L INAIL PARTE CIVILE : L AZIONE DI REGRESSO DELL INAIL DALLE AULE CIVILI A QUELLE PENALI

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Avv. Giuseppe Polliere Coordinatore Avvocatura Regionale INAIL Lombardia L INAIL PARTE CIVILE 1965-2008: L AZIONE DI REGRESSO DELL INAIL DALLE AULE CIVILI A QUELLE PENALI Chi avesse avuto l occasione da 6/7 anni a questa parte di frequentare con una certa assiduità le aule penali, occupandosi di processi per omicidio o lesioni colpose, in qualche modo collegati alla violazione della normativa antinfortunistica, avrà avuto senz altro modo di imbattersi, in non pochi di questi processi, in una figura che fino ad allora molto raramente la si poteva incontrare nei processi penali e, men che meno, per tale tipo di reati: l avvocato dell INAIL. Non è stato certo il frutto di un intervento singolo, ancorché mirato del legislatore a determinare questa estensione dell intervento dell INAIL dalle aule civili a quelle penali nell esercizio della c.d. azione di regresso prevista dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. 1024/65. Sicuramente l art.2 della legge delega n. 126/07, per il riordino della normativa in materia di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro, al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori, trasfuso poi integralmente nell articolo 61 del decreto legislativo 81/2008, c.d. T.U. in materia di sicurezza del lavoro, ha rappresentato il momento cruciale, sotto il profilo normativo, che ha sancito, senza più fraintendimenti o possibili diverse interpretazioni, la legittimazione dell INAIL alla costituzione di parte civile.

L art. 61 cit. ha stabilito infatti che in caso di esercizio dell azione penale per i delitti di omicidio colposo o lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all INAIL ai fini dell eventuale costituzione di parte civile e dell azione di regresso. Ma il percorso che ha portato negli anni, a far data dall entrata in vigore della novella del 1965 (D.P.R. 1124 c.d. T.U. sugli infortuni e malattie professionali) fino all esplicito riconoscimento della legittimazione dell INAIL ad intervenire, come parte civile, nei giudizi penali per reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p., è passato attraverso una graduale e significativa evoluzione giurisprudenziale, sia in materia di regresso dell INAIL sia in tema di connotazione della figura di danneggiato dal reato, accompagnata da un altrettanto significativa evoluzione di tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro e prevenzione; tutto ciò ha sostanzialmente modificato i termini di sviluppo e di intervento dell azione dell INAIL volta al recupero, nei confronti dei soggetti responsabili degli infortuni, delle prestazioni erogate, inducendo il legislatore del 2007/2008 a chiarire definitivamente i nuovi e più ampi confini dell azione di regresso. Ed allora partiamo proprio dalla novella del 1965 per capire poi come si è giunti a sancire la legittimazione dell INAIL a costituirsi parte civile nei processi per infortuni sul lavoro e malattie professionali. L art. 10 del T.U. 1124/65, nell affermare il principio dell esonero di responsabilità del datore di lavoro per i casi di infortuni occorsi ai propri dipendenti proprio in forza dell assicurazione obbligatoria INAIL, ha previsto, tuttavia, la sussistenza della responsabilità civile dello stesso nei i casi in cui per il fatto generatore dell infortunio fosse derivata una condanna penale, per reato perseguibile d ufficio, a carico del datore di lavoro o di soggetti incaricati della direzione e sorveglianza del cui operato lo stesso debba risponderne ai sensi del codice civile. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 22 del 9 marzo 1967 ha esteso poi tale principio anche per i fatti commessi da qualunque dipendente, non solo preposti, per i quali opera il criterio di responsabilità di cui all art. 2949 c.c. Questi i primi quattro commi dell art. 10.

Il quinto comma dell art. 10 T.U. ha disposto poi che qualora sia pronunciata sentenza di non doversi procedere per morte dell imputato o per amnistia (la stessa sentenza n. 22/67 della Corte Costituzionale sopra richiamata, ha esteso le ipotesi anche al caso di prescrizione del reato), il giudice civile, in seguito a domanda degli interessati, proposta entro tre anni dalla sentenza, decide se per il fatto che avrebbe costituito reato sussista la responsabilità civile a norma dei commi secondo, terzo e quarto del presente articolo. Il successivo art. 11, che è poi quello che definisce l azione di regresso dell INAIL, ha stabilito che, nei confronti delle persone civilmente responsabili a norma dell articolo precedente, l Istituto, dopo aver corrisposto le indennità di legge, ha diritto di regresso per le somme pagate. E chiaro che l azione di regresso, pur se con un efficacia ancora ridotta e circoscritta ai casi di accertata responsabilità penale ed in giudizi nei quali l INAIL assolutamente non può prendere parte, assume da subito i connotati di un azione punitiva nei confronti di quei datori di lavoro colpevoli con il loro comportamento di aver violato le norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori, collocandosi, proprio per il suo carattere di deterrente, nel novero dei provvedimenti di prevenzione in materia di infortunistica sul lavoro. Questo lo stato dell arte all alba della novella del 1965. Riepilogando, quindi, all INAIL, con azione da esercitarsi innanzi al giudice civile (dal 1973 giudice del lavoro, trattandosi di materia devoluta alla competenza di quest ultimo) veniva riconosciuto il diritto di ripetere le somme corrisposte agli infortunati, agendo in regresso nei confronti dei datori di lavoro responsabili dell infortunio sempre che il fatto generatore dell illecito avesse integrato gli estremi di un reato perseguibile di ufficio e per il quale fosse intervenuta sentenza di condanna penale, con la possibilità di richiederne l accertamento incidenter tantum al giudice civile in caso di declaratoria di non doversi procedere per morte del reo, per amnistia o prescrizione del reato. Tale azione di regresso restava soggetta al termine triennale di prescrizione di cui all art. 112 T.U. cit. decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza penale ed al termine triennale di decadenza nei casi di accertamento del reato demandati al giudice civile (morte del reo, amnistia e prescrizione del reato).

Solo per inciso va precisato che tale distinzione tra decadenza e prescrizione si è andata rafforzando con il passare degli anni e con il continuo ampliamento, come vedremo, dei casi di devoluzione al giudice civile dell accertamento del reato. Criterio fondante di siffatta distinzione è sempre stato per la giurisprudenza il principio inoppugnabile secondo il quale, in mancanza di un accertamento sulla responsabilità, il lungo tempo che sarebbe potuto intercorrere, in caso di innumerevoli interruzioni della prescrizione, avrebbe finito coll inficiare certezza e garanzia del diritto. Dopo oltre un decennio dalla sentenza n. 22 del 1967, la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 102/81, effettuò un ulteriore fondamentale ampliamento dei confini dell azione di regresso dell INAIL, forse il più importante e decisivo verso la direzione del superamento di quell ambito limitato entro cui il legislatore del 1965 l aveva inizialmente collocata. Ricollegandosi alle precedenti declaratorie di incostituzionalità degli art. 325,327 e 328 dell allora codice di procedura penale, i Giudici della Corte Costituzionale, richiamando, per l appunto, il principio secondo cui l autorità del giudicato penale nel giudizio civile non può operare nei confronti di coloro che erano rimasti estranei al processo penale, dichiarava l illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 10 e 11 del TU 1124/1965 nella parte in cui precludevano in sede civile l esercizio del diritto di regresso dell INAIL nei confronti del datore di lavoro qualora il processo penale, promosso contro di lui o di un suo dipendente, per il fatto dal quale l infortunio era derivato, si fosse concluso con sentenza di assoluzione, malgrado che l Istituto non fosse stato posto in grado di partecipare al detto procedimento (Corte Cost. 19.6.1981, n. 102, in Giur. Costituzionale 1981, 864). Alla luce di quest ultima sentenza l INAIL rimaneva, quindi, definitivamente svincolato da quello che poteva essere stato l esito del giudizio penale nei confronti del datore di lavoro per l infortunio o la malattia professionale, potendo decidere, in via autonoma se sottoporre al giudice civile l accertamento del fatto reato, a prescindere da ciò che era stato già fatto nel processo penale, processo al quale non aveva comunque potuto prendere parte. Negli anni successivi la Suprema Corte di Cassazione aveva poi modo di

precisare ulteriormente che la competenza del giudice civile a conoscere, incidenter tantum, del fatto-reato doveva in pratica considerarsi riconosciuta in tutte le ipotesi di proscioglimento istruttorio. E così per l ipotesi di archiviazione per difetto di querela (Cass. 8957/94 in Giust. civ. Mass. 1994, 1315); di provvedimento di non promovibilità dell azione penale per ritenuta accidentalità del fatto (Cass. 2028/95 in Giust. civ. Mass., 1995, 421); di perdono giudiziale (Cass. 10167/91 in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 9); e così via, fino a prevedere che anche la mancata instaurazione di un giudizio penale non fosse di ostacolo all esercizio dell azione di regresso da parte dell Inail risultando in tale ipotesi compito del giudice civile procedere, in via incidentale, all accertamento del fattoreato (Cass. 22.8.1991, n. 9016, in Mass. Foro it. 1991; Cass. 10.7.1998 n 6749 in Giust. civ. Mass. 1998, 1506). A seguito dell evoluzione giurisprudenziale di cui sopra il giudice civile rimaneva, quindi, competente a conoscere del fatto di reato oltre che nelle ipotesi in cui il giudizio penale si fosse concluso con sentenza di proscioglimento istruttorio, anche nel caso di mancata instaurazione del procedimento penale e persino nel caso in cui il giudizio penale si fosse concluso con sentenza di assoluzione. Orbene, però, se nessun vincolo rispetto all esito del procedimento penale poteva condizionare l esercizio dell azione di regresso da parte dell INAIL, non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che l avvio dell azione stessa restava ancora soggetta alla completa definizione del procedimento penale, se sorto, o alla definitiva prescrizione in astratto del reato, nell ipotesi di mancato esercizio dell azione penale. Alla fine degli anni 80 il vecchio codice di procedura penale (c.d. Codice Rocco dal nome del Guardasigilli del 1930), fondato sul c.d. sistema inquisitorio, lascia il posto al nuovo impianto processuale caratterizzato da una diversa impostazione di tipo accusatorio. Il nuovo codice sancisce la fine di uno dei principi fondamentali che avevano caratterizzato per il passato i rapporti tra giudizio civile e giudizio penale: la pregiudizialità di quest ultimo rispetto al primo. L obbligo di attendere l esito del giudizio penale, previsto dal legislatore del 1965 per l azione di regresso di cui agli artt. 10 e 11 del D.P.R. 1124, ancorchè inserito

in una norma di carattere speciale, trovava la sua ragion d essere proprio nel principio di pregiudizialità del giudizio penale rispetto a quello civile. Orbene, venuto meno tale vincolo, anche l impianto dell azione di regresso che prevedeva, per l avvio, la chiusura definitiva di ogni aspetto penale della vicenda, cominciava a destare non poche perplessità proprio sotto il profilo dell attualità di tale condizione. Nel decennio successivo e nei primi anni del 2000, quindi, pur se con qualche voce discorde (Cass. 21 gennaio 2004 n. 968) la giurisprudenza cominciò a riconoscere all INAIL la possibilità di agire in regresso senza attendere l instaurazione o l esito del procedimento penale, non sussistendo più, come sopra detto, alcuna pregiudizialità tra i due giudizi, pur essendo ancora vive le disposizioni normative di cui all art. 10 T.U. 1124/65. La S.C. di Cassazione, con la sentenza n. 9601 del 14 luglio 2001, riteneva che in base al diritto vivente formatosi anche in seguito ai numerosi interventi della Corte Costituzionale in materia, l azione di regresso dell INAIL nei confronti del datore di lavoro o dei suoi preposti alla direzione dell azienda o alla sorveglianza dell attività lavorativa, ritenuti civilmente responsabili di un infortunio verificatosi in danno di un dipendente è esercitabile autonomamente senza dover necessariamente attendere l instaurazione o l esito del procedimento penale per il fatto da cui è derivato l infortunio e senza che, quindi, assuma rilievo l eventuale conclusione di tale ultimo procedimento con un provvedimento di archiviazione o di proscioglimento in sede istruttoria Ad oltre trenta anni dall entrata in vigore del T.U. 1124/65, quindi, l azione di regresso dell INAIL risultava ormai svincolata non solo dall esito del giudizio penale, ma anche, temporalmente, dalla definizione di quest ultimo. E pur tuttavia la stessa, distinta ed autonoma rispetto ad una comune azione di restituzione o risarcimento del danno, poteva ancora essere promossa solo in sede civile non essendo riconosciuto all INAIL il diritto di costituirsi parte civile, non ritenendosi l Istituto soggetto offeso dal reato, legittimato ad esercitare nel processo penale l azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno nei confronti dell imputato o del responsabile civile e non rinvenendosi alcuna legge speciale che ne consentisse la costituzione di parte civile pur nei limiti di quanto previsto dall art. 212 disp. att. c.p.p. Questa l evoluzione della normativa in tema di regresso alla vigilia del riassetto in

materia di sicurezza del lavoro operato dal legislatore con la legge delega 123/07 e poi con il D.L.vo 81/08. Per comprendere, però, come sia stato possibile per l INAIL approdare nelle aule penali ed esercitare direttamente in quella sede l azione di regresso, occorre esaminare un ulteriore e decisivo passaggio: l attribuzione all Istituto della qualifica di soggetto danneggiato nei reati di lesioni ed omicidio direttamente collegati alla violazione della normativa antinfortunistica, qualifica resa ancor più evidente dagli interventi legislativi in materia di sicurezza sul lavoro succedutisi negli ultimi venti anni dal D.l.vo 626/94 al D.L.vo 81/2008. L evoluzione della giurisprudenza negli ultimi decenni in tema di soggetto danneggiato dal reato aveva già avuto modo di evidenziare come quest ultimo non si identificasse solo nel soggetto passivo del reato, potendosi in realtà ben individuare danneggiati diversi dal soggetto passivo che avessero subito, in via riflessa, un danno dall azione delittuosa e, come tali, titolari del diritto alla restituzione ed al risarcimento del danno, esercitabile tramite la costituzione di parte civile (Cass. 4 luglio 2002 n. 34310; Cass. 18 novembre 2004 n.3996; Cass. 4 novembre 2004 n. 7259). E indubbio che la fonte dell obbligazione risarcitoria afferma la S.C. - deve essere costituita dal reato, ma poco rileva se il relativo danno civile sia immanente o, per così dire, esteriore rispetto al fatto criminoso. Il reato dal quale deriva un danno risarcibile non è il reato come fattispecie normativa o modello legale, bensì il reato come fatto illecito, visto nella sua materialità, nella quale si esprime l efficacia dell azione dell agente e che comprende sia elementi che fanno capo all illecito penale sia quelli che fanno capo all illecito civile. Ne discende che il fatto produttivo di un danno si identifica nell azione comunque lesiva di un diritto la cui tutela non può che trovare legittimo inserimento nel processo penale, dalla cui definizione dipende la quantificazione del danno stesso. E in tale ottica che va verificata la dipendenza diretta ed immediata del danno dall illecito penale considerato nella sua materialità; la responsabilità civile del colpevole sussiste non soltanto in relazione all offesa del bene oggetto della specifica tutela penale, ma anche in relazione ad ogni altro interesse patrimoniale o non patrimoniale, riconducibile nell ambito della condotta delittuosa in virtù di un nesso di derivazione eziologico. Orbene, è innegabile come gli interventi legislativi in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro che si sono succeduti negli ultimi decenni, abbiano sempre

più evidenziato la funzione dell INAIL quale Ente deputato alla tutela dell integrità psico-fisica dei lavoratori (es. artt. 5-8-9-10 e 11 T.U. 81/2008). In tale ottica, allora, è indubitabile che il danno derivante all INAIL dalla condotta illecita di chi cagioni la morte o le lesioni personali con violazione della normativa antinfortunistica, costituisca conseguenza diretta ed immediata del reato, a nulla rilevando né la fonte giuridica, né la disciplina di tutela infortunistica dell intervento INAIL, ma soltanto il rapporto di causalità, ex art. 40 e 41 c.p., tra la condotta illecita e l erogazione delle prestazioni in favore della vittima del reato. Ed allora, alla luce del suddetto rapporto di causalità, appare chiaro che la condotta di chi abbia posto in essere la fattispecie tipica della norma penale, violando la normativa antinfortunistica e causando così le lesioni personali o la morte di un lavoratore, costituisca conditio sine qua non e, quindi, causa della erogazione delle prestazioni che, in assenza di tale condotta, e, quindi, in assenza dell evento lesivo, non sarebbero state erogate. Già prima dell intervento del legislatore del 2007/2008, in diversi processi penali di grande impatto socio ambientale, alcuni giudici di merito avevano ritenuto legittima la costituzione di parte civile dell INAIL, pur senza affrontare nello specifico la problematica dell azione di regresso e quindi il diritto dell Istituto ad ottenere il rimborso delle prestazioni erogate. D altro canto, anche lasciando per un attimo da parte l azione di regresso di cui ai citati artt. 10 e 11, non può essere negato il diritto dell INAIL alla tutela della propria sfera di integrità funzionale, amministrativa e finanziaria la quale, nel caso di reati di lesioni ed omicidio commessi con violazione della normativa antinfortunistica, viene aggredita e turbata nel suo equilibrio per effetto delle gravissime violazioni di specifiche norme poste a tutela della salute dei lavoratori e dai comportamenti omissivi degli autori dei reati. In ogni caso, alla vigilia del riassetto di tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro (Legge delega 123/07 e successivo D. L.vo 81/2008), i tempi erano maturi perché all INAIL, in quanto soggetto danneggiato dal reato fosse riconosciuta la piena legittimazione a costituirsi parte civile al fine di esercitare l azione di regresso anche in sede penale e, tanto, pur nella consapevolezza della diversità di tale ultima azione da quella di risarcimento del danno. Il legislatore del T.U. sulla sicurezza, quindi, con l evidente volontà di conferire all INAIL un ruolo e dei poteri più incisivi, al fine di migliorare la tutela della

salute dei lavoratori anche con azioni aventi carattere di deterrente e strumenti punitivi più efficaci nei confronti dei responsabili degli infortuni, ha stabilito che in caso di esercizio dell azione penale per i delitti di omicidio colposo o lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all INAIL ai fini dell eventuale costituzione di parte civile e dell azione di regresso. Purtroppo il tenore letterale della norma ha destato, nell immediatezza, qualche problema di interpretazione. Una parte della dottrina ed una giurisprudenza minoritaria, con argomentazioni fatte proprie sistematicamente dalle difese degli imputati in tutti quei processi dove l NAIL ha esercitato l azione di regresso costituendosi parte civile, hanno sostenuto che mancando un preciso riconoscimento del diritto dell Istituto di costituirsi parte civile ai fini di far valere nel processo penale l azione di regresso, non sarebbe possibile riconoscere all INAIL la possibilità di scegliere tra azione penale ed azione civile. In altri termini, pur riconoscendo la possibilità per l INAIL di esercitare azione risarcitoria nell ambito del processo penale, in relazione ai danni che dal reato sarebbero derivati all Ente, l azione di regresso, tesa come abbiamo visto ad ottenere il rimborso delle prestazioni erogate, sarebbe comunque esclusa in quanto azione speciale esperibile esclusivamente in sede civile. Secondo i fautori di tale orientamento proprio il tenore letterale della norma- ai fini dell eventuale costituzione di parte civile e dell azione di regresso- non lascerebbe adito a dubbi avendo tenuto, il legislatore, distinta l azione di regresso dalla costituzione di parte civile. Questa posizione minoritaria è stata, tuttavia, smentita non solo da una ormai diffusa e consolidata giurisprudenza di merito, ma finanche da una decisione della S.C. di Cassazione, la n. 47374 del 9 ottobre 2008. Con quest ultima sentenza i giudici di legittimità, riformando una precedente pronuncia della Corte d Appello di Trento, sez. distaccata di Bolzano, hanno

definitivamente chiarito l esatta portata della innovazione legislativa introdotta con l art. 61 cit., evidenziando, con un analisi precisa e coerente le ragioni che inducono oggi a ritenere l INAIL legittimato ad esercitare l azione di regresso nell ambito del processo penale per i reati di lesioni personali ed omicidio. La norma in questione, hanno sostenuto i giudici della Suprema Corte, è stata evidentemente dettata allo scopo di migliorare il coordinamento tra azione penale ed azione civile di regresso dell INAIL per il recupero delle somme erogate a favore dell infortunato, in un quadro complessivo di rapporti tra le due azioni assai complesso e controverso, quale delineato, in particolare dalla giurisprudenza civile di questa Corte che della questione ha avuto modo di occuparsi sotto il profilo della sospensione del processo avente ad oggetto l azione civile di regresso in pendenza dell azione penale. Partendo proprio da quell evoluzione giurisprudenziale e normativa dell azione di regresso, di cui abbiamo parlato nella prima parte del lavoro, la Cassazione ha sottolineato come la disposizione in parola si fosse inserita in un quadro di totale assenza di collegamento tra quanto accertato in sede penale ed in sede civile ed di come il legislatore avesse inteso, con un intervento chiaramente innovativo, favorire l azione di rivalsa, il cui effetto deterrente nei confronti dei datori di lavoro inadempienti alle misure di sicurezza e prevenzione, è sempre stato evidente nel panorama della normativa antinfortunistica. L azione di regresso verrebbe, dunque, favorita sotto un duplice aspetto, quello dell ampia e generalizzata conoscenza dell esercizio dell azione penale, finalizzata a perseguire i reati dai quali presumibilmente sono scaturiti gli infortuni e le malattie professionali ammesse alla tutela previdenziale, e quello consistente nella facoltà di agire in regresso anche nel processo penale attraverso la costituzione di parte civile; concludendosi che, alla luce della nuova normativa, l INAIL può agire indifferentemente in sede penale o in sede civile per cercare di recuperare le somme erogate a titolo di prestazioni previdenziali