PAROLA E STORIA. Scritto da Mario Sabato 24 Maggio :11 -

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Transcript:

La Parola di Dio che si proclama nella celebrazione eucaristica domenicale non è solo affermazione di verità o resoconto di fatti lontani, ma lettura della nostra storia secondo il progetto di Dio. Ascoltare la Parola è fecondare la vita con gli atteggiamenti, i valori, la forza del Regno di Dio. PAROLA E STORIA Nella liturgia, alla fine di ogni lettura, siamo abituati a sentir dire: «Parola di Dio». Ma cosa significa «Dio parla»? Come può Dio esprimersi con la parola? Non sarà forse, come tanti affermano, che siamo vittime di una grande illusione e abbiamo scambiato la nostra parola con la parola di Dio. In effetti, a partire dalla nostra stessa esperienza, siamo piuttosto colpiti dal «silenzio» di Dio. Dio tace, non interviene, non chiarifica, non dà suggerimenti né risposte...quante volte abbiamo gridato l angoscia di chi vorrebbe una risposta chiara ed esauriente alla propria ricerca personale, al senso di certe tragedie e di certi drammi. Quante volte i «perché» gridati al cielo sono rimasti senza risposta! Anche la Bibbia testimonia la sofferenza di chi sente Dio lontano e chiuso nel silenzio. La ricerca di Giobbe, di Geremia, è spesso seguita da questo grido: «Dio, perchè non parli? Non tacere! Rispondimi presto!». Eppure il fatto stesso che esiste la Bibbia, questo grande testo della «Parola di Dio», è una testimonianza chiara ed eloquente che generazioni e generazioni di uomini hanno creduto di poter cogliere una parola che veniva dal Signore. 1 / 5

Come parla Dio? Da una rapida scorsa al testo biblico e senza pretesa di approfondirne l origine e la formazione, possiamo distinguere in esso due grossi momenti: la storia di Israele, Gesù e la Chiesa. Innanzitutto, la Parola di Dio è avvenimento, è storia. Dio si fa presente attraverso i momenti più importanti della storia del suo popolo inserita nella storia più vasta che lo circonda. E così diventano parole di Dio la creazione, i patriarchi e le loro stirpi, la schiavitù d Egitto e il cammino nel deserto, la terra promessa e i re d Israele... Ogni avvenimento diventa Parola. Il compito dei profeti sarà proprio quello di tenere desto il senso della Parola, di aiutare a sentire il messaggio di Dio e a decifrarlo dentro le vicissitudini di un intero popolo. Gesù, parola definitiva Poi, nella pienezza dei tempi, la Parola è diventata qualcuno: Gesù Cristo. Una parola divina, semplice, definitiva. Tutto ciò che Dio voleva dire agli uomini, l ha manifestato in Gesù. Ma anche qui, occorre che interpretiamo questa parola definitiva, anzitutto come evento, come fatto. Gesù Cristo è un modo di esistere e di rapportarsi alle cose, alle persone, a sé stessi, agli avvenimenti, alla morte stessa. Da lui non raccogliamo semplicemente un discorso, ma uno stile di vita che diventa Parola. La Chiesa, per dare consistenza alla Scrittura, farà riferimento esattamente a questa esperienza con la quale imparerà lentamente a confrontarsi, a lasciarsi guidare per sentieri nuovi. 2 / 5

Il Vangelo non nasce quindi come resoconto giornalistico della vita di Gesù, ma come interpretazione della storia nuova che egli ci ha chiamati a costruire alla luce della sua risurrezione e della sua rivelazione. La Parola, allora, dovrà essere sempre nella storia, nella vicenda concreta di una comunità di uomini e donne che si interrogano su come assumere il quotidiano e le scelte nella stessa dimensione del Cristo. Ecco, la Parola nasce da un avvenimento per diventare ancora avvenimento. Perché Dio ha parlato? Prendendo in prestito da Giovanni alcuni versetti di una sua lettera (1 Gv 1,1-4) possiamo affermare che Dio ha parlato perché noi potessimo vivere con Lui e in Lui. Egli è la vita eterna... e noi possiamo entrare in questa vita e recuperare l originaria somiglianza con Dio, nella misura in cui diventiamo discepoli di Cristo. Dio non parla per comunicarci delle verità astratte, delle idee, dei discorsi istruttivi; non ci è stato rivelato un libro ma una persona. E come per gli apostoli che hanno visto, toccato, contemplato, anche per noi c è la possibilità di dare un senso alla nostra vita e alla nostra storia per mezzo della comunione con il Cristo. Alla luce di tutto questo, tentiamo di comprendere il significato che la Parola di Dio assume all interno delle nostre celebrazioni e, specialmente, dell Eucaristia domenicale. «Oggi si compie...» La prima cosa da fare è quella di preparare bene l annuncio: la proclamazione della Parola deve poter essere fatta con forza e con chiarezza perché ognuno possa capire 3 / 5

perfettamente ciò che Dio sta dicendo. Brevi ed incisive monizioni che presentano le letture bibliche potranno servire per una comprensione migliore. Così come sono utili spazi di silenzio per la meditazione e l interiorizzazione. Più delicato è il compito di chi deve sviluppare l omelia, aiutando la comunità a rendere attuale, per l oggi, questa Parola. Credo che sia importante soprattutto essere profondi conoscitori della situazione storica in cui la parola è nata e di quelle situazioni cui la parola si riferisce. E poi portare un annuncio di amore e di conversione, dire il compimento di un'attesa, decifrare una speranza, formulare un ammonimento non è mai facile se non si vive con la comunità, se non se ne condividono le ansie e i bisogni, se non se ne conoscono le contraddizioni e i fermenti di novità. Sia sempre un annuncio chiaro, reso con forza e con quella capacità di attenzione che ha usato il Cristo quando, aperto il libro del profeta Isaia ha detto: «Oggi, si compie la parola che avete udito co i vostri orecchi...». Si compie... come annuncio di speranza, come consolazione, come denuncia. Si compie come invito chiaro e preciso ad un cammino, a una conversione. Si compie come certezza che è una Parola che ancora ci interessa, e ci riguarda, e ci mette in movimento. Un seme che porta frutto Di fronte al Signore che parla, quale deve essere il nostro atteggiamento? 4 / 5

Siamo chiamati, anzitutto, all ascolto; il che significa che non si può vivere senza far riferimento alla Parola. Così nasce il desiderio di aderire totalmente alla Parola perché si prende coscienza che essa è salvezza, verità, liberazione e, nello stesso tempo, si impara a cogliere il peccato come rifiuto e chiusura di fronte alla Parola. L ascolto diventa capacità di mettersi, con umiltà ed interesse di fronte alla Parola, riconoscendo di averne profondamente bisogno. Noi, abituati ad ascoltare ogni giorno fiumi di parole, facciamo fatica ad inserire quella Parola che veramente può mettere in movimento tutta la nostra vita e rischiamo di non sapere più a chi dare ascolto. Il secondo atteggiamento è la capacità di lasciarsi contestare. Troppo spesso siamo convinti di non aver bisogno di cambiare. Occorre conservare, invece, questa profonda libertà che diventa possibilità di lasciarsi interrogare e di disporsi anche a cambiare. La contestazione della Parola si attua non tanto come rimprovero ma, soprattutto, come spinta verso orizzonti inesplorati, apertura di prospettive nuove per la mia esistenza, il mio pensiero, il mio rapporto con gli altri, con le cose, con le vicende del mondo. Infine, non si può dimenticare che la Parola attende risposta. Il buon ascoltatore è colui che sa dire «Amen» davanti a quello che ha ascoltato, sa far fruttificare quel seme, quella voglia di vita che la Parola ha deposto in lui. Ascoltare è maturare e rendere possibili risposte coraggiose e grandi che rinnovano, è lasciarsi illuminare sulla strada che va verso il Regno. Solo così, ad ognuno di noi, sarà dato di portare avanti un messaggio efficace per partecipare al compimento di quel progetto di salvezza che, da sempre, Dio coltiva per l umanità. 5 / 5