2.2. Impronte e modelli di studio



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2.2. Impronte e modelli di studio I modelli in gesso rappresentano, in senso storico, la prima forma di documentazione ortodontica. Per molto tempo, assieme alle radiografie endorali iuxta-gengivali, hanno costituito l esame fondamentale su cui impostare la diagnosi ed il piano di trattamento 15. Successivamente vennero prima introdotte le fotografie della faccia, poi la teleradiografia ed infine le foto endorali. I modelli di inizio trattamento vengono detti modelli di studio in quanto permettono l effettuazione di varie analisi, tra cui l analisi dello spazio 16 ed il calcolo dei diametri delle arcate 17-22. L esame dei modelli permette inoltre di studiare la forma delle arcate, misurare determinate strutture anatomiche, come la profondità del palato ed il volume della base apicale, ed individuare i rapporti interdentari fra le arcate 4,23-29. In fase di spiegazione del piano di trattamento, inoltre, possono diventare una valido supporto per illustrare in maniera efficace la malocclusione ai genitori o al paziente stesso 10,15. Se si vogliono affrontare esami come quelli dei boards, è fondamentale il possesso di modelli in gesso di buona qualità. A tal riguardo, nella guida 30 che veniva fornita ai candidati dell American Board of Orthodontics, e che sembra essere la più completa, vengono dati dei suggerimenti al fine di evitare una serie di problemi che potrebbero interessare tali records: 1. eccesso di levigatura nelle aree anatomiche 2. distorsioni nelle aree anatomiche a causa di errori di lavorazione 27

3. insufficiente profondità dell impronta 4. discrepanze nella squadratura delle basi 5. occlusione non accurata, che non corrisponde a quella della cefalometria o alla massima intercuspidazione del paziente 6. errori nella classificazione (archiviazione), che determinano una mancata corrispondenza con il case report o con la malocclusione del paziente 7. duplicati dei modelli con dettagli insufficienti 8. mancata correzione della malocclusione nei modelli a fine trattamento: a. classe II o III ancora presenti b. eccessivi overbite ed overjet c. insufficiente torque incisale d. esagerata curva di occlusione mandibolare (curva di Spee) e. curva di occlusione mascellare inversa f. mancata coordinazione della forma delle arcate g. secondi molari permanenti non allineati correttamente h. insufficiente rotazione dei primi molari superiori i. insufficiente intercuspidazione j. insufficiente correzione delle rotazioni dentali k. presenza di aree di contatto aperte l. sfavorevole inclinazione assiale dei denti 9. recidiva non accettabile nei modelli di studio a distanza (almeno 2 anni secondo l A.B.O., 1 secondo l'e.b.o.) 10. mancanza di standardizzazione nei modelli di studio 28

Il raggiungimento di standard di qualità così elevati implica non solo il possesso di qualità ortodontiche di alto livello, ma anche un assoluta padronanza della tecnica di presa dell impronta, da parte dell ortodontista, e di colatura, squadratura e rifinitura dei modelli da parte dell ortodontotecnico. 2.2.1. Presa dell impronta L ortodontista ha il compito di mettere in atto tutti gli accorgimenti a propria disposizione al fine di ottenere impronte di buona qualità 15,27,31. Pur non risultando necessaria la stessa precisione richiesta nella protesi fissa, occorre comunque una corretta scelta dei porta-impronte e del materiale da impronta. E molto importante disporre di un adeguato assortimento di cucchiai porta impronte al fine di scegliere quello più adatto per ogni paziente (Figg. 7-9). Figg. 7 e 8. Prova dei porta impronta. 29

Fig. 9. Esempi di porta impronte per ortodonzia. I cucchiai dovrebbero presentare delle pareti alte al fine di ottenere impronte molto estese. In pazienti con fornici poco profondi può tuttavia essere necessario l utilizzo di porta impronte convenzionali non forati da protesi. In commercio esistono sia porta impronte metallici sia porta impronte monouso in polistirolo. Questi ultimi, sebbene presentino vantaggi quali la comodità e la sterilità, possiedono alcuni inconvenienti quali il costo non contenuto e la mancanza di rigidità che può avere conseguenze negative sulla precisione dell impronta. Bordare con bastoncini o strisce di cera i cucchiai portaimpronta può costituire una manovra utile in quanto si ottiene un migliore adattamento al fondo dei fornici ed un aumento della ritenzione del materiale da impronta (Fig. 10). 30

Fig. 10. Porta impronta bordati con cera. Il materiale da impronta più utilizzato in ortodonzia è l alginato 32-34. Questo deve presentare una elevata precisione, un elasticità ottimale ed un tempo di presa rapido. L alginato di elezione è perciò un idrocolloide irreversibile di classe A tipo I secondo le norme ISO 1563 sugli alginati (Fig. 11). Fig. 11. Alginati. In alcuni pazienti, in genere adulti, può essere necessaria una detartrasi o una preparazione iniziale parodontale prima di rilevare le impronte. 31

Le arcate dentarie devono risultare asciutte al momento della presa dell'impronta. Sebbene l'obiettivo possa essere facilmente raggiunto con un getto d'aria, si possono anche cospargere le arcate con un'emulsione siliconica spray. Il materiale da impronta, che deve essere preparato secondo le proporzioni suggerite dalla casa produttrice, può essere miscelato manualmente o per mezzo di apparecchi meccanici, che eliminano quasi completamente la possibilità che si formino bolle d'aria. Solitamente si inizia a riempire il cucchiaio inferiore spatolando l'alginato con energia. Si può regolarizzare la superficie libera dell'alginato con un dito bagnato per ottenere una maggiore fluidità del materiale ed una conseguente maggiore precisione dei dettagli. Durante l'inserzione del porta impronte nel cavo orale, secondo una direzione che va verso il basso e l'indietro, occorre distendere il labbro inferiore per evitare l'intrappolamento di aria tra alginato e tessuti orali. La base del cucchiaio, una volta inserito, deve risultare parallela al piano occlusale ed il manico deve essere centrato con il piano di simmetria del volto (Fig. 12). 32

Fig. 12. Presa dell impronta nell arcata inferiore. Durante l'indurimento del materiale si chiede al paziente di sollevare la lingua. Tale operazione, causando il sollevamento del pavimento della bocca, determina una maggiore compressione del materiale sui processi alveolari linguali. Se l'inserimento del cucchiaio con l'alginato stimola il riflesso del vomito, si può consigliare al paziente un respiro lento e profondo attraverso il naso, avvicinando alle narici un rullo salivare imbevuto di alcol, oppure suggerire di sollevare alternativamente le gambe in modo da contrarre il diaframma,diminuendo così la pressione negativa respiratoria e rendere meno probabile il riflesso del vomito 35 (Figg. 13 e 14). 33

Figg. 13 e 14. Accorgimenti per impedire il riflesso del vomito. A indurimento avvenuto, si cerca, con il dito indice, di far entrare dell'aria tra alginato e mucosa del fornice al fine di provocare il distacco della massa di alginato dalle strutture anatomiche. Leggeri movimenti impressi al manico del porta impronte aiutano tale operazione. 34

Fig. 15. Presa dell impronta completata. Non molto diversa risulta la presa dell'impronta nell'arcata superiore. Il materiale, in questo caso, deve riempire maggiormente la zona anteriore del cucchiaio, per ottenere un corretto rilevamento dell'area incisiva, ed essere scarso nella zona più posteriore, per non stimolare il riflesso del vomito. L'inserimento, che avviene con una direzione che va verso l'alto e l'indietro, prevede una iniziale pressione solo nella zona molare, seguita da un movimento verso l'alto e l'indietro di tutto il cucchiaio dopo aver disteso il labbro superiore. Il distacco dell'impronta avviene con le stesse modalità dell'arcata inferiore. Dopo aver preso le impronte, occorre eseguire il rilievo della cera di occlusione, che permette di ottenere i normali rapporti occlusali sui modelli. A tale scopo possono essere usate sia cere specifiche che la comune cera per modellazione (tipo Tenatex). Se si opta per quest'ultima è opportuno ripiegarla ai lati per ottenere uno spessore almeno doppio nella zona occlusale e rilevare la posizione d'occlusione delle arcate in massima intercuspidazione escludendo gli incisivi. Nel caso di doppie chiusure, con una differenza di più di 1 mm tra l'occlusione in abituale e l'occlusione in relazione centrica, è raccomandabile rilevare un secondo morso, meglio se in silicone o con altri materiali adatti, per documentare quest'ultima posizione 15,36. 35

2.2.2. Fasi di laboratorio Dopo aver lavato accuratamente l'impronta al fine di rimuovere le eventuali presenze di saliva, questa dovrà essere colata al più presto 32,33. Se ciò non è possibile, è opportuno conservare l'impronta in ambiente umido nelle ore precedenti la colatura del modello. Di solito è sufficiente inserire le impronte dentro una busta sigillata di cellophane con dei rotoli di cotone imbevuti di acqua. Una volta asciugata l'impronta, si procede con le succesive fasi laboratoristiche 15,27,31,37. Si versa in una scodella morbida il quantitativo d'acqua necessario (30 g) e si aggiunge progressivamente la quantità corrispondente di polvere (100 g), iniziando a mescolare con una spatola rigida. Il gesso da utilizzare deve essere di media durezza e di colore bianco 38. La miscelazione dovrebbe avvenire in senso orario, fino ad ottenere un impasto di consistenza cremosa ed uniforme. In alternativa alla miscelazione manuale, possono essere utilizzati apparecchi di miscelazione sotto vuoto, che forniscono una maggiore garanzia nell'eliminazione di possibili bolle d'aria 37. Il gesso, una volta preparato, viene fatto vibrare, in piccole quantità, e fatto scorrere dall'ultimo molare di destra fino al controlaterale, riempiendo tutti gli anfratti dell'impronta. Altro gesso viene poi aggiunto partendo sempre dalla posizione iniziale, facendolo vibrare e defluire dalla posizione opposta a 36

quella di partenza. In questo modo l'eventuale residuo d'acqua rimasto rende più fluida la porzione più avanzata della colata. Tale operazione viene ripetuta continuamente, fino a completare il riempimento dell'impronta in eccesso rispetto ai margini dei fornici. In seguito il modello viene sistemato su apposite sagome in gomma o su zoccolatori metallici apribili (box), preventivamente riempiti di gesso, posizionando il piano occlusale dell'impronta parallelo alla base di tali dispositivi ed il manico del cucchiaio lungo l'asse di simmetria. Ad indurimento avvenuto 39 e a gesso completamente freddo, cucchiai ed impronte vengono rimossi dai box, come l'eccesso di gesso sui modelli. Si procede quindi alla squadratura per mezzo di specifici squadra-modelli ortodontici. La procedura prende il nome dal suo ideatore, Charles H. Tweed, che ha tracciato delle linee guida molto precise 27. Gli zoccoli dei modelli devono rispettare delle specifiche angolazioni per i tagli laterali (65 ), anteriori (25 ) e posteriori (60-55 ). L'altezza complessiva dei modelli articolati, inoltre, deve essere di 70 mm. Una piccola differenza a tale convenzione è prevista dai board A.B.O., E.B.O., I.B.O., che prevedono un angolo di 70 per i tagli laterali dello zoccolo superiore 30,40-42 (Fig.16). 37

Fig. 16. Regole dei boards per la squadratura dei modelli. La sequenza di squadratura prevede inizialmente la parallelizzazione della base inferiore con il piano occlusale. Tale proposito viene raggiunto ponendo la superficie occlusale del modello con il piano mobile della guida dello squadramodelli, evitando le interferenze del trigono retromolare. Il taglio della base inferiore dovrebbe arrivare fino a 36-37 mm con la mola a grana grossa, per arrivare a 35 mm con il molaggio fine. 38

Fig. 17. Procedure della squadratura. Da CH Tweed, Clinical Orthodontics. Mosby, St. Louis, 1966. 39

Fig. 18. Procedure della squadratura. Da CH Tweed, Clinical Orthodontics. Mosby, St. Louis, 1966. Successivamente si pone un elastico attorno al modello superiore in modo da farlo coincidere, a livello occlusale, con la linea mediana dell'arcata. Si traccia quindi sul dorso del modello 40

una linea con la matita che riprenda la direzione dell'elastico. Altre linee, perpendicolari a quest'ultima e distanziate fra di loro di 1 mm, vanno tracciate sul modello. A questo punto i modelli vanno articolati utilizzando le cere di occlusione e posti sullo squadra-modelli con la base del modello inferiore che deve poggiare sulla piastra. Tenendoli uniti in blocco unico, si inizia la squadratura della parte posteriore dei modelli mantenendosi paralleli alle righe distanziate di 1 mm. Durante tale operazione occorre fare attenzione sia a non tagliare i molari terminali sia a non lasciare eccessivamente pronunciati i trigoni. Utilizzando come guida il piano dei dorsi, viene poi squadrato il dorso del modello superiore, fino ad arrivare ad una altezza complessiva dei modelli di 72-74 mm, che permetterà di raggiungere il valore ideale di 70 mm con il molaggio più fine. La squadratura continua poi con i tagli laterali ed anteriori del modello superiore, con i tagli laterali del modello inferiore e con i tagli posteriori di entrambi i modelli. Il punto di passaggio tra il taglio laterale e quello anteriore del modello superiore deve coincidere con l'area canina, mentre la convergenza dei due tagli anteriori deve essere posizionata sul piano mediano di simmetria. I tagli degli spigoli posteriori avvengono articolando i modelli e poggiando la slitta dello squadramodelli a 0 sulla superficie dei tagli laterali. Tale procedura richiede il controllo della posizione di settimi ed ottavi, che potrebbero essere molati. I modelli così squadrati possono articolarsi correttamente senza cera sia quando appoggiati sui dorsi sia sugli spigoli posteriori. 41

La squadratura, infine, prevede l'arrotondamento della zona anteriore dello zoccolo inferiore (Figg. 17 e 18). I modelli sono poi rifiniti nei dettagli anatomici, utilizzando sottili strumenti che asportano le irregolarità, ed eventuali deficienze dello zoccolo, attribuibili all'inglobamento di bolle d'aria durante la colatura, vengono colmate con del gesso fluido. Con una pietra di arkansas e con della carta smerigliata il modello viene levigato per poi passare alla fase di impermeabilizzazione. Il modello essicato viene immerso in una soluzione saponosa (Glossing Fluid) per circa 20 minuti, risciacquato e lasciato ad asciugare per circa 24 ore. Con un panno morbido il modello così trattato viene lucidato accuratamente. A questo punto il modello è pronto per essere etichettato, classificato ed archiviato (Fig. 19). In questa fase può già essere utilizzato un sistema di etichettatura simile a quello del board a cui si aspira. Il modello può essere classificato con metodo numerico, alfanumerico o con codice colore al fine di garantire una archiviazione sicura e di facile consultazione. 42 Fig. 19. Modelli in gesso rifiniti ed etichettati per la presentazione E.B.O.