«A mezzanotte i conigli falciavano...»

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Transcript:

«A mezzanotte i conigli falciavano...» Alexey Jenscin (www.weburg.ru) «A mezzanotte i conigli falciavano l erba nello spiazzo boschereccio...» - recita un verso di una canzone dell'assurdo nel film Braccio di diamanti film adorato da tutti i russi, commedia evergreen del 1969, poi lacerata dalle citazioni ormai diventate folklore. (n.d.t., A. Kokin) C è un tocco di ironia nel fatto che Pinocchio sia stato messo in scena proprio al Teatro delle Marionette. Tradizionalmente qui sono i pupazzi a rappresentare gli esseri viventi - persone, animali o qualche volta anche mobili animati invece, nello spettacolo creato dalla compagnia italiana, sono attori vivi a simulare burattini meccanici. Forse per questo motivo nello spettacolo non c è nessun personaggio umano: né mastro Geppetto, né il burattinaio malvagio. Ciò che avviene è una sorta di strano putiferio nel mondo burattinesco, dove qualsiasi intervento umano equivale a quello divino. Così parlando con il Burattinaio che sta per bruciare Pinocchio nel suo braciere, tutti i personaggi guardano spaventati verso l'alto, facendo sembrare l incenerimento del burattino di legno un atto parasacrale, quasi un sacrificio religioso.

Questa è magari una lettura che i creatori dello spettacolo non intendevano necessariamente perseguire, così come forse non intendevano investire di carico semantico particolare quattro personaggi secondari, che eppure, meravigliosamente, risultano sorprendenti, strani e di conseguenza indimenticabili. Sono conigli. Neri. Lucidi. Quattro ruotine al posto delle zampe. Agiscono nella periferia della trama, funzionano come un lazzo spassoso che torna utile come porta attrezzi, ma quasi inavvertitamente aggiungono alle disavventure del ragazzino di legno tutta una serie di associazioni, a partire dal Coniglio Bianco di Alice fino al fantasma orecchiuto di Donnie Darko. D altronde, queste associazioni non sono prive di utilità: le storie di Donnie, e ancor più Alice, come anche anche la favola di Pinocchio, raccontano la crescita e il superamento dell'infantilismo, l'acquisizione di responsabilità, consapevolezza e mille altre cose che contraddistinguono la persona matura rispetto al bambino, da 3 a 103 anni. Lasciando tra parentesi la controversia tra la bellezza dell'infanzia ed il bisogno di maturità, si può dire che la parte didattica di Pinocchio sia riuscita completamente.

Tra l altro, le sentenze che la Fata Turchina rilascia al ragazzino di legno sono confezionate molto diligentemente e pronunciate in maniera straniata. Non appena la Fata dice frasi come «L ozio e una bruttissima malattia», i suoi movimenti plastici e la sua intonazione diventano quelle di una bambola meccanica. La gran parte del pubblico oggi ha sviluppato un'idiosincrasia nei confronti dell'enfasi moraleggiante che, per inciso, Carlo Collodi invece non si vergognava per nulla di diffondere - perciò meglio mostrare che sono ingranaggi speciali a produrre sermoni noiosi. Altra considerazione da fare è che la stessa gran parte di pubblico abitualmente si aspetta dalla riduzione scenica di un libro un illustrazione dettagliata di quest'ultimo e quindi non si scomoda a (ri)leggere la fonte letteraria: vogliono ancora il boccone pre-masticato. Il Pinocchio andato in scena al Teatro delle Marionette non appartiene a questa categoria. Molti avvenimenti sono concentrati in qualche metafora, alcune cose evidenti per la coscienza culturale italiana sono presentate di sfuggita. Lo spettacolo ha un ritmo travolgente e non si ferma a dare spiegazioni agli spettatori ritardatari. Perché il burattinaio malvagio lascia andare Pinocchio? La risposta è nel libro e la sanno tutti. Cosa sono quelle fauci sul fondale? È il pesce cane, ma non avete letto la favola? Mai?

A rendere meno agevole la comprensione si aggiungono gli echi narrativi della versione russa della favola, Le Avventure di Burattino o la Piccola chiave d oro di Alexey Tolstoy, il quale ha parecchio rielaborato la storia in favore della componente avventuristica. Nonostante i due pezzi di legno abbiano un inizio comune nati dallo scalpello di Geppetto / Carlo, vendono l'abbecedario per avere un biglietto per il teatrino di Mangiafuoco / Carabas, per farsi poi fregare dal Gatto e la Volpe nel Campo dei Miracoli - il proseguimento della storia è invece molto diverso. Mentre Pinocchio continua a mancare alla parola data, ricevendo punizioni fino a trasformarsi in asino anziché in bambino in carne ed ossa, ma alla fine realizza il suo sogno e diventa un ragazzo vero, Burattino di Tolstoy passo dopo passo da vero protagonista di un romanzo di avventura si avvicina alla soluzione del mistero del caminetto col fuoco dipinto. E la sua natura legnosa non lo turba per niente. L'ignoranza dell'originale, unita agli echi persistenti della versione russa che è assolutamente un altra storia, rischiano di giocare un brutto tiro allo spettatore impreparato. Costui, esitando sulla trama, si trova incapace di apprezzare il livello di regia e di recitazione, né cosa più importante una sfilata singolare di immagini. Colpa del regista? Niente affatto. Per andare a teatro bisogna essere anche un po preparati a certe cose. Pinocchio è uno di quegli spettacoli rari (almeno sulle scene di Ekaterinburg), che chiede dallo spettatore uno sforzo quasi paragonabile a quello del regista.

Parlando della regia, devo costatare anche alcune mancanze tra cui in primis il finale precipitoso. Capisco che nel concept scelto dalla regia non ci sia probabilmente posto anche per l incontro tra Pinocchio e Geppetto nel ventre del pesce cane, ma il regista precipita la fine della storia presentandoci Pinocchio che finisce di leggere il libro delle sue stesse avventure, trascurando tutte le peripezie di liberazione. Insieme a quelle avventure, viene così a mancare anche la gioia di riunificazione con il padre Geppetto e la felicità dell'acquisizione della natura umana. Emozioni preziose per la comprensione dello spettacolo che non andrebbero trascurate. E nonostante ciò, in generale, Pinocchio risulta uno spettacolo smagliante e stravagante, vigoroso e sfarzoso, con uno stile tutto suo. Uno spettacolo qualche volta spaventoso, ma sempre pieno di inventiva e popolato da personaggi sorprendenti: i truffatori Gatto&Volpe attraversano il palco su dei monopattini, Lucignolo che attira Pinocchio nella trappola del Paese dei Balocchi si sdoppia in due figure identiche dal viso di porcellana, il lutto funebre dei conigli neri si converte nello squittio di topi. La tetraggine della storia, permeata dal tema della morte, è diradata dalla recitazione burattinesca e grottesca. La didattica della favola di Collodi è mixata con umorismo e fascino scenico. Il colorito italiano è amalgamato con burle prettamente russe, quale addirittura la frase «Evviva il Nostro tribunale, il tribunale più umano del mondo!» Ma la sorpresa più grande di questo spettacolo è probabilmente questa: esso esige dal pubblico la stessa cosa che è chiesta al protagonista, crescere.