IL GIORNO GIUSEPPE PARINI



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Transcript:

GIUSEPPE PARINI IL GIORNO Analisi, commento e versione in lingua corrente a cura della cl. III A magistrale A.S. 1999/2000 Prefazione e revisione del prof. Davide Grassi LICEO SCIENTIFICO L. DA VINCI - SEZIONE MAGISTRALE DI PONTREMOLI

PREFAZIONE DEL PROF. DAVIDE GRASSI Il Giorno di Giuseppe Parini è un testo molto noto, ma forse non sempre studiato e approfondito con i dovuti particolari e soprattutto con l attenzione che merita un Maestro del pensiero laico ed illuminista quale fu, a mio giudizio, l Abate milanese. Per questo motivo mi è parso utile fornire agli studenti un sussidio didattico costituito dall <<edizione>> integrale dell opera, commentata, parafrasata ed accompagnata dall analisi stilistica e retorica. Tale sussidio potrà, così, servire per strumento di studio e per la migliore conoscenza dell opera, che merita la lettura e l analisi integrale. Tuttavia non è questo l unico motivo per il quale questo lavoro è stato scritto e prodotto. Esso, infatti, si inserisce in un più ampio progetto didattico ed in una più vasta prospettiva metodologica, che è stata elaborata ed in parte già realizzata, almeno nella sua fase iniziale. Mi riferisco alla stampa della versione in lingua corrente del Principe di Niccolò Machiavelli, avvenuta nel novembre 1999 ad opera dell allieva Silvia Beccari, che con tanta encomiabile pazienza ha lavorato alla realizzazione del libro. Questa volta il lavoro si presenta più ambizioso, almeno nella sua fase realizzatoria. Infatti alla produzione dell opera hanno lavorato tutte le allieve della classe III A magistrale dell Istituto Malaspina di Pontremoli. In tal modo ciò che prima era stato il prodotto di un unica mente, si è trasformato in un lavoro risultante dalla collaborazione di un intera classe scolastica, che si è dedicata allo studio dell autore e all analisi dell opera. Non più quindi un unico soggetto attivo, ma una pluralità di soggetti, che hanno insieme realizzato e concretizzato un interessante materiale didattico prodotto per lo studio della Letteratura. Devo, inoltre, aggiungere che la versione in lingua corrente, che accompagna l analisi ed il commento dell opera, appare, anche in questo caso, un interessantissimo ed efficace strumento propedeutico, per poter avvicinare tutti gli studenti (e non solo quelli forniti di grandi capacità, di doti e di mezzi magari familiari-) allo studio ed alla conoscenza degli autori e delle opere. In tal modo la barriera che separa la 1

Nostra Letteratura dalla fruizione di un più ampio pubblico -barriera che ha origini antiche e che affonda le sue radici nella cultura umanistica e nell arcaismo cristallizzato della nostra lingua letteraria- potrà essere meglio superata ed avvicinare così i discenti alla diretta ed integrale conoscenza dei capolavori della nostra Letteratura. Senza contare che ciò che è stato fatto, e specificamente la resa della lingua del 1700 in Italiano moderno, è risultato poi un viaggio affascinante nelle strutture della nostra lingua. Ciò non può che fare piacere a chi della Storia della lingua italiana ha fatto argomento dei propri studi universitari, nella ferma convinzione che, a fronte della mutevolezza e della precarietà dell interpretazione contenutistica delle incertezze filosofiche che caratterizzano i singoli autori, l analisi linguistica rappresenta un baluardo di certezza e di scientificità per un analisi corretta del pensiero dell uomo, o quantomento ne potrà rappresentare il presupposto essenziale, presupposto che coniuga, in un sinolo interattivo, la cultura e l approccio storico-letterario con quello scientifico e filologico. Nel presentare il lavoro, voglio ringraziare con sincerità le mie allieve, che, con tanta buona volontà, hanno prodotto questo libro, dedicando parte del loro tempo alla cultura e non alla vuota ricerca di futili superficialità. In un epoca che ha fatto del <<tutto e subito>> il proprio credo e il proprio disvalore fondamentale, l impegno di chi sceglie di passare il proprio tempo per lo studio e per la cultura è veramente un fatto di rilievo e merita di essere premiato e sinceramente apprezzato e lodato. Un particolare ringraziamento va inoltre al mio amico e collega, prof. Antonio Bianchi, che si è rivelato un validissimo collaboratore nella redazione delle note al testo e nella revisione dell opera prima della sua definitiva stesura. Prof. Davide Grassi 2

AVVERTENZE Del Giorno di Parini esistono due redazioni distinte, (oltre che a varie lezioni e rielaborazioni successive). Una redazione corrisponde all originario progetto, di un opera che doveva essere divisa in tre parti. Di queste parti l autore realizzò la prima e la seconda, cioè il Mattino (1763) e il Mezzogiorno (1765) che possono essere considerati poemi a sé stanti. La terza parte, che doveva intitolarsi La Sera, non venne alla luce. In seguito Parini elaborò una seconda redazione, che però rimase autografa e non fu pubblicata. Essa corrisponde ad un progetto dell opera in quattro parti: Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro, La Notte. Queste ultime due parti furono, poi, messe insieme ai due poemi del 1763 e 1765 dall editore Reina (1801) e da altri successivi. Si è pertanto operata una contaminazione tra due versioni dell opera, che corrispondono a fasi differenti dell autore e a due diversi schemi di impostazione. Il nostro lavoro si basa, invece, su un unica versione e precisamente su quella che non è stata pubblicata ed è conservata autografa in quattro parti: Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro, La Notte. Tale versione ci è sembrata più rispondente al pensiero dello scrittore e comunque essa ha il pregio di non operare contaminazioni tra scritti di fasi diverse e concepiti per opere diversamente strutturate. Si è, in pratica, voluto evitare la confusione che come sottolinea Dante Isella- ha accompagnato a lungo questo testo, mentre è preferibile (secondo lo stesso Isella) <<tenere distinte le due redazioni>>, anche per un approccio più filologicamente corretto, a dispetto di tanta manualistica scolastica ancora dura a morire. 3

SCHEMA DEL LAVORO INTRODUZIONE: (Il Giorno, caratteristiche e struttura dell opera, temi centrali) Serena Fiori LA LINGUA DEL GIORNO: (Caratteristiche linguistiche dell opera) Eleonora Pinelli ANALISI DELL OPERA IL MATTINO: (Commento introduttivo) Barbara Pennucci 1-136 Agostini 137-266 Bazzigalupi 267-469 Bellacci 470-665 Cappè 666-864 Cocchi 865-1064 Del Ponte 1065-1166 Fiori IL VESPRO: (Commento introduttivo) Giulia Agostini 1-188 Silvestri 189-349 Tagliatti LA NOTTE: (Commento introduttivo) Sara Bazzigalupi 1-224 Tedeschi 225-464 Tomaselli 465-673 Vasoli IL MERIGGIO: (Commento introduttivo) Barbara Ricci 1-206 Franchini 207-405 Lombardi 406-593 Magnani 594-793 Montali 794-911 Pennucci 912-1041 Pinelli 1042-1179 Ricci 4

INTRODUZIONE A CURA DI SERENA FIORI Il Giorno è il capolavoro di Parini: incompiuto poema in endecasillabi sciolti. L opera è divisa in quattro parti, e il poeta in vita ne pubblicò solo due: Il Mattino nel 1763 e Il Mezzogiorno nel 1765. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò con grande impegno alla composizione delle due parti mancanti, Il Vespro e La Notte. L oggetto del poema è il racconto di una giornata esemplare della vita di un giovane nobile, scandita nei quattro momenti della giornata, corrispondenti alle quattro parti dell opera. Il racconto è svolto dal punto di vista del precettore, che intende guidare il Giovin signore attraverso le distinte tappe della sua giornata. Il precettore incarna una prospettiva decisamente critica e dissacratoria. In questo modo le meschinità, le vanità, i vizi e la corruzione del mondo aristocratico divengono oggetto di una caricatura feroce e di una denuncia antinobiliare. Prendendo quindi a enunciare i propri insegnamenti, il precettore mostra come la propria funzione sia piuttosto quella di scrivere la vita reale del suo rampollo che non quella di educarlo veramente a qualcosa. La descrizione si apre all alba che vede tutti i comuni mortali riprendere i propri lavori, mentre il Giovin signore va finalmente a dormire, stanco del teatro e del gioco. Parini utilizza il meccanismo antifrastico, per mezzo del quale il narratore giustifica questa diversità, affermando che tutti gli altri devono lavorare proprio perché il Giovin signore possa invece oziare e divertirsi. Dietro questa maschera ironica si nasconde la denuncia della assurdità e ingiustizia della classe nobiliare. MODELLI E FONTI Nel Settecento vi è un grande ricorso alla poesia per tematiche di carattere filoisofico, sociale, politico, perfino tecnico scientifico. L opera di Parini si colloca all interno di questa tendenza, non soltanto italiana, ma europea. È risaputo infatti che Parini prese come modelli opere a livello internazionale. Per citare un esempio possiamo ricordare The rape of the lock dell inglese Alexander Pope; l opera uscì in Italia tradotta dal padovano Antonio Conti nel 1756, proprio nel periodo in cui Parini stava componendo Il Giorno. Nella tradizione letteraria italiana, l uso del poemetto sopracitato conta numerosi esempi tra Seicento e Settecento, benchè nessuno di essi possa competere con il risultato artistico raggiunto da Parini. Insieme a questo modello dobbiamo considerare i classici, ai quali Parini guarda costantemente. È opportuno ricordare Le Georgiche di Virgilio e Le Satire di Orazio. Ma non va comunque dimenticata l ideologia fondamentale del Poema, rappresentata dalla cultura illuminista e specialmente da quella di Rousseau che Parini predilige. 5

LA METRICA E LO STILE Parini sceglie come metro della sua opera l endecasillabo sciolto, cioè privo di rime, il quale è proprio di una poesia didascalica, divulgativa, polemica, satirica, largamente diffusa nel Settecento. Poiché si riscontra sia in situazioni epiche che in contesti didascalici e il suo uso è già attestato nel Rinascimento, l endecasillabo sciolto risponde alla volontà classicistica di riprodurre l andamento narrativo didascalico dell esametro latino. È interessante, però, notare come Parini giustifichi questa scelta di metro non per questa tradizione illustre, ma per la consapevolezza di utilizzare uno stile alla moda cioè pienamente aggiornato e moderno. Sapientissima è la costruzione dell endecasillabo pariniano, piegato a tutte le sfumature espressive e narrative grazie ad un attenta dosatura di cesure, accenti, fonemi. L utilizzo dell enjambement dà solennità al costrutto sintattico. D altra parte lo scopo pariniano è quello di far cooperare organicamente la metrica e lo stile. In più la satira pariniana non agisce abbassando il registro eroico in modo da deformarlo e sconvolgerlo, ma piuttosto mantendo fermo il registro eroico sul piano formale, applicato però ad oggetti, personaggi e situazioni inadeguati ad esso, cioè niente affatto eroici. Insomma, Parini non trasporta nel fango gli eroi tradizionali, ma innalza il fango al livello degli eroi classici. Infine è da ricordare l incredibile raffinatezza dello stile pariniano, che riguarda ogni piano del discorso: la morfologia, il lessico, le costruzioni sintattiche e le figure retoriche. LO SPAZIO E IL TEMPO DEL RACCONTO Nel Giorno prevale il momento descrittivo su quello drammatico narrativo, così che assume una notevole importanza lo spazio della rappresentazione. Si possono distinguere due tipologie spaziali: gli interni e gli esterni. I primi sono assai più numerosi e qualificanti, ed è in essi che si svolge la vita fastosa e superficiale del Giovin signore. Gli interni rappresentati corrispondono ai vari luoghi del palazzo nobiliare, la camera da letto, la sala della toeletta, il salotto per il caffè, le varie sale del palazzo, tutte quante caratterizzate da una crescente severità nel diritto d accesso. Con questa chiusura degli interni si vuole delineare il privilegio sociale, ovvero isolandosi dalla popolazione, l interno del palazzo diventa uno stile di vita fondato sul sopruso e privo di giustificazioni e valori morali, retto soltanto dalla propria fastosità. Al contrario, gli esterni sono introdotti nel poema con l esplicito scopo di fare contrasto con la vita nobiliare e non per rappresentare la propria naturalità e la propria socialità. Non minore importanza ha il tempo, che costituisce, anzi, il criterio organizzativo della materia narrata. Infatti non è da dimenticare che il titolo stesso del poema, nonché i titoli delle quattro parti in cui esso è suddiviso: Mattino, Mezzogiorno e poi Mattino, Meriggio, Vespro, Notte, sono centrati sulla corrispondenza tra ore della giornata e capitoli del racconto. Infine 6

vi è la concentrazione di molti eventi, sia pure insignificanti, in un unica giornata, la quale è costretta, in termini realistici, a dilatarsi in modo artificiale per non far scorgere la vita superficiale e frivola del protagonista. I PROTAGONISTI: IL PRECETTORE E IL GIOVIN SIGNORE Il protagonista ufficiale del Giorno è il Giovin signore, a cui il narratore si rivolge attraverso la seconda persona singolare, ora descrivendo, per mezzo del modo indicativo, ora esortando, per mezzo dell imperativo. Il fatto è che di questo protagonista non viene detto neppure il nome ed egli non pronuncia nemmeno una battuta. È un personaggio per cui la personalità è l identità. Al contrario, una posizione più complessa è quella del narratore, il quale può essere interpretato come il vero protagonista dell opera. Il narratore presenta se stesso come precettore della vita e quindi dei piaceri del Giovin signore, quindi si mostra inserito in un meccanismo di complicità nei confronti del Giovine. Ma si tratta, anche qui, di una maschera: dietro la finzione del precettore si nasconde un dissimulato castigatore dei costumi corrotti. In qualunque modo vi è una complicità tra il Giovin signore ed il precettore. Il primo, vivendo senza senso critico una vita di apparenze, la crede eroica, così che il precettore ne offre la corrispondente definizione linguistica, proponendo un interpretazione appunto eroica dei miseri eventi, cui è ridotta la giornata tipo di un aristocratico. GLI ALTRI PERSONAGGI DEL POEMA: FIGURE SOCIALI E TIPI UMANI La maggior parte degli altri personaggi del poema, a partire dalla dama, manca come il Giovin signore di spessore psicologico e di personalità. Infatti sono anonimi anche gli altri personaggi dell opera, tanto che appartengono all ampio corteggio dei servitori e non al mondo dei pari. Il mondo dei nobili non presenta margini di libertà maggiori di quelli concessi ai servi. La debolezza caratteriale dei padroni risulta semmai aggravata dall invadenza di nevrosi e di ossessioni, scambiate, magari, per qualità e doti. LE FAVOLE MITOLOGICHE Alcune parti che formano il poema pariniano contengono favole mitologiche. Per esempio, Il Mattino e Il Mezzogiorno ospitano due favole ciascuno: Il Mattino quella di Amore e Imene e quella dell origine della cipria; Il Mezzogiorno quella del Piacere e quella del gioco del tric trac. Nella Notte si trova, infine, la favola dell origine e degli sviluppi del canapè. La funzione di tali inserti mitologici entro la trama del poema è molteplice. Da una parte servono per nobilitare la materia del racconto, poiché i miti costituiscono esemplificazioni dell origine e del significato storico di fenomeni sociali, e pertanto rispondono alla cultura dell Illuminismo; però d altra parte servono 7

anche a sottolineare la struttura raffinata del poema. Un importanza particolare riveste la favola del Piacere, poiché in essa viene affrontato il tema della diseguaglianza tra gli uomini e quindi la loro divisione in classi sociali. La favola narra che gli uomini erano originariamente uguali, legati a bisogni primari ed attenti solo a fuggire i dolori. Le diversità nacquero allorchè fu mandato sulla Terra dagli Dei il Piacere; nel tentativo di raggiungere questo gli uomini si divisero, con la conseguenza che quelli che seppero sviluppare una sensibilità più raffinata primeggiarono, mentre rimasero al rango di subalterni tutti gli altri. IL GIORNO NEL SISTEMA DEI GENERI LETTERARI Il Giorno si colloca all incrocio di di vari generi letterari. Da una parte si basa sul poema didascalico, anche per quanto riguarda la metrica. È però la costruzione antifrastica e ironica della struttura pariniana che crea una pregiudiziale satirica che non può essere ignorata. Infatti Il Giorno rientra in una tradizione satirico burlesca. La poetica pariniana gioca però anche su un doppio registro, cioè su una sproporzione tra altezza del registro stilistico e irrilevanza dei contenuti referenziali. LA RETORICA DELLO STRANIAMENTO Dal punto di vista narratologico, come si è visto, il poema presenta uno sfasamento ed una tensione tra punto di vista esibito dal narratore e punto di vista risultante dalla costruzione d'autore; dal punto di vista stilistico - retorico, una funzione portante è stata riconosciuta alla nobilitazione operata dalle perifrasi e dalle inversioni sintattiche. Un altro elemento importantissimo è anche l ironia, utilizzata dall autore in modo antifrastico, per fare dire al precettore il contrario di quello che pensa. In questo modo la denuncia nobiliare diventa sempre più consistente nell interpretazione dell opera; però è proprio per questo opportuno aggiungere che, mancando dentro l opera un punto di vista alternativo alla società nobiliare, vuota e corrotta, il lettore deve mettersi a fare i conti con una narrazione ostaggio di quella società che chiede l attribuzione di un significato dall esterno per essere liberata. In questo modo la scrittura letteraria è coinvolta in un processo ambivalente, poiché da un lato essa si configura in termini di inattendibilità, di inautenticità e di finzione, dall altro valorizza la possibilità di poter smascherare la parola posseduta e definita del potere. Questa ambivalenza costituisce un elemento interessantissimo nel capolavoro pariniano. LA RICEZIONE DEL GIORNO TRA I CONTEMPORANEI E NELL OTTOCENTO Durante il periodo in cui Parini scrisse la sua opera giovò all autore la presenza di un ambiente prestigioso a lui favorevole, come il Circolo dei Trasformati, che era in grado di apprezzare la raffinata fattura dei suoi versi. 8

GIUSEPPE BARETTI fu un importante critico legato all Accademia. Egli fece la prima recensione al Mattino appena stampato. Nel 1763 salutò il poema pariniano con adesione convinta al messaggio. PIETRO VERRI si contrappose al giudizio di Baretti non appena venne pubblicato Il Mezzogiorno. Verri aveva molte ragioni, anche personali, per non gradire il successo di Parini; ed oltre a ciò c era poi tra i due una diversità ideologica profonda, che collocava i due intellettuali ai poli opposti dello schieramento illuminista: Parini era su posizioni moderate, Verri su posizioni radicali. La generazione successiva propose, anche attraverso la mediazione di FOSCOLO e di LEOPARDI, una vera e propria mitizzazione dell uomo Parini: dignitoso, incorrotto e modello di virtù civili. In più la contrapposizione tra l uomo e il poeta avrebbe avuto larga fortuna tra gli intellettuali dell Ottocento, arrivando fino a DE SANCTIS. Intanto MANZONI aveva criticato la poetica aristocratica di Parini, inadatta a rivolgersi a una cerchia allargata di lettori. crociani è la rilettura positiva e allargata dell Arcadia, come fase durevole e dominante della cultura settecentesca. È questa la lettura di MARIO FUBINI. Tra i critici più recenti ricordiamo WALTER BINNI che distingue due fasi nell opera pariniana: una legata alla poetica del sensismo e alla cultura illuminista (a questa si rifarebbe la prima parte del Giorno) e un altra, invece, segnata da posizioni neoclassiche di minor impegno civile e di ripiegamento (a questa fase apparterebbe la seconda parte dell opera). Infine DANTE ISELLA ha fornito una pregevole edizione critica dell opera, interessante sotto l aspetto filologico e linguistico. Non particolarmente intenso, se non decisamente in ribasso, è lo studio del Giorno e di Parini negli ultimi anni. I GIUDIZI DELLA CRITICA ATTUALE La prima metà del Novecento è dominata da una prospettiva idealista; pertanto vengono valorizzati i momenti puri isolando gli episodi e gli elementi del poema meno direttamente collegati all intento polemico e ideologico. È questa la prospettiva di ATTILIO MOMIGLIANO e di DOMENICO PETRINI. Conseguenza della valorizzazione dell elemento letterario puro, operato dai critici 9

LA LINGUA DEL <<GIORNO>> A CURA DI ELEONORA PINELLI Parini ebbe della poesia una concezione assai vicina a quella dei classici, tendente insieme al piacere e all utile. Fu però uomo del suo tempo, appoggiò le riforme e lottò contro privilegi, ingiustizie e mentalità antiquate di certi ambienti. Il linguaggio del Giorno rispecchia le scelte del Parini, la sua adesione al rinnovamento culturale propugnato dall Illuminismo, l accettazione dell estetica del sensismo, l esigenza di conciliare le nuove ideologie con la migliore tradizione classica. Ecco, allora la sua attenzione alle cose ed alla natura, l aggettivazione precisa e concreta, che evidenzia la realtà in tutte le sue sfaccettature e, nel contempo, una poesia con una funzione di utilità morale e di tono altisonante. Caratteristica del Giorno è infatti l assenza di qualsiasi tono dimesso e colloquiale. Parini, in questa satira della nobiltà, usò un linguaggio sempre elevato per almeno due motivi. Il primo è legato alla struttura stessa dell opera. Il Giovin signore è presentato come un eroe, quasi un semidio, anche se con intenti ironici, dato che la sua giornata si rileva piena di occupazioni futili. Le espressioni solenni, dunque, si adattano al mondo esteriore del protagonista, ma contrastano con la materia realmente trattata, generando effetti ironici. Infatti tutto il discorso del <<precettore>> si fonda sulla figura dell antifrasi, secondo cui viene affermato il contrario di ciò che si vuol fare intendere. Alla base dell altro motivo c era la volontà del Parini di dimostrare, a gran parte del mondo culturale dell epoca, che la tradizione letteraria offriva ancora strumenti validissimi. È proprio la grazia del linguaggio classicheggiante che favorisce il riso sottile, l ironico giro di frase, il periodare armonioso e leggero, e che lascia trasparire più chiaramente il giudizio. Questo linguaggio classicheggiante, insomma, ingigantisce dall esterno la visibile figura del Giovin signore, mostrandone di riflesso l inconsistenza materiale e spirituale. Il tono descrittivo prevale su quello narrativo. D altra parte la rappresentazione di un eroe negativo, di una vita che non è azione, determina un ritmo narrativo lento, una mancanza di movimento; soprattutto due elementi concorrono ad ottenere questo ritmo: il tempo e lo spazio della vicenda. Quella descritta non è una giornata particolare, precisa, ma una giornata tipo : le ore in cui si collocano le vicende sono poche (perché il signorotto si alza a giorno fatto), ma la monotonia di gesti e parole le fa sembrare lunghissime. Anche lo spazio ristretto, limitato e quasi sempre chiuso, dà l impressione di un mondo morto e di un tempo infinito e vuoto. È proprio per interrompere questa lentezza e questo vuoto che Parini inserì le rappresentazioni della nobiltà guerriera di un tempo e delle classi popolari (soggetti contrapposti per sentimenti ed azioni alla nobiltà protagonista del poema) e le favole mitologiche (quella di Amore e Imene e del Piacere, ad esempio), al 10

contempo esemplificazioni dell origine e del significato storico di fenomeni sociali. La poesia, comunque, si concentra nella descrizione, nel particolare, nella sfumatura. Lo stile molto raffinato è fondato soprattutto sugli iperbati. Ad esempio: MT v. 498 <<Nembo dintorno a lui vola d'odori>>, MG v. 39-40 << I mille intorno / Dispersi arnesi>>, NT v. 198 << Pronta di servi mano a terra proni>>. La raffinatezza, però, riguarda ogni piano del discorso: la morfologia (la scelta di Parini premia sempre le forme letterarie più preziose), il lessico (sempre i termini più ricercati ed inusuali), le figure retoriche. Da ricordare metafore nobiliari, come MT v. 589 590 <<i ridenti avorj / Del bel collo>>, oppure similitudini esagerate, ad esempio MG v. 957 958 << Ma tu come sublime aquila vola / Dietro a i sofi novelli>>. Comunque, in questo studio, riguardo la lingua del Giorno, sono da evidenziare le correzioni fatte al Mattino e al Mezzogiorno, dopo le apparizioni del 1763 e 1765. Nel lavoro di revisione pariniana prevalgono intenti di tipo aulico e di recupero latineggiante; ad esempio: VENENOSO, ANTIQUI, FUORA, LUNGE, CONTRA. In campo morfologico si nota l introduzione di numerosi interventi sui verbi. Nelle correzioni linguistiche di Mattino e Mezzogiorno è importante evidenziare due aspetti particolari della strategia pariniana: da un lato l elaborazione peculiare, dall altro la dose costante di veste linguistica caratterizzata dalle scelte aulicizzanti arcaizzanti, dalla selezione lessicale e dalle alternative morfologiche e sintattiche. Per quanto concerne le altre due parti del Giorno, cioè Vespro e Notte resta irrisolto il problema se esista o meno successione costante con le revisioni del Mattino e del Mezzogiorno. Resta comunque da tener presente l incremento del lessico eroico con tendenza, sempre di tipo lessicale, al contrappunto comico. IL MATTINO A CURA DI BARBARA PENNUCCI Il Mattino esce, come primo poemetto anonimo, nel 1763 e rappresenta una prima parte del primitivo progetto pariniano non concluso. Nella seconda redazione Parini introduce, come apertura alla sua opera Il Mattino, un nobile di giovane età e fa emergere come, già dall alba, questo rappresentante di una nobiltà in disfacimento, presenti un comportamento di superiorità, di uomo simboleggiante una parte di classe nobiliare priva di ogni virtù, ma piena di vizi. L opera inizia con l alba, in cui Parini fa chiaramente notare come questo sia il momento in cui tutti i comuni mortali riprendono il proprio lavoro, mentre per il Giovin signore è il momento in cui finalmente arriva il riposo, dopo gli avvenimenti mondani, come il teatro ed il gioco. Proprio qui il narratore sottolinea come sia necessario il lavoro delle persone comuni, affinchè il nobile possa oziare e divertirsi. In chiave 11

antifrastica viene manifestata la denuncia di Parini dell assurdità e dell ingiustizia di questo comportamento. Arriva poi il momento del risveglio; in questo momento il giovane deve affrontare alcune preoccupazioni su come debbano essere i suoi movimenti, come ad esempio lo sbadigliare in modo aristocratico. Viene poi portata la colazione al Giovin signore e anche qui c è la necessità di scegliere tra vari cibi. In seguito arrivano le prime visite: il maestro di ballo, di canto, di violino, che esaltano, ancora in chiave antifrastica, le virtù del nobile. Una volta che il giovane si è levato da letto, avviene la vestizione, con abiti alla moda e tipici di una vanità aristocratica; si compie anche il rito dell incipriatura, che sottolinea la personalità del giovane. Il pensiero del nobile viene poi rivolto alla propria dama, di cui egli è cavalier servente; invia così un messaggero, per sapere se abbia o meno trascorso una piacevole notte. Nel frattempo il signore è impegnato a leggere libri illuministi, ancora in chiave ironica, in quanto Parini cerca di fare emergere l intelligenza di tale figura. Infine il Giovin signore, pronto per mostrarsi, sale sulla carrozza, e si dirige dalla propria dama per il pranzo. vv. 1-136 a cura di Giulia Agostini Nei primi versi del poema Parini descrive il risveglio del Giovin signore, mettendolo a confronto con quello di un villano e di un fabbro. Il risveglio del giovane appare sicuramente meno faticoso degli altri due personaggi, ed è descritto con minuzia. Parini racconta come il giovane, dopo aver festeggiato fino a tarda notte, al mattino venga svegliato dai servi con molta cautela; vari comportamenti sono descritti con similitudini e metafore. 1. Sorge il mattino 1 in compagnia dell'alba 2. Dinanzi al sol che di poi grande appare 3. Su l'estremo orizzonte a render lieti 4. Gli animali e le piante e i campi e l'onde 2. 5. Allora il buon villan sorge dal caro 6. Letto 3 cui la fedel moglie e i minori 7. Suoi 4 figlioletti intiepidir la notte: 8. Poi sul dorso portando i sacri arnesi 9. Che prima ritrovò Cerere o Pale 5 10. Move seguendo i lenti bovi, e scote 11. Lungo il picciol sentier da i curvi rami 12. Fresca rugiada che di gemme al paro 6 13. La nascente del sol luce rifrange. 14. Allora sorge il fabbro, e la sonante 15. Officina 7 riapre, e all'opre torna 16. L'altro di non perfette; o se di chiave 17. Ardua e ferrati ingegni all'inquieto 18. Ricco l'arche assecura; o se d'argento 19. E d'oro incider vuol gioielli e vasi 20. Per ornamento a nova sposa o a 8 mense. 21. Ma che? Tu inorridisci e mostri in capo 22. Qual istrice pungente 9 irti i capelli 1 il Mattino, l Alba = personificazioni 2 Gli animali e e e = enumerazione polisindetica e anafora di e 3 caro / letto = enjambement 4 minori / suoi = enjambement 5 Cerere e Pale = divinità agresti 6 di gemme al paro = similitudine 7 sonante / officina = enjambement 8 a nova sposa o a mense = anafora di a 9 qual istrice pungente = similitudine 12

23. Al suon di mie parole? Ah il tuo mattino 24. Signor questo non è. Tu col cadente 25. Sol 10 non sedesti a parca cena, e al lume 26. Dell'incerto crepuscolo non gisti 27. Ieri a posar qual nei tugurj suoi 28. Entro a rigide coltri il vulgo vile 11 29. A voi celeste prole a voi 12 concilio 30. Almo di semidei altro concesse 31. Giove benigno: e con altr'arti e leggi 32. Per novo calle a me guidarvi è d'uopo. 33. Tu tra le veglie e le canore scene 34. E il patetico gioco oltre più assai 35. Producesti la notte: e stanco alfine 36. In aureo cocchio col fragor di calde 37. Precipitose rote e il calpestio 38. Di volanti corsier 13 lunge agitasti 39. Il queto aere notturno; e le tenèbre 40. Con fiaccole superbe intorno apristi 14 41. Siccome allor che il Siculo terreno 42. Da l'uno a l'altro mar rimbombar fèo 43. Pluto 15 col carro a cui splendeano innanzi 44. Le tede de le Furie anguicrinite 16. 45. Tal ritornasti a i gran palagi 17 : e quivi 46. Cari conforti a te porgea la mensa 47. Cui ricoprien prurigginosi cibi 48. E licor lieti di Francesi colli 49. E d'ispani e di Toschi o l'ungarese 50. Bottiglia 18 a cui di 19 verdi ellere Bromio 20 10 cadente / sol = enjambement 11 vulgo vile = allitterazione in v 12 A voi celeste prole a voi = anafora e metafora antifrastica 13 volanti corsier = metafora 14 le tenèbre apristi = metafora 15 Pluto = dio degli inferi 16 Furie anguicrinite = divinità infernali dai capelli serpentiformi 17 Siccome allor Tal palagi = similitudine 18 Ungarese / bottiglia = enjambement (si allude al Tokaj) 19 e licor lieti di e di Ispani e di di verdi = anafora di e e di allitterazione in l 20 Bromio = Bacco 51. Concedette corona, e disse: or siedi 52. De le mense reina. Alfine il Sonno 53. Ti sprimacciò di propria man le còltrici 54. Molle cedenti, ove te accolto il fido 55. Servo calò le ombrifere cortine: 56. E a te soavemente i lumi 21 chiuse 57. Il gallo che li suole aprire altrui. 22 58. Dritto è però che a te gli stanchi sensi 59. Da i tenaci papaveri Morfeo 23 60. Prima non solva che già grande il giorno 24 61. Fra gli spiragli penetrar contenda 62. De le dorate imposte; e la parete 63. Pingano a stento in alcun lato i rai 64. Del sol ch'eccelso a te pende sul capo 25. 65. Or qui principio le leggiadre cure 66. Denno aver del tuo giorno: e quindi io deggio 67. Sciorre il mio legno 26, e co' precetti miei 68. Te ad alte imprese ammaestrar cantando. 69. Già i valetti gentili udir lo squillo 70. De' penduli metalli 27 a cui da lunge 71. Moto improvviso la tua destra impresse; 72. E corser pronti a spalancar gli opposti 73. Schermi a la luce 28 ; e rigidi osservàro 74. Che con tua pena non osasse Febo 29 75. Entrar diretto a saettarte i lumi 30 76. Ergi dunque il bel fianco, e si ti appoggia 77. Alli origlier 31 che lenti degradando 78. All'omero ti fan molle sostegno; 21 lumi = metonimia per occhi 22 il gallo altrui = metafora 23 Morfeo = dio del sonno (personificazione) 24 grande il giorno = metonimia 25 Del sol capo = metafora 26 Sciorre il mio legno = metafora classica e metonimia (legno per barca) 27 lo squillo / De penduli metalli = perifrasi per indicare il campanello esempio di applicazione delle teorie sensistiche introdotte in Italia da Condillac 28 gli opposti / Schermi a la luce = enjambement e anastrofe 29 Febo = dio del sole (personificazione) 30 Entrar lumi = metafora 31 origlier = francesismo per cuscini 13

79. E coll'indice destro lieve lieve 80. Sovra gli occhi trascorri, e ne dilegua 81. Quel che riman de la Cimmeria nebbia 32 ; 82. Poi de' labbri formando un picciol arco 83. Dolce a vedersi 33 tacito sbadiglia. 84. Ahi se te in sì vezzoso atto mirasse 34 85. Il duro capitan quando tra l'arme 86. Sgangherando la bocca un grido innalza 87. Lacerator di ben costrutti orecchi, 88. S'ei te mirasse allor, certo vergogna 89. Avria di sè più che Minerva 35 il giorno 90. Che di flauto sonando al fonte scorse 91. Il turpe aspetto de le guance enfiate. 92. Ma il damigel ben pettinato i crini 93. Ecco s'innoltra; e con sommessi accenti 94. Chiede qual più de le bevande usate 95. Sorbir tu goda in preziosa tazza. 96. Indiche merci son tazza e bevande: 97. Scegli qual più desii. S'oggi a te giova 98. Porger dolci a lo stomaco fomenti 99. Onde con legge il natural calore 100. V'arda temprato, e al digerir ti vaglia, 101. Tu il cioccolatte eleggi, onde tributo 102. Ti diè il Guatimalese e il Caribeo 36 103. Che di barbare penne avvolto ha il crine: 104. Ma se noiosa ipocondria ti opprime, 105. O troppo intorno a le divine membra 106. Adipe cresce 37, de' tuoi labbri onora 107. La nettarea bevanda 38 ove abbronzato 108. Arde e fumica il grano a te d'aleppo 32 Quel nebbia = perifrasi per indicare il sonno (I Cimmeri abitavano, secondo Omero, nei pressi dell Ade, in una regione coperta dalla nebbia. Cfr. Odissea XI, 14) 33 Dolce a vedersi = espressione latineggiante modellata sul supino passivo in u. Cfr. dulce visu 34 se sì vezzoso mirasse = allitterazione in s 35 Minerva = dea della sapienza 36 Guatimalese e Caribeo = popolazioni amerinde 37 O troppo cresce = perifrasi per indicare che il Giovin signore tende ad ingrassare 38 nettarea bevanda = perifrasi per indicare il caffè, paragonato al nettare degli dei 109. Giunto e da Moca 39 che di mille navi 40 110. Popolata mai sempre insuperbisce. 111. Certo fu d'uopo che da i prischi seggi 112. Uscisse un regno, e con audaci vele 113. Fra straniere procelle e novi mostri 114. E teme e rischi ed inumane fami 41 115. Superasse i confin per tanta etade 116. Inviolati 42 ancora: e ben fu dritto 117. Se Pizzarro e Cortese 43 umano sangue 118. Più non stimàr quel ch'oltre l'oceàno 119. Scorrea le umane membra; e se tonando 120. E fulminando alfin spietatamente 121. Balzaron giù da i grandi aviti troni 122. Re Messicani e generosi Incassi, 123. Poi che nuove così venner delizie 124. O gemma degli eroi 44 al tuo palato 125. Cessi '1 cielo però che in quel momento 126. Che le scelte bevande a sorbir prendi, 127. Servo indiscreto a te improvviso annunci 128. O il villano sartor che non ben pago 129. D'aver teco diviso i ricchi drappi 130. Oso sia ancor con polizza infinita 131. Fastidirti la mente; o di lugubri 132. Panni 45 ravvolto il garrulo forense 133. Cui de' paterni tuoi campi e tesori 134. Il periglio s'affida; o il tuo castaldo 135. Che già con l'alba a la città discese 136. Bianco di gelo mattutin la chioma 46 39 Aleppo e Moca = località del Medio oriente, Aleppo in Siria e Moca in Arabia 40 mille navi = iperbole 41 e con audaci e novi e teme e rischi ed inumane fami = anafora di e 42 confin inviolati = perifrasi per indicare le Colonne d Ercole 43 Pizzarro e Cortese = conquistatori spagnoli, famosi per le loro crudeltà il tono di questi versi è chiaramente sarcastico, in quanto si finge che la conquista delle Americhe sia avvenuta per garantire al Giovin signore il cioccolato e il caffè 44 O gemma degli eroi = metafora antifrastica riferita al Giovin signore 45 lugubri / Panni = enjambement 14

vv. 137-266 a cura di Sara Bazzigaluppi Continua la mattinata del Giovin signore con la visita del maestro di ballo, del maestro di canto, del maestro di violino e, infine, del precettore di Francese. Si procede poi alla vestizione e alla toeletta, descritte con eleganza di particolari. Ha inizio il tema della satira contro il cicisbeismo. 137. Così zotica pompa i tuoi maggiori 138. Al di nascente si vedean dintorno: 139. Ma tu gran prole 47 in cui si fèo scendendo 140. E più mobile il senso e più 48 gentile 141. Ah sul primo tornar de' lievi spirti 142. All'uficio diurno ah 49 non ferirli 143. D'imagini 50 si sconce. Or come i detti 144. Di costor soffrirai barbari e rudi; 145. Come il penoso articolar di voci 146. Smarrite titubanti al tuo cospetto; 147. E tra l'obliquo profondar d'inchini 148. Del calzar polveroso in su i tapeti 149. Le impresse orme indecenti? 51 Ahimè che fatto 150. Il salutar licore agro e indigesto 151. Ne le viscere tue te 52 allor faria 152. E in casa e fuori e nel teatro e al corso 53 46 Servo indiscreto O il villano sartor o il garrulo forense o il tuo castaldo = i personaggi in rassegna costituiscono un elencazione di soggetti che potrebbero, in qualche modo, infastidire il Giovin signore 47 gran prole = iperbole ironica e metonimia per figlio 48 E più e più = iterazione e polisindeto 49 Ah ah = iterazione 50 ferirli / D'imagini = enjambement e metafora 51 Come il penoso orme indecenti? = interrogativa retorica 52 tue te = allitterazione 53 E in casa e fuori e nel teatro e al corso = enumerazione e polisindeto 153. Ruttar plebeiamente il giorno intero! 54 154. Non fia che attenda già ch'altri lo annunci 155. Gradito ognor benchè improvviso il dolce 156. Mastro 55 che il tuo bel piè come a lui piace 157. Guida e corregge 56. Egli all'entrar s'arresti 158. Ritto sul limitare, indi elevando 159. Ambe le spalle qual testudo il collo 57 160. Contragga alquanto, e ad un medesmo tempo 161. Il mento inchini, e con l'estrema falda 162. Del piumato cappello il labbro tocchi. 163. E non men di costui facile al letto 58 164. Del mio signor t'innoltra o tu che addestri 165. A modular con la flessibil voce 166. Soavi canti 59 ; e tu che insegni altrui 167. Come vibrar con maestrevol arco 60 168. Sul cavo legno armoniose fila 61. 169. Nè la squisita a terminar corona 62 170. Che segga intorno a te manchi o signore 171. Il precettor del tenero idioma 172. Che da la Senna de le Grazie madre 63 173. Pur ora a sparger di celeste ambrosia 64 174. Venne all'italia nauseata 65 i labbri 66. 54 Ruttar plebeiamente il giorno intero! = abbassamento del registro linguistico 55 il dolce / Mastro = enjambement 56 Mastro che il tuo bel piè come a lui piace / Guida e corregge = perifrasi per indicare il maestro di ballo 57 qual testudo il collo = similitudine e latinismo (testudo) 58 E non men di costui facile al letto = litote 59 o tu che addestri / A modular con la flessibil voce / Soavi canti = perifrasi per indicare il maestro di canto 60 maestrevol arco = enallage 61 e tu che insegni altrui / Come vibrar con maestrevol arco / Sul cavo legno armoniose fila = perifrasi per indicare il maestro di violino 62 Nè la squisita a terminar corona = iperbato 63 da la Senna de le Grazie madre = metonimia per indicare Parigi 64 celeste ambrosia = metafora 65 nauseata = disgustata dalla propria lingua 66 Il precettor del tenero idioma / Che da la Senna de le Grazie madre / Pur ora a sparger di celeste ambrosia / Venne all'italia 15

175. All'apparir di lui l'itale voci 176. Tronche cedano il campo al lor tiranno 67 : 177. E a la nova inefabil melodia 178. De' sovrumani accenti 68 odio ti nasca 179. Più grande in sen contro a le bocche impure 69 180. Ch'osan macchiarse ancor di quel sermone 70 181. Onde in Valchiusa fu lodata e pianta 71 182. Già la bella Francese 72 ; e i culti campi 183. All'orecchio de i re cantati furo 184. Lungo il fonte gentil da le bell'acque 73. 185. Or te questa o signor leggiadra schiera 74 186. Al novo di trattenga: e di tue voglie 187. Irresolute 75 ancora or quegli or questi 76 188. Con piacevol discorso il vano adempia, 189. Mentre tu chiedi lor tra i lenti sorsi 190. Dell'ardente bevanda 77 a qual cantore 78 191. Nel vicin verno 79 si darà la palma 80 192. Sovra le scene; e s'egli è il ver che rieda 193. L'astuta Frine 81 che ben cento folli nauseata i labbri = ampia perifrasi per indicare il maestro di Francese 67 al lor tiranno = la lingua francese 68 De' sovrumani accenti = iperbole e metonimia per indicare la lingua francese 69 le bocche impure = enallage 70 macchiarse ancor di quel sermone = metafora 71 lodata e pianta = allusione alle due sezioni dei Rerum vulgarium fragmenta in vita e in morte di Madonna Laura 72 la bella Francese = Laura, nata e vissuta in Provenza 73 quel sermone / Onde e i culti campi bell acque = ampia perifrasi per indicare la lingua italiana, con la quale in Valchiusa fu lodata e compianta Laura da Petrarca (1304 1374), e con la quale Luigi Alamanni (1495 1556) scrisse il suo poema La coltivazione dei campi, dedicato al re di Francia Francesco I (1515 1547) 74 Or te questa o signor leggiadra schiera = iperbato 75 voglie / Irresolute = enjambement 76 or quegli or questi = iterazione 77 ardente bevanda = perifrasi per indicare il caffè 78 cantore = cantante lirico 79 vicin verno = allitterazione 80 la palma = metafora 194. Milordi 82 rimandò nudi al Tamigi 83 ; 195. O se il brillante danzator Narcisso 84 196. Torni pur anco ad agghiacciare i petti 85 197. De' palpitanti Italici mariti 86. 198. Così poi che gran pezzo a i novi albori 199. Del tuo mattin teco scherzato fia 200. Non senza aver da te rimosso 87 in prima 201. L'ipocrita pudore e quella schifa 202. Che le accigliate gelide matrone 88 203. Chiaman modestia, alfine o a lor talento 204. O da te congedati escan costoro. 205. Doman quindi potrai o l'altro forse 206. Giorno a i precetti lor porgere orecchio 89 207. Se a' bei momenti tuoi cure minori 208. Porranno assedio 90. A voi divina schiatta 91 209. Più assai che a noi mortali il ciel concesse 210. Domabile midollo 92 entro al cerèbro 93, 211. Si che breve lavoro unir vi puote 212. Ampio tesor d'ogni scienza ed arte 94. 81 L'astuta Frine = antonomasia. Frine fu una celebre cortigiana dell antica Grecia; col suo nome il poeta intende indicare qualche astuta avventuriera di analoghi costumi 82 cento folli / Milordi = si notino: l iperbole cento, l enjambement e il calco semantico Milordi per indicare gli aristocratici inglesi 83 Tamigi = metonimia per Londra 84 Narcisso = antonomasia; Narciso nella mitologia era figlio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope, morto annegato per essersi invaghito della propria immagine riflessa nell acqua. Col suo nome il poeta indica qualche vano ballerino infatuato della sua bellezza per il quale le dame spasimavano ingelosendo i mariti 85 agghiacciare i petti = metafora 86 palpitanti Italici mariti = enallage 87 Non senza aver da te rimosso = litote 88 matrone = latinismo 89 l'altro forse / Giorno a i precetti lor porgere orecchio = enjambement e iperbato 90 Porranno assedio = metafora di ambito militare 91 A voi divina schiatta = iperbole ironica 92 Domabile midollo = metonimia per mente duttile 93 cerèbro = latinismo per cervello 16

213. Il vulgo intanto a cui non lice 95 il velo 214. Aprir de' venerabili misterj 96 215. Fie pago assai poi che vedrà sovente 216. Ire o tornar 97 dal tuo palagio i primi 217. D'arte maestri 98 ; e con aperte fauci 218. Stupefatto berà le tue sentenze 99. 219. Ma già vegg'io che le oziose lane 100 220. Premer non sai più lungamente: e in vano 221. Te l'ignavo tepor lusinga e molce 101, 222. Però che te più gloriosi affanni 223. Aspettan l'ore ad illustrar del giorno. 224. O voi dunque del primo ordine 102 servi 225. Che di nobil signor ministri al fianco 226. Siete incontaminati 103, or dunque voi 227. Al mio divino Achille al mio Rinaldo 104 228. L'armi apprestate 105. Ed ecco in un baleno 229. I damigelli a' cenni tuoi star pronti. 230. Già ferve il gran lavoro 106. Altri ti veste 231. La serica zimarra 107 ove bei fregi 232. Diramansi Chinesi; altri 108 se il chiede 233. Più la stagione a te le membra copre 234. Di stese infino al piè tiepide pelli 109 ; 94 Ampio tesor d'ogni scienza ed arte = iperbato e ironia 95 lice = latinismo 96 il velo / Aprir misterj = metafora 97 Ire o tornar = antitesi 98 i primi / D'arte maestri = enjambement e iperbato 99 berà le tue sentenze = metafora 100 le oziose lane = metonimia per letto ed enallage. Cfr. Petrarca Rerum vulgarium fragmenta VII, 1 101 lusinga e molce = endiadi e latinismo 102 primo ordine = appartenenti alla prima schiera (con reminiscenza della terminologia militare latina primi ordinis). Sono i servi addetti alle mansioni più delicate e perciò scelti 103 incontaminati = ironia sarcastica 104 Al mio divino Achille al mio Rinaldo = iterazione. Achille è l eroe dell Iliade, Rinaldo è un personaggio della Gerusalemme liberata 105 L'armi apprestate = metafora 106 Già ferve il gran lavoro = ironia 107 serica zimarra = veste da camera di seta 108 Altri altri = iterazione 235. Questi al fianco ti cinge il bianco lino 110 236. Che sciorinato poi cada e difenda 237. I calzonetti; e quei d'alto curvando 238. Il cristallino rostro 111 in su le mani 239. Ti versa onde odorate 112, e da le mani 113 240. In limpido bacin sotto le accoglie; 241. Quale il sapon del redivivo muschio 114 242. Olezzante all'intorno; e qual ti porge 243. Il macinato di quell'arbor frutto 244. Che a Rodope fu già vaga donzella, 245. E piagne in van sotto mutate spoglie 246. Demofoonte ancor Demofoonte 115 ; 247. Un di soavi essenze intrisa spugna 248. Onde tergere i denti; e l'altro appresta 249. Onde 116 imbiancar le guance util licore 117. 250. Assai Signore a te pensasti: or volgi 251. L'alta mente 118 per poco ad altri obbietti 252. Non men degni di te 119. Sai che compagna 253. Con cui partir 120 de la giornata illustre 109 Di stese infino al piè tiepide pelli = iperbato. Si tratta di una calda pelliccia che arriva fino ai piedi 110 bianco lino = metonimia per salvietta che protegge i calzoni 111 Il cristallino rostro = sineddoche per brocca di cristallo. Rostro è il becco 112 onde odorate = allitterazione e metafora 113 le mani le mani = epifora (vv. 238-239) 114 redivivo muschio = il muschio è un animale che secerne un umore con il quale si fabbricano i profumi, i quali impregnando il sapone, sembrano far rivivere la bestia 115 Il macinato di quell'arbor frutto / Che a Rodope fu già vaga donzella, / E piagne in van sotto mutate spoglie / Demofoonte ancor Demofoonte = ampia perifrasi per indicare la farina di mandorle. Il mito greco, svolto per altro anche nelle Heroides di Ovidio, narrava che Filli, credendosi abbandonata da Demofoonte, suo promesso sposo, si gettò in mare da un dirupo del monte Rodope in Tracia, e fu dagli dei trasformata in mandorlo 116 Onde Onde = anafora (vv. 248-249) 117 util licore = cosmetico preparato con la biacca 118 or volgi / L'alta mente = iperbole ironica 119 Non men degni di te = litote 17

254. I travagli e le glorie 121 il ciel destina 255. Al giovane signore. Impallidisci? 256. Ahi non parlo di nozze. Antiquo e vieto 257. Dottor 122 sarei se così folle io dessi 258. A te consiglio. Di tant'alte doti 123 259. Già non orni così lo spirto e i membri 260. Perchè in mezzo a la fulgida carriera 124 261. Tu il tuo corso interrompa, e fuora uscendo 262. Di cotesto a ragion detto bel mondo 125, 263. In tra i severi di famiglia padri 126 264. Relegato ti giacci a nodi avvinto 127 265. Di giorno in giorno più noiosi e fatto 266. Ignobil fabbro de la razza umana 128 vv. 267 469 a cura di Pamela Bellacci Tema centrale del passo è la favola di Amore e Imene sull origine dei cicisbei; si spiega come accade che donne sposate si leghino ai loro cavalier serventi. 267. D'altra parte il marito ahi quanto spiace, 268. E lo stomaco move a i delicati 269. Del vostr'orbe felice 129 abitatori 270. Qualor de' semplicetti avoli nostri 271. Portar osa in ridevole trionfo 130 120 partir = dividere (latinismo) 121 I travagli e le glorie = antitesi ironica 122 Antiquo e vieto / Dottor = enjambement e latinismi (precettore arcaico e noioso) 123 Di tant'alte doti = allitterazione in dentale sorda e sonora 124 fulgida carriera = iperboloe ironica 125 bel mondo = calco semantico sul Francese per indicare la società aristocratica 126 In tra i severi di famiglia padri = iperbato 127 Relegato ti giacci a nodi avvinto = metafora 128 Ignobil fabbro de la razza umana = perifrasi per indicare la paternità, che è sentita dal nobile come degradante funzione riproduttiva 129 orbe felice = variazione iperbolica del bel mondo 272. La rimbambita fè 131 la pudicizia 273. Severi nomi. E qual non suole a forza 274. Entro a' melati petti 132 eccitar bile 275. Quando i computi vili del castaldo 276. Le vendemmie i ricolti i pedagoghi 133 277. Di que' si dolci suoi bambini altrui 278. Gongolando ricorda 134 ; e non vergogna 279. Di mischiar cotai fole a peregrini 280. Subbietti 135 a nuove del dir forme 136 a sciolti 281. Da volgar fren concetti 137, onde s'avviva 282. De' begli spirti il conversar sublime. 283. Non però tu senza compagna 138 andrai; 284. Chè tra le fide altrui giovani spose 285. Una te n'offre inviolabil rito 139 286. Del bel mondo onde sei parte si cara. 287. Tempo fu già che il pargoletto Amore 140 288. Dato era in guardia al suo fratello Imene 141 ; 289. Tanto la madre lor temea che il cieco 290. Incauto nume 142 perigliando gisse 291. Misero e solo per oblique vie 143 ; 130 ridevole trionfo = allitterazione in r 131 rimbambita fè = enallage: la fede che si addice ai vecchi rimbambiti 132 melati petti = metafora (animi squisitamente sensibili) 133 Le vendemmie i ricolti i pedagoghi = enumerazione asindetica 134 altrui / Gongolando ricorda = enjambement 135 peregrini / Subbietti = enjambement 136 a nuove del dir forme = perifrasi per indicare i neologismi 137 a sciolti / Da volgar fren concetti = perifrasi per indicare discorsi liberi da inibizioni caratteristiche delle persone di condizione modesta 138 Non però tu senza compagna = litote 139 inviolabil rito = allude al costume del cicisbeismo. La parola cicisbeo sembra di origine onomatopeica, dal cicaleccio dei colloqui galanti 140 pargoletto Amore = personificazione. Si noti l aulicismo pargoletto 141 Imene = dio delle nozze 142 cieco / Incauto nume = enjambement e perifrasi per indicare l Amore, raffigurato spesso bendato 143 oblique vie = metafora 18

292. E che, bersaglio 144 a gl'indiscreti colpi 293. Di senza guida e senza freno arciere 145, 294. Immaturo al suo fin corresse il seme 295. Uman 146 che nato è a dominar la terra. 296. Quindi la prole mal secura 147 all'altra 148 297. In cura dato avea sì lor dicendo: 298. Ite o figli del par; tu più possente 299. Il dardo scocca 149, e tu più 150 cauto il reggi 300. A certa meta 151. Così ognor congiunta 301. Iva la dolce coppia; e in un sol regno, 302. E d'un nodo comun l'alme strignea 152. 303. Allora fu che il sol mai sempre uniti 304. Vedea 153 un pastore ed una pastorella 154 305. Starsi al prato a la selva al colle al fonte 155 : 306. E la suora di lui 156 vedeali poi 307. Uniti ancor nel talamo beato 157 308. Ch'ambo gli amici numi a piene mani 158 309. Gareggiando spargean di gigli e rose. 310. Ma che non puote anco in divini petti 159 311. Se mai s'accende ambizion 160 d'impero? 312. Crebber l'ali ad Amor, crebbe l'ardire 161 ; 144 bersaglio = apposizione fortemente prolettica 145 Di senza guida e senza freno arciere = iterazione e metafora (arciere = amore) 146 seme / Uman = enjambement 147 prole mal secura = perifrasi per indicare Amore 148 altra = è Imene 149 Il dardo scocca = metafora 150 tu più tu più = iterazione 151 certa meta = perifrasi per indicare il matrimonio 152 l'alme strignea = metafora (alme è un latinismo) 153 il sol Vedea = umanizzazione 154 pastore pastorella = poliptoto 155 al prato a la selva al colle al fonte = enumerazione di ascendenza lirica e iterazione di al 156 la suora di lui = perifrasi per indicare la luna, in mitologia Diana, sorella del Sole Febo 157 talamo beato = enallage 158 a piene mani = catacresi 159 divini petti = metafora 160 Se mai s'accende ambizion = metafora 313. Onde a brev'aere prima indi securo 314. A vie maggior fidossi, e fiero alfine 162 315. Entrò nell'alto, e il grande arco crollando 316. E il capo risonar fece a quel moto 317. Il duro acciar 163 che a tergo la faretra 318. Gli empie, e gridò: solo regnar vogl'io. 319. Disse, e volto a la madre: Amore adunque 320. Il più possente in fra gli dei, il primo 321. Di Citerea 164 figliuol ricever leggi, 322. E dal minor german ricever leggi 165 323. Vile alunno 166 anzi servo? Or dunque Amore 324. Non oserà fuor ch'una unica volta 325. Fiedere 167 un'alma come questo schifo 326. Da me pur chiede? E non potrò giammai 327. Da poi ch'io strinsi un laccio 168 anco disciorlo 328. A mio talento, e se m'aggrada, un altro 329. Strignerne ancora? E lascerò pur ch'egli 330. Di suoi unguenti impece a me i miei 169 dardi 331. Perchè men velenosi e men 170 crudeli 332. Scendano a i petti? Or via perchè non togli 333. A me da le mie man 171 quest'arco e queste 334. Armi 172 da le mie spalle, e ignudo lasci 335. Quasi rifiuto de gli dei Cupido? 336. Oh il bel viver che fia quando tu solo 337. Regni in mio loco! Oh il bel 173 vederti, lasso! 338. Studiarti a torre da le languid'alme 174 161 Crebber l'ali ad Amor, crebbe l'ardire = poliptoto e personificazione di Amore 162 fidossi, e fiero alfine = allitterazione della f 163 duro acciar = metonimia 164 Citerea = epiteto di Venere, regina di Citera 165 ricever leggi (vv. 321-322) = epifora 166 alunno = latinismo 167 Fiedere = latinismo 168 strinsi un laccio = espressione metaforica che si ripete nel trattare il legame dell amore 169 impece a me i miei = allitterazione in m impece: il verbo potenzia metaforicamente il sostantivo unguenti 170 men men = iterazione 171 A me da le mie man = allitterazione in m 172 queste / Armi = enjambement 173 Oh il bel Oh il bel = iterazione 19