LA SEPARAZIONE CONSENSUALE ALLA LUCE DELLA LEGGE DI RIFORMA N. 54 DELL 8/02/2006 La separazione personale dei coniugi è un istituto regolamentato dalle norme del codice civile (artt. 150 e ss.), dal codice di procedura civile e da una serie di norme speciali. La separazione tra i coniugi può essere consensuale o giudiziale. Optare per una separazione consensuale è indubbiamente la strada più veloce ed economica per porre fine al proprio rapporto matrimoniale. Si tratta di un accordo tra i coniugi che viene manifestato in un apposito atto (ricorso) davanti al Tribunale competente. L accordo dei coniugi viene consacrato in un ricorso, all interno del quale debbono essere indicate le condizioni alle quali i coniugi intendono separarsi. Ci riferiamo in particolare all accordo sull assegnazione della casa coniugale, sull affidamento dei figli, sul mantenimento e sulle modalità di frequentazione degli stessi, sulla somma periodica da corrispondere eventualmente al coniuge più debole. Il ricorso è sottoscritto da entrambi i coniugi e deve essere depositato presso il Tribunale competente per l iscrizione al ruolo. Appena depositato il ricorso, viene predisposto e costituito il fascicolo d'ufficio ed il presidente del Tribunale fissa con decreto l'udienza alla quale i coniugi devono comparire personalmente (di solito circa tre/quattro mesi dopo la presentazione del ricorso). Nel corso di tale udienza dovrà essere esperito il tentativo di conciliazione dei coniugi, la cui riuscita è un evento estremamente raro. Nella suddetta ipotesi verrebbe redatto verbale di conciliazione in cui sarebbe riportata tale volontà. L'ipotesi più frequente invece è quella in cui, le parti rinnovano la loro volontà di separarsi alle condizioni di cui al ricorso. Il Tribunale effettua un controllo di conformità tra quanto richiesto nel ricorso e la normativa vigente, ponendo particolare attenzione e cura all'aspetto dell'affidamento e del mantenimento della prole. Si tratta della c.d. omologazione, ovvero il controllo sulla conformità e compatibilità degli accordi di separazione alla legge; è un procedimento che si instaura d'ufficio e segna la fase ultima della separazione consensuale, conferendo piena efficacia agli accordi di separazione. Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi, il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione. Il tempo medio per ottenere una separazione consensuale (cioè il tempo intercorrente tra il deposito del ricorso e l'omologazione del Tribunale) è di circa 3-7 mesi, a fronte di un periodo molto più lungo per addivenire ad una separazione di tipo giudiziale. Inoltre, nel caso di separazione giudiziale i tempi possono essere ulteriormente allungati da un eventuale appello o ricorso in cassazione.
Trascorsi tre anni dal giorno dell avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale è possibile avviare le procedure per ottenere il divorzio. Anche in questo caso la scelta del divorzio congiunto, abbrevia notevolmente i tempi della procedura. La separazione di tipo giudiziale può essere chiesta, quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole. A differenza della separazione consensuale, quella giudiziale implica l'instaurarsi di una vera e propria lite giudiziale. Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e solo se ciò sia richiesto da uno dei coniugi o da entrambi, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. Peculiarità della separazione giudiziale, è pertanto la possibilità dell'addebito della separazione ad uno dei coniugi. E' infatti possibile che uno dei coniugi chieda espressamente al Tribunale di dichiarare l'altro coniuge come unico responsabile del fallimento coniugale. Diversi sono i comportamenti ed i fatti che possono portare all'addebito di una separazione. Prescindendo da evidenti ipotesi di comportamenti contrari ai doveri matrimoniali, come violenze domestiche, commissione di reati da parte di un coniuge nei confronti dell'altro, vi sono altri comportamenti che pur non trovando espresso riferimento in supporti normativi, vengono valutati dai Tribunali per l'addebito della separazione; tra questi ricordiamo le vessazioni psicologiche, il rifiuto nell'esercitare l'atto sessuale, l'estrema gelosia, l'atteggiamento del coniuge più facoltoso che fa mancare all'altro i mezzi di sostentamento, ecc. Come affermato dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione, la nuova disciplina della separazione dei coniugi, introdotta con la riforma del diritto di famiglia di cui alla legge 19 maggio 1975 n. 151, ha disancorato l'addebitabilità della separazione stessa da ipotesi tipiche e tassative di colpa ed ha ampliato il campo di indagine, per la ricerca delle responsabilità della rottura del consorzio coniugale, con riferimento all'intera area dei doveri nascenti dal matrimonio. Pertanto, il giudice del merito, richiesto di dichiarare a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, ancorché accerti a carico di uno di essi un comportamento di per se idoneo a costituire causa dell'impossibilità di prosecuzione della convivenza, non può esimersi, indipendentemente dalla proposizione di istanze di mantenimento, dal prendere in esame globalmente e comparativamente i comportamenti di ciascuno dei due coniugi, al fine di individuare quali possano trovare giustificazione in fatti od atti dell'altro coniuge, e quali, invece, privi di tale giustificazione, vadano ascritti a titolo di responsabilità per l'indicata frattura.
La separazione non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge. Incide solo su alcuni effetti propri del matrimonio (si scioglie la comunione legale dei beni, cessano gli obblighi di fedeltà e di coabitazione). Altri effetti, invece, residuano, ma sono limitati o disciplinati in modo specifico (dovere di contribuire nell'interesse della famiglia, dovere di mantenere il coniuge più debole e dovere di mantenere, educare ed istruire la prole). AFFIDAMENTO DEI FIGLI via California, 6 Il principio fondamentale è che, in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Pertanto, in sede di separazione e salvo diverso accordo tra i coniugi, il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (affidamento condiviso) oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati (affidamento esclusivo), sempre e comunque considerando l'esclusivo interesse della prole. La legge 54/2006 ha innovato profondamente la materia, disponendo che l affido congiunto o condiviso deve rappresentare la regola mentre quello monogenitoriale o esclusivo l eccezione. Per affifdamento condiviso si intende la partecipazione di entrambi i genitori alla cura ed alla educazione dei figli, a prescindere dai loro rapporti personali ed alla sola condizione che nessuno dei due abbia carenze rilevanti per il figlio, tanto che affidargli i figli sarebbe contrario al loro interesse. L interesse del minore è l unico criterio direttivo cui il giudice deve attenersi. I genitori hanno diritti-doveri paritari sui figli. Rispetto alla vecchia formulazione della norma, la nuova normativa introduce, quindi, due novità. 1) In primo luogo il giudice deve prevedere e determinare misura e modi di contribuzione al mantenimento ed all educazione dei figli, non solo da parte del genitore non affidatario, ma di entrambi. 2) In secondo luogo, tale previsione deve riguardare anche la cura del minore.
La prima innovazione pone i genitori sullo stesso piano, mentre la seconda riconosce ad entrambi il compito concreto di occuparsi del minore, compito non più esercitabile con la mera elargizione di una somma periodica di denaro. La riforma suggerisce l idea che il genitore, nei confronti del figlio, debba impegnare direttamente se stesso e spendere parte del proprio tempo. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) Le attuali esigenze del figlio; via California, 6 2) Il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) I tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore; L assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Per quanto concerne i figli maggiorenni l art. 155-quinquies, comma 1 c.c., dispone: Il Giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all avente diritto. DIRITTO DI VISITA Il giudice determina inoltre i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione della prole. La nuova normativa, inoltre, tutela anche il diritto di visita nonni, ma solo se tali visite siano vantaggiose, convenienti, utili ai minori, solo cioè, se l interesse dei nonni coincida con l interesse dei minori.
LA MEDIAZIONE L art. 155-sexies, comma 2 c.c. dispone espressamente che «qualora ne ravvisi l opportunità, il giudice, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, può rinviare l adozione dei provvedimenti di cui all art. 155 (provvedimenti riguardo ai figli) per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell interesse morale e materiale dei figli. Il Giudice può consigliare, ma non imporre la mediazione. Il consenso delle parti deve essere verbalizzato. Se i genitori non dovessero raggiungere un accordo vantaggioso per i figli, anche con l aiuto di un mediatore, sarà il Giudice ad adottare gli opportuni provvedimenti circa l affido, l esercizio della potestà, le questioni di maggior interesse per i figli, il mantenimento, ecc. ABITAZIONE FAMILIARE A seguito di separazione, l'abitazione familiare viene di regola assegnata dal giudice al coniuge affidatario dei figli, se ve ne sono, e comunque sempre valutando prioritariamente l'interesse della prole stessa. Questo principio trova ragione nella salvaguardia degli interessi superiori dei figli (art. 155- quater c.c.) e viene valutato prioritariamente anche rispetto agli interessi personali dei coniugi. Dell'assegnazione il giudice tiene pure conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento del Giudice con cui viene disposta l'assegnazione della casa coniugale può essere trascritto ai sensi dell'art. 2643 c.c. al fine di renderlo opponibile a terzi (ad esempio, nel caso in cui il genitore non assegnatario venda a terzi l'abitazione di sua proprietà esclusiva, Corte Cost. sent. n. 54/1989). Qualora non vi siano figli, salvo diverso accordo, la casa familiare non può venire assegnata esclusivamente ad uno dei coniugi. In questo caso, se di proprietà comune, si
potrà richiedere la divisione giudiziale dell'immobile, se di proprietà esclusiva, rientrerà nella sfera di disponibilità esclusiva del coniuge proprietario. Nel caso in cui l'abitazione familiare sia in locazione, al conduttore succede per legge l'ex coniuge assegnatario. ASSEGNO DI MANTENIMENTO via California, 6 Al momento della separazione, qualora uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri e la separazione non sia a lui addebitabile per colpa, il giudice può stabilire che l'altro coniuge corrisponda un assegno di mantenimento (art. 156, 1 co. c.c.). Valutate le circostanze caso per caso, l'assegno deve garantire a chi lo riceve di godere dello stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, sempre che il coniuge obbligato si trovi effettivamente nella condizione economica di poterlo versare. Il mantenimento nel caso di separazione è di regola corrisposto mensilmente, ma può essere corrisposto anche in un unica soluzione. Il coniuge a cui spetta l'assegno può rinunciarvi. In caso di inadempimento dell obbligato, su richiesta del beneficiario, potrà essere disposto il sequestro di parte dei beni dell'obbligato, oppure potrà essere ordinato a terzi (es. al datore di lavoro del coniuge obbligato) il versamento della somma dovuta in seguito pignoramento dello stipendio o della pensione dell obbligato. Il provvedimento con cui il Giudice dispone la corresponsione dell'assegno di mantenimento può in ogni tempo essere modificato o revocato qualora vi siano giustificati motivi o intervengano fatti nuovi. DIRITTI SUCCESSORI Per ciò che riguarda i diritti successori, il coniuge separato è equiparato a tutti gli effetti al coniuge non separato. In relazione all'eredità, continuerà quindi a godere della stessa posizione che rivestiva in presenza del vincolo matrimoniale, salvo il caso in cui al coniuge superstite sia stata addebitata la separazione (in tal caso avrà diritto alla pensione di reversibilità solamente se la sentenza di separazione prevede un assegno di mantenimento a favore del coniuge separato).
PENSIONE DI REVERSIBILITA La pensione di reversibilità è l erogazione previdenziale che, alla morte del titolare pensionato (per vecchiaia, anzianità o inabilità), compete ai membri del suo nucleo familiare, cioè il coniuge, i figli, e, a particolari condizioni, anche ai nipoti minori, i genitori, i fratelli e le sorelle. In caso di morte dell ex coniuge la pensione di reversibilità compete: 1) al coniuge, anche se separato. Nel caso in cui il coniuge è separato con "addebito" (cioè per colpa) può aspirare alla pensione ai superstiti solo se è titolare di assegno alimentare omologato dal Tribunale. 2) Anche al coniuge divorziato a condizione che: - sia titolare di assegno di divorzio; - non si sia risposato; - il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio.. E previsto al coniuge divorziato, legge (n.74/1987), il diritto alla pensione anche se il defunto si è risposato e sia in vita il nuovo coniuge. In questo caso l'inps non elargisce automaticamente la pensione, ma si rimette ad una specifica sentenza del Tribunale che "divide" la pensione tra i due interessati (coniuge ed ex coniuge) in proporzione alla durata del matrimonio di ciascuno. 3) ai figli (legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge) che all atto del decesso del genitore, siano: - minori di 18 anni; - studenti di scuola media o professionale di età compresa tra i 18 e i 21 anni, a carico del genitore e che non esplichino attività lavorativa;
- studenti universitari per tutta la durata del corso legale di laurea e comunque non oltre i 26 anni, a carico del genitore, e che non svolgano attività lavorativa; - disabili o portatori di handicap (senza limiti d età) e a carico del genitore. E importante la sentenza 42/99 della Corte Costituzionale dove è stato precisato che i figli studenti titolari di pensione di reversibilità a carico del genitore, qualora abbiano lavori precari e saltuari e per i quali percepiscono una esigua remunerazione che incide momentaneamente sulla situazione economica, non perdono la denominazione essenziale di studente e pertanto conservano il diritto alla quota di pensione di reversibilità. 4) Nipoti I nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti sono inclusi tra i destinatari diretti della pensione ai superstiti, ciò è stato sancito con sentenza 180/99 dalla Corte Costituzionale. Al fine di dimostrare la vivenza a carico, richiesta dalla sentenza, anche in presenza di nipote con meno di 18 anni devono ricorrere le seguenti condizioni: a) una situazione di non autosufficienza economica che determini lo stato di bisogno del superstite; b) dimostrazione di mantenimento economico da parte del de cuius. TRIBUNALE COMPETENTE In base al nuovo art. 706, 1 comma, del codice di procedura civile, così come modificato dalla recente riforma, si prevede che la domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. DOCUMENTI NECESSARI Estratto per riassunto atto di matrimonio; Certificato di residenza di entrambi i coniugi Certficato di stato di famiglia Dichiarazione dei redditi (nel caso di separazione giudiziale)