Le modifiche proposte dal ddl n. 1167/2008 alle normative sui permessi per l assistenza e sui trasferimenti Il disegno di legge n. 1167/2008 (in materia di lavori usuranti, congedi per aspettative e permessi, misure contro il lavoro nero, ammortizzatori sociali ecc.) ha previsto anche alcuni interventi sulle norme poste a tutela delle persone disabili in situazione di gravità. Vengono modificati l art. 33 della legge n. 104/1992 (Legge quadro sull handicap) e l art. 20 della legge n. 53/2000 (Disposizioni per il sostegno di maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), ma l intervento ha un riflesso indiretto su tutta la normativa relativa ai permessi.. Si tratta di modifiche che, seppur in misura diversa e talvolta apparentemente tecnici, porterebbero, se approvati, alla riduzione dei diritti dei disabili e dei familiari che li assistono. Il comma 3 dell art. 33 della legge n. 104/1992 viene sostanzialmente modificato, andando a prevedere il diritto alla assistenza solo per il parente o affine entro il secondo grado, anziché per il terzo grado come è attualmente (vedere in allegato la nota sui gradi di parentela o affinità). La correzione è mitigata dalla successiva previsione che mantiene il diritto anche per parenti o affini di terzo grado a condizione che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. La modifica prevede che il diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. La disposizione, non univoca, sembrerebbe volta ad impedire che il disabile possa essere assistito alternativamente da più familiari lavoratori dipendenti, salvo nel caso previsto con l ultima frase, in cui si precisa che i genitori, anche adottivi, possono fruirne alternativamente dei permessi. Una modifica tecnica viene introdotta al comma 5 dell art. 33 della legge n. 104/1992 in cui il diritto (ridimensionato dal precedente comma 3 in relazione ai soggetti) di scelta della sede di lavoro, o di resistere al trasferimento si riferisce al domicilio della persona da assistere e non più al domicilio della persona che assiste. Viene aggiunto un comma 7 bis, prevedendo la decadenza dei diritti (ferme restando eventuali responsabilità disciplinari) in caso di accertamento della insussistenza
o del venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Si tratta di una novità solo apparente di cui non si capisce la ratio. L art. 20 della legge n. 53/2000 (Estensione delle agevolazioni per l assistenza a portatori di handicap) verrebbe invece modificato eliminando il riferimento (fra i soggetti aventi diritto ai permessi) ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente. La modifica, avendo lasciato invariato il testo dell articolo 19 che ha eliminato il requisito della convivenza, sembrerebbe semplicemente eliminare il requisito della esclusività della assistenza (introdotto proprio a compensazione della eliminazione del requisito della convivenza). Anche in questo caso, tuttavia, la disposizione presenta elementi di incertezza, e va esaminata alla luce del testo del comma 5 dell art. 33 della legge n. 104/1992, così come risulterebbe dalle modifiche introdotte da questo stesso disegno di legge (v. sopra). Si allegano i testi delle leggi nella versione vigente, nella versione con le modifiche proposte dal disegno di legge e nella versione originale nonché una breve nota sui gradi di parentela ed affinità.
ALLEGATI Art. 33 della legge n. 104/1992 nel testo vigente, nel testo con le modifiche previste dal ddl n. 1167/2008 e nel testo originale Art. 33 (testo vigente, con le modifiche proposte in rosso) Agevolazioni 1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.1 2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavori di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.2 ******************************************************************** 3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.3 Verrebbe sostituito da: 3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente»;
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all'art. 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del medesimo art. 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.4 5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.5 Diventerebbe: 5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.5 ******************************************************************** 6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.6 7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.7 Si aggiungerebbe: 7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro, avvalendosi dei competenti organi della pubblica amministrazione, accerti l insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti Note 1 C. abrogato dall'art. 86 del T. U. (l. n. 151/2001, v. art. 33, c. 1, del T. U. 2 V. art. 33 del T. U.. 3 C. così modificato dall'art. 19 l. n. 53/2000. L art. 2, l. n. 324/1993 ha dato l'interpretazione autentica dell'espressione «hanno diritto a tre giorni di permesso mensile», stabilendo 4 Le disposizioni di cui al presente comma sono ora contenute negli articoli 43 e 44 del T. U.. 5 C. così modificato dall'art. 19, l. n. 53/2000. 6 C. così modificato dall'art. 19, l. n. 53/2000. 7 L'art. 20, l. n. 53/2000 ha ampliato le agevolazioni previste dall'articolo 33 l. n. 104/1992, stabilendo che si applichino anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente. Le disposizioni del presente comma sono ora contenute negli articoli 36 e 45 del T. U..
Articolo 33 (testo originale) Agevolazioni. 1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. 2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavori di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. 3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno. 4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all'art. 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del medesimo art. 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903. 5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. 6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso. 7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.
Art. 20 della legge n. 53/2000 (testo vigente e con le modifiche previste dal ddl n. 1167/2008) Art. 20. (Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap) 1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente. Diventerebbe 1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
I gradi di parentela e affinità Parentela è il rapporto giuridico che intercorre fra persone che discendono da uno stesso stipite e quindi legate da un vincolo di consanguineità. Sono parenti in linea retta le persone che discendono l una dall altra (genitorefiglio), sono parenti in linea collaterale coloro che, pur avendo uno stipite comune (ad esempio il padre o il nonno), non discendono l una dall altra (fratelli o cugini). Nella linea retta il grado di parentela si calcola contando le persone sino allo stipite comune, senza calcolare il capostipite. Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti sino allo stipite comune (da escludere) e da questo discendendo all altro parente. Quindi (a titolo esemplificativo) Parenti di primo grado: figli e genitori (linea retta). Parenti di secondo grado: - fratelli e sorelle; linea collaterale: sorella, padre (che non si conta), sorella; nipoti e nonni; linea retta: nipote, padre, nonno (che non si conta). Parenti di terzo grado: nipote e zio; linea collaterale: nipote, padre, nonno (che non si conta - zio); bisnipote e bisnonno; linea retta: bisnipote, padre, nonno, bisnonno (che non si conta). Parenti di quarto grado: cugini; linea collaterale: cugino, zio, nonno (che non si conta), zio, cugino. La legge (salvo che per alcuni effetti determinati) non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado. La affinità è il vincolo fra un coniuge ed i parenti dell altro coniuge (gli affini di ciascun coniuge non sono affini fra di loro). Il grado di affinità è lo stesso che lega il parente di uno dei coniugi e quindi ( a titolo esemplificativo) sono: Affini di primo grado: suocero e genero (in quanto la moglie è parente di primo grado con il proprio padre), suocero e nuora, etc. Affini di secondo grado: marito e fratello della moglie (in quanto la moglie è parente di secondo grado con il proprio fratello), moglie e sorella del marito etc.. Affini di terzo grado: zio del marito rispetto alla moglie (lo zio è parente di terzo grado rispetto al marito-nipote), zia della moglie rispetto al marito ecc.. Affini di quarto grado: cugino del marito rispetto alla moglie (i cugini sono, fra di loro, parenti di quarto grado).