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I PROCESSI FONDAMENTALI DEGLI ECOSISTEMI LA PRODUZIONE PRIMARIA L'attività degli organismi fotosintetici permette l'ingresso di energia nell'ecosistema. Essi sfruttano l'energia solare per trasformare composti inorganici semplici in complesse molecole organiche. La fotosintesi: La fotosintesi avviene nei cloroplasti delle cellule delle foglie delle piante verdi. La fotosintesi è resa possibile da un pigmento, la clorofilla, che assorbe l'energia solare, specialmente le lunghezze d'onda rosse e blu, e la trasferisce a diverse reazioni chimiche (sotto forma di molecole mobili ad alta energia, ATP e NADPH) che comportano l'utilizzo di alcuni specifici enzimi. Questi enzimi sono in grado si estrarre energia dall' ATP e dal NADPH e permettono da una parte di spezzare le molecole d'acqua e di rilasciare ossigeno nell'atmosfera, dall'altra di utilizzare idrogeno e anidride carbonica per costruire molecole di carboidrati a partire da zuccheri semplici, come il glucosio. Per mantenere le complesse molecole biologiche che ne costituiscono i tessuti le piante, come tutti gli esseri viventi, devono spendere parte dell'energia che hanno accumulato. Questi processi vengono chiamati metabolici e comportano la perdita di energia sotto forma di calore. L'energia acquisita e stoccata dalla biomassa vegetale è la produzione primaria. 12 H2O + 6 CO2 + energia (709 kcal) C6H12O6 + 6 O2 + 6 H2O Durante la trasformazione, non si modifica la quantità di materia (materia dei reagenti = materia dei prodotti) per la legge di conservazione della materia. La respirazione:ologia modulo 9: i pro La respirazione è proprio l'opposto della fotosintesi.i carboidrati vengono pertanto bruciati grazie all'ossigeno presente nell'ambiente e per opera di alcuni enzimi metabolici, con il risultato di un rilascio di anidride carbonica, acqua e calore nell'ambiente. mentali negli ecosistemi [ 3 ] C6H12O6 + 6 O2 + 6 H2O 12 H2O + 6 CO2 + calore (709 kcal) Naturalmente l'accumulo di materia vivente nelle piante (cioè la produzione primaria) è possibile perché la fotosintesi e la respirazione non si compensano, ovvero l'energia catturata attraverso il processo di fotosintesi è maggiore dell'energia persa col processo di respirazione. E questo nonostante che di notte avvenga solo la respirazione. La differenza di energia viene immagazzinata come tessuto vegetale che, tra l'altro, costituisce il cibo per gli erbivori e rende quindi possibile il trasferimento di energia agli organismi eterotrofi. Più precisamente, con riferimento ad un determinato lasso di tempo, si definisce: Produzione primaria lorda (PPL) = energia acquisita con la fotosintesi Produzione primaria netta (PPN) = PPL - energia persa con la respirazione

Cenni di chimica Ogni elemento ha diverso n atomico (n protoni) ; n di massa: n protoni + neutroni. Gli elementi con nà massa diverso da n atomico sono detti isotopi. L'unità di massa atomica è 1 u = dodicesima parte della massa dell'atomo di carbonio 12. Una mole è la quantità di sostanza che contiene Na (numero di Avogadro) unità di quella sostanza. 1 mol di NaCl = 1 mol Na + 1 mol Cl MISURARE LA PRODUZIONE PRIMARIA La misura delle produzioni primarie, sia lorda sia netta, costituisce un argomento di grande importanza, in quanto permette di capire su quale flusso di energia possa contare un determinato ecosistema ai fini del proprio funzionamento. I metodi sono parecchi e differiscono a seconda dell'ecosistema considerato. Ambiente terrestre: Metodo diretto: misurare i cambiamenti di concentrazione di CO2 nell'aria attorno alle piante. A questo fine si racchiude una pianta o parte di essa in un involucro trasparente e si misurano i flussi di CO2. Infatti esiste un ben preciso rapporto tra la quantità di energia solare catturata da una pianta e la quantità di anidride carbonica scambiata con l'atmosfera. Se consideriamo la reazione della fotosintesi come espressa in moli, allora l'energia solare necessaria perché avvenga la reazione è esattamente 709 kcal. A ogni consumazione di 6 moli di CO2 da parte della pianta, questa assorbe 264 g, si cui 72 di carbonio. 1 mol di C = 12 g 1 mol di O = 16 g 6 mol CO2 = (12 + 16 x 2) x 6 = 264 g = 709 kcal Ogni volta che si consumano 12 H2O + 6 CO2 + energia vengono stoccati 72 g di carbonio Es: abete di Douglas in un giorno primaverile e in un giorno estivo. Si noti che ovviamente di notte il flusso di CO2 è negativo, perchè è operante solo la respirazione. La misura del flusso di CO2 di giorno è indicativo della produzione primaria netta, in quanto sia la fotosintesi sia la respirazione sono presenti. Le misure notturne permettono di valutare l'energia persa per sola respirazione e di risalire quindi alla produzione primaria lorda. Da notare anche l'influenza dell'intensità luminosa e della temperatura. Le misure dirette di scambio del carbonio con l'atmosfera sono comunque piuttosto sofisticate in quanto richiedono l'uso di strumentazione complicata. Metodo indiretto: Il metodo più semplice di misura della PPN è quello che fa ricorso al rilevamento e al bilancio degli incrementi e delle perdite di biomassa della foresta o della prateria di cui si voglia misurare la produzione primaria. Indichiamo con t1 e t2. l'intervallo di tempo relativamente al quale vogliamo misurare la PPN. Con opportuni metodi si possono rilevare le biomasse dei produttori primari in t1 e t2. La produzione primaria netta non è altro che l'energia che viene utilizzata nell' intervallo di tempo per sintetizzare nuova biomassa. Si potrebbe perciò pensare che l'equivalente in biomassa della PPN è. Ma questo sarebbe vero solo se in tale periodo non ci fossero perdite di biomassa dovute alla morte di piante o di parti di piante. Poiché a causa dell'azione degli erbivori, del prelievo da parte dell'uomo e dei naturali processi di invecchiamento tali perdite si verificano, bisogna tenere conto che una parte della PPN va semplicemente a rimpiazzare la biomassa morta. Perciò per un corretto calcolo della PPN si deve anche misurare quanta biomassa viene persa per mortalità durante l'intervallo di tempo considerato, ovvero. In definitiva la produzione primaria netta in termini di biomassa si ottiene: PPN = B + M (t1,t2).

Tale valore può essere convertito in kcal mediante la valutazione a mezzo di bomba calorimetrica del contenuto calorico medio della biomassa dei produttori. Così pure si può convertire tale valore in moli di anidride carbonica, come visto precedentemente, o equivalentemente in grammi di carbonio. Per gran parte dei tessuti delle piante il contenuto di carbonio è circa il 45-50% del peso secco (cioè della biomassa privata di acqua). Perciò i valori di PPN espressi in peso secco sono di solito un po' più del doppio di quelli espressi in carbonio. Ambienti acquatici: Il metodo di gran lunga più usato per misurare la produzione primaria è quello che rileva le variazioni delle concentrazioni di ossigeno (le concentrazioni di ossigeno disciolto sono estremamente basse e possono venire influenzate in modo rilevante dalla fotosintesi di alghe e piante acquatiche e dalla respirazione degli organismi acquatici, siano essi vegetali o animali). L'idea perciò è di misurare i flussi di ossigeno sapendo che la produzione di 6 moli di ossigeno nel processo fotosintetico equivale all'assorbimento di 709 kcal. In pratica si utilizza il cosiddetto metodo delle bottiglie chiara e scura. Ad una certa profondità vengono presi campioni d'acqua contenenti fitoplankton e viene misurata la concentrazione di ossigeno. Tali campioni vengono poi immediatamente sigillati in bottiglie chiare e scure e risospesi alla medesima profondità (cioè con le medesime condizioni di temperatura e di intensità luminosa). Nelle bottiglie chiare avviene ovviamente sia la fotosintesi sia la respirazione, in quelle scure solo la respirazione. Dopo un certo tempo le bottiglie vengono ricuperate e si misura la variazione della concentrazione di ossigeno avvenuta. Il cambiamento di concentrazione di ossigeno nelle bottiglie chiare fornisce una misura della produzione netta, non del tutto precisa in quanto include la respirazione anche di batteri e zooplankton; il cambiamento di concentrazione nella bottiglia scura fornisce una misura della respirazione delle alghe, dei batteri e dello zooplankton. Sommando la produzione netta calcolata dalla bottiglia chiara alla respirazione calcolata dalla bottiglia scura si ottiene la produzione primaria lorda, stimata con buona precisione perchè le due respirazioni, nella bottiglia chiara e in quella scura, anche se non riferite solo ai produttori primari, si elidono reciprocamente. Chiara: Fotosintesi e respirazione = PPN ; Scura: solo respirazione PPN + respirazione = PPL Biomi e produzione primaria Un bioma è una macroregione caratterizzata da un particolare clima e identificata principalmente dal tipo di vegetazione dominante. Con questi metodi di stima della produzione primaria è possibile stabilire come varia la PPN a seconda dei diversi tipi di vegetazione presenti nelle varie parti del nostro pianeta., È interessante notare come la PPN in ambiente terrestre raggiunga i suoi valori massimi nella foresta pluviale

tropicale e vada decrescendo progressivamente verso i poli. Tuttavia le praterie e le tundre sono meno produttive delle foreste presenti alle medesime latitudini. La produzione primaria dell'oceano aperto è molto bassa, paragonabile a quella della tundra artica e dei deserti, ma le zone di mare prossime alla terraferma, e in particolare estuari e lagune, possono essere molto produttive, più del terreno coltivato. Si noti però che l'oceano aperto ha il più alto rapporto tra PPN e biomassa che la produce: il fitoplankton infatti non ha strutture di sostegno e tutta la biomassa concorre al processo di fotosintesi. È anche interessante stabilire delle stime complessive (riferite cioè all'intero globo terracqueo) della produzione primaria netta e della biomassa e stabilire in quale proporzione i vari ecosistemi concorrono al bilancio globale. È interessante notare come la produzione primaria netta per unità di area negli ecosistemi marini è decisamente inferiore a quella degli ecosistemi terrestri, ma, a causa della maggiore estensione dei mari rispetto alla terraferma, la PPN totale è di poco inferiore a quella degli ecosistemi terrestri. Tale PPN, come già fatto osservare, è poi ottenuta con una biomassa che è circa lo 0.46% di quella delle piante terrestri. IL CONCETTO DI EFFICIENZA EFFICIENZA NEGLI AUTOTROFI efficienza fotosintetica: ef = PPL / radiazione solare efficienza di produzione netta: en = PPN / PPL ordini di grandezza: ef ~ 0.002 oceani ef ~ 0.004 terraferma en ~ 0.4 0.6 L'efficienza fotosintetica difficilmente supera il 2%, anzi in genere è molto più bassa. La luce che arriva al suolo è in eccesso rispetto alle capacità fotosintetiche delle piante terrestri e per quanto riguarda il fitoplankton poi si può addirittura avere un fenomeno di inibizione: troppa luce ostacola il processo di fotosintesi. Le ragioni per cui l'efficienza fotosintetica "ecologica" è molto minore di quella teorica biochimica sono svariate:

1. buona parte dei fotoni incidenti sulla superficie di un ecosistema cadono sul suolo nudo o su tessuti non contenenti clorofilla e così via; 2. della radiazione incidente solo circa il 45% appartiene a lunghezze d'onda utili per la fotosintesi (come noto, è la luce visibile blu e rossa quella maggiormente assorbita dalla clorofilla); 3. Altri fattori limitanti possono essere le condizioni molto diverse di disponibilità di luce e di nutrienti e le variazioni della radiazione a scala sia diurna sia stagionale ( il risultato dei diversi compromessi tra le diverse esigenze è una bassa efficienza). Nonostante che l'energia immagazzinata nelle piante sia in definitiva quella fornita dal sole, non è in generale la luce ad essere il fattore limitante che controlla la produzione primaria. Il fatto è che per produrre biomassa vegetale non basta energia. Servono anche acqua ed altri elementi chimici,non forniti dalla fotosintesi (quelli fondamentali sono azoto, fosforo e zolfo). Altri elementi come silicio o ferro o manganese sono importanti, ma di solito non costituiscono quantitativamente una parte rilevante della biomassa e sono presenti nell'ambiente in quantità sufficienti ai bisogni dei produttori primari. LA PRODUZIONE SECONDARIA Mentre le piante sono in grado di procurarsi energia col processo di fotosintesi clorofilliana, gli altri organismi (eterotrofi) devono provvedere a questa necessità ingerendo biomassa, viva o morta. Non tutto il cibo ingerito può essere digerito ed assimilato. Molti animali predatori ingeriscono le loro prede intere, ma naturalmente peli, ossa, piume, cartilagini non vengono digeriti, bensì o vengono rigurgitati o finiscono nelle feci. Analogamente cellulosa e lignina non sono digerite dagli erbivori e anche una buona parte della materia organica morta utilizzata dai detritivori è inassimilabile. Tuttavia il flusso di biomassa scartata (egestione) è di solito frammentato meccanicamente ad ogni passaggio attraverso diversi organismi della catena di detrito e quindi reso disponibile a detritivori sempre più specializzati. Dell'energia che viene assimilata una parte viene subito spesa per mantenere gli organismi eterotrofi funzionanti, cioè viene impiegata sia nei processi metabolici di base sia in quelli che servono a compiere le attività fondamentali: procacciarsi il cibo, crescere e riprodursi. Questo flusso di energia è stato indicato come respirazione, perché è questo processo di ossidazione, già discusso per i produttori primari, che fornisce l'energia per il metabolismo. Una buona parte di quest'energia poi, come in tutti i processi termodinamici, si disperde nell'ambiente sotto forma di calore. Inoltre la biomassa ingerita dagli eterotrofi contiene proteine, le quali sono particolarmente ricche di azoto. L'azoto in eccesso rispetto alle necessità degli organismi deve venire escreto, di solito in forma organica: ammoniaca nella maggior parte degli organismi acquatici, urea e acido urico in quelli terrestri. L'escrezione rappresenta un altro flusso di energia in uscita che viene a sottrarsi all'energia assimilata. Finalmente l'energia assimilata che non viene perduta nei processi di respirazione e di escrezione serve a costruire nuova biomassa viva o sotto forma di crescita dei tessuti dell'organismo che stiamo considerando o sotto forma di produzione di nuovi organismi (riproduzione). Il flusso di energia che viene assimilata dagli eterotrofi viene anche indicato come produzione secondaria lorda, mentre la

produzione lorda diminuita dei flussi dovuti alla respirazione e alla escrezione viene chiamata produzione secondaria netta. Parte della produzione netta va a rimpiazzare la biomassa che muore. Perciò, per calcolare la produzione secondaria netta, si può utilizzare, come per la produzione primaria, il metodo del bilancio delle biomasse pur di ricordarsi che alla differenza tra le biomasse vive all'inizio e alla fine del periodo considerato va aggiunta la biomassa totale morta durante tale periodo. Come per la produzione primaria possono venire definite delle efficienze che legano i principali flussi di energia coinvolti nella produzione secondaria. I processi fondamentali sono quelli della assimilazione e della produzione netta. efficienza di assimilazione: ea = PSL / ingestione efficienza di produzione netta: en = PSN / PSL efficienza di produzione lorda: el = ea en = PSN / ingestione ordini di grandezza: ea ~ 0.1 0.9 en ~ 0.01 0.4 Non va però trascurato che una buona parte dell'energia di scarto finisce nelle catene di detrito. Questo aspetto ha ricevuto fino a non molti anni fa scarsa attenzione, mentre più recentemente è divenuto chiaro che il ruolo del sistema di detrito, in termini di produzione e di respirazione, può avere una grande importanza nel funzionamento di un ecosistema. È perciò giusto, nell'ambito della produzione secondaria, dedicare un'attenzione speciale all'accumulo e utilizzo della materia organica morta da parte di detritivori e decompositori. LA DECOMPOSIZIONE Sia in ambiente acquatico sia in ambiente terrestre esistono cospicui flussi di materia organica morta. Ovviamente tale materia è inerte e tende quindi a precipitare o al suolo o sul fondo dei corpi d'acqua. Questo detrito funge da cibo per tutta una serie di organismi detritivori e, quando sufficientemente sminuzzato, può essere efficientemente attaccato da batteri, funghi e muffe. L attività degli organismi decompositori consente il ricircolo dell energia e della materia nell ecosistema rendendole nuovamente disponibili ai produttori primari. Nel processo di decomposizione vengono rilasciati H2O e CO2, nutrienti (la cosiddetta mineralizzazione, cioè la trasformazione di composti organici in inorganici da parte della fauna e flora microbica). D'altra parte in ambiente terrestre vengono anche prodotti composti organici altamente resistenti che vanno a costituire l'humus. Il processo di decomposizione è in genere abbastanza lento. I valori del tempo medio di decomposizione per i vari ambienti vengono valutati sperimentalmente mediante tecniche quali quelle dei pacchi fogliari. Una certa quantità di materia organica, ad es. foglie, viene racchiusa in un involucro a rete. Attraverso le maglie della rete, che possono essere modulate, non può penetrare ulteriore materia organica ma possono introdursi detritivori di dimensioni variabili e organismi decompositori. La mineralizzazione della biomassa viene

controllata periodicamente ottenendo andamenti della biomassa indecomposta rimanente. Si conformano piuttosto bene ad una curva esponenziale decrescente. La dimensione del comparto della materia organica nei vari ecosistemi o biomi è tanto maggiore quanto maggiore è il tempo medio di decomposizione. I processi decompositivi variano a seconda di temperatura ed umidità. Poiché in alcuni ambienti la decomposizione è lenta, ne consegue che il comparto della materia organica morta può risultare di notevoli dimensioni. Tale comparto per le catene di detrito riveste un'importanza analoga a quello dei produttori primari per le catene di pascolo. Anche dal punto di vista quantitativo la dimensione della MOM è paragonabile alla dimensione del comparto dei produttori primari e in molti casi superiore. DECOMPOSIZIONE NEI DIVERSI BIOMI Il processo di decomposizione in ambiente acquatico è forse meno conosciuto rispetto a quello in ambiente terrestre, anche per l'intrinseca difficoltà di studiare zone vaste e profonde come gli oceani. La differenza principale con la decomposizione in ambiente terrestre è che il particolato organico che precipita verso il fondo viene in grandissima parte degradato nella colonna d'acqua medesima e anzi negli strati superficiali. La ragione di questo fatto è che la colonna d'acqua ospita importanti popolazioni di batteri che mineralizzano il particolato organico, rilasciando anidride carbonica e nutrienti. In media la produzione dei batteri nella colonna d'acqua è circa il doppio della produzione dello zooplankton e che circa il 40% della produzione primaria netta va a rimpiazzare biomassa che è consumata dai batteri. Circa il 95% del carbonio presente nel particolato organico viene degradato entro una profondità di 3000 m e solo piccole quantità raggiungono il fondo degli oceani. Il processo di decomposizione continua comunque anche nel sedimento di mari e laghi, favorito dalla presenza di una fauna di fondo specializzata nell'utilizzo del detrito (il cosiddetto benthos) e di funghi e batteri. PRODUZIONE VS DECOMPOSIZIONE: STIME RECENTI