Presentazione 1. La gioia di ritrovarsi attorno alla Parola di Dio, aprire anche la sua casa

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Transcript:

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Presentazione Carissimi fratelli e sorelle, Anche quest'anno, per la Quaresima, vi presento una bella occasione di riflessione e di speranza, con la storia di san Giuseppe. Su questo schema Saranno organizzati i CENACOLI DEL VANGELO. L'anno scorso, come ricorderete, vi è stato uno slancio di fede e di coraggio attorno a questa formula. Una vera grazia, di cui ringrazio continuamente il Signore. Quest'anno, per quanti mi è dato di sapere, credo che si continuerà con la medesima energia. Anzi, penso che cresceranno di numero e di qualità Ringrazio infatti l'ufficio catechistico, perché ha saputo organizzare un breve ma intenso ciclo di incontri per la preparazione degli animatori, con tanto di libretto esplicativo, di volta in volta, che permette a tutti, anche a chi non avesse potuto frequentare il corso, di "entrare nella parte!". Come è organizzato questo sussidio? Su quattro punti: 1. La gioia di ritrovarsi attorno alla Parola di Dio, letta non nelle chiese, ma nelle nostre cucine, nelle case, là dove vive la nostra gente. E' prezioso questo raccogliersi, fedelmente, lungo l'intera quaresima, di settimana in settimana, sempre nella stessa casa,possibilmente. Sarà una casa benedetta da Dio per l'ospitale accoglienza vero i fratelli e il cuore aperto alla sua Parola. Questo clima di gioia vi prego di custodirlo, perché nulla sciupi la bellezza della fraternità evangelica. Nessuno qui è sapiente più dell'altro. Ma tutti in reciproca fiducia, sulla scia di fede di san Giuseppe, che resta il vero modello di ascolto e di obbedienza alla voce di Dio. Modello di questa accoglienza resta la figura di LIDIA, come presentata nel libro degli Atti, al capitolo 16. 2. Un cuore aperto alla Parola si rende subito capace di aprire anche la sua casa, sia agli amici che ai pellegrini che agli stranieri, ai rifugiati, ai richiedenti asilo. Così potremo costruire una 3

Comunità solidale, generosa, fattivamente operosa. Nulla più della Parola è fattore tenace di trasformazione culturale e sociale, per farsi anche cambiamento politico efficace. 3. la figura di san Giuseppe ci dona la bellezza di cogliere che la famiglia di Nazaret aveva le stessa problematiche che vivono le nostre famiglie. Ecco allora la genealogia di Giuseppe, per cogliere i lineamenti del volto di Gesù. E' la lectio d'inizio, che apre i cuori, che abitua le famiglie a sentire che la vita è dono ma anche impegno. E che ogni figlio ha in se stesso un tesoro, anche nei giorni della lontananza e del tradimento. Poi il resto del cammino è ben chiaro: Giuseppe come sposo, come papà, come difensore coraggioso di Gesù, come operaio a Nazaret, come padre angosciato ma fedele davanti alle scelte inaspettate di Gesù. 4. sempre il Cenacolo sia iniziato con la preghiera allo Spirito Santo. Vi rileggo quella dello scorso anno, che ci è offerta dalla Liturgia, così semplice ma così pregnante: O Dio, che apri la tua mano e sazi d beni ogni vivente, effondi il suo Santo Spirito e fa scaturire fiumi d'acqua viva su di noi, raccolti con Maria in perseverante preghiera in questo Cenacolo del Vangelo, perché quanti ti cercano con gemito possano estinguere la loro sete di verita e di giustizia. Per Cristo nostro Signore. AMEN. Per quanto riguarda il metodo, penso che sia consolidato: * clima di accoglienza da parte della famiglia ospitante * preghiera iniziale allo Spirito santo, tutti insieme, in semplicità e grazia * lettura scorrevole del brano evangelico proposto * breve pausa di silenzio, per interiorizzare e sottolineare (anche materialmente!) le parole chiave del brano. 4

* L'animatore spiega, utilizzando anche ii sussidio proposto dalla diocesi. Sia fatto con grande semplicità. Ed ognuno non pensi a ribattere o a discutere, ma rifletta seriamente sulfa domanda centrale: "QUESTO TESTO, A ME COSA STA DICENDO? Cosa mi chiede di cambiare?". * Un breve ma leale momento di dialogo fraterno, che ci permetta di ascoltare con cura quanto ogni altro fratello presente porta come suo contributo prezioso. Arricchisce! * Un bel momento di preghiera, magari con intenzioni spontanee, che ricalchino la Lectio meditata. E' come restituire a Dio, nell'orazione, quello che Lui ci ha detto nella meditazione! * Ed infine, e utile chiudere con un impegno esplicito, che renda pin forte la Parola di Dio ascoltata. Perché se non la mettiamo in pratica, ci ammonisce san Giacomo, siamo come quelli che guardano il loro viso allo specchio ma poi subito lo dimenticano. Sono otto consigli utili. Ma la cosa più bella è trasmettere speranza e gioia vera. Vi aiuti la Vergine Maria, Madonna della Libera, icona giubilare, che ci guarda con le mani aperte, simbolo di un'accoglienza leale e pronta alla sua volontà. vostro, + p. GianCarlo, vescovo 5

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Introduzione I VANGELI DELL'ORIGINE DI GESÙ (Mt 1-2 e Lc 1-2) Se non ci fosse stata la vicenda terrena di Gesù, culminata nella sua passione e morte a Gerusalemme agli inizi degli anni 30 della nostra era, non avremmo saputo nulla di uno dei tanti Giuseppe appartenenti al popolo ebraico, vissuto ai tempi di Erode e considerato padre di Gesù di Nazaret. E' con questa lapalissiana premessa che dobbiamo collocare la figura di Giuseppe all'interno dei racconti che riguardano la nascita del Messia, a partire dal quale tutti i personaggi del vangelo acquistano la giusta luce. I racconti delle origini di Gesù (impropriamente chiamati vangeli dell'infanzia, titolo appropriato invece per i tanti vangeli apocrifi che parlano di Gesù bambino e adolescente) sono presenti solo nei Vangeli di Matteo e Luca ed è proprio in questi primi capitoli che compare la figura di Giuseppe, quasi del tutto assente nel resto dei 4 vangeli, se si escludono gli accenni fatti in Mt 13,55 ("Non è egli forse il figlio del carpentiere?") e in Gv 6,42 ("Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre."). Questi racconti, come appare dalla loro definizione, non hanno tanto lo scopo di riferire le circostanze della nascita dell'uomo Gesù, ma vogliono rispondere narrativamente, come è tipico per la fede ebraica, alla domanda di tenore cristologico: "Da dove proviene Gesù? Qual è la sua vera origine?" A questa stessa domanda, ad esempio, risponde a suo modo, con una profonda riflessione poetico-teologica il vangelo di Giovanni, con l'inno del Logos preesistente che si fa carne (Gv 1,1-18), ed è quindi fuorviante classificare Mt 1-2 e Lc 1-2 come racconti biografici sul come si svolsero effettivamente le cose. Il loro scopo è introdurre sulla scena della storia umana il Cristo salvatore, la cui missione è descritta poi nel resto del vangelo che culmina nella passione, morte e risurrezione, vero argomento di questi racconti (è sempre molto vera l'affermazione di Martin Kaehler, grande esegeta tedesco, che definì i vangeli un racconto della passione con una lunga introduzione). 7

L'intenzione degli evangelisti è stata quindi, in sintesi, quella di presentare la persona di Gesù contemplando la sua duplice origine: concepito da Spirito Santo, per quanto riguarda la sua dimensione divina e innestato nel popolo d'israele, per quanto riguarda la sua dimensione umana. I destinatari dei vangeli, infatti, non sono i cristiani provenienti dal giudaismo, ma quelli provenienti dal paganesimo, che probabilmente avevano un rapporto conflittuale con la matrice giudaica della fede cristiana. Il mezzo usato da Matteo e Luca, tuttavia, è il modo di riflettere ebraico, attraverso un racconto teologico e pieno di riferimento alla Scrittura, cioè a quello che noi chiamiamo Antico Testamento, in quanto Gesù è presentato lungo tutti i vangeli come colui che ha adempiuto le attese di Israele attestate nelle sue Sacre Scritture. Il mezzo è identico, i destinatari anche, ma il modo di procedere è peculiare per ciascun evangelista che, accanto ad alcuni elementi comuni, racconta l'origine di Gesù in modo del tutto particolare, facendo emergere molte incongruenze quando si confrontano i due vangeli. Gli elementi comuni ai due racconti sono: i nomi dei due genitori, Maria e Giuseppe e il momento in cui avviene il concepimento, cioè prima che vadano a vivere insieme; l'origine davidica di Giuseppe, l'annuncio di un angelo, il nome di Gesù suggerito dall'angelo, la sottolineatura del suo ruolo di salvatore da parte dell'angelo, il concepimento senza intervento di un maschio, per opera dello Spirito, la nascita dopo la coabitazione dei suoi genitori, il luogo della nascita, cioè Betlemme ai tempi di Erode, la crescita del bambino a Nazaret. Sorprendenti, tuttavia, sono le discordanze tra i due racconti: la famiglia di Gesù abita già a Betlemme, secondo Matteo, mentre è di Nazaret secondo Luca. In Luca si tace completamente la discesa in Egitto, motivata da una persecuzione, elemento del tutto assente in Luca ma centrale in Matteo; il ritorno a Nazaret della famiglia è dovuto, secondo Matteo, all'intenzione di sfuggire alla persecuzione del successore di Erode, Archelao (ma anche Erode Antipa, che governa la Galilea, è un figlio di Erode). In realtà il fulcro dei due racconti non è la storia, ma la lettura attualizzante delle Scritture, esplicitata da Matteo, attraverso la formula 8

stereotipata del compimento ("questo avvenne perché si adempisse la scrittura "), implicita per Luca, il quale presenta situazioni e personaggi che richiamano l'antico Testamento. Entrambi i racconti, poi, sono già proiettati verso la Pasqua, attraverso alcune allusioni narrative e soprattutto con la spiegazione del nome di Gesù: in Mt 1,21 il nome viene spiegato nella sua etimologia: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati, concetto espressamente legato all'evento della morte di Gesù nelle parole dell'ultima cena. Nelle parole dell'angelo a Maria in Lc 1,33 si annuncia che il bambino regnerà sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine; quando Gesù sarà sulla croce uno dei ladri crocifissi con lui dirà: "Ricordati di me quando sarà nel tuo regno" (Lc 23,42). In Mt 1,23 si cita Isaia 7,14: "Sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi", ripreso nella promessa che Gesù risorto fa alla fine del Vangelo: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (28,20). Così come i magi, pagani venuti dall'oriente, in Mt 2,1-12, preludono all'apertura ai pagani inaugurata con il mandato del risorto in 28,19: "fate discepole tutte le nazioni". Nei racconti dell'origine di Gesù, insomma, si legge in controluce già il mistero pasquale, la missione che Gesù dovrà compiere e l'effetto che l'evento della pasqua produce sui credenti, di cui i personaggi positivi di questi racconti (Maria, Giuseppe, i magi, i pastori, Simeone e Anna) sono simbolo, mentre personaggi come Erode anticipano i persecutori di Gesù e della comunità cristiana. I primi capitoli di Matteo e di Luca si possono considerare un ponte tra la storia del popolo d'israele, a cui i racconti alludono in molti modi, e le vicende della prima comunità che ha le sue radici nella storia del popolo eletto, il tronco portante nella vicenda terrena di Gesù e i rami con i diversi frutti nello sviluppo della chiesa, come viene indicato nelle ultime parole del risorto in Mt 28,16-20 e in tutto il racconto degli Atti degli Apostoli, che costituisce un secondo volume di una grande narrazione di cui il Vangelo di Luca costituisce la prima parte. Come si sviluppano i due racconti in questione? Il racconto di Mt 1-2 è molto più breve di quello di Luca ed è costruito da appena cinque piccoli racconti imperniati su altrettan- 9

te citazioni bibliche, preceduti dalla genealogia di Gesù che rappresenta una vera sintesi dell'antico Testamento. Il racconto di Lc 1-2 assume invece la forma di un dittico, che pone in parallelo l'origine di Giovanni il Battista e l'origine di Gesù, attraverso l'annuncio delle due nascite e il racconto di esse, per poi proseguire solo con le vicende di Gesù che per ben due volte sarà portato nel Tempio di Gerusalemme, luogo simbolo del popolo di Israele dal quale nascerà la comunità cristiana, che accoglierà al suo interno tutti i popoli della terra. In entrambi i racconti è presente, come già dicevamo, la figura di Giuseppe, il padre legale di Gesù ma, mentre nel vangelo di Luca ha un ruolo secondario rispetto a Maria, in Matteo occupa la centralità della scena, come stretto cooperatore all'azione salvifica che Dio realizza attraverso Gesù, riecheggiando così la figura di Giuseppe il sognatore, figlio di Giacobbe, che è stato, come lui stesso dice, strumento di Dio per salvare il futuro popolo di Israele. La figura di Giuseppe di Nazaret richiama, così, un momento centrale della storia sacra, segnando il passaggio dal clan dei figli di Giacobbe a quel popolo che un giorno, sotto la guida di Mosè, tornerà alla terra promessa. Giuseppe è definito con un termine che incarna l'ideale dell'uomo biblico: il giusto, che è tale perché agisce sempre in obbedienza alla volontà di Dio. Lo sposo di Maria, sia nel racconto di Matteo che in quello di Luca, non parla mai, ma agisce, consegnando a tutti noi il modello del vero discepolo, che non è uomo di parole, ma soprattutto uomo d'azione o, come direbbe Paolo VI, non vuole essere maestro, ma testimone, lasciando il ruolo di unico Maestro a Gesù che viene servito e seguito nel silenzio fino alla persecuzione (fuga in Egitto) e alla croce. Don Michele Tartaglia 10

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. 11 Matteo 1, 1-17

COSA È LA VITA? Spesso pongo questa domanda ai nostri ragazzi, soprattutto nelle scuole. Ne nasce subito una vivacissima e gioiosa riflessione. A tratti si dipinge anche di melanconia, perché la vita ci sfugge. Ma adagio adagio, si giunge sempre ad una definizione dal duplice volto: La vita è dono e mistero! E' del resto il titolo di un bellissimo libro di papa Giovanni Paolo Il, che tanto ci ha aiutato a riflettere su questa realtà. La vita infatti è insieme un dono che ti è posto nelle mani, ti appartiene, ti coinvolge in pieno. Di cui tu sei il primo responsabile. Ma è anche vero che ti sorpassa, ti sorprende, ti supera. Così, nel suo essere mistero, va oltre; nell'essere dono, ti sta nelle mani. Così comincia anche la storia, affascinante di Giuseppe di Nazaret, che ci apprestiamo a narrare. Non lo facciamo per pura cronaca né tanto meno per curiosità. Ma per capire come lui ha vissuto all'interno di una famiglia, concreta e vera come le nostre. Diventa così il modello del vero credente, che si fida di Dio e perciò a lui si affida, con slancio ma anche con fatica, tra lacrime e speranze grandi. La prima Lectio ci aiuterà a capire proprio questo mistero. Perché vuole esplorare i tanti volti che hanno creato il tuo volto. Di chi sei figlio, quale sangue scorre nelle tue vene. Qual è il tuo passato, la storia della tua gente, il cammino della tua terra. IL FATTO A chi assomiglia? E' simpaticissimo quanto avviene al momento della nascita di un bimbo. Tutti ad ammirarlo, a lodarne le fattezze, le linee, i piccoli particolari. Ma poi, curiosa, nasce ben presto una domanda: ma a chi assomiglia?... perché gli occhi sono di papà, ma il mento e il naso è della mamma... le manine sono del nonno... la fisionomia invece assomiglia tanto alla nonna...! E questo rito si ripete poi ogni volta che viene qualcuno. Tutti autorizzati ad emettere sentenze, certe e vere! Ma è giusto che sia così, perché nessuno di noi nasce dal nulla e nel seme che ci forma dentro il grembo di una madre ci sono mille volti che ci hanno preceduto, mille gocce di sangue che ci hanno formato. I genitori, i nonni, un paese, una storia, una cultura, una lingua: tutto è dentro quel dolcissimo volto di bambino, che contempliamo con tanto amore. 12

Prima di noi, sempre c'è una storia, fatta di lacrime e di sangue, di sacrifici e di conquiste. Ogni bimbo che nasce la raccoglie tutta. Tutto confluisce in quell'esserino, fragile ed insieme immenso, che la mamma tiene in braccio con tenerezza e che il papà guarda con orgoglio. Sarebbe stato bello essere a Betlemme quel giorno in cui è nato Gesù, nella grotta luminosa. Forse avremmo sentito le stesse osservazioni, fare gli stessi apprezzamenti tra i pastori e tra la gente umile, in un rapido confronto con Maria e Giuseppe. Perché anche il piccolo Gesù ha una storia, una sua storia. E', infatti, segnato da due origini: una umana, che lo rende figlio di Davide secondo la carne (1,1-17) ed una divina, che lo fa Figlio di Dio secondo lo Spirito (1,18-25). Cos'è allora la lunga genealogia che ci apprestiamo a leggere, con nomi difficili da pronunciare? Altro non è che un messaggio preciso: attraverso quei nomi, quei volti, quelle storie...dio entra nella storia dell'uomo, ma anche l'uomo entra nella storia di Dio. Un intreccio bellissimo, vero come l'intreccio tra trama ed ordito. Così in Gesù si uniscono la storia umana e quella divina, in modo mirabile. L'ordito è dettato da Dio e la trama è tracciata dall'uomo. Mai l'uno senza l'altra. Mai Dio senza l'uomo e mai l'uomo senza Dio. Proviamo ora a leggere il testo; non fermiamoci ai nomi singoli. Leggiamolo tutto di un fiato, per arrivare così rapidamente al VERTICE DI TUTTI I NOMI Gesù, chiamato il Cristo. Perché questo nome spiega e raccoglie tutti gli altri nomi! Ma a sua volta, questo nome è legato al nome di Giuseppe, sposo di Maria, che il Papa nella celebre enciclica Redemptoris Custos definisce come "un grande santo, chiamato da Dio a servire la persona e la missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità, cooperando così al grande mistero della redenzione". TESTO La genealogia di Gesù Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, 13

Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. Ci si puo chiedere, leggendo la genealogia di Gesù, a cosa essa possa servire se Giuseppe non ha generato Gesù. Noi sappiamo perchè presso gli israeliti era di speciale importanza la conoscenza delle proprie origini che aveva come scopo sia la stabilità dei rapporti tra le vane tribù di appartenenza, sia il riconoscimento dei diritti dei singoli. Di conseguenza Matteo, introducendo il suo Vangelo, fa comprendere che il Figlio del Padre, incarnandosi e venendo in mezzo a noi, ha scelto una sua dignità di uomo, in un popolo, una cultura ed un linguaggio a cui appartenere. Dimostra così che Giuseppe era necessario perché la sua presenza, oltre a sostenere il mistero di Dio avvenuto in Maria, assicurava a Gesù la paternità legale, importante per la genealogia stessa. Ma se tutti gli ebrei avevano un interesse speciale per la loro genealogia, ancor piü interessati erano i membri della tribù di Giuda e del casato di Davide, da cui doveva nascere il Messia. Per questo Matteo cita con precisione tutti gli antenati di Gesù, definendolo Figlio di Davide (risposta alle aspettative dei Giudei) e Figlio di Abramo (fonte di benedizione per tutte le nazioni). Ecco allora i tre scopi che l'evangelista si propone nel darci questa originale pagina di Bibbia: a) inserire fortemente Gesii nella storia del suo popolo, perché solo cosi puà esserne Salvatore b) dare valore ad ogni singolo volto, così com'era, bello o limitato. c) Ma nello stesso tempo dimostrare che tutti quei volti guardano insieme al Volto di Gesù Cristo, come scopo e pienezza di tutto il cammino. 14

DAVANTI AD UN ALBERO GENEALOGICO Per aiutarci a comprendere la preziosità di una genealogia, eccovi un pezzetto della mia storia. Che vi racconto volentieri, ma insieme vi chiedo venia se parlo di me, della mia vita. Nella mia casa, in Trentino al termine delle scale di pietra e legno, massicce, è appeso un bell'albero genealogico, con una bella scritta, in grande: Famiglia Bregantini. Elaborato tanti anni fa da un sacerdote appassionato di storia, che ha fatto questo paziente lavoro di ricomposizione degli antenati per molte famiglie del paese di Denno, ci permette di cogliere in pochi attimi tutta la mia storia. Risale fino al 1630. Oltre non si è potuti andare, perchè non ci sono pervenuti documenti per un triste incendio. Ma intanto posso scorrere ben 13 generazioni, di padre in figlio, quasi tutti segnati da due nomi, Giuseppe e Giovanni, scoprendo che tra quei nomi v'è anche il nome di un sacerdote morto giovane, in un paese vicino a Trento, dove era curato. Così portò il nome di Giancarlo, per ricordo di tantissimi miei antenati, che si chiamavano Giovanni. Mia mamma invece, sempre molto acuta, chiese di cambiare la lunga lista, quasi monotona. E vi introdusse Carlo, a ricordo di un suo eroico zio, ucciso in guerra dai fascisti, di cui lei aveva un dolcissimo ricordo. Così sento che nel mio nome v'è un pezzetto di amore paterno ed una presenza dolcissima della mamma Albina. Così e per tutti noi. Così è stato anche per Gesù. Una storia nella storia, una presenza nella presenza! Nel lungo elenco di personaggi antenati di Gesù, ciò che risalta ed e fondamentale e che Gesù è figlio di Maria, sposa di Giuseppe. Appartiene coì al popolo eletto, tramite Giuseppe, suo padre secondo la Legge, che discende da Davide; di conseguenza è l'erede delle promesse fatte ad Abramo. In Cristo, siamo così davanti alla pienezza della rivelazione. E perciò viene posto in relazione con tutto l'antico Testamento, tramite la stirpe di Abramo e di Davide da cui doveva nascere il Messia annunciato dai profeti. Gesù è il nuovo Adamo: nell'elenco degli antenati che formano la catena che congiunge il primo Adamo al secondo (Cristo), Dio è sempre stato presente ed operante per condurre tutta la storia a Cristo. Nell'elenco degli avi di Gesù due realtà richiamano la nostra attenzione: la natura delle persone citate ed il loro numero. 15

I VOLTI DEGLI ANTENATI DI GESÙ Vediamo così che gli uomini e le donne appartengono a diverse classi sociali; ci sono patriarchi, schiavi e re; c'è un pastore, una contadina, un carpentiere. Ecco Abramo il grande patriarca della fede che si mette in marcia verso una terra che non conosce, fidandosi di un Dio esigente, che lo scomoda. E guarda le stelle, certo che la sua discendenza sarà luminosa come quel cielo, anche se non possiede nemmeno una terra e non ha davanti nemmeno un bimbo. Crede e cammina. Uno sguardo che arriva già da allora fino a Gesù, vertice del suo pellegrinare. Quella notte stellata di Abramo si farà pienezza nella notte di Betlemme. Ecco Davide, santo e peccatore. Fragile e forte. Grande e meschino. Come tutti noi, ma fortemente aggrappato alla certezza di avere un successore eterno sul suo trono. Ecco perché Gesù viene volentieri chiamato dalla sua gente: Figlio di Davide! E Gesù ne sarà fiero, perché sente che quel nome lo congiunge in un baleno a tutta la sua storia precedente, lo innesta nella chiarezza e fatica di un popolo che cammina. Perciò, quando sarà chiamato così, subito si piega sulla cecità (Marco 10,47) o sulla sofferenza del lebbroso o del povero. Appartiene a loro! Ci sono anche quattro donne (ben quattro! Cosa insolita in un albero genealogico, dove solo i maschi, in genere, vengono citati!). Hanno una rilevanza particolare, con una storia curiosa. Tre delle quattro donne nominate sono straniere: Tamar, Racab e Rut. Ed è bello in questo nostro contesto culturale e sociale, aperto ad una crescente dimensione multiculturale e multirazziale, notare questa presenza di sangue straniero nelle vene di Gesù. Nessuno e "respinto". Nessuno vale di meno. Tutti hanno la stessa dignità e la stessa importanza. Racab è una prostituta, di Gerico, che ospita gli esploratori in cammino verso la terra promessa (Giosue 2,1-21). Entra nella storia del popolo d'israele come prima salvata di quella "terra". E Gesù ci dirà, tra il nostro stupore, che "le prostitute ci precedono nel regno di Dio" (Matteo 21,31). Tamar vive una storia particolare. E' anch'essa straniera, aramea. Fingendosi prostituta, con un inganno ben congeniato costringe il suocero Giuda a renderla madre di un bimbo (Genesi 38,1-30). Era 16

respinta e relegata. Ma Dio utilizza anche questi sotterfugi, la rimette al centro, perché nessuna vicenda, per quanto ingarbugliata ed oscura, resta estranea alla storia della salvezza, estranea dal sangue redentore del Salvatore Gesù. Dio non è schizzinoso. Ama questa nostra umanità, non una migliore. Perché è sua! Rut vive una storia deliziosa, fatta di sofferenze ma anche di grande consolazione. Anch'essa è moabita, ma lascia la sua terra e la sua gente, per seguire in totale gratuita l'anziana suocera, Noemi! Una bella storia di gioia, di speranza, di fiducia nella provvidenza. Quante cooperative, per donne straniere o difficili, sono state oggi intitolate a questa ragazza dal cuore grande...e' bello che sia stata qui riportata da Matteo, come una delle antenate di Gesù. La storia di Bersabea, donna ebrea, che Davide conosce nel peccato di adulterio e dell'omicidio, ci ricorda non solo la durezza del male, ma anche la forza e onesta di cuore di Davide. Anzi, da lei nascerà Salomone, quel re di pace che è il vertice della storia ebraica...! Tutto Dio sa trasformare in bene! Com'è facile capire, il modo di agire di queste donne non concordava proprio con le norme tradizionali...! Possiamo pensare allora che questo sia un modo sottile da parte di Matteo per farci capire che la salvezza è un puro dono di Dio, una grazia e non qualcosa di dovuto in virtù dei nostri meriti. Questo dono è offerto a tutti i popoli e non solo a quello giudaico. Interroghiamoci, quindi, su come spesso diamo troppo valore alla rigidità delle norme esteme! IL NUMERO DELLE GENERAZIONI V'è poi il fatto del calcolo delle generazioni, citato tre volte da San Matteo: quattordici generazioni. Ha un significato simbolico: sette è il numero perfetto; sette per due fa quattordici; citato ben tre volte, simbolo della divinità. Cioè 14 x 3 = 42. Ma 42 è un numero imperfetto. Tante volte è citato con questa valenza imperfetta e negativa dentroil libro dell'apocalisse. Ma lo scopo e direttamente cristologico. Perché quella valenza negativa è colmata dalla presenza di pienezza di Cristo Gesù. E' lui che riempie quel vuoto, che porta a termine il numero, che avrà nel 7x7 la sua maturità, come si vede nel giorno di Pentecoste, pienezza della rivelazione d'amore di Dio. 17

L'evangelista, per mezzo di questo simbolismo, esprime la convinzione dei primi cristiani secondo cui Gesù apparve nel tempo stabilito da Dio. Con il suo arrivo la storia raggiunge la sua pienezza. Si compie in Cristo! E va così gustato il verbo Compiere perché è il verbo che segna questo brano, di fortissima valenza cristologica e soteriologica! MESSAGGIO CONCLUSIVO... Gli antenati di Gesù costituiscono una tribù, cioè una famiglia allargata in cui le varie coppie confluiscono sino a donarci l'ultimo anello d'oro della catena, la Famiglia di Nazareth: la più sacra, la più santa, la famiglia perfetta, dove ciascuno in obbedienza alla volontà del Padre, ha svolto il suo compito con piena responsabilità, fino a diventare il modello di tutte le famiglie della terra! IL DIALOGO * Qual è il messaggio che tu scopri nella genealogia di Gesù? * Chi conosce il suo passato, conosce se stesso. Tu che dici di questo? Come vivi la tua storia? E' zavorra che ti fa affondare oppure una tavolozza di bellezza, cui attingere i colori del tuo futuro? * la gente del Molise conosce abbastanza la sua storia? Noi la conosciamo bene? Oppure ci accontentiamo di pochi aneddoti, luoghi comuni, non verificati nella realtà? * La tua storia ha in Cristo il suo punto di riferimento per il futuro? Gesù è realmente il punto focale con cui leggere la vita tua e del nostro tempo? Sai unire insieme Bibbia e giornale? L' IMPEGNO Sarebbe davvero raccomandabile riscoprire per ognuna delle nostre famiglie i veri valori tramandati dai genitori che, con la loro saggezza, con il loro esempio, ma anche con le loro fragilità, hanno contribuito a rendere i loro figli uomini concreti, capaci di scelte talvolta anche sbagliate, ma autonome, forti e coraggiose, consapevoli che, in ogni circostanza, Dio è presente nella nostra storia. 18

ESPERIENZA: "L'IMPORTANZA DELLE NOSTRE RADICI..." Quando volgiamo lo sguardo verso la vita dei familiari che ci hanno preceduto nelle generazioni passate, appare chiaro che le nostre radici hanno origini contadine e cattoliche, e da questa evidenza non possiamo prescindere. E' giusto che i nostri figli che vivono, nonostante la crisi, in un' epoca di benessere e di ogni tipo di agiatezza, ricordino da dove ha origine la loro "fortuna": dal duro ed umile lavoro della terra, fatto di rinunce, sudore, fatica, tanta e troppa fatica!!! Ma è anche doveroso far loro sapere che tanti sacrifici sono stati sempre affrontati con infinita forza e serenità senza mai lamentarsi ringraziando sempre con speranza la Provvidenza che mai nulla ha fatto mancare. Ricordiamo con amore e tenerezza quando i nostri nonni, fieri, mietevano il grano, raccoglievano il foraggio, vendemmiavano, ricavavano i prodotti genuini dall'orto e dagli alberi di frutta, mungevano latte fresco quotidianamente, ritiravano le uova fresche nel pollaio... ma non dimentichiamo anche il racconto di tutto il lavoro pesante che preludeva ai raccolti, affrontato sempre con la stessa gioia e lo stesso entusiasmo! Quanta saggezza dietro quella spontanea semplicità, quanto fiero orgoglio dietro questo lavoro umile e duro! Dopo tante generazioni "contadine", i nostri genitori si sono riscattati potendo studiare nelle scuole superiori e nelle università, cosa che nell'immediato dopoguerra era per pochi fortunati! I racconti dei nonni, ricchi di rinunce insieme a grossi sacrifici, possono ora diventare una preziosa risorsa per i nostri figli nel cui sangue scorre la memoria della terra con il suo durissimo lavoro, ma anche il ricordo dei propri genitori nell'impegno serio e costante per lo studio. Avere un riferimento saldo nella propria vita è fondamentale e ci aiuta nel quotidiano a guardare oltre le barriere delle difficoltà che si presentano inevitabilmente nel corso dell'esistenza; leggere nelle tradizioni della propria famiglia ci aiuta nella formazione, nell'agire della vita quotidiana, dando un senso alle scelte che si affrontano in ogni circostanza. Nulla va imposto ai figli, ma noi genitori abbiamo il dovere di tramandare i sani principi che hanno animato le nostre generazioni precedenti; tutto questo può valere più di mille prediche e di ossessive raccomandazioni! Tutto così viene spontaneo e naturale, e soprattutto non imposto da un ordine tassativo: fare il presepe in casa durante l'avvento, recitare 19

una preghiera di lode prima dei pasti, andare a messa la domenica e nelle feste comandate, non maledire mai e per nessun motivo persone o situazioni e ancora mille altri valori da trasmettere nulla è imposto ma tutto è giusto che "vada" così perché radicato in una sana tradizione familiare, dove anche l'errore commesso non diventa solo momento di condanna, ma soprattutto di crescita e maturazione. LA PREGHIERA Chiediamo costantemente a San Giuseppe la sua mediazione perché tutti i padri del mondo sappiano esercitare la paternità con la stessa giustizia amorosa e ferma di questo uomo straordinario che ha amato radicalmente l'umanità in Maria, sua sposa e in Gesù, Figlio di Dio. O san Giuseppe, uomo giusto, Dio ti ha scelto come sposo di Maria Gesù ti ha onorato con il nome di padre. O custode del Redentore. E patrono della chiesa universale. Proteggi le nostre famiglie. Ed assistici nell'ora della morte. Amen. 20

Matteo 1, 18-20 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21

"NON TEMERE. ABBI CORAGGIO." Queste parole sono fisse nella mia mente e nel mio cuore, soprattutto da otto anni a questa parte. Prima infatti ero più fragile, titubante e timorosa, a volte anche in situazioni semplici. Ma, da quando sono passata attraverso dure prove - a cominciare da un lutto gravissimo, fino poi a grosse incomprensioni e cattiverie da parte di alcuni parenti (situazioni che sono riuscita ad affrontare con forza e con serenità) -, ho capito che Qualcuno mi ripeteva ogni mattina: "Non temere, abbi coraggio, vai avanti. Io ti sono accanto e ti sostengo". Il Signore è la mia forza. E' lui che mi aiuta nel cammino della vita, anche e soprattutto quando il percorso si fa duro. Pure mio marito, che mi conosce da cinquanta anni, ha constatato l'intervento di un aiuto "speciale" che mi sostiene; diversamente il mio atteggiamento, in azioni e reazioni, di fronte alle suddette prove sarebbe stato ben diverso. OBIETTIVI DI QUESTA LECTIO Dopo aver incontrato, nella prima Lectio, il cammino di fede di tantissime generazioni che hanno portato al cuore di san Giuseppe, come sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, ecco che il brano di Matteo che ora meditiamo ci aiuta a capire che quel volto di Gesù non è solo frutto di un lungo cammino umano, ma è soprattutto figlio di Dio, opera dello Spirito Santo. Gli obiettivi di questa Lectio sono perciò quelli di cogliere come è avvenuto tutto questo mistero d'amore. Che risvolto ha avuto nel cuore di Giuseppe essere stato scelto come sposo di quella bellissima ragazza che si chiama Maria? Come ha superato questo momento difficile il nostro san Giuseppe? Cosa insegna alle nostre famiglie questa vicenda? Giuseppe, discendente di Davide, era probabilmente di Betlemme. Per motivi familiari o di lavoro, si pensa che più tardi si sia trasferito a Nazareth e lì, per grazia, poté incontrare Maria, diventandone lo sposo. L'angelo di Dio gli comunicò il mistero dell'incarnazione del Messia nel seno di Maria, e Lui, uomo giusto, accettò non senza aver subito una dura crisi interiore (G. Zevini e P.G. Cabra, Lectio Divina). 18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripu- 22

diarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. LE NOTTI INSONNI DI GIUSEPPE Nel Vangelo di Luca (Lc 1, 26-33) si trova l'annunzio dell'angelo Gabriele a Maria, in Matteo (Mt 1, 18-20) invece troviamo l'annunzio a Giuseppe. I primi due versetti (Mt 1, 18-19) descrivono la situazione di crisi in cui viene a trovarsi Giuseppe per l'inattesa e anticipata maternità di Maria, sua promessa sposa. A Giuseppe risulta difficile accettare quella paternità non sua. Egli vive una tensione spirituale acuita dal ruolo e dalla qualifica attribuitagli. E' infatti lo sposo promesso di Maria, pur non convivendo ancora con lei, ma per la legge ebraica ne era il marito. Non ha perciò relazioni con lei. Quest'uomo avrebbe avuto almeno il diritto d'essere geloso e, quindi, di ripudiarla. Il dramma, invece, si svolge senza testimoni, tutto nel segreto dell'animo di Giuseppe. Egli non si confida con alcuno: del resto come avrebbe potuto farlo, senza compromettere Maria? Ci chiediamo se ci sarà stato un dialogo con Maria. Se sia stata ella stessa a rivelare a Giuseppe il piano di Dio su di lei, misterioso e tanto bisognoso di fede. Perché e impensabile che un evento di quella portata non sia stato oggetto di riflessione comune. Tra i due sposi, entra una domanda: che sta succedendo? Perché Giuseppe si trova stretto tra due fuochi, in un dilemma terribile. Da una parte, l'indiscussa innocenza di Maria; dall'altra, un fatto che potrebbe smentirla. Che fa allora Giuseppe? Giuseppe è giusto, perché tra questi due fuochi, con cuore grande e fedele, sceglie di restare in disparte, di ritirarsi con un senso di massimo rispetto. Si interroga infatti su se stesso, si chiede se sarà in grado di vivere fino in fondo quel mistero che gli viene affidato tramite quella inattesa maternità della sua sposa, Maria. Si interroga in angoscianti notti insonni. Giuseppe si rivela cosi come l'uomo giusto. Cioè colui che accetta il piano di Dio anche dà dove sconcerta il proprio piano, là dove la chiamata di Dio cambia la sua storia, la sconvolge. Se l'avesse trattenuta presso di sé Maria, avrebbe violato la legge; se l'avesse denunciata, l'avrebbe esposta alla morte. Giuseppe essendo giusto, cioè di fede profonda, si fida di Dio. Non accusa la Vergine, non la rim- 23

provera, ma "decise di licenziarla in segreto" (v. 19). Ma Giuseppe intende rimandare Maria non già per sospetto, ma per rispetto, per reverenza nei confronti di Lei. Giusto ed umile qual era, poiché ben conosce il Mistero, egli non si ritiene degno di essere lo sposo di Maria! L'ANGELO Nella sequenza successiva (Mt 1, 20) interviene un nuovo protagonista, un "angelo del Signore", che in sogno rassicura Giuseppe, lo informa con precisione del progetto di Dio e soprattutto fa conoscere a lui il grande compito che gli spetta. L'angelo assume il ruolo del rivelatore che, in modo inaspettato e misterioso, comunica un messaggio divino. Il suo compito si condensa in una doppia rivelazione: un invito-ordine a Giuseppe ("non temere di prendere con te Maria, tua sposa") e la conseguente spiegazione ("perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo"). LO SPOSO Il racconto si amplifica successivamente con l'annuncio della nascita (Mt 1, 21). Il ruolo che l'angelo del Signore affida a Giuseppe è duplice: quello di "sposo", che deve accogliere Maria come sua "sposa" (ad una adultera non si darebbe mai questo titolo!), e quello di padre, che dovrà riconoscere come figlio il bambino tanto atteso e proteggerlo poi dalle minacce di Erode. Nella rilettura cristologica di Matteo, Giuseppe è l'uomo giusto. La giustizia che egli dimostra dapprincipio è quella umana: giusto di mente ed equilibrato di carattere, egli sa tacere, osservare, rattristarsi anche, e decidersi persino di congedarla in segreto. Ma esprime ancor più la sua pronta adesione alle parole dell'angelo, non tanto per la ribadita accettazione per fede della filiazione divina di Gesù, bensì per la ferma assunzione del suo ruolo di padre. In questo contesto piü ampio l'appellativo di "giusto", usato dall'evangelista, potrebbe designare colui che compie pienamente la divina volontà rivelatagli dall'angelo. Giuseppe diviene così l'icona del vero credente, che si fida di Dio e si affida a Dio. E perciò si fida e si affida a Maria, la accoglie in casa, la fa sua sposa con immenso dolcissimo amore. Come abbiamo detto nella nostra Lettera pastorale di quest'anno, proprio in quanto 24

Giuseppe ha accolto Maria nel suo cuore, la può fedelmente e pienamente accogliere nella sua casa. E' lo stesso itinerario di fede e di carità che è avvenuto nel cuore di Lidia (cfr Atti 16), che si fa icona della nostra arte di accogliere, sia la parola che il prossimo, nel piano di Dio. A questo itinerario siamo chiamati anche noi, in terra di Molise, davanti alle mille sfide di questo tipo, che oggi sempre più ci si presentano. ATTUALIZZANDO... Possiamo dire che dinanzi alla prova, Giuseppe non si perde di coraggio; anzi, pieno di fiducia nel Signore, rimane nel silenzio, medita nel suo cuore, persevera nel discemimento, pazienta nell'attesa. Giuseppe accetta la missione di padre legale, per diventare guida ed educatore di quello che doveva essere il Maestro di Israele. La sottomissione di Giuseppe a Dio non è altro che l'esercizio della devozione, la quale costituisce una delle espressioni della virtù della religione (Giovanni Paolo II, Redemptoris custos 26). Lo Spirito Santo è l'autore del miracolo. Come fidanzati, Giuseppe e Maria offrono una testimonianza luminosa e completa per i giovani di tutti i tempi, che si apprestano a dire il loro "si" definitivo davanti a Dio. ESPERIENZE DI VITA "Da un muro di incompatibilità ad un'accettabile armonia" La nostra è una famiglia composta da cinque persone, marito - moglie e 3 figli, ormai trentenni-. Quando avevamo la prima figlia di circa 4 anni, la nostra relazione di coppia era fortemente minacciata dai comportamenti di alcuni familiari (una persona in particolare), che puntualmente ci creavano situazioni conflittuali. Più volte la nostra reazione ci spingeva a frapporre nei rapporti con loro un muro di incompatibilità, analogamente a Giuseppe quando intendeva fare nel rimandare Maria in segreto. A volte sentivamo il bisogno di liberarci dalle sofferenze causate dalle incomprensioni e litigi, di continuo risorgenti tra noi e loro. Invece, grazie al "cammino" compiuto nell'ambito della Pastorale Familiare Diocesana (in particolare, in un corso per consulenti familiari), che ci ha maturati nella fede, abbiamo cominciato a vivere il rapporto con i nostri familiari "scomodi" con maggiore serenità ed una accettabile armonia. 25

"DIO, AMORE INFINITO" Nell'avvicendarsi dei ricordi, mi ritornano alla mente i bellissimi momenti in cui Dio si e fatto presente. Abbiamo accolto con gioia i progetti di Dio su di noi sin da quando eravamo fidanzati. In quegli anni abbiamo intrapreso il nostro percorso di fede facendo parte di una Comunità di Carismatici. Era 1'8 Dicembre del 1974: fu proprio allora che ci siamo sentiti chiamati da Dio. Quel giorno, in Chiesa, ognuno di noi pregava molto intensamente, avvertendo che la nostra vita stava davvero cambiando. Il mio fidanzato prese lentamente a migliorare il proprio carattere e, rendendosi più disponibile e sereno, riesce man mano a perdere l'abitudine della bestemmia. Il Signore divenne sempre più il suo riferimento; mentre io provavo tanta gioia e desiderio di avvicinarmi ancor più a Dio. Fu Lui che ci portò dolcemente verso il sacramento del matrimonio, che celebrammo nel 1976. Tutte le volte che ci ritrovavamo a pregare con gli amici della Comunità, gustavamo una gioia interiore intensa e vera. Grazie a questa bella e significativa esperienza di coppia, che ci ha spinti ad affidarci pienamente a Lui, abbiamo potuto affrontare le varie difficoltà della vita (malattia, morte prematura di un congiunto, difficoltà di relazioni tra noi e fra parenti), ben sapendo che Dio ci avrebbe sostenuti. Come Maria e Giuseppe, che nella prova si sono totalmente affidati a Dio, così anche noi riponiamo con fiducia la nostra vita in Lui; perciò, benché nella nostra pochezza, ci sforziamo di ricambiarlo, dando amore in famiglia e a quanti si attendono un sorriso o un sostegno. Grande, infatti, in noi è questo desiderio: fare innamorare di Dio, Amore infinito, tutte le coppie. PROVIAMO AD INTERROGARCI: * Ci siamo mai chiesti come può un uomo accettare questa verità ("perchè quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo"), quando non ha mai visto o udito niente di simile? L'atteggiamento di Giuseppe dinanzi al mistero è di modello per tutti noi. Abbiamo cercato, specie nei momenti di prova, di "guardare oltre" con gli occhi della fede? * Abbandonarsi a Dio significa dire sì a Dio con tutto il cuore e la volontà, proprio quando l'uomo è tentato di dire no. L'abbandono a Lui inizialmente può provocare una profonda lacerazione, che tutta- 26

via può essere riassorbita man mano che l'uomo s'innalza ad una visione di fede serena e vigorosa. Abbiamo mai provato a vivere un'esperienza con tale intensità? * La via percorsa da San Giuseppe si presenta come un modello del cammino di fede, cui è chiamato ogni cristiano. Il suo silenzio davanti a Dio comporta qualcosa di assai profondo: da' vita, infatti, ad una relazione intensa che tocca realmente tutto il suo essere e il suo vivere. * Il tuo silenzio davanti a Dio significa accettare in piena coscienza e volontà gioiosa, "quel che sei"?. Porta anche all'accettazione degli altri? Pensi a Dio come a colui che sceglie gli uomini per attuare il suo progetto nella loro storia? Ti consideri una persona da Lui scelta? LA MIA TESTIMONIANZA DI RELIGIOSO DELLA CONGREGAZIONE DEGLI STIMMATINI I Santi Sposi, Maria e Giuseppe, proprio in quanto sposi, uno per l'altro, casti ed insieme profondamente amanti del bene dell'altro...mi sono stati sempre fissi nel cuore. San Gaspare Bertoni, nostro fondatore (Verona 1777-1853), infatti, per una mistica intuizione, ci ha insegnato a guardare allo sposalizio come icona di unità e di coraggio. A festa dello Sposalizio tra Maria Giuseppe per un'antica tradizione, che affonda le radici ancora nel medioevo, ci è segnalata il 23 gennaio. E' sempre stato per me un appuntamento prezioso ed importantissimo. Per questo, mi piace comunicarvi un versetto delle nostre Costituzioni, che raccogliendo questa mistica, così ci presenta i santi Sposi Maria e Giuseppe. Chi li tiene sempre davanti, puó da loro imparare cinque doni importantissimi: * L'amore alla povertà * L'applicazione alla preghiera e alla meditazione * L'obbedienza pronta anche nelle cose difficile e contrarie alla natura * L'amore di Dio, alla cui gloria unicamente deve applicarsi * L'amore al prossimo, ii cui bene spirituale si sforza di procurare, anche a spese della propria vita. 27

Questa regola d'oro l'abbiamo imparata a memoria fin da ragazzi. E la sento mia, la sento nostra. E ve la affido, con molta gioia. Perché sento che lo sguardo a san Giuseppe che prende in sposa Maria, quel gesto e quella mistica ma vera unione ci aiuta tantissimo ad affrontare con speranza proprio questi momenti duri della crisi che stiamo vivendo. Crisi etica e spirituale...e perció anche economica e culturale. Che la sobrietà, vissuta con speranza, dentro nuovi stili di vita, in obbedienza positiva alle tante domande della vita, in un costante amore verso Dio e verso il prossimo ci permette di vivere con speranza anche questo tempo, perché sia un tempo di grazia. AVE A SAN GIUSEPPE Ave, o Giuseppe, Uomo giusto, Sposo verginale di Maria e Padre verginale di Gesù. Tu sei benedetto fra gli uomini e benedetto è il Figlio di Dio che a te fu affidato: San Giuseppe, Padre della grande famiglia dei figli di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte. Amen. 28

Matteo 1, 21-25 Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto ciò è accaduto affinché si adempisse quanto fu annunciato dal Signore per mezzo del profeta che dice: Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa, Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; ma non si accostò a lei fino alla nascita del figlio; e gli pose nome Gesù. 29

Proseguendo il cammino dei Cenacoli del Vangelo, eccoci oggi davanti a quel gesto che Giuseppe compie, per dare un nome al suo bambino. Lo chiama infatti Gesù, che vuol dire Jahwè salva! Un gesto prezioso, importante, indicato e comandato dall'angelo stesso. E' il gesto con cui Giuseppe rivela e manifesta esplicitamente a tutti che lui ne è il Padre. Non il Genitore, ma il papà, il "babbo", diremmo noi parafrasando l'espressione ebraica Abbà! ECCO IL TESTO CHE MEDITEREMO: Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto ciò è accaduto affinché si adempisse quanto fu annunciato dal Signore per mezzo del profeta che dice: Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa, Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; ma non si accostò a lei fino alla nascita del figlio; e gli pose nome Gesù. Questo brano ci presenta una realtà che non può lasciarci indifferenti perché contiene un annuncio veramente formidabile che noi già sappiamo essersi realizzato: Gesù è quel meraviglioso dono, venuto in mezzo a noi per dirci, a chiare lettere, che Dio ci ama perché è Padre. Come si può rimanere indifferenti di fronte al ritrovamento di un padre? Tutti noi siamo pronti a commuoverci se, in qualche trasmissione televisiva, vediamo che si ritrovano un figlio ed un padre pronti a ricominciare, dopo tanti anni, una relazione che non tiene conto del male ricevuto, ma basata sulla gioia di un perdono. Come mai, ci chiediamo, facciamo fatica a credere in un Dio che è misericordia e perdono e che non desidera altro che stare in famiglia con i suoi figli "perché abbiano la gioia e la loro gioia sia piena"? "Egli salverà il popolo dai suoi peccati" Questo vuol dire, infatti, il nome stesso di Gesù, perché chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato" (Atti 2,21). Poiché in nessun altro nome c'è salvezza"! Di fronte a questa affermazione subito ci viene da pensare ad una salvezza dai nostri problemi, dalle malattie, dalla povertà, dalle cattiverie che gli altri ci fanno (sono sempre gli altri!) e rimaniamo, in qualche modo, delusi da questo Dio che non interviene con forza. Evidentemente la salvezza che intende Gesù é ben diversa. Solo se vivo questa amicizia con Dio rendendolo veramente presente nella mia vita ottengo la salvezza che significa fondare tutte le relazioni sulla logica 30