetti con aspettative differenti (Matacena, 2005). Nelle aziende non profit è necessaria la dotazione di strumenti in grado di interpretare, valutare e comunicare i risultati delle attività svolte poiché maggiormente le organizzazioni impegnate nell erogazione di beni e servizi di utilità sociale vivono nella condizione di dover farsi confermare dalla società civile quella condizione di fiducia e di legittimazione sociale (Sibilio Parri, 2007, pag. 54) che ne ha determinato la nascita e l esistenza. 19 Il settore del non profit, in effetti, si distingue dal resto dell economia per una pluralità di caratteristiche ma prime tra tutte vi è il divieto di distribuire ai soci gli utili derivanti dalla attività gestionale. Lo stesso termine non-profit, in uso negli Stati Uniti, identifica il settore in negativo differenziandolo dal resto delle imprese sulla base del mancato perseguimento dei profitti. 20 Salamon e Anheier (1997) considerano rappresentativi delle aziende appartenenti al settore non profit le seguenti caratteristiche: la regolamentazione e il riconoscimento normativo; la natura privatistica; di- vieto di distribuzione dell utile; l indipendenza decisionale e la presenza di lavoratori del volontariato. 21 Per approfondimenti sui sistemi di pianificazione, programmazione e controllo nelle aziende non profit si veda: Rebora (1993); Anthony, Young (2002); Bronzetti (2007); Pozzoli, Manetti (2011). 8