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Banca Nazionale del Lavoro Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca. Tassi di inattività degli uomini e delle donne nei principali paesi europei (25-64 anni; valori percentuali; 2013) 42 19 dicembre 2014 In Italia, ad ottobre 2014, nella fascia d età 15-64, si contano 22,4 milioni di occupati, 3,4 milioni di disoccupati e 14 milioni di inattivi. Sebbene in calo, il tasso di inattività rimane ancora su valori elevati se confrontato con quello dei principali paesi europei. Nel 2013, il 36,5% italiano si confronta con il 28,8% francese, al 22,5% tedesco e al 25,7% spagnolo. L inattività riguarda prevalentemente le donne: su 10 milioni di inattivi nella fascia d età 25-64, 7 sono donne. La gestione delle problematiche familiari è la motivazione principale che spiega gran parte dell inattività femminile in Italia (13% delle donne tra i 25 e i 64 anni). Percentuale in crescita è invece quella di coloro che rinunciano alla ricerca perché scoraggiate dalla situazione sfavorevole nel mercato del lavoro. Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com

Il peso dell inattività in Italia M. Longobardi 06-47020398 maria.longobardi@external.bnlmail.com Ad ottobre 2014 il numero degli occupati in Italia si è ridotto di circa 55mila unità rispetto a settembre, cancellando i miglioramenti dei mesi precedenti e rimanendo di circa un milione al di sotto del valore di inizio 2008. Il tasso di disoccupazione è ulteriormente aumentato, superando il 13%. A ottobre, nella fascia d età 15-64, 22,4 milioni erano occupati, 3,4 milioni erano in cerca di occupazione, 14 milioni risultavano inattivi, una condizione nella quale non si lavora e non si cerca un occupazione. Sebbene in calo dal 37,8% del 2011 al 36,5% del 2013, in Italia il tasso di inattività rimane ancora su valori elevati se confrontato con quello dei principali paesi europei: nel 2013 era pari al 28,8% in Francia, al 22,5% in Germania e al 25,7% in Spagna. L inattività in Italia riguarda prevalentemente le donne. Nonostante una riduzione di 3 punti percentuali tra il 2011 e il 2013, il tasso di inattività femminile tra i 25 e i 64 anni rimane ancora al 42%, di gran lunga superiore al 25% francese, al 23% tedesco e al 26% spagnolo. In Italia, su 10 milioni di inattivi nella fascia d età 25-64, che escludendo i più giovani risente meno del peso dell istruzione, 7 sono donne. La gestione delle problematiche familiari è la motivazione principale che spiega gran parte dell inattività femminile in Italia (13% delle donne tra i 25 e i 64 anni). Percentuale in crescita è invece quella di coloro che rinunciano alla ricerca perché scoraggiate dalla situazione sfavorevole nel mercato del lavoro. Il mercato del lavoro in Italia Il progressivo calo del numero degli occupati è sicuramente uno dei prezzi più alti imposti dalla crisi iniziata nel 2008. Per tutto il 2009 e durante il primo semestre 2010 l economia italiana aveva sperimentato una riduzione dei posti di lavoro di circa 550mila unità. Dopo un attenuazione della flessione nel 2011, il trend aveva ripreso il suo corso in discesa durante la seconda parte della crisi, interessando il periodo 2012-2013 in maniera più intensa e consistente: tra maggio 2012 e lo stesso mese del 2013, il numero degli occupati era diminuito del 2,5%, equivalente a 570mila occupati. Nonostante il perdurare della crisi, dopo ben 7 trimestri consecutivi di crescita negativa, il numero degli occupati era poi tornato a crescere all inizio di quest anno, aumentando di circa 10mila unità, sia nel II che nel III trimestre. Tuttavia tale variazione aveva avuto un impatto poco significativo sul tasso di occupazione, che era rimasto stabile intorno al 55,6%. Questi dati sembravano finalmente delineare i primi deboli segnali di ripresa, ma le variazioni registrate nella prima parte del IV trimestre hanno reso pressoché nulli tali accenni di miglioramento. Ad ottobre, il numero degli occupati ha ripreso infatti il suo trend di peggioramento, diminuendo di circa 55mila unità rispetto a settembre e rimanendo di oltre un milione al di sotto del valore pre-crisi. Al contrario dell occupazione, l andamento del tasso di disoccupazione può essere chiaramente identificato disegnando una linea crescente dal 2007 ad oggi. In 8 anni il tasso è più che raddoppiato, passando dal 6 ad oltre il 13% ad ottobre, il valore più alto degli ultimi 10 anni. Occupati e disoccupati costituiscono l intera forza lavoro di un paese. Il totale della popolazione nella fascia di età lavorativa si ottiene invece aggiungendo a tale 2

ammontare il numero di persone che non lavorano e non cercano un occupazione, e cioè gli inattivi. Una lettura completa della situazione occupazionale italiana può essere quindi ottenuta solo se si guarda contestualmente ai dati relativi all inattività, che in Italia rappresenta peraltro una problematica di grande rilevanza: a ottobre di quest anno, nella fascia d età 15-64, 22,4 milioni erano occupati, 3,4 milioni erano in cerca di occupazione, 14 milioni risultavano inattivi. Numero di occupati in Italia (15-64 anni; milioni) Tasso di disoccupazione e tasso di inattività in Italia (Valori percentuali) Istat Istat Data l importanza, è utile analizzare l evoluzione della popolazione inattiva nel tempo, dal 2008 ad oggi. Nella prima parte della crisi, tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2011, circa 600mila persone avevano deciso di rinunciare alla ricerca di un impiego, pur non essendo occupate, assumendo lo status di inattivi. Questa tendenza aveva contenuto l aumento del tasso di disoccupazione che si era fermato intorno all 8%, nonostante la diminuzione di oltre 500mila occupati dello stesso periodo. Il tasso di inattività era salito al 38%, dal 36,5% di aprile 2008, con 15 milioni di persone fuori dal mercato del lavoro, in parte scoraggiate dalle difficoltà di ricerca aggravate dalla crisi. Successivamente la tendenza si è invertita. Tra il III trimestre 2011 e il III trimestre 2014, l aumento dei disoccupati, pari a circa 1,1 milioni, non è stato solamente frutto dell andamento dell occupazione, diminuita di 500mila unità, ma anche, e soprattutto, del drastico calo degli inattivi, ad oggi 900mila in meno rispetto a tre anni fa, fenomeno che ha portato il tasso di inattività al 36% e il numero a circa 14 milioni, il valore più basso negli ultimi 10 anni. Il permanere di un basso tasso di occupazione e la propensione degli individui ad uscire dalla sfera dell inattività per riversarsi in quella della disoccupazione rappresenta quindi un cambiamento di tendenza rispetto alla prima parte della crisi e, probabilmente, una scelta imposta dal prolungarsi della recessione. Confrontando la prima fase della crisi con la seconda emerge come diminuzioni simili nel numero degli occupati si siano tradotte in un aumento del tasso di disoccupazione circa 3 volte maggiore nella seconda rispetto alla prima: dal III 2008 al III 2011 la variazione è stata di +1,6 punti percentuali, mentre negli ultimi tre anni di +4,2 punti percentuali. 3

Inattività, un problema italiano Seppure in forte calo, la popolazione inattiva continua tuttavia a rimanere su livelli elevati nel confronto internazionale. Nel 2013, contro una media nella zona euro del 27,8%, il tasso di inattività per la popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni si attesta in Italia su livelli decisamente maggiori (36,5%). Analizzando il fenomeno dell inattività nei diversi mercati occupazionali europei, è possibile avere una chiara dimensione del problema nel nostro Paese. Il mercato del lavoro in Italia durante la crisi (15-64 anni, milioni) Tasso di inattività in Italia e in Spagna (25-64 anni; valori percentuali) *2014: media dei primi tre trimestri. Nel 2013, in Francia e in Germania i tassi di inattività sono rispettivamente di 8 e 14 punti percentuali più bassi se confrontati a quelli italiani. Tali differenze non sorprendono in un contesto in cui già i tassi di occupazione tedesco e francese si collocano ormai da più di 10 anni su livelli decisamente superiori rispetto a quello italiano (nel 2013, 73% per la Germania, 64% per la Francia, 55% per l Italia). Da sottolineare, invece, quanto emerge dal confronto con il mondo del lavoro spagnolo. Osservando i due tassi di disoccupazione, la situazione spagnola appare più complessa, con un tasso pari al doppio di quello italiano. In realtà, in Spagna il tasso di occupazione si posiziona su un livello sostanzialmente uguale a quello italiano. La questione fondamentale risiede nel diverso livello del tasso di inattività. Negli ultimi 20 anni il tasso italiano è stato costantemente maggiore di quello presente in Spagna e il divario è diventato nell ultimo periodo pari a ben 10 punti percentuali. Depurando i dati dall inattività giovanile che, con più probabilità, è influenzata dall investimento in educazione, i risultati non cambiano: gli inattivi continuano a costituire una caratteristica prevalentemente italiana anche per la fascia 25-64 anni, con un tasso del 30% nel 2013, di quasi 9 punti percentuali in eccesso rispetto a quello europeo. Differenze di genere tra gli inattivi Analizzando il problema dell inattività per genere emerge come la criticità italiana interessi prevalentemente le donne, mentre gli uomini ne risentono in misura meno intensa. 4

Nel 2013, circa il 15% degli uomini nell eurozona, tra i 25 e i 64 anni di età, dichiara di essere inoccupato e non in cerca di un occupazione. La percentuale italiana non si discosta di molto da questo valore, pur rimanendo superiore. La porzione di inattivi italiani di sesso maschile, pari al 19% della popolazione nella stessa fascia d età, è più alta di quella francese di soli 3 punti percentuali, mentre risulta ancora una volta in eccesso rispetto a quella spagnola di ben 6. L inattività degli uomini presenta inoltre una certa stabilità che accomuna i principali paesi europei. Dal 2008 ad oggi, il tasso di inattività per gli uomini nella fascia 25-64 è rimasto praticamente lo stesso sia in Germania che in Spagna, mentre è diminuito di solo 1 punto in Francia. In Italia, il tasso è aumentato dal 2008 al 2011 di poco più di 1 p.p., ritornando nella fase più recente della crisi ai valori del 2008. Nel 2013 gli inattivi tra la popolazione maschile ammontavano a 3 milioni. Passando dagli uomini alle donne, la percentuale degli inattivi, in tutti i paesi considerati, risulta essere di gran lunga maggiore. In Francia e in Spagna i tassi si aggirano intorno al 25%, in Germania sono leggermente più bassi, 23%. In Italia si sale al 42%: circa 7 milioni di donne con un età compresa tra i 25 e i 64 anni risultano inattive. Non solo i tassi di inattività femminile sono più alti rispetto alla media europea ma anche il divario tra i due tassi, quello maschile e quello femminile, risulta essere di gran lunga più ampio: i 23 punti percentuali in Italia si confrontano con i 13 in Spagna e Germania e i 9 francesi. Tassi di inattività degli uomini e delle donne nei principali paesi europei (25-64 anni; valori percentuali; 2013) Differenza tra il tasso di inattività femminile e quello maschile (25-64 anni; punti percentuali) In tutti i paesi, tale divario di genere si presenta comunque in diminuzione dal 2008 ad oggi. Il caso più eclatante è ancora una volta quello spagnolo, con una riduzione di quasi 8 punti percentuali, dovuto interamente ad una flessione dell inattività tra le donne. Germania e Italia hanno entrambe beneficiato di riduzioni simili e pari a poco meno di 3 punti percentuali, anche in questo caso per effetto di una inattività femminile decisamente in calo. La Francia è l unica in cui la differenza tra le due sfere non si è modificata significativamente, dal momento che la riduzione dell inattività ha coinvolto non solo le donne ma anche gli uomini, seppure in maniera minore. 5

Le determinanti dell inattività Un analisi delle statistiche sul mondo dell inattività fornisce interessanti spunti di riflessione. Sono prevalentemente due le possibili risposte al questionario sottoposto alla popolazione nei diversi paesi europei per indagare cosa conduca una persona a rimanere nell inattività rinunciando alla ricerca di un occupazione: "mi piacerebbe lavorare ma non sono in cerca di un'occupazione" e "non voglio lavorare" 1. Mentre nel primo caso l intervistato vorrebbe un lavoro, ma per qualche motivo non lo cerca, nel secondo vi è una più generale rinuncia alla ricerca di un occupazione. La maggior parte della popolazione inattiva in Europa indica la seconda motivazione come causa della propria situazione. Nel 2013, in Italia, nella fascia d età 25-64, due terzi del totale degli uomini inattivi dichiarano di non voler lavorare, mentre il restante un terzo vorrebbe ma non è in cerca. Il peso degli uomini che affermano di non essere interessati a lavorare sul totale della popolazione, pari al 12,3%, è sostanzialmente in linea con i valori europei, risultando leggermente inferiore rispetto alla percentuale francese (13,4%) ma maggiore sia di quella tedesca (8,5%) che di quella spagnola (9,9%). Sul tasso di inattività femminile, il peso delle donne che dichiarano di non voler lavorare diventa significativo. Il 29,4% della popolazione femminile tra i 25 e i 64 anni afferma di non voler lavorare mentre il 12,2% non cerca ma vorrebbe un occupazione. La particolarità della condizione di inattività tra le donne in Italia risulta evidente dal confronto con gli altri paesi. Il 29,4% italiano si confronta con una media nell area euro del 21,7%. In Germania e Spagna la percentuale si aggira intorno al 18%, mentre in Francia arriva al 21%. In Italia, su 10 milioni di inattivi, tra i 25 e i 64 anni di età, quasi 7 milioni dichiarano di esserlo perché non hanno interesse a lavorare. Di questi 7, circa 5 milioni sono donne. Ragionare sul problema dell inattività risulta complesso in un periodo come quello attuale caratterizzato da un mondo del lavoro che rimane in una situazione di profonda difficoltà. Agire per ridurre l inattività difficilmente potrebbe favorire l aumento dell occupazione, quanto piuttosto potrebbe spingere verso l alto il tasso di disoccupazione. Questo è facilmente riscontrabile nell andamento dei tassi degli ultimi anni. A partire dal 2011, l inattività femminile ha iniziato a ridursi, comportando ad oggi una diminuzione di quasi 3 punti percentuali. Sull andamento dell inattività ha avuto un effetto notevole il calo della percentuale delle donne che affermano di non voler lavorare, che sono complessivamente diminuite di più di due punti percentuali dal 2008 al 2013. L uscita dall inattività non è stata però seguita da un aumento dell occupazione, quanto dall ingresso nella disoccupazione. Dal 2011 al 2013 il tasso di disoccupazione femminile, per la fascia d età tra i 25 e i 64 anni, è infatti aumentato di più di 3 p.p., toccando nel primo trimestre 2014 un valore pari al 12,4%, mentre quello di occupazione per lo stesso periodo è rimasto pressoché costante. Questa stessa tendenza verso una diminuzione del numero degli inattivi è riscontrabile anche in Germania e in Spagna dove la percentuale di donne, tra i 25 e i 64 anni, che hanno volontariamente scelto di non lavorare si è ridotta di 2,4 e di 8 punti percentuali. In Germania le donne uscite dalla sfera dell inattività hanno però potuto riversarsi nell occupazione, mentre in Spagna tale riduzione ha comportato un aumento del tasso di disoccupazione. 1 Nella classificazione originaria della willingness to work : 1) Would like to work but is not seeking employment; 2) Do not want to work. 6

Motivazioni dietro l inattività femminile e maschile in Italia (% della popolazione 25-64 anni) Cambiamenti nelle motivazioni di inattività tra le donne in Italia (% della popolazione 25-64 anni) Nonostante le difficoltà del periodo, indagare i motivi che orientano poco meno di 7 milioni di donne italiane verso la rinuncia alla ricerca di un occupazione appare comunque fondamentale, soprattutto per individuare politiche finalizzate a favorirne l inserimento nel mondo del lavoro. In Italia quasi il 13% delle donne tra i 25 e i 64 anni che nel 2013 erano inattive lo erano perché impegnate nella gestione di una serie di problematiche legate alla famiglia, tra cui la cura di bambini, anziani e disabili. Tale percentuale è rimasta pressoché invariata nel tempo. L effetto della crisi è invece riscontrabile sulla percentuale di coloro che hanno deciso di rinunciare alla ricerca perché scoraggiate dalla situazione sfavorevole nel mondo del lavoro, che è passata dal 5% del 2008 al 7% del 2013. 7

Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix I premi al rischio rimangono su livelli storicamente bassi. Dopo un lieve rialzo ad inzio settimana, l indice si attesta a 63. Nell ultima settimana l indice Vix passa da 20 a 17. Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent (Usd per barile) Prezzo dell oro (Usd l oncia) Il tasso di cambio /$ a 1,23. Il prezzo del petrolio di qualità Brent continua a scendere ($60 al barile). L oro quota 1.195 dollari l oncia. 8

Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania (punti base) Il Ftse Mib continua a perdere quota, attestandosi a 19.061. Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters I differenziali con il Bund sono pari a 217 pb per il Portogallo, 69 pb per l Irlanda, 114 pb per la Spagna e 137 pb per l Italia. Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi (val. %) L indice Baltic Dry scende a quota 814, con una variazione negativa del 28% rispetto ai valori di inizio mese. L euribor 3m resta sotto lo 0,10%. Il presente documento è stato preparato nell ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari. 9