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Parlamento europeo 2014-2019 Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori 6.7.2015 2015/2065(INI) PROGETTO DI RELAZIONE sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (2015/2065(INI)) Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori Relatore: Dawid Bohdan Jackiewicz PR\1068399.doc PE560.916v01-00 Unita nella diversità

PR_INI INDICE Pagina PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO... 3 MOTIVAZIONE... 8 PE560.916v01-00 2/9 PR\1068399.doc

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (2015/2065(INI)) Il Parlamento europeo, vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 15 luglio 2014 dal titolo "Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese" (COM(2014)0472), vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 28 ottobre 2009 intitolata "Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa" (COM(2009)0591); visto il Libro verde del 31 gennaio 2013 sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa (COM(2013)0037), vista la sua risoluzione del 7 settembre 2010 sulle entrate eque per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa (2009/2237(INI)), vista la sua risoluzione del 19 gennaio 2012 sugli squilibri della catena di distribuzione alimentare, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 12 novembre 2013 relativo al Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (GU C 255 del 14 ottobre 2005, pag. 44), vista la decisione della Commissione del 30 luglio 2010 che istituisce il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare (2010/C 210/03), vista la relazione su un commercio al dettaglio più efficace e più equo (2010/2109(INI)), vista la relazione sul Piano d'azione europeo per il commercio al dettaglio a vantaggio di tutte le parti interessate (2013/2093(INI)), vista la direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa alla pubblicità ingannevole e comparativa 1, vista la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1 GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21. PR\1068399.doc 3/9 PE560.916v01-00

2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali 1, vista la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno, vista la direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, visto il regolamento (UE) n. 261/2012 sui rapporti contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, visto l'articolo 52 del suo regolamento, vista la relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A8-0000/2015), A. considerando che le pratiche commerciali sleali sono un problema, secondo quanto riferito da tutti i soggetti della filiera alimentare e da numerose autorità nazionali garanti della concorrenza; che la Commissione e il Parlamento hanno più volte richiamato l'attenzione su tale problematica; B. considerando le dimensioni e l'importanza strategica della filiera alimentare per l'unione europea; che il settore dà lavoro ad oltre 47 milioni di persone nell'unione europea e che il valore totale del mercato dell'ue per i prodotti collegati al commercio al dettaglio di generi alimentari è stimato a 1,05 miliardi di euro; C. considerando che il commercio di generi alimentari acquisisce una dimensione transfrontaliera sempre più significativa e riveste una particolare importanza per il funzionamento del mercato interno; D. considerando che negli ultimi anni la filiera alimentare da impresa a impresa (B2B) è stata soggetta a cambiamenti strutturali significativi che hanno comportato una concentrazione e un'integrazione verticale dei soggetti operanti nei settori della produzione, della trasformazione e della distribuzione; E. considerando che le pratiche commerciali sleali sono messe in atto laddove vi sia uno squilibrio economico nelle relazioni commerciali tra i partner nella filiera alimentare, squilibrio che deriva da disparità di potere contrattuale e che costituisce un fattore di grave disturbo dell'equilibrio di mercato; F. considerando che le pratiche sleali possono avere conseguenze negative per la filiera alimentare, con conseguenti ripercussioni deleterie sull'intera economia dell'unione europea; che le pratiche commerciali sleali possono scoraggiare gli scambi transfrontalieri nell'unione europea ed impedire un corretto funzionamento del mercato interno; considerando che le pratiche sleali possono verificarsi in particolare nelle imprese che procedono a tagli agli investimenti e all'innovazione, in seguito ad un calo del reddito ed alla mancanza di sicurezza, e possono portare tali imprese ad abbandonare le attività di produzione, trasformazione o negoziazione; 1 GU L 48 del 23.2.2011, pag. 1. PE560.916v01-00 4/9 PR\1068399.doc

G. considerando che le pratiche commerciali sleali sono un ostacolo allo sviluppo e al funzionamento del mercato interno e perturbano gravemente i meccanismi del mercato; H. considerando che le PMI e le microimprese sono particolarmente esposte alle pratiche commerciali sleali e risentono maggiormente dell'impatto di tali pratiche rispetto alle grandi imprese, al punto che per loro diventa più difficile sopravvivere sul mercato, intraprendere nuovi investimenti ed innovare, e per le PMI diviene più difficile espandere la propria attività, anche a livello transfrontaliero all'interno del mercato unico; I. considerando che molti Stati membri hanno introdotto diverse modalità per combattere le pratiche commerciali sleali, in alcuni casi mediante programmi volontari e basati sull'autoregolamentazione e in altri attraverso regolamentazioni nazionali pertinenti; J. considerando che le pratiche commerciali sleali sono coperte solo in parte dal diritto della concorrenza, le cui disposizioni si riferiscono solo ad alcune di tali pratiche nella filiera alimentare da impresa a impresa; K. considerando che il "fattore paura" può entrare in gioco nelle relazioni commerciali, qualora la parte più debole sia reticente a denunciare le pratiche commerciali sleali imposte dalla parte più forte, per timore che ciò ponga fine alla relazione commerciale tra le parti; 1. plaude agli sforzi messi in atto fino ad oggi dalla Commissione per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire un maggiore equilibrio di mercato; 2. accoglie con favore l'azione intrapresa dal Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare e l'istituzione di una piattaforma di esperti sulle pratiche B2B, la quale ha stilato un elenco, una descrizione e una valutazione delle pratiche commerciali che possono essere considerate come gravemente sleali; 3. si compiace dell'istituzione della Supply Chain Initiative, che ha portato all'adozione di una serie di principi in materia di buone prassi nelle relazioni B2B nell'ambito della filiera alimentare e ad un quadro volontario per l'attuazione di tali principi; ritiene che gli sforzi messi in atto per promuovere prassi commerciali eque nella filiera alimentare possano portare a risultati concreti; 4. plaude ai principi di buone prassi ed all'elenco di esempi di prassi eque e sleali nelle relazioni verticali nell'ambito della filiera alimentare; è del parere che tali standard debbano ora essere messi in atto; 5. accoglie con favore l'istituzione di piattaforme nazionali di organizzazioni e imprese nella filiera alimentare, al fine di promuovere pratiche commerciali eque e cercare di porre termine alle pratiche commerciali sleali; 6. si compiace dello sviluppo di meccanismi alternativi e informali di ricorso e risoluzione delle controversie, in particolare attraverso la mediazione e accordi amichevoli; 7. plaude all'azione normativa intrapresa da alcuni Stati membri, che hanno introdotto disposizioni a complemento del diritto nazionale in materia di concorrenza, ampliato PR\1068399.doc 5/9 PE560.916v01-00

l'ambito di applicazione delle direttive sulle pratiche commerciali sleali, estendendone le relative disposizioni al fine di coprire le relazioni B2B, ed istituito autorità indipendenti incaricate dell'applicazione della legge; 8. conferma l'esistenza di pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare e riconosce che tali pratiche sono contrarie ai principi fondamentali del diritto; 9. sostiene la posizione della Commissione secondo cui le pratiche commerciali sleali derivano da una mancanza di equilibrio nelle relazioni commerciali e da un aumento preoccupante del potere contrattuale delle entità di maggiori dimensioni, che conferisce loro una posizione dominante sul mercato grazie alla quale possono imporre termini contrattuali sfavorevoli ai partner commerciali più deboli e ricorrere a pratiche sleali che si discostano gravemente da una condotta commerciale corretta e sono in contrasto con i principi di buona fede e correttezza; condanna le pratiche che sfruttano gli squilibri nel potere contrattuale tra gli operatori economici ed hanno un effetto negativo sulla libertà di contrattazione; 10. sottolinea che le pratiche commerciali sleali imposte dalle parti in una posizione contrattuale più forte hanno un impatto negativo; pone l'accento sul fatto che le pratiche commerciali sleali possono ostacolare gli investimenti e l'innovazione dei prodotti; 11. ritiene che la Supply Chain Initiative e altri sistemi volontari a livello nazionale e di Unione europea (codici di buone pratiche, meccanismi volontari di risoluzione delle controversie) dovrebbero essere ulteriormente sviluppati e promossi; incoraggia i produttori e gli operatori economici a partecipare a tali iniziative; è del parere che essi dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nella lotta alle pratiche commerciali sleali; 12. riconosce tuttavia che i programmi volontari basati sulla autoregolamentazione non sono sufficienti per porre fine in via definitiva alle pratiche commerciali sleali, a causa della mancanza di meccanismi di controllo efficaci; 13. sottolinea che le azioni intese a contrastare le pratiche commerciali sleali contribuiranno a garantire un corretto funzionamento del mercato interno ed a sviluppare gli scambi transfrontalieri nell'unione europea; 14. invita la Commissione e gli Stati membri ad attuare appieno e in modo coerente il diritto in materia di concorrenza, le norme sulla concorrenza sleale e la normativa antitrust; sottolinea tuttavia che il diritto in materia di concorrenza può svolgere solo un ruolo limitato nella risoluzione del problema delle pratiche sleali; 15. ribadisce che una concorrenza libera e leale, la libertà di contrattazione e una corretta applicazione della legislazione pertinente sono di fondamentale importanza al fine di garantire il corretto funzionamento della filiera alimentare; 16. sottolinea che il fatto di trarre vantaggio da una posizione contrattuale più forte per imporre pratiche commerciali sleali rappresenta una violazione del principio della libertà di contrattazione, dato che la parte più forte ha un peso maggiore nello stabilire quale forma deve assumere la relazione commerciale e può imporre in modo unilaterale termini che rispondono in modo sproporzionato ai suoi propri interessi finanziari, mentre la parte più debole non ha altra scelta se non quella di accettare tali termini; PE560.916v01-00 6/9 PR\1068399.doc

ritiene che occorra adottare misure per costruire una fiducia reciproca tra i partner della filiera, sulla base dei principi di libertà di contrattazione, equivalenza dei benefici e libertà di trarre vantaggio da tali benefici; 17. sollecita la Commissione a presentare proposte specifiche relative a normative UE che vietino le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare e che consentano ai mercati di funzionare in modo corretto nonché di mantenere relazioni trasparenti tra produttori, fornitori e distributori di prodotti alimentari; 18. suggerisce di iniziare a lavorare su norme dell'ue relative all'istituzione o al riconoscimento di autorità pubbliche nazionali responsabili dell'applicazione della legge, per contrastare le pratiche sleali nella filiera alimentare; è del parere che tali autorità pubbliche dovrebbero avere la facoltà di condurre indagini di propria iniziativa e sulla base di informazioni informali e denunce trattate in via confidenziale (superando così il "fattore paura") nonché di imporre sanzioni; 19. è fermamente convinto che sarebbe necessario elaborare una definizione unica, chiara, precisa e vincolante di "pratiche commerciali sleali", al fine di consentire la definizione di norme efficaci onde combattere tali pratiche; 20. chiede di tenere nel debito conto, nell'elaborare norme specifiche in tale settore, le caratteristiche specifiche di ciascun mercato ed i requisiti specifici da ottenere, le diverse situazioni e gli approcci nei singoli Stati membri, il grado di consolidamento o frammentazione dei mercati individuali e altri fattori significativi; è del parere che tali sforzi normativi dovrebbero garantire che vi sia una discrezionalità relativamente ampia, per adeguare le misure da adottare in base alle caratteristiche specifiche di ciascun mercato, e dovrebbero basarsi sul principio generale di migliorare l'applicazione coinvolgendo le pertinenti autorità pubbliche; 21. invita la Commissione a valutare i programmi volontari basati sulla autoregolamentazione istituiti fino ad oggi e l'efficacia dell'azione normativa intrapresa a livello nazionale e dell'unione europea; chiede una valutazione del probabile impatto dei diversi tipi di azione normativa dell'ue che sono stati proposti, prestando la dovuta attenzione a tutte le possibili implicazioni per i diversi soggetti interessati e per il benessere dei consumatori; 22. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri. PR\1068399.doc 7/9 PE560.916v01-00

MOTIVAZIONE Nel luglio 2014 la Commissione ha pubblicato una comunicazione in cui invita gli Stati membri ad esaminare le modalità per offrire maggiore protezione ai piccoli produttori e venditori al dettaglio di beni alimentari dalle pratiche commerciali sleali che spesso caratterizzano le relazioni commerciali in cui una delle due parti si trova in una posizione di forza rispetto all'altra. Le pratiche commerciali sleali possono essere definite in termini generali come pratiche che si discostano ampiamente dalla buona condotta commerciale, sono in contrasto con la buona fede e la correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale all'altro. Nella presente relazione, il relatore riporta esempi di pratiche sleali che sarebbero comuni in tale settore, secondo quanto riferitogli da partecipanti alla filiera alimentare. Le pratiche commerciali sleali si verificano laddove vi siano squilibri nelle risorse finanziarie, e quindi nel potere di contrattazione, tra le parti contraenti nelle relazioni commerciali sia nella filiera alimentare sia in quella non alimentare, e possono avere un effetto deleterio sull'economia dell'unione europea nel suo complesso poiché possono far sì che le imprese in particolare le PMI - perdano la propria capacità di investire ed innovare e decidano di non cercare di espandere la propria attività nel mercato unico. Occorre altresì prestare attenzione al "fattore paura", che può spingere i partner commerciali più deboli a non intraprendere azioni legali, benché ne abbiano la possibilità, e ad accettare semplicemente l'imposizione di pratiche commerciali sleali, per quanto possano essere dannose, perché temono che, in caso contrario, la parte più forte ponga termine alla relazione commerciale. Nonostante che tali squilibri siano parte integrante del funzionamento del mercato e siano del tutto legittimi, qualsiasi abuso di posizione dominante può distorcere le relazioni tra le imprese e determinare spesso pratiche commerciali sleali. La questione delle pratiche commerciali sleali nelle relazioni B2B è venuta sempre più alla ribalta nel corso degli ultimi anni e, nonostante sia difficile valutare del tutto la portata del problema, vi sono sufficienti prove statistiche e basate sul mercato che suggeriscono che tali pratiche sono relativamente comuni, in particolare in alcuni settori della filiera. In un'indagine realizzata nel marzo 2011, il 96% degli intervistati nell'ambito della filiera alimentare ha dichiarato di essere stato esposto ad almeno una forma di pratiche commerciali sleali 1. Numerosi Stati membri hanno riconosciuto il danno che le pratiche commerciali sleali possono causare ed hanno adottato misure normative volte a contrastarle; altri Stati membri hanno previsto di fare altrettanto. Tuttavia, le norme in tale settore divergono fortemente da uno Stato membro all'altro, così come la portata del problema. Parallelamente, anche gli operatori di mercato hanno tentato di affrontare il problema elaborando principi di buone prassi nelle relazioni verticali e quadri di autoregolamentazione per la loro attuazione, tra cui, ad esempio, la Supply Chain Initiative. Tuttavia, il fatto che le pratiche commerciali sleali siano un problema diffuso e crescente 1 Indagine commissionata dalla CIAA (Federazione europea delle industrie alimentari ) e dall'aim (Associazione europea dei marchi). PE560.916v01-00 8/9 PR\1068399.doc

porta a chiedersi quanto i regimi basati sulla autoregolamentazione siano efficaci nel ripristinare l'equilibrio di mercato. I regimi volontari che incoraggiano le imprese a non ricorrere a pratiche commerciali sleali possono attenuare il problema, ma non saranno mai sufficienti a risolverlo. Il relatore ritiene pertanto che sia necessario intraprendere un'azione decisa e coerente per eliminare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare dell'unione europea una volta per tutte. La portata del problema richiede l'adozione di norme UE che garantiscano che i mercati funzionino in modo corretto e che vi siano relazioni eque e trasparenti tra tutte le parti coinvolte nella filiera alimentare. Le pratiche commerciali sleali dovrebbero essere definire chiaramente e si dovrebbero stabilire sanzioni chiare per chiunque le metta in atto. Inoltre, alle autorità nazionali dovrebbe essere conferito il potere di applicare le norme e di avviare indagini nonché di trattare le denunce in modo anonimo. Lo scopo della presente relazione è di richiamare l'attenzione sulla questione delle pratiche commerciali sleali e, pur riconoscendo le azioni già intraprese a livello nazionale e dell'ue, sotto forma sia di normative nazionali sia di regimi di autoregolamentazione, di valutare modalità per spingersi oltre e porre fine al problema delle pratiche commerciali sleali nel mercato interno. PR\1068399.doc 9/9 PE560.916v01-00