Progetto La comunità dell'ecomuseo alla ricerca della sua memoria: i nostri migranti negli anni Cinquanta

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Progetto La comunità dell'ecomuseo alla ricerca della sua memoria: i nostri migranti negli anni Cinquanta Trentin Teresina, Telve di Sopra nata nel 1936 Dove e per quanti anni è rimasta all estero? Mio padre è partito in ottobre del 1948 per il Belgio, a Maurage, per andare a lavorare nella miniera chiamata La Garenne. Mio fratello ha invece lavorato nella miniera Maria Josè. Mio papà ha poi richiamato la sua famiglia a giugno del 1949 perché aveva trovato un alloggio. La mia famiglia è ritornata a Telve di Sopra nel 1958, mentre io e mio fratello nel 1959. Quale lavoro svolgeva? Mio papà lavorava in miniera, sottoterra. C erano 3 turni: alla mattina staccavano il carbone con una specie di compressore mentre mio padre lavorava il pomeriggio, liberavano gli scivoli perché quelli della notte potessero minare. Mio fratello invece lavorava in superficie, costruiva le armature di legno che servivano per poter lavorare in galleria. Lavoravano anche di sabato e prendevano paga tutte le settimane. Mio mamma si occupava della casa, ma teneva anche i costi. Faceva da mangiare ad altri lavoratori, che facevano colazione e pranzo e poi gli preparava il caffè. Aveva molto lavoro. Io ho frequentato la scuola ancora per un anno, nel 1949, ad agosto o settembre. Poi sono andata a lavorare. Ho fatto 7 mesi e poi altri 5 da una famiglia belga, mi occupavo di 2 bambini, facevo pulizie e lavoravo in cucina. Loro parlavano in francese: io ho fatto un anno di scuola, capivo il francese ma certe parole specifiche non le conoscevo. Poi però ho fatto presto ad imparare. C era una donna che veniva a fare le pulizie delle camere e io le davo una mano. Dopo sono andata in fabbrica a fare giornata, dove ho fatto circa 5-6 mesi. Era una grossa fabbrica di ceramica. Facevano vasi, servizi di piatti, che venivano anche decorati. Io mi occupavo di trasferire il disegno sulle tazzine del caffè. C era una base di piombo su cui si mettevano le tazzine, senza manico. C era il disegno sullo stampo, io avevo una pistola con il colore che si spruzzava attraverso lo stampo. Il disegno doveva essere fatto bene. Alcune erano molto veloci, riuscivano a fare 120 tazzine al giorno. I capi erano contenti del mio lavoro, perché ci mettevo molta cura. Poi sono andata in una famiglia, madre e figlia. Erano belgi. Io lavoravo in casa e aiutavo la signora in cucina, che era molto brava a far da mangiare. Dopo ancora sono andata da un altra famiglia di bottegai italiani. Io lavoravo in casa, ma poi, quando la signora è rimasta incinta mi ha insegnato anche il lavoro in bottega, in particolare con la bilancia. Era una bottega di generi alimentari, soprattutto italiani (pasta, conserva, formaggio...). Qui ci venivano tanti italiani. Mi sono trovata bene, bisogna adattarsi ma io sono sempre trattata bene.! "

Come si è trovata? Quali erano i rapporti con la gente del posto e con gli altri lavoratori (trentini e non)? Noi alloggiavamo in una baracca. Si trattava delle baracche di un ex-campo di concentramento che hanno risistemato per metterci gli operai delle miniere. In ogni baracca, molto grande, c erano 5 alloggi, con cucina e due camerette. In ogni alloggio stava una famiglia. I bagni erano in un altra baracca, con i gabinetti, numerati e chiusi a chiave. Erano molto piccoli. Per scaldare si usava il carbone, che veniva messo in una piccola rimessa: ci davano 5 quintali di carbone al mese. Comunque era caldo, specie in cucina, un po meno nelle camere. Per fare la spesa c erano alcuni negozi. Quello in cui ho lavorato io lo hanno aperto dopo, nel 1953-54. C era un negozio, detto la cantina di Mario, dove si vendevano tanti prodotti italiani. C era poi un altra cantina gestita da una famiglia belga, che aveva anche la cucina, dove chi era da solo poteva cucinarsi. Questi stavano in un alloggio assieme ad altri 2 o 3 colleghi senza famiglia. Con le altre persone siamo sempre andati d accordo. Tanti provenivano dal sud ma c era anche qualche famiglia di trentini. La scuola che ho frequentato si trovava in paese, a Maurage. Era gestita dalle suore. C erano anche le scuole pubbliche, che non erano gestite dalle suore, in particolare per i belgi; ma ci potevano andare anche gli italiani, se volevano. Anche mio fratello più giovane è andato a scuola in Belgio ma le ha finite qui in Italia. In Belgio c erano anche delle suore italiane che facevano qualche ora di scuola ai bambini italiani, figli degli emigrati. Qualche volta con la mia famiglia siamo anche andati a visitare alcune città del Belgio. Viaggi Andavamo in Belgio in treno: Trento-Milano, Milano-Basilea, da Basilea fino in Francia, poi fino in Lussemburgo e poi in Belgio fino a Bruxelles e poi con treno e tram fino a casa. Il viaggio era molto lungo, si partiva la mattina da Trento e si arrivava la mattina del giorno dopo. Chi lavorava in miniera aveva 12 giorni di ferie pagate, oltre ad 8 giorni ad agosto e 30 coupon per viaggi andata (15) e ritorno (15) all interno del Belgio. Quindi, quando si tornava in Italia, fino al confine con il Lussemburgo si viaggiava gratis.! #

Immagini e documenti Fig. 1 Belgio: Giuseppe, Teresina, Giovanna Furlan, Giancarlo (davanti) e un amica di famiglia in occasione della festa di Santa Barbara, quando il padre Decimo era uscito dalla miniera Fig. 2 Teresina Trentin con il padre i genitori davanti alla baracca in cui alloggiavano! $

Fig. 3 Belgio: la famiglia di Decimo Trentin in un momento di festa Fig. 4 Belgio: Teresina Trentin con la mamma e l amica Alfonsina nell orto presso la loro baracca. Sullo sfondo il terril, montagna della terra che proveniva dalla vicina miniera! %

Fig. 5 Belgio: orto della baracca di Decimo Trentin, sullo sfondo il terril della miniera L iniziativa è stata realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto! &