Indice Che cos'è la giustizia? ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3



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INSEGNAMENTO DI FILOSOFIA DEL DIRITTO LEZIONE VII "CHE COS'È LA GIUSTIZIA? DI HANS KELSEN" PROF.SSA FLORA DI DONATO

Indice 1 Che cos'è la giustizia? ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 La giustizia come problema della soluzione dei conflitti di interessi o di valori. ----------------------------------- 4 3 La gerarchia dei valori -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6 4 La giustizia come problema della giustificazione del comportamento dell individuo ----------------------------- 9 5 Teorie della giustizia: metafisiche ------------------------------------------------------------------------------------------ 11 5.1. RAZIONALISTICHE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 6 Assolutismo e relativismo in kelsen ---------------------------------------------------------------------------------------- 14 7 Conclusioni --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 2 di 16

1 Che cos'è la giustizia? Quando Gesù di Nazareth ammise, dinnanzi al governatore romano, di essere re, disse Io sono nato e venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità. Allora Pilato chiese: Che cos è la verità?. Lo scettico Romano non si aspettava evidentemente che questa sua domanda ricevesse una risposta; e Gesù, in effetti, una risposta non la diede. Rendere testimonianza alla verità non era infatti l essenziale della sua missione divina. Egli era nato per rendere testimonianza della giustizia, di quella giustizia che egli voleva realizzare nel regno di Dio. E per questa giustizia egli è morto sulla croce. Così dietro la domanda di Pilato Che cos è la verità nasce dal sangue del crocefisso un altra domanda, ben più possibile, l eterna domanda dell umanità: Che cos è la giustizia? Che cos è la giustizia è dunque l interrogativo con cui si apre la sequenza di brani dedicata da Kelsen al tema della verità. Nessun altro problema scrive ancora Kelsen è stato tanto appassionatamente discusso quanto questo della giustizia, per nessun altro problema è stato versato tanto sangue prezioso e sono state verste tante lacrime amare, per nessun altro problema gli spiriti più illustri da Platone a Kant si sono così profondamente travagliati. Tuttavia questa domanda, fino ad oggi, è rimasta senza risposta, forse perché si tratta di uno di quei quesiti per i quali vale la convinzione della saggezza rassegnata, che l uomo non possa mai trovare una risposta definitiva, non soltanto cercare di porsi la domanda in modo migliore 1. 1 Kelsen, H., Che cos è la giustizia? in Problemi sulla giustizia, a cura di A. Catania, Gentile Editore, Salerno, 1997, p. 173. I brani sono originariamente tratti da Was it Gerechtigkeit del 1953, edito da Franz Deuticke (Wien). 3 di 16

2 La Giustizia come problema della soluzione dei conflitti di interessi o di valori. La giustizia è in primo luogo una qualità possibile ma non necessaria di un ordine sociale; solo subordinatamente essa può essere considerata una virtù umana. Un uomo è giusto quando il suo comportamento corrisponde ad un ordine che vale come giusto e un ordine è giusto quando esso regola il comportamento degli individui in modo che siano tutti soddisfatti, in modo che essi vi trovino la loro felicità. Giustizia dunque equivale a soddisfacimento, a felicità sociale. Poiché l uomo non può trovare la felicità come individuo isolato la cerca nella società, secondo l insegnamento platonico che identifica la giustizia con la felicità, sostenendo che solo chi è giusto è felice mentre l ingiusto è infelice. Quindi solo chi si comporta conformemente alla legge è felice, mentre chi si comporta illegalmente non lo è. Spostare l oggetto della riflessione dalla giustizia alla felicità significa porsi un altro quesito: Che cos è la felicità?. E giacche, secondo Kelsen, la felicita è un sentimento soggettivo non potrà esserci un ordine giusto, cioè un ordine che garantisca la felicita di tutti. Kelsen propone due esempi: [ ] l amore è la principale fonte sia di felicità che di infelicità. Supponiamo che due uomini amino la stessa donna e che entrambi a ragione o a torto pensino di non poter essere felici senza appunto avere quella donna tutta per sé. Secondo la legge e, forse, anche secondo il loro sentimento, però, quella donna può appartenere soltanto ad uno di loro. La felicità dell uno è, irrimediabilmente, l infelicità dell altro. Nessun ordine sociale può risolvere questo problema in modo giusto, cioè in modo da rendere felici entrambi. Nemmeno quel giudizio famoso del saggio re Salomone 2. La conclusione cui giunge Kelsen è che la nostra felicita dipende spesso dal soddisfacimento di bisogni che nessun ordine sociale può garantire. Dunque finché la giustizia si identifica con la felicita individuale non è possibile un ordine sociale giusto. Allora la felicita che un ordine sociale è in grado di garantire può essere solo quella che ha a che fare col soddisfacimento di certi bisogni che il legislatore riconosce degni di essere soddisfatti, come il vitto, l alloggio, l abbigliamento. 2 Ivi, p. 174. 4 di 16

Ma questo è completamente diverso dal significato originario di felicità come sentimento radicato nell animo umano, come sentimento soggettivo. L idea di giustizia si trasforma da un principio che garantisce la felicita individuale di tutti in un ordine sociale che protegge determinati interessi. Si pone allora un nuovo interrogativo: come si fa a stabilire quali interessi siano degni di essere protetti? A questo punto Kelsen introduce il secondo tema, quello della gerarchia dei valori. 5 di 16

3 La gerarchia dei valori Quando si parla di valori e di interessi può sorgere il problema del cd. conflitto di interessi: quando valori e interessi possono essere soddisfatti solo a spese di altri? Il problema del conflitto dei valori non è risolvibile razionalmente, secondo Kelsen, perché implica sempre un giudizio determinato da fattori emotivi e dunque si presenta come soggettivo, nel senso di un giudizio valido solo per il soggetto che lo formula e dunque relativo. Kelsen propone tre esempi. Primo Esempio: In virtù di un determinato convincimento morale, la vita umana, la vita di ogni singolo individuo è il valore più alto. In conseguenza, conformemente a questa idea, è assolutamente proibito uccidere un essere umano anche in guerra ed anche sotto forma di esecuzione capitale. Così la pensano coloro che avversano la guerra e quelli che non ammettono, per principio, la pena di morte. Ma esiste anche un convincimento altrettanto morale, opposto al precedente, secondo il quale il valore sommo è l interesse e l onore della nazione. Ognuno perciò, quando l onore della nazione lo richieda, è moralmente obbligato, in guerra, a sacrificare la propria vita e ad uccidere come nemici- altri esseri umani. E sembra altrettanto giustificato applicare la pena di morte ai criminali peggiori. E assolutamente impossibile, per via scientifico-razionale, decidere fra queste due valutazioni di valori che sono alla base di opinioni contrastanti. In ultima analisi, a risolvere il conflitto è il nostro sentimento, la nostra volontà, non la nostra ragione; l elemento emotivo, non quello razionale della nostra coscienza. Secondo Esempio: [ ] ad uno schiavo, o ad un prigioniero che si trovi in un campo di concentramento ove la fuga è impossibile, si presenta il quesito se il suicidio sia moralmente lecito.[ ] La soluzione del problema dipende dalle determinazioni di quali dei due valori sia il più alto: la vita o la libertà? Se il valore più alto è la vita, il suicidio non è giustificato; ma se il valore più alto è la libertà, se una vita senza libertà non ha senso, il suicidio allora non soltanto è permesso ma è offerto come unica 6 di 16

soluzione. Si tratta del problema della gerarchia dei valori di vita e libertà. E possibile soltanto una soluzione soggettiva di tale problema, una soluzione che vale solo per il soggetto del giudizio; un asserzione obiettiva che valga per tutti, come, ad esempio, quella che i metalli si dilatano col calore, non è possibile. Questo è comunque, un giudizio sulla realtà, non un apprezzamento di valori. Terzo Esempio: Dopo aver visitato accuratamente un paziente, un medico diagnostica una malattia incurabile, tale da portare alla morte in poco tempo. Il medico deve dire la verità al malato, o può, o addirittura deve mentire dicendo al paziente che la sua malattia è guaribile e che non c è pericolo imminente? La decisione dipende dalla gerarchia che noi accogliamo nel rapporto di questi due valori: verità ed umanità. Dire al paziente la verità significherebbe esporlo al tormento della tanatofobia; mentire al malato significherebbe risparmiargli siffatta paura della morte. Se l ideale di verità è superiore a quello di umanità, il medico deve dire il vero; ma se l ideale di umanità è superiore a quello di verità, il medico deve mentire. Ma la risposta al quesito quale dei due valori sia il più alto, non è possibile in base a considerazioni scientifico-razionali 3. Per portare a compimento il discorso sul criterio di scelta dei valori da sacrificare e da promuovere, Kelsen richiama ancora una volta l ideale platonico che subordina l ideale della verità alla giustizia. Platone, infatti, pur sostenendo che solo il giusto possa essere felice ammette tuttavia che un uomo giusto possa anche essere infelice e un uomo giusto felice. Ciò nonostante, ritiene assolutamente necessario che i cittadini credano che solo il giusto sia felice anche se ciò non dovesse essere vero, altrimenti nessuno ubbidirebbe alla legge. Addirittura immagina che il governo stesso abbia il diritto di propagandare questa teoria. La giustizia è in definitiva intesa da Platone come ciò che lo Stato considera legale e sta al di sopra della verità: Se io fossi legislatore, costringerei tutti gli scrittori, anzi, tutti i cittadini ad esprimersi in questo senso (ad ammettere, cioè, che la vita più giusta è la più felice) 4. 3 Ivi, p. 177-179. 4 Platone, Le Leggi, 662 b, Ivi, p. 179. 7 di 16

Kelsen, in polemica con Platone, conclude il tema della gerarchia dei valori sostenendo che non ci sono motivi sufficienti per impedirci di porre la verità al di sopra della legalità e respingere la propaganda menzognera di un governo, anche quando le menzogne tendono al buon fine. Dunque la soluzione del problema della gerarchia dei valori (vita e liberta, verità e giustizia) è diversa a seconda che il problema venga posto ad un cristiano credente che ritenga la salvezza della propria vita più intortante dei beni terreni o ad un materialista che non creda all immortalità. La soluzione consisterà sempre in un giudizio di valori, dunque soggettivo e relativo. 8 di 16

4 La giustizia come problema della giustificazione del comportamento dell individuo Naturalmente, in ogni sistema di valori, l idea centrale di giustizia sarà diversa a seconda della natura della società in cui si colloca ed il fatto che molti individui siano d accordo su un determinato giudizio di valore non significa che tale apprezzamento sia giusto ovvero che valga in senso obiettivo, anche se in questo modo finisce per assumere il carattere di norma generale. Il punto è che è proprio dell uomo sentire il bisogno di giustificare razionalmente il proprio comportamento, la propria coscienza. Kelsen distingue allora tra una soluzione relativa del problema della giustizia, come problema della giustificazione del comportamento umano e la necessità di una giustificazione assoluta. Quest ultima non può venire per via razionale: l assoluto è al di la della ragione umana, soltanto la religione o la metafisica possono fornirci questa giustificazione. Coloro i quali non accettano una soluzione metafisica al problema della giustizia ma sperano di poter determinare per via scientifico-razionale dei valori assoluti di giustizia, rinvenendoli nella ragione umana, si illudono. Leggiamo il seguente passaggio: L uomo deve credere all esistenza di Dio, cioè all esistenza di una giustizia assoluta, ma è incapace di afferrarla concettualmente. Coloro che non possono accettare una tale soluzione metafisica del problema della giustizia, ma che conservano l idea dei valori assoluti nella speranza di poterli determinare per via scientifico-razionale, si ingannano illudendosi che sia possibile, nella ragione umana, trovare alcuni principi fondamentali che costituiscono quei valori assoluti, i quali in realtà, vengono costituiti soltanto dagli elementi emotivi della loro coscienza. La determinazione dei valori assoluti in generale e la definizione della giustizia in particolare per questa via, si presentano come formule completamente vuote mediante le quali qualsiasi ordine sociale può venir giustificato come giusto 5. * * * 5 Ivi, pp. 185-186. 9 di 16

Posta la premessa che non è possibile una definizione razionale di giustizia assoluta, Kelsen passa in rassegna le numerose teorie della giustizia formulate dai tempi più antichi e le riduce a due tipi fondamentali. Teorie metafisico - religiose Teorie razionalistiche 10 di 16

5 Teorie della giustizia: metafisiche Il rappresentante classico della soluzione metafisica è Platone. La giustizia rappresenta il problema centrale di tutta la sua filosofia. E per la soluzione di questo problema Platone sviluppa la dottrina delle idee. Le idee, come è noto, sono entità trascendenti, esistenti nella sfera dell intellegibile, inaccessibili agli uomini legati al sensibile. Si tratta di valori assoluti che debbono essere realizzati nel mondo dei sensi ma che mai lo possono essere completamente. L idea principale alla quale sono subordinate tutte le altre e dalla quale queste ricevono efficacia è l idea di bene assoluto. Questa idea ha in Platone lo stesso ruolo che l idea di Dio ha nella teologia di tutte le religioni. L idea di bene racchiude in sé quella di giustizia. I quesiti Che cos è il bene? e Che cos è la giustizia? vengono a coincidere. Tuttavia i numerosi tentativi che Platone compie per pervenire ad una soluzione razionale del problema della giustizia non conducono ad un risultato definitivo. Nei dialoghi, Platone dichiara per bocca di Socrate che quando sembra di essere giunti alla formulazione di una qualsiasi definizione, è proprio allora che si rendono necessarie ulteriori indagini 6. Egli sembra dunque accennare ad uno specifico metodo di pensiero astratto, privo di qualsiasi rappresentazione sensibile alla dialettica che egli considera come il mezzo per afferrare le idee. Tuttavia, osserva Kelsen, Platone nei suoi dialoghi non utilizza tale metodo, non comunica i risultati del ricorso alla dialettica. Dell idea di bene assoluto, Platone finisce per dire che è al di là della conoscenza razionale, cioè di ogni pensiero. Ed ancora che non può esserci una conoscenza astratta del bene assoluto, ma soltanto un tipo di visione di questo bene e che questa visione si realizza come una esperienza mistica che tocca soltanto pochi e solamente per grazie divina; che è comunque impossibile descrivere con parole l oggetto di questa visione mistica, cioè il bene assoluto 7. Dunque la conclusione cui giunge Platone è che non è possibile una risposta razionale al quesito Che cos è la giustizia? : la giustizia è un segreto che Dio confida, se pure lo fa solo a pochi eletti. La soluzione di Platone al problema è dunque di natura metafisica. 6 Ivi, pp.187-188. 7 Ivi, p. 188. 11 di 16

5.1. Razionalistiche Le teorie razionalistiche sono definite da Kelsen come formule della giustizia vuote di contenuto. Esse cercano di rispondere al quesito che cos è la giustizia avvalendosi del ricorso alla ragione umana. Si tratta di teorie che fanno parte del sapere popolare di molte nazioni e di alcuni sistemi filosofici famosi. Anche in questo caso, Kelsen propone degli esempi. La definizione della giustizia con la formula a ciascuno il suo che risale all antica Grecia, pur essendo stata accolta da molti filosofi del diritto, secondo Kelsen, rimane completamente vuota di contenuto. Resta, infatti, insoluta la questione che cosa sia il suo. Il principio è, infatti, applicabile con significati differenti, a seconda dei diversi ordini sociali, creati dalla legislazione o dalla consuetudine. Questa formula come definizione della giustizia rimane del tutto priva di contenuti, in quanto non esprime un valore assoluto. Allo stesso tipo di conclusioni si perviene utilizzando il principio della rivalsa come essenza della giustizia: bene per bene, male per male. Le opinioni, infatti, sulle nozioni di bene e di male sono diverse tra i diversi popoli e nelle varie epoche. Ed il principio della rivalsa esprime semplicemente la tecnica del diritto positivo che collega col male dell ingiuria il male della sua conseguenza 8. Un altro esempio che dimostra, secondo Kelsen, quanto sia vano il tentativo di definire il concetto di una giustizia assoluta con un metodo razionale-scientifico si rinviene nell etica di Aristotele. L etica di Aristotele e un etica delle virtù in quante mira ad un sistema di virtù, tra le quali la giustizia. Essa è la virtù principale, la virtù perfetta. Il filosofo sostiene di aver individuato un metodo scientifico, matematico-geometrico per determinare la virtù e per stabilire dunque cosa sia moralmente buono. Leggiamo il seguente passaggio: Il filosofo che si occupa di filosofia morale sostiene Aristotele può trovare la rispettiva virtù di cui cerca di determinare l essenza in un modo uguale o per lo meno simile a quello seguito dal geometra per trovare il punto equidistante dai due estremi di una retta, il punto dal quale tale retta è divisa in due parti uguali. Anche la virtù, infatti, è equidistante da due estremi, 8 Ivi, pp. 191-197. 12 di 16

cioè da due vizi, da un vizio d eccesso e da uno di difetto. Così per esempio, la virtù del coraggio è il mezzo del vizio della viltà (difetto di coraggio). Questa è la famosa teoria della Μεσότης. Per poter giudicare tale teoria bisogna pensare al geometra che può dividere la retta in due parti uguali soltanto supponendo che i due punti estremi siano già dati in precedenza. Ma se questi sono già dati, è dato con essi cioè predeterminato - anche il punto centrale. Se noi sappiamo cosa sono i vizi, sappiamo anche che cosa sono le virtù, poiché una virtù è il contrario di un vizio. Se la mendacia è un vizio, la veracità è una virtù 9. In realtà, Aristotele presuppone come vizi quelli che la morale del suo tempo considera tali, dunque non è la teoria della Μεσότης a stabilire che cosa sia buono e che sia cattivo ma è l autorità dello stesso ordine sociale a stabilire quali siano l eccesso e il difetto che delimitano i due vizi e quindi la virtù che sta tra l uno e l altro. Naturalmente, l ordine sociale presupposto come valido da questa etica è al tempo stesso da essa giustificato. Quindi la formula della mesotes finisce per rivelarsi tautologica perché considera buono ciò che è buono secondo l ordine sociale esistente. Si tratta dunque di una funzione esclusivamente conservativa che tende al mantenimento dell'ordine sociale esistente. Applicata alla giustizia, la formula della mesotes significa che un comportamento giusto è la via di mezzo tra il compiere e il sopportare l ingiuria, fra un eccesso ed un difetto e per la definizione di ingiuria si rimanda pur sempre all ordine sociale esistente. Dunque la funzione della mesotes non è di determinare l essenza della giustizia ma di consolidare l'efficacia dell'ordine sociale esistente, stabilito nella morale positiva e nel diritto positivo. 9 Ivi, pp. 201-202. 13 di 16

6 Assolutismo e relativismo in Kelsen La conclusione cui si avvia Kelsen è che l ideale della giustizia assoluta si rivela un ideale irrazionale. Risulta pertanto inutile, a suo giudizio, tentare di trovare razionalmente una norma di comportamento giusto che abbia valere assoluto, cioè una norma che escluda la possibilità che venga ritenuto giusto anche il comportamento opposto. La ragione umana può concepire solo valori relativi. La giustizia assoluta è nella prospettiva kelseniana lo ribadiamo un ideale irrazionale. Alla base di questa filosofia relativista vi è dunque il principio morale della tolleranza intesa come esigenza di comprendere benevolmente le opinioni politiche o religiose altrui, anche se non condivise. La tolleranza, secondo Kelsen, è possibile solo all interno di un ordinamento giuridico positivo, che proibisca il ricorso alla violenza e garantisca la pace tra coloro che sono soggetti alla legge, senza limitare per l esternazione pacifica delle loro opinioni. Si tratta evidentemente di un affermazione quanto mai attuale. Secondo Kelsen, la democrazia può rimanere tollerante pur dovendosi difendere da minacce antidemocratiche e ciò è possibile nella misura in cui non si possono reprimere manifestazioni pacifiche di concezioni antidemocratiche. Naturalmente è nel diritto di ogni governo, anche quello democratico, reprimere con la forza ed impedire tutti quei tentativi che mirano a rovesciarlo ma l esercizio di questo diritto non è in contrasto né col principio della democrazia né col principio della tolleranza. Nessun altra forma politica è più favorevole alla scienza della democrazia. 14 di 16

7 Conclusioni Concludiamo questa disamina sul tema della giustizia in Kelsen con le parole di cui si avvale Kelsen a conclusione della sua dissertazione: Ho incominciato questa dissertazione col quesito: Che cos è la giustizia?. Ora che sono alla conclusione mi accorgo di non aver dato ad esso una risposta. La scusa che posso trovare è che, a questo riguardo, io mi trovo in buona compagnia. Sarebbe più che pretenzioso far credere al lettore che io possa riuscire ove i più grandi pensatori hanno fallito. Perché, in effetti,io non so e non sono in grado di dire che cosa sia la giustizia, la giustizia assoluta, questo bel sogno dell umanità. Io mi debbo accontentare di una giustizia relativa e posso soltanto dire che cosa è per me la giustizia. Poiché la scienza è la mia professione e costituisce il centro della mia vita, la mia giustizia è quella sotto la cui tutela può prosperare la scienza e con la scienza la verità e la sincerità. È la giustizia della libertà, la giustizia della pace, la giustizia della democrazia, la giustizia della tolleranza 10. 10 Ivi, p. 214. 15 di 16

Bibliografia Catania, A., Problemi sulla giustizia, Gentile Editore, Salerno, 1997. Kelsen, H., Che cos è la giustizia? in Problemi sulla giustizia, a cura di A. Catania, Gentile Editore, Salerno, 1997. Kelsen, H., Was it Gerechtigkeit, Deuticke, Wien, 1953. Platone, Le Leggi, 662 b, in Problemi sulla giustizia, a cura di A. Catania, Gentile Editore, Salerno, 1997. 16 di 16